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Scemmy award 2019

Quella sera c'era gran fermento nella taverna di Hakstaffarmer, in occasione della premiazione più ambita dell'anno, la cerimonia delle cerimonie, uno show destinato a rimanere impresso nelle memorie per i secoli a venire: la consegna degli Scemmy award 2019. Erano accorsi in molti, forse anche troppi, e per tal motivo non erano mancate sin da subito le più comuni scaramucce. Amon si era sin da subito agitato perché Alessandro, a detta sua, si era seduto al suo posto. Lo aveva picchiato a sangue usando un Guglielmo come arma contundente, senza voler ammettere di volersi sedere lì perché a un tavolo di distanza si era accomodata la sua prossima vittima: Edith. Perché sì, Amon aveva una predilezione per gli ingenui e si era fatto suggerire qualche bersaglio dal figlio del bambino de "Il sesto senso", che al contrario di suo padre non vedeva la gente morta, ma quella scema. Qualche metro più in là, giusto a un passo dal palco, si era seduta la sua vecchia fiamma, Niri, con cui aveva trascorso un'estate bollente a Collediquercia. Quel paesino non sarebbe stato più lo stesso, e neanche i gioielli di famiglia di Amon, da quando Niri lo aveva beccato a recuperare la legna per il fuoco non con la sua ascia ma con quella del vicino! Un affronto che la divinità non poteva sopportare e che aveva posto fine alla loro burrascosa relazione.

«Dove cazzo è Amia?» si domandò Cariel, una volta entrato nella taverna e notata l'assenza della donna. Giusto, Amia. Dovevo ancora parlarvi di lei. Aveva da poco partecipato alle Olimpiadi nei quattrocento stile libero, spronata duramente dalla sua coach: una giovane ragazza appassionata di scrittura, di nuoto, di tuffi, di calcio, di pallavolo, di basket, cricket e... praticamente lei aveva inventato le Olimpiadi. Aveva trovato in Amia la sua pupilla, la sua stella vincente, e non si era fatta alcuno scrupolo a pomparla di steroidi e convincerla che usare i doni che mamma le aveva dato non avrebbe fatto male a nessuno. Ecco perché il giorno della gara Amia mostrò le sue... abilità nel nuoto sparando mulinelli contro tutti gli avversari! Che esplosero. «Cosa? La commissione moralità di Irvania?» si accigliò Cariel, una volta udito il motivo dell'assenza di Amia. «Solo per un cazzo di mulinello?»

«Non me ne parlare», lo affiancò Luigi. «L'ultima volta che Amon ha partecipato a una festa di paese siamo stati noi a ripulire tutto. Il CIF era finito e...» Si interruppe, dal momento che uno strano uomo era appena entrato nella taverna. Era lui, il tipo che lo aveva seguito giorno e notte per settimane! Cosa voleva da lui? Un autografo? L'abbonamento gold della PS4? Le mutandine su cui Irene aveva preso appunti per il suo prossimo romanzo? Non aveva importanza. Molti altri ospiti erano sopraggiunti per partecipare alla cerimonia e tra di essi spiccava il giovane, ma non più tanto giovane, Cavaliere Murtagh. Questi era entrato in pompa magna, con un calice di vino stretto nella mano destra e una cassa di altre bottiglie sulla spalla.

«Allora, dove prendo da bere qui?» Nessuno aveva avuto il cuore di rispondergli. Tantomeno quel fumato di Yoren, che si stava intrattenendo allegramente con il druido Spock! Quest'ultimo aveva da sempre sognato di esplorare nuovi mondi e il nobile lo aveva accontentato, mettendogli a disposizione la miglior "erba pippa" della corte.

La cerimonia stava per iniziare, il pubblico aveva ormai preso posto e soppesato le grandi, enormi assenze di alcuni esponenti di spicco della loro comunità. Lo scranno di Madame Dolore era vacante e su di esso vi era affisso solo un cartello: "Vado a scrivere il capitolo. Torno su...per giù tra due anni". Erano inoltre assenti i draghi: tutti. L'ultimo di Irvania riposava ancora nel fragile cuore di Meepo, quello di Daenerys, dopo essersi ricordato di come si fa il drago solo dopo otto stagioni, si era ritirato in pensione, mentre tutti gli altri erano volati lontano dalla taverna. Si diceva si fossero diretti verso i territori del nord e che si fossero iscritti tutti all'università per imparare la lingua umana e diffondere il draconico verbo. Ci erano riusciti, Oxford li aveva accolti, senza sapere a cosa sarebbe andata incontro. I draghi si erano sindacalizzati, avevano fatto arrosto un professore che pretendeva studiassero e si erano messi a scorrazzare qui e lì raccontando la loro versione della storia. Quella vera, dicevano. Sì, compreso lo sbarco in Lombardia, la terra piatta, il finto allunaggio e il loro cavallo di battaglia: l'acqua fa male.

«Cazzo, sono il primo a dover consegnare? Va bene, va bene, ho fatto ben di peggio», disse Cariel, una volta dato il via alla cerimonia e salito sul palco. «Non avevate abbastanza soldi da pagare un presentatore? Dopo tutto quello che ho fatto per combattere la povertà?» domandò alla volta del proprietario della taverna, Meepo. Questi sollevò le spalle. Non sapeva cosa dire, dal momento che un piccolo e simpatico Halfling gli aveva fregato tutto l'incasso qualche giorno prima. «Bah, diamo un taglio a questa baggianata e poi torniamo a occuparci di Artor», disse a denti stretti, lanciando un'occhiata truce verso Niri per farle comprendere che no, non era finita. "Manco per il cazzo", avrebbe detto l'imperatore, se non fosse stato tanto educato. «Lo scemmy per il miglior romanzo drammatico», annunciò. Rullo di tamburi: era Amon, che schiaffeggiava Meepo per dare atmosfera. «Una scena al massimo, di Guglielmo!» Cariel alzò la voce, preda dello sconvolgimento. Davvero aveva vinto quell'impiastro di Guglielmo? Davvero non era stato premiato "La casa di Cariel", il romanzo per cui l'imperatore aveva lavorato notte e giorno per più di quattrocento anni? Applausi scroscianti fecero tremare la taverna e Amon ne approfittò per schiaffeggiare più forte. Aveva vinto il romanzo di quella sagoma di Guglielmo: una storia di coraggio, resistenza, un bestseller internazionale che aveva colpito il cuore dei lettori, insegnando al mondo che non importa quante scene ti dedicano in un libro. Basta che le vivi al massimo. E Guglielmo, la sua unica scena di Selenia, l'aveva vissuta con un pathos difficile da dimenticare.

«Oh, tocca a me», sorrise Irene, poi, giunto il momento della seconda premiazione. Salì sul palco con grazia, ammirata da molti, odiata da altri: in particolare Amon. Lui aveva previsto che il nuovo romanzo di Irene avrebbe potuto accaparrarsi molti, troppi premi, e per tal motivo aveva aperto un varco dimensionale giorni prima, era tornato indietro nel tempo, era entrato in casa della giovane e scritto appunti falsi su tutta la prima bozza del libro, per sabotarne la revisione. «Lo scemmy per la miglior sceneggiatura originale a...» Irene ebbe un attimo di esitazione. «Occhio d'aquila, la storia di uno Yorvetai», affermò sconsolata, facendo cadere la busta e tornando a sedersi, dopo lo scrosciante e generale coro di disapprovazione. Aveva vinto il romanzo meno gettonato: la storia di uno Yorvetai e del suo duro addestramento in previsione della sua prossima visita oculistica. Prese dieci decimi!

«Ci penso io al prossimo, nobili colleghi», sorrise Murtagh, balzando sul palco e dando un altro sorso di vino. «Lo scemmy alla miglior comparsa prematuramente scomparsa. A...» Gli occhi gli si illuminarono. Sì, il vincitore era il suo pupillo, un giovane personaggio che era stato lui stesso a plasmare. «Lein! Vieni qua, bello de papà! Hai visto che di morir valeva la pena?» urlò, facendo sollevare in piedi il ragazzino e incitando tutti ad applaudirlo. Il nobile ricordava di come quel bamboccio fosse stato reticente: non voleva saperne di essere fatto fuori nella prima scena del primo capitolo. Eppure eccolo lì, Scemmy subito!

«Sì, sì, molto bene, molto bene ma adesso è giunta l'ora», disse con voce severa una donna che a passi lenti e cadenzati stava mettendo piede sul palco. Il suo gatto la seguiva come un'ombra, orologi le pendevano da ogni dove. «È tempo di consegnare lo Scemmy al miglior personaggio in dormiveglia.»

«Dormiveglia? Che vuol dire?» si sbracciò Edith.

«Beh, mia cara ragazza. Mi ritaglierò un po' di tempo per spiegartelo. Parliamo di quei personaggi che passano interi archi narrativi, vere e proprie ere geologiche, attraversando qualsiasi situazione, qualsiasi materia, senza tuttavia comprendere neanche una minima percentuale di ciò che sta accadendo loro. Ecco, non offenderti, ma persino il mio amico qui...» Disse, indicando il gatto, che in quel momento si era messo a fare le fusa così forte da far tremare le mura della taverna. «Avrebbe capito che eri solo un mero oggetto sessuale, poco più di un dildo, o forse poco meno, nelle mani di un beone ubriaco e del suo strafumato concorrente, che...»

«Tempo!» Battè le mani Amon, mal sopportando la presenza di quella donna in scena.

«Oh sì, il tempo», si riprese la donna, aprendo la busta. «Il vincitore è... Narèll, in "Ogni mattina, a Bersiell, si sveglia un Narèll!»

«Cosa?» sbottò Cariel, sollevandosi in piedi e venendo bloccato da Erik e Giampiero. «E io ho aspettato due cazzo di secoli per questo!? Non ho capito un cazzo per venti capitoli e vince quel... quel...» Non ci vide più dalla rabbia e quando indicò Narèll, steso sulla sua poltroncina, a dormire beatamente, non seppe più che dire.

«Contegno», lo incitò Giampiero, che in momenti simili rimpiangeva quella cagacazzi di Luciana.

«E il premio umiltà va...» Sì, la gente se ne sbattè di cosa Cariel pensava. D'altro canto lui era l'imperatore di paesi lontani, sarebbe tornato presto a casa per pensare ai fatti suoi: tipo ai problemi che la sua famiglia gli aveva lasciato in eredità, a qualche vizio di forma, al suo amore per le rosse e a qualche occasionale prostituta, a qualche divinità intenzionata ad ucciderlo e soprattutto a quel peso che si sentiva sullo stomaco. Un peso che sembrava come ingabbiato nel suo corpo. Aveva mangiato male? Era la peperonata della scorsa mattina, il cenone di Natale del 343 Avanti Cariel, un dio intrappolato nel suo corpo o solo una scorreggia? L'avrebbe capito molto presto. E anche Giampiero, accanto a lui, quando l'aria si guastò.

«Oh mio Dio!» si lamentò il poveretto.

«Dimmi!» gli risposero in coro Caos e Dòiteàin, rivolgendosi verso di lui con occhi luminosi. Erano anni che non si sentivano tirati in ballo.

La cerimonia andò avanti per altre due ore e non mancarono i colpi di scena: il romanzo "Il dolore in una cover" fece incetta di premi, nonostante l'autrice non fosse presente tra il pubblico, e il best seller "La punteggiatura: la mia verità" non esitò a mettersi in coda, dimostrando al pubblico che non aveva importanza se la virgola veniva posta tra soggetto e predicato. L'importante era che venisse posta con classe. Un libro che negli anni a venire sarebbe stato oggetto di scrupolosi studi da parte dei più rinomati esponenti della Crusca Irvaniana, i più saggi e attenti maestri del mondo. Coloro che avevano accettato sia "petaloso" che "Buongiornissimo" e "Ciaone". I migliori, insomma. Non mancò poi la premiazione per "Il miglior ingroppatore seriale", che lasciò ancora una volta molti concorrenti a bocca asciutta. Il vincitore era tra i personaggi più amati dalle ragazzine, dal momento che di quei tempi un protagonista che ingroppasse qualsiasi cosa si muovesse faceva sin da subito annusare aria di capolavoro supremo della letteratura. Si disse anche che tirava aria di "Premio Strega", e lì Mersèl si incarognì davvero, decisa a non far pronunciare il suo nome invano.

«E adesso l'ultimo premio, signori...» Annunciò Yoren, tra un tiro di erba pippa e l'altra. «Lo scemmy spoiler 2019 va a...» Ma venne interrotto sul più bello, dal momento che Meepo si era messo a tirargli i pantaloni. «Che c'è, piccolo coso?» domandò il nobile, chinandosi affinchè Meepo gli sussurrasse qualcosa all'orecchio. «Thanos ha schioccato le dita????» urlò. «Tony è morto!????»

Cominciarono a volare sedie, tavoli e Guglielmi. A Irvania il cinema era stato bandito dopo gli ultimi cinegiornali in favore di Dòiteàin, a Versinsle non era manco mai arrivato, a Segezia... era tanto se c'era un bar e alla corte di Murtagh e Yoren bastavano fumo, vino e fiorellini per divertirsi allegramente. Nessuno era a conoscenza di quegli spoiler, a parte colui che sin da subito aveva plagiato Meepo affinchè suggerisse a Yoren i vincitori sbagliati: Amon. Lui aveva viaggiato nel tempo, aveva visto perfino la fase sessantasette del Marvel cinematic universe, oltre a una versione di Eragon che non facesse totalmente schifo e al quel mattatoio ambulante che era lo Star wars di D&D. Lui aveva visto gli eventi futuri, sapeva dove colpire per fare più male ai suoi colleghi: sapeva che Irene sarebbe caduta depressa perché non avrebbe più cuccato con Luigi. Sapeva che Cariel sarebbe morto come uno stronzo alla fine del suo libro. Sapeva che Mersèl avrebbe fatto ammenda e si sarebbe tinta di rosso, prima di andare a cogliere fiori con Edith. Era a conoscenza della collezione di pornazzi che Guglielmo aveva custodito gelosamente nel castello e che aveva portato la regina, vecchia ciabatta, a farlo fuori. Altro che Ariel! Amon sapeva tutto, perfino di Spock: druido integerrimo di giorno ma spogliarellista di notte. Cosa avrebbero detto i suoi compagni d'avventura se lo avessero scoperto? E cosa avrebbe pensato Narèll dopo aver scoperto che il suo lungo sonno era causato da qualcosa che Myarah gli aveva nascosto sotto il materasso? Un pisello. Vero. Findus.

La donna sapeva bene che quel moccioso era il principale concorrente di Cariel per il premio "dormiveglia" e aveva fatto di tutto per toglierlo di mezzo. Un Cariel contento, dopotutto, era un Cariel disposto a cuccare. E lei aveva atteso secoli per cuccare!

«Attendo con ansia la prossima edizione degli Scemmy», sussurrò Caos, offrendo ad Amon dei pop corn una volta esplosa una rissa furibonda innanzi a loro.

«Punterò al premio "mulinello". Deve essere mio», serrò i denti Amon.

«Di quella piantagrane di Amia se ne sta occupando il nostro uomo migliore. Il più scaltro di tutti, un vero James Bond, non si farà sgamare mai e poi mai», lo rassicurò Caos, poggiandogli una mano sulla spalla e offrendogli del cibo, ora che la battaglia era giunta al suo climax.

«Guarda come fanno volare bene Guglielmo», commentò il demone, indicando un corpo che stava più per aria che per terra, in quei momenti concitati. «Adoro queste serate», si divertì, pregustando l'ora e mezza di botte da orbi che lo attendeva. Amava assistere a quella scena più del vantarsi di essere capocannoniere durante le partite di calcetto con gli Yorvetai del giovedì sera. E lo avrebbe amato per l'eternità. Per tutta l'eternità.

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