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Capitolo II | frutta e promesse

Achille aveva invitato Patroclo a sedersi e aveva offerto lui qualcosa da mangiare, sorridendo nel vederlo illuminarsi alla vista di qualche fico.
<<Devi essere molto affamato>> aveva osservato lanciandone uno fra le mani del ragazzo con agilità.
<<Le provviste che avevo erano sul mio cavallo, ed è scappato...>> aveva spiegato lui scuotendo la testa scoraggiato.
Achille si era seduto al suo fianco sul canapè, osservandolo giocherellare nervosamente con il frutto <<su, mangia>>
La notte sembrava infinitamente meno fredda e lugubre all'interno di quella bella stanza decorata da una raffinata esuberanza di colori.

Ora, i due si stavano studiando attentamente a vicenda, parlando di tutto, di niente.
Godendo l'uno della compagnia dell'altro senza osare allontanarsi da argomenti frivoli, per non rovinare quello che sembrava un momento piacevole con verità spiacevoli.

Eppure, entrambi sapevano di aver bisogno di risposte.

I capelli di Achille scendevano come drappi dorati lungo il suo corpo illuminando i pantaloni scuri che indossava, erano stretti e la vita alta lasciava poi il posto ad una camicia bianca dalle grandi maniche a palloncino. Non indossava neppure le scarpe - aveva menzionato a Patroclo di detestarle - ma restava la figura più elegante che si fosse mai vista.
Una bellezza genuina, inconsapevole, così naturalmente innaturale da far girare la testa del ragazzo.

Mentre giocherellava con una delle fibbie della sua giacca, si ritrovò a domandarsi quanti pittori avessero fatto a gara per dipingere un viso così perfetto e armonioso, e quanti avevano fallito miseramente, perché gli sembrava impossibile riprodurre Achille sulla tela e fargli onore.

<<Ti stupiscono i miei capelli, non è così?>> chiese Achille notando i suoi occhi persi. Se lo aspettava, e non lo biasimava per questo.

<<In realtà mi stupisce tutto di te>> non sarebbe riuscito a mentirgli, e non aveva neppure intenzione di provarci.

Achille sorrise divertito e lo guardò dritto negli occhi, con un'intensità che Patroclo non credeva possibile.
Lui si schiarì la gola, pensando che probabilmente ad essere trafitto da una freccia si provasse la stessa cosa.

<<Sembri accaldato, se vuoi che abbassi il fuoco basta chiedere>> suggerì Achille rivolgendosi al caminetto che dal centro della stanza riversava il suo calore nell'ambiente.
<<No- ehm, sto benissimo>>

<<Tornando al discorso di prima, come hai fatto a perdere il tuo cavallo?>>
<<Oh, non dovresti stupirtene, i cavalli sono più codardi di quanto si creda, stavo camminando al fianco del mio per non stancarlo troppo, e poi quando c'è stato...un inconveniente, se n'è scappato via come un fulmine>>

<<E questo "inconveniente" c'entra con il motivo per cui hai quei brutti segni sul collo?>>
Patroclo si sfiorò la pelle con le dita, nel punto dove si erano posati gli occhi di Achille.
<<Non me ne ero reso conto>> ammise.

Achille inclinò il capo da un lato<<quindi non ti fa male?>>

<<Mmh, non molto>> costatò scuotendo le spalle.

<<Aspetta un istante, ti ci metto una cosa>> sentenziò Achille che si alzò per dirigersi di fronte ad un'ampia libreria accanto al suo letto, ricolma di libri e di ampolle e bocciette nello scaffale più alto.

<<Sei un mago o cose simili?>> chiese Patroclo che era ancora tremendamente confuso su dove si trovasse o chi avesse realmente di fronte.

<<No>> sorrise il biondo dandogli le spalle <<ma mia madre è una strega>>

Patroclo deglutì involontariamente.
Quando Achille aprì di fronte ai suoi occhi una piccola bottiglietta contente un liquido denso color perla, storse la bocca.
<<Non è necessario, davvero, sto bene>>

<<Non è nulla di maligno te lo assicuro, ti farà solo stare meglio>>
Senza ammettere repliche Achille sollevò il suo mento con due dita, e con l'altra mano gli spalmò delicatamente l'unguento sopra i lividi sbiaditi che aveva lungo il collo.
Patroclo si stupì di quanto le sue mani fossero lisce e vellutate pur avendo sperimentato quanto fossero forti.

I loro visi erano così vicini da sfiorasi.

<<Vedrai, spariranno in meno di un attimo>> spiegò Achille allontanandosi.

La discussione finì e Patroclo fu immensamente grato che Achille non avesse domandato nulla di più sull'accaduto.

<<Ma dimmi, com'è cavalcare?>> chiese invece.
<<È bello, ti fa sentire potente in qualche modo, ma ci vuole un pochino di esperienza>>

Le piccole lentiggini che aveva sparse sulle guance parvero muoversi quando ridacchiò <<Le prime volte che l'ho fatto ero un po' imbranato...è più stancante di quanto sembri>>
<<Capisco>> annuì Achille studiando i muscoli che si intravedevano attraverso il tessuto sulle gambe magre del giovane.

<<Non lo hai mai fatto?>> si affrettò a chiedergli il castano per richiamare la sua attenzione.

<<Certo che no>>

Era davvero così scontato?

<<Perché non sono mai sceso da questa torre>> spiegò Achille.

Patroclo sgranò i suoi grandi occhi color nocciola per lo
stupore<<Cosa?!>>
L'altro non aveva battuto ciglio.

<<Mai?>> ripetè.
Achille scosse il capo con sicurezza.

<<E...perché?>>
Si era aspettato che uno come lui fosse sempre accolto in tutte le corti del paese e in tutte le feste più lussuose, e che avesse una fila di pretendenti più lunga dei suoi capelli.

<<Perché non c'è nulla per me là fuori>>

<<Questo non è vero!>>rispose impulsivamente Patroclo.
<<E tu che ne sai?>>
Quella sua risposta gli provocò un'improvvisa rabbia che gli fece incurvare le sopracciglia in una maniera più ostile di quando avrebbe voluto. Come poteva essere tanto arrogante senza essere mai uscito una sola volta da quella torre?

<<Non è forse vero che il mondo è abitato da criminali di ogni genere e un'infinità di cose sgradevoli?>> continuò Achille senza scomporsi.
Patroclo si abbandonò contro lo schienale del canapè.
<<È vero...>>
Lui stesso era convinto di essere una cattiva persona, come poteva dargli torto?

<<E allora, perché mai dovrei immischiarmi in qualcosa del genere se posso evitarlo?>>

<<Come sei viziato! Non puoi pensare di fare sempre e solo quello che ti piace>> Patroclo si stupì della sua stessa sfrontatezza.

<<Certo che posso! Mi stupisce che tu non faccia lo stesso>> gli rispose a tono Achille <<e comunque è mia madre ad impedirmi di lasciare questo posto, e stando a quel che dice, e a quel che tu stesso mi hai appena confermato, le do ragione>>

Patroclo scosse il capo scoraggiato.
<<Qui dentro è tutto bellissimo ma...questo non è vivere! Bisogna anche uscire e rischiare>>

<<In questo caso non è bello vivere>>
Achille si stupì di quanto avesse turbato il ragazzo con la sua risposta.

<<No, non lo è>> rispose Patroclo sul punto di arrendersi.
Però, guardando gli occhi di Achille, verdi come tutto ciò che di più bello c'era in natura, e dorati come quei suoi capelli incredibili, gli sembrava incoerente affermare qualcosa del genere<<Ma ci sono anche cose belle nel mondo, bellissime, te lo assicuro, bisogna solo trovarle>> si affrettò ad aggiungere per correggersi.

Achille annuì <<E ne vale la pena?>>

<<Cosa intendi?>> chiese Patroclo.

<<Vale la pena soffrire per rincorrere la felicità?>>

Era assurdo che gli stesse domandando una cosa del genere.
<<Non sono un filosofo, ma credo di sì>> arrossì pensando a lui stesso che aveva fatto una scalata tremenda solo per raggiungere uno sconosciuto, e che si sentiva felice come non mai semplicemente perché era accanto a lui in quel momento <<sì>> concluse.

<<E tu, l'hai mai trovata qualcosa per cui valga la pena vivere e anche soffrire?>>

Pareva che il biondo gli avesse letto la mente, mettendolo con le spalle contro al muro, ma allo stesso tempo, infondo sembrava solo innocentemente curioso.

Patroclo rimase in silenzio a fissare il suo interlocutore, respirando piano.
<<Non ne sono sicuro...>>
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ma quella senza dargli retta tornò esattamente nella posizione precedente <<Di certo sono scappato da ciò che mi rendeva infelice, ed è abbastanza per ora>>

Achille annuì di nuovo <<cos'era?>>

<<La mia famiglia, so che è una cosa molto cattiva da dire, ma è così, e poi non ero tagliato per fare il principe e non lo sarò mai>> si affrettò a distogliere lo sguardo e fissare con risentimento un punto indefinito nel tappeto prima che Achille potesse vedere che aveva gli occhi lucidi <<hanno fatto bene ad esiliarmi>>

Achille non gli rivolse nessuno sguardo pietoso, era piuttosto seccato invece <<Sono sicuro che non è così!>>

<<Tu non mi conosci>>

<<Mi piacerebbe conoscerti di più, ma quel che so ora mi basta per affermare che ti meriti di più di quel che credi, molto di più>>

Patroclo lo guardò con pupille grandi come pozzi <<Nessuno mi aveva mai detto una cosa simile>>

<<È la verità. Io non mento mai>>

Il fuoco nel camino aveva preso a scoppiettare felicemente, e nella stanza c'era un buon odore di pino.

<<Quindi, ho appena conosciuto un principe?>> Achille mise le mani dietro la sua testa soddisfatto e si sistemò più comodamente contro il canapè.
Patroclo scosse le spalle <<Lo ero, ma ora non sono nessuno, non ho più nemmeno un cognome>>
<<Se per questo, nemmeno io, non ho idea di chi sia mio padre, sempre che io ne abbia uno>>
<<Tutti hanno un padre>> costatò Patroclo accigliato.

Achille si ritirò su a sedere; non stava mai fermo.

<<Non sono d'accordo, i genitori sono coloro che ti crescono, non certo chi ti mette al mondo>>

Patroclo fece una smorfietta che doveva somigliare ad un "forse".

<<Comunque, se questo ti convincerà meglio, per quel che ne so mia madre potrebbe anche avermi creato con un incantesimo>>

L'idea che lui non fosse una persona vera ma il frutto di una magia procurò a Patroclo un dolore che gli era del tutto nuovo.

In cerca di realtà in mezzo a quel lungo sogno che stava vivendo, posò una mano sulla guancia di Achille accarezzando la sua pelle candida come se fosse stato intento a toccare una statua di valore <<non penso che sia possibile>>

<<Non la conosci>> rispose Achille, ma poi appoggiò la mano sopra quella di Patroclo sul proprio viso, e come se si sentisse in dovere di rassicurarlo aggiunse <<ma a prescindere da dove vengo, io sono e sarò sempre lo stesso>>

La notte stava lentamente lasciando il posto al giorno, che furtivo schiariva il cielo tingendolo di color indaco. Tradendo la piccola intimità che si era creata in quella stanza.
Pronto ad andarsene, Patroclo si avviò alla finestra.
Achille gli aveva spiegato come scendere usando i suoi capelli e che quello era l'unico modo per andare e venire da quella torre, a parte compiere la pazzia di scalarla.

<<Aspetta tieni>> gli porse una borsa di pelle <<ci ho messo dentro delle cose da mangiare per il viaggio, non so quanto disti la città più vicina>>
<<Ci sono anche altri fichi?>> chiese Patroclo eccitato da un'improvvisa infantilità.
<<Si ci sono>> rise Achille.
<<Grazie!>>
<<Non perderti>>
<<Non lo farò più>> rispose con sicurezza.

Lassù in cima, così vicino al cielo e alla sua ritrovata felicità, si sentì in colpa verso se stesso all'idea di andarsene, calandosi stretto a quei capelli così luminosi.

<<Tornerò>> disse, le poche sillabe suonavano come la promessa più solenne che avesse mai fatto, mentre i suoi capelli venivano spettinati dal vento.
<<Se mi vorrai>> aggiunse incespicando nelle proprie parole.
Ancora una volta Achille gli sorrise come nessun altro era in grado di fare, divertito dalle sue irragionevoli insicurezze, poi allentò con uno strattone la presa sui propri capelli facendolo scomparire oltre l'orlo del davanzale.

<<Torna>> gli gridò affacciandosi alla finestra quando Patroclo fu giunto a terra <<ti prego>>

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