CAPITOLO 11 - AMBIZIONE - prima parte
Nella modesta stanza dalle pareti antracite l'aria era satura di elettricità statica. Nella penombra in cui era avvolto quell'ambiente, una giovane ragazza eseguiva una sequela di movimenti morbidi, ma allo stesso tempo fermi e decisi. Come in una danza senza alcuna melodia Alteria volteggiava leggiadra, mentre intorno a sé si radunavano deboli raggi di luce colorata. Il suo corpo ne veniva avviluppato, ogni spasmo dei suoi muscoli, ogni suo respiro era dedicato al richiamo di questi innati poteri. Il sottile strato di polvere depositato sul pavimento metallico reagiva ad ogni suo passo, contorcendosi in piccole spirali che si elevavano verso il soffitto. La mente, sgombra da qualsiasi preoccupazione terrena, era in grado di ascendere ad una comprensione superiore delle cose, di penetrare un diverso piano di esistenza dove attingere a forze non accessibili ai normali essere umani. Era da quel luogo che aveva origine la magia, dove gli stregoni potevano trarre i loro poteri sovrannaturali.
La sua concentrazione fu interrotta dall'espressione di stupore dell'altro ospite presente nella sala.
«Riesci già a richiamare un tale potere magico?» esclamò Dass sbigottito.
«Faccio il possibile» sorrise lei.
La ragazza si era buttata anima e corpo nello studio della magia e nello sviluppo delle sue capacità. Così facendo, era riuscita a distogliere l'attenzione dalla ricerca del suo amore perduto, che con gli attuali mezzi che aveva a disposizione, non gli aveva permesso di scoprire nulla di concreto. Aveva però appreso che il comando della Torre Scarlatta, aveva mobilitato parecchi stregoni alla ricerca dell'arcimago scomparso, e che forse sarebbe bastato attendere pazientemente per ricavare delle informazioni sull'ubicazione di Alexandros. Nel frattempo avrebbe continuato a incrementare i propri poteri da maga, che secondo la sua maestra e gli altri esperti della torre erano di gran lunga sopra la media.
«Per adesso basta così, anche perché mi attendono fuori dalla torre.»
La giovane si ricompose, e prese da uno sgabello il suo scialle, per indossarlo prima di recarsi all'esterno.
«Dove vai, Alteria?»
«La maestra Esmeralda mi ha fatto convocare nella Foresta dell'Illusione.»
«Wow! Vai da Esmeralda» enfatizzò Dass, con un pizzico di invidia.
Dopo lo scontro con il ragazzo posseduto dal Quaresh, Alteria si era fatta un certo nome tra gli stregoni della Torre Scarlatta. Soprattutto, ad attrarre l'attenzione dei colleghi, era il rapporto di empatia che aveva costruito con il più potente arcimago donna della gilda. Infatti da tempo Esmeralda non dava confidenza a nessuno e se ne stava alla larga dalla torre, tranne quando doveva partecipare agli incontri formali con gli altri arcimaghi.
«Mi ha fatto recapitare un messaggio dicendo che mi vuole incontrare con una certa urgenza.»
«Deve esser stato uno spettacolo vedere Esmeralda all'opera.»
La ragazza prima sorrise, ma subito dopo si rabbuiò in volto: «Purtroppo però, non siamo riusciti a salvare quel ragazzo di nome Damian.»
Nonostante l'arcimaga le avesse più volte ribadito che si trattava di un fallimento annunciato in partenza, Alteria non riusciva a farsene una ragione. Dass si rese conto di esser stato indelicato a mostrare entusiasmo nei confronti di un episodio che la ragazza ricordava mal volentieri, anche se nell'occasione aveva guadagnato il rispetto di tutti gli altri suoi colleghi.
«Scu-scusa» disse lui, cercando di uscire al meglio da quella situazione.
«No, scusami tu» sorrise sincera lei «la maestra Esmeralda è straordinaria hai perfettamente ragione. Averla vista in azione è stato qualcosa di grandioso, che mi ha spronata a dare ancora di più, per migliorare le mie capacità.»
Scosse leggermente la testa e la frangia di capelli biondi le sfiorò i grandi occhi nocciola.
Dass si rese conto di quanto fosse bella. La pelle chiara e levigata, le guance leggermente arrossate, il melodioso suono della voce che usciva dalle morbide labbra. Dass sarebbe rimasto incantato ad ascoltarla per ore.
Alteria si congedò con un cenno della mano, mentre il suo compagno era rimasto imbambolato con lo sguardo sognante a fissare il vuoto.
D'improvviso si riscosse dal suo stato di catalessi, cercando di fermare l'uscita di scena della ragazza.
«A-aspetta!» esclamò.
Alteria si voltò e lo fissò con sguardo interrogativo, lui deglutì cercando di vincere l'imbarazzo.
«Beh, ecco... ti ricordi a Mirtia?... dicevi di essere una buona cuoca... ecco, perché non ceniamo una volta insieme?»
«Sì, ottima idea!» Il viso della giovane si illuminò.
«Davvero?» domandò Dass, convinto di aver colto nel segno. Nella sua testa risuonavano trionfanti squilli di tromba.
«Sì, cucinerò io per noi! Anzi, invitiamo anche Selene e Maximilian. Vi preparerò il mio piatto migliore!»
Il ragazzo provò a farfugliare qualcosa per far capire che non era proprio il genere di appuntamento che si aspettava, ma oramai era troppo tardi.
«Ora devo andare, dai ne parliamo un'altra volta, a presto!»
***
Il vento tra le foglie le sparigliava i capelli, costringendola a ripararsi con una mano per non farsi spettinare. Dal mare si levava l'odore della salsedine che le pizzicava le narici e le faceva seccare le labbra. Alteria si voltò indietro, le grandi piante e i rampicanti sembravano richiudersi alle sue spalle, come a mascherare il sentiero improvvisato in cui si era avventurata. La sua mente percepiva piuttosto distintamente la direzione che doveva prendere, per raggiungere il luogo, dove pochi giorni fa, c'era stato lo scontro con Damian.
Arrivò a un punto dove numerose piante erano state sradicate dalla forza del golem Edgar, giunto in soccorso della sua padrona, appena aveva percepito che si era trovata in difficoltà. Era il luogo dove Esmeralda, con un potentissimo incantesimo, aveva separato il Quaresh dal suo corpo ospite.
Alteria coglieva distintamente la forza che aleggiava in quel luogo. Lo sentiva nell'aria, nella vegetazione, in tutto ciò che la circondava. Erano trascorsi parecchi giorni, ma era ancora presente il residuo di quel tremendo scontro tra forze magiche. Quel luogo però, le suscitava anche tristi ricordi. Aveva visto di persona qual era l'effetto collaterale nell'ospitare lo spirito maligno che forniva i poteri ai maghi della Torre Scarlatta. Quel dannato rito andato male, aveva trasformato un innocente ragazzo in un demone malvagio. Era il prezzo da pagare, per assurgere all'antico potere di maghi e stregoni. Senza forza d'animo e autocontrollo, il Quaresh poteva prendere il sopravvento, mutando qualsiasi stregone in una creatura assetata di sangue.
Alteria scacciò con un brivido il pensiero che anche Alexandros, potesse essere incappato in una fine simile.
«E fu così che giunse la luce di una stella in questo luogo di dannazione.»
La voce provenne dalle sue spalle, facendola sobbalzare. Non si trattava di Esmeralda, era una voce mascolina, profonda e spavalda, una voce che la ragazza conosceva bene.
«Esgarth, che ci fai qui?»
Il potente stregone era tra i più in vista della Torre Scarlatta. Era perfido e ambizioso, e non si faceva scrupoli ad usare qualsiasi mezzo per ottenere sempre più potere. Ricordava bene di quando aveva massacrato Dass e come non si sarebbe fatto nessun problema ad annientare anche lei, che aveva osato prendere le difese del suo giovane amico.
«Sono qui per farti i complimenti sai?» L'uomo fece un breve applauso di scherno. «In pochi mesi sei riuscita a metterti in mostra, come mai nessuno aveva fatto nei due secoli di storia della Torre Scarlatta.»
«Sono in attesa della maestra Esmeralda» cercò di cambiare discorso la ragazza, per non cadere nelle provocazioni.
«Non verrà.» sorrise Esgarth, scuotendo la testa.
«Ma...» Alteria era confusa.
«...Ma sono stato io a farti recapitare un suo falso messaggio, per farti giungere fin qui.»
La maga intuì quello che stava per succedere e si mise sulla difensiva.
«Ragazzina, vuoi forse affrontarmi?»
Esgarth si avvicinò a lei camminando lentamente, fino a giungere a pochi centimetri dal suo viso. D'improvviso Alteria sentì ogni suo muscolo paralizzarsi sotto lo sguardo penetrante del potente stregone. Dalla bocca le fuoriuscì un sommesso mugugno, mentre il suo diaframma faticava a contrarsi per respirare.
Era come se stesse annegando sulla terraferma.
L'uomo si avvicinò al suo viso, sfiorandole le labbra.
«Non puoi fare nulla contro di me» le sussurrò all'orecchio.
Grazie al confluire dei suoi poteri, la ragazza riuscì con uno sforzo immane a rompere l'incantesimo. Rapida cercò di colpire con una serie di pugni serrati il suo nemico, che si difese semplicemente deviando i colpi con la verga che teneva stretta nella sua mano destra.
«Sì, così mi piace! Senza lottare non ci sarebbe stato gusto!» esultò sarcastico Esgarth.
Attorno al corpo di Alteria si sviluppò una tenue aura luminosa, il suo respiro tornava regolare dopo qualche istante in affanno, il suo piglio era fermo e deciso.
«Non ti renderò la vita facile!»
Com'era cambiata in quei pochi mesi. Rispetto alla ragazzina ingenua che sembrava esser giunta per sbaglio in quel luogo, ora appariva come una maga di provata esperienza.
Esgarth, per quanto fosse a conoscenza dei suoi progressi, era piacevolmente stupito di aver davanti un'avversaria la cui forza era addirittura superiore a quella che aveva immaginato. Ciononostante, era conscio che le sue capacità erano di gran lunga superiori, e alla sua avversaria, lasciava intravedere soltanto la spavalderia e la sicumera che aveva nei suoi poteri.
«Alteria, non sopravvalutarti così tanto, per quanto tu sia notevolmente migliorata, sei lontana anni luce da essere una degna avversaria per uno come me.»
La ragazza agitò le mani, provando a pronunciare un incantesimo, ma il suo tentativo fu bloccato sul nascere. Il grosso rubino, posto sulla cima del bastone d'avorio di Esgarth, si illuminò debolmente, amplificando i poteri telecinetici del suo possessore. Quell'oggetto, chiamato Thondaril, era un artefatto costruito da maghi di un'epoca perduta secoli fa. Lo stregone l'aveva riesumato per caso durante uno dei suoi viaggi, diventandone il proprietario.
«Comunque, sappi che sei solo un'esca, non è di certo con maghi di così infimo potere che posso dar prova del mio valore.»
La ragazza venne sollevata all'altezza di tre metri dal suolo. Ogni suo muscolo era nuovamente paralizzato, ma stavolta non c'era nulla che potesse fare, nonostante gli sforzi per liberarsi.
«In ogni caso, nell'attesa del mio vero avversario voglio divertirmi un po' con te.»
L'aura di malvagità che circondava lo stregone, lasciava intuire chiaramente le sue cattive intenzioni.
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