La taverna del Mainagioia
Dopo una giornata d'azione, intrighi, tradimenti, corse disperate e combattimenti senza fine, la locanda di Hakstaffarmer, nome fantasy completamente a caso inventato sul momento e volutamente allungato per far figo, ospitava come di consueto le personalità più disparate. Vi era il nobile di nascita, ma non di fatto e bastardo dentro Murtagh, ad esempio, che come ogni sera si occupava di allietarsi con la sua passione più accesa. No, non una donna, per quello c'era tempo, ma vino di prima qualità, il vino di Hakstaffarmer e non quell'acqua colorata che era costretto a bere, in ogni santo capitolo, nell'immenso castello di re Wulfric, al momento in ferie e in vacanza con qualche artista conosciuto per caso al Comicon.
Accanto a lui una figura dall'espressione stanca, affranta, quella che se non è "mainagioia" dimmi tu cos'è: il buon Cariel sedeva su uno sgabello di legno di Spex finemente intagliato e accarezzava con dita insicure un boccale di birra, specchiandosi nel denso fluido come se stesse cercando ciò che per decine e decine di capitoli non era riuscito a trovare. Se stesso. E magari anche una gioia.
«Sono più di venti capitoli che hai quella faccia, amico mio», sorrise di gusto Murtagh, scuotendo schernivamente il capo e sorseggiando un po' di vino. «Quando si deciderà quel dolce fiore di Artemisia a far sbocciare il tuo...» Si fermò, guardando per un attimo il bicchiere mezzo pieno e ridendo tra sé e sé. «Umorismo», disse, nonostante fosse palese che quello non fosse il termine a cui stava pensando.
«Ci pensa Sein a rallegrare la scena», sollevò le sopracciglia Cariel, avvicinandosi il boccale di birra alle labbra, ma esitando e rimanendo immobile in quella posizione. «E non sono amico tuo. Sei feccia, uccidi per il potere.»
«Non mi sembra che i tuoi parenti siano tanto migliori di me, caro il mio imperatore», sbuffò l'altro, con aria stizzita. «E poi prenditela con quella mezza Lithoren fissata coi fiori, non con me. Io ho la musica nel sangue, come Ambra, volevo imparare a suonare la tromba, non solo a trombare. Ma tant'è», concluse, sollevando le spalle, facendosene una ragione e bevendo un altro po'. Sì, da contratto doveva bere subito dopo aver parlato, era un tic che si era portato dietro fin dal primo capitolo della sua storia e non riusciva a farne a meno neanche durante le ore di pausa.
«Forridel non è poi la più sadica», dovette affermare Cariel, posando definitivamente il boccale di birra, senza neanche essersi concesso un solo sorso, e voltandosi appena sullo sgabello, indicando col mento il tavolo all'angolo sud ovest: quello più all'ombra, il più tetro, appartato, che neanche quello di Aragorn al "Puledro impennato". «Dopo il primo capitolo di Corydona Guglielmo non è più lo stesso», disse sconsolato, affranto per le condizioni di quel poveretto, rinchiusosi nel più sacrilego silenzio dopo aver scoperto, il primo giorno di lavoro, che il suo ruolo si sarebbe limitato a stendersi su un pavimento, farsi schiacciare qualche lampone addosso e puzzare. Aveva grandi sogni, Guglielmo, ambiva a un ruolo da protagonista indiscusso, era certo che "Selenia" gli avrebbe conferito il successo che sperava, e invece tutto ciò che aveva ottenuto era una ben misera paga e il suo nome sull'insegna di un locale il cui proprietario aveva semplicemente provato troppa pena per lui dopo aver cominciato a leggere la storia.
«Corre voce che il locale a lui dedicato dovesse chiamarsi "Amon", inizialmente», sorrise Murtagh. «Povero Guglielmo, i fanciulli da castigo fanno una fine migliore», concluse, soffocando una grassa risata e osservando Guglielmo, in penombra, sbattere lentamente, e con precisa regolarità, la testa sul tavolo.
«Guarda cosa gli ha fatto quel maledetto», si adirò appena Cariel, ripensando alla vendetta che Amon aveva scatenato sul povero Guglielmo e alle suppliche che questi aveva vanamente rivolto a quel demone. «Tutto per una stupida insegna, questo mondo è anche peggio di quanto Sered mi ha lasciato. E credimi, si è impegnato per rendermi triste e sconsolato»
«E morto morto, Meepo ricorda dettagli, dettagli succosi!» disse il piccolo essere, stanco e stufo di essere maltrattato in quel di Irvania e da poco assunto nella locanda come cameriere.
«Allora ricorda a quel fumato di là di non esagerare con l'oppio! Sono stanco di trovarmelo in scena mentre inciampa come una bimbetta o farnetica cose senza senso, digli di prendersi delle ferie e drogarsi durante quelle, non mentre ha a che fare con me», si accigliò Murtagh, indicando a Meepo il privè del locale, separato dal resto grazie a un'ampia tenda rossa con su stampato il fiore dell'apocalisse.
«Lui fuma fuma, dimentica e tocca! Tocca chiappa di Meepo se Meepo va da lui!»
«È con Edith, non fa queste cose davanti a lei. Credo...» Ci ragionò su Cariel. «A proposito di lei», riprese Cariel, avvicinando un po' il capo a Murtagh. «Nostri dissapori a parte, Sein mi ha chiesto se la giovane dai capelli rossi è, cito a memoria, "sulla piazza". Sai, per...»
«Un incontro combinato, un abile gioco delle parti, un intrigo ben congegnato! Suvvia, amico mio, parli con la persona giusta. Ci penserò io alla giovane Ellie, anche se momentaneamente sollazza quella sottospecie di mostro con metà faccia. Cosa ci trovi non lo so davvero, sporco di un bas...»
«Sì, va bene, ma stavolta dille la verità. L'ultima volta che le hai combinato un incontro con Niri...» Cariel ringhiò appena, ammonendolo. «Non devo neanche ricordarti che casino hai combinato.»
«Gran donna Niri», raddrizzò subito la schiena il nobile, scendendo dallo sgabello e sollevando il bicchiere, come per brindare in onore della dea. «A lei e alla sua ascia», disse, prima di scolarsi tutto ciò che restava e schioccare le dita verso Meepo. «Mostriciattolo, altro vino.»
«Ma guidare il cavallo, lei guidare il cavallo, poi i Guardiani fermano lei, controllano lei, non fanno tornare al castello», si intristì Meepo. Era infatti risaputo che pochi mesi prima Murtagh aveva alzato troppo il gomito, venendo fermato bruscamente dai Guardiani e perquisito così a fondo che dalle sue tasche emersero un biglietto "esci gratis di prigione" del Monopoli, il regolamento di "Uno", una paperetta gonfiabile e la lumaca Teresina, legata e imbavagliata per farci il cielo solo sa che cosa. Inutile dire che quel giorno il suo ritardo sulla scena era stato preso molto male da Forridel e che quindi il nuovo capitolo era stato dedicato interamente a Yoren: una cosa che aveva fatto imbestialire non poco Murtagh, tornato immediatamente a consolari col suo vin divino nella taverna di Hakstaffarmer.
«Un complotto di Kalyme, è stata lei, è in combutta con lo sfregiato, è naturale! Solo perché ho chiamato "Cariel" il suo "Narell", sono nomi simili, maledizione!»
«Del diavolo tu parli, il diavolo... le corna... c'è Narell!» si confuse Meepo, cercando di riprendere goffamente il filo del discorso e indicando l'uscio della taverna, da cui era appena sbucato il giovane più sfigato dei primi capitoli di Bersiell. Perché sì, "Hakstaffarmer" in lingua Ahajskdehdbs significava proprio "mainagioia" ed era ben altra cosa rispetto alla taverna Cubliksan, rinomata per ospitare ogni sera giovani personaggi non ancora resisi conto che la loro storia non avrebbe avuto esattamente un lieto fine. Alessandro, Ambra, Irene, Luigi, gli avventurieri di Irvania meno Galatea, che non sta simpatica a nessuno, Tegor, "Cuore d'oro" Connor, "Scassapalle" Amia e tutti i draghi di Scociro avevano fatto di quel posto il loro rifugio, il cuore della Movida del circondario, rifiutandosi di abbracciare la triste consapevolezza che un giorno anche loro sarebbero finiti a piangere amare lacrime sul contratto firmato prima di prendere parte alla loro storia.
«Vado in cerca di Connor, si è visto?» domandò pacato Narell.
«Meepo sa, Meepo dice che Connor detto che cercava il cuore pulsante schifoso con dentro un tizio elfo brutto nella foresta», disse Meepo soddisfatto, facendo incupire enormemente il giovane Narell.
«E l'avete lasciato andare da solo? Incoscienti!» si adirò lui.
«Meepo chiesto a draghetto di andare con lui ma draghetto detto che stasera giocare a cricket, e io...» In quel momento Meepo, in cammino verso il privè, inciampò bruscamente sulla tenda con il fiore dell'apocalisse e i presenti ebbero modo di vedere cosa si celava oltre di essa: Yoren era steso a terra, con le mani sul petto, gli occhi lucidi, fissi sul soffitto, ove erano stati appesi diversi occhi di alligatore.
«Veeedo il futuro, gente!» Si mise a ridere di gusto lo sfregiato, rischiando di affogare nella nuvola di fumo bianco che era sbucata dalla sua bocca.
«Fiori, fiori, fiori...» Continuava a ripetere Edith, saltellando da un divanetto di pelle all'altro agitando le sue piccole mani, come se stesse cercando di raccogliere qualcosa che non c'era. Solo dopo qualche secondo inciampò sulla spalliera di una poltrona e capitombolò oltre di essa, svanendo per un attimo agli occhi degli astanti.
«Connor!» Tuonò Narell, sgranando gli occhi e avvicinandosi ad ampie falcate verso il privè. Connor era lì, strafumato, con la lingua penzoloni, seduto, con le braccia tese in avanti, come se stesse continuamente incoccando e scoccando delle frecce: non c'era niente tra le sue mani. «I dorka, Narell. I dorkaaaaa», disse Connor, facendo scemare il suo tono man mano, come volesse emulare uno stupido eco distante.
«È giovedì, i dorka giocano a calcetto col craken, lo sanno tutti», sussurrò Murtagh alla volta di Cariel, prima che un colpo improvviso attirasse l'attenzione di tutti verso il tavolo di Guglielmo: il poveretto aveva sbattuto la testa così forte da svenire.
«Ammmicci mieeei!» si sentì tuonare all'esterno della locanda, prima che Narell venisse spinto in avanti e costretto ad appoggiarsi allo sgabello accanto a quello di Cariel, per non cadere.
«Oh no, è una persecuzione», si mise le mani in viso Cariel.
«Ho nnnotato la bbbella gente riunita qui ssstasera e pensavamo di passare, ammicci!» disse Regel, sorridendo come non mai ed entrando nel locale con al seguito Amon e Mersèl.
«Bah, sta zitta ossuta bestiolina! Dov'è Myarah!?» sbraitò la donna, fulminando Cariel con lo sguardo e reclamando una risposta quanto prima.
«Cccon cccalma ammicca mia, fà come Amon, gguarda che calmo lui!» rispose subito Regel, guardando verso sinistra, alla ricerca del demone, e notando divertito che questi si era già posto accanto al corpo svenuto di Guglielmo, per punzecchiargli un po' le orecchie. Così, per svago.
«Dormi, dormi, bel bambino...» Cominciò a canticchiargli la malvagia e pallida figura.
«Maledetto, lascialo stare!» gli andò contro Cariel, che per deformazione professionale si sentiva sempre obbligato a liberare schiavi, togliere la gente dai guai, sopportare i battibecchi tra Amia e Keglan, scacciare quella sfonda palle di Niri e quel bulletto di Caos, dunque era abituato.
«Non crucciarti, imperatore, ti farò tornare il sorriso sulle labbra con un modesto trucco di magia. Guarda qui, oplà!» lo schernì Amon, tirando fuori dalla manica, in un lampo, un bellissimo fiore che Cariel gli ficcò subito in bocca, senza neanche dargli il tempo di godersi il successo di quel trucco che per giorni e giorni aveva provato allo specchio, sperando di fare il figo.
«Eccola lì!» sbraitò Mersèl, puntando il dito verso il privè e riconoscendo in Edith, di spalle, la sua atavica nemica.
«Ma dove hai lasciato il raziocinio, donna!? Non lo vedi che Ellie è troppo giovane? Myarah è una vecchia decrepita se consideri che...» Murtagh venne interrotto all'istante da quel pugnale d'osso che Cariel aveva, non è dato sapere né come né perché, rubato ad Amon e lanciato contro la bottiglia di vino che il nobile aveva posto ore prima accanto a sé.
«Non osare, maledetto», lo minacciò l'imperatore, lasciando perdere il demone e voltandosi verso Murtagh, mentre al centro della sala cominciava a scatenarsi il pandemonio. Mersèl si era lanciata in corsa verso Edith, Connor si era sollevato e stava agitando le braccia come un forsennato, dimostrandosi più buggato di un PNG di Skyrim, Yoren, steso com'era, aveva sollevato le gambe e cominciato a fare la bicicletta, Narell aveva trovato "che culo" una spada appena forgiata sotto il bancone dell'oste e la stava usando per minacciare Regel, quest'ultimo si era limitato a estrarre la prima cosa che aveva trovato in tasca e... nessuno capì perché la lumaca Teresina si trovasse sempre nelle tasche degli altri da un periodo a quella parte.
«Beh, che succede qui, razza di shnaz!?» Sì, anche Rega, insieme a un manipolo di Lithoren, era entrata nella locanda dopo una dura giornata di allucinazioni e crisi mistiche, e poco dopo l'avevano seguita il principe Erik e il futuro re Nicola, tornato da una sessione lunga ore dalle psicologhe, Iris e Arianna, che con strani oggetti, esoterici a dire il vero, avevano cercato strenuamente di fargli entrare in testa che doveva sposare Flora e basta! Ben presto tavoli, sedie, bottiglie vennero scagliati via, e in mezzo alla bolgia anche Guglielmo, ancora svenuto, volò da una parte all'altra della stanza, nell'indifferenza generale. Era abituato ai soprusi.
«La clausola diceva che Daron non sarebbe morto!» Ben presto tutti colpirono tutti, la serata divenne un'occasione per sfogare le proprie paure, le proprie angosce, la propria rabbia per le tante occasioni mancate, per le molteplici delusioni che gli autori avevano dato a quel manipolo di coraggiosi protagonisti, per le torture che per capitoli e capitoli erano stati costretti a subire. «Mi avete ammazzato tutti, cazzo!» si lamentò furioso Narell, proiettando un fendente verso Regel e vedendo questi sgusciare via come il ratto ossuto e schifoso che era. «E nei primi capitoli!» continuò il ragazzo, sull'orlo delle lacrime, dal momento che il suo agente, Giampiero, lo aveva preso allegramente per i fondelli qualche anno prima. Era stato lui, infatti, a discutere con Kalyme del ruolo che Daron e la famiglia di Narell avrebbero avuto nella storia ed era stato sempre lui ad assicurare al giovane protagonista che tutti sarebbero arrivati felici, sani e salvi quantomeno al decimo capitolo. Puttanate. Da quel giorno Giampiero si era dato alla macchia, e le leggende raccontano che il personaggio di Selenia che oggi porta il suo nome... sia un falso.
«Avete visto mia madre?» Luigi, proprio lui, comparso dal nulla cosmico, forse da un buco nero appena apertosi vicino alla locanda, aveva fatto capolino all'interno di essa, svanendo poi nel nulla dopo aver compreso che in quel posto, almeno per quella sera, nessuno avrebbe risposto alla fatidica domanda. No, avrebbe continuato a vagare in cerca di risposte, avrebbe seguito il suo cuore, cercato sua madre come un piccolo Nemo che ci credeva abbastanza.
«Bbello questo!» esclamò contento Regel dopo aver raccolto da terra il pugnale in osso di Amon. Quest'ultimo stava prendendo a bottigliate un fanciullo da castigo legato e imbavagliato che qualcuno, anche stavolta non è dato sapere come né perché, aveva lasciato nella taverna poche ore prima, ma impallidì enormemente, ancor di più, una volta vista la sua arma nelle mani di quel bastardello.
«Quello è mio, patetico essere!» Gli occhi del demone si iniettarono di sangue, le mani andarono subito intorno al collo di Regel e come Homer Simpson gli aveva insegnato pochi giorni prima cominciò a scuoterlo fino a non fargli capire più nulla. Il Knatul tentò il tutto per tutto, sollevò la gamba, e non il pugnale, perché era stupido, e assestò un modesto calcio ai presunti genitali del suo nemico. Cosa accadde poi? Amon si contorse dal dolore? Ce le aveva le palle? Ai posteriori, o meglio, a ilmarecalmissimo l'ardua sentenza.
«Maledetta, vieni qui!» si infuriò Mersèl, che da diversi minuti stava giocando ad acchiapparella con Edith, utile come lo sarebbe stato nell'oceano un bicchiere pieno d'acqua. Salata.
«Aaaaaaah!» urlò Edith, come la donnicciola che era, sotto lo sguardo in parte disgustato e in parte perplesso di Rega. Uno sguardo che si fece ancor meno convinto quando Edith, a occhi strategicamente chiusi, perché sì, era inciampata sul corpo svenuto di Guglielmo, abbandonato in mezzo alla taverna come un pezzo di legno, e caduta addosso a Nicola, che a spada sguainata aveva ferito la chiappa destra di Erik, il quale per il dolore si era agitato tanto da sbracciarsi e schiaffeggiare per sbaglio due Lithoren. Da quel giorno, tristemente, anche l'Erik di "Selenia"... divenne un falso.
«Maledettaaaaaaaa!» Mersèl sembrò impazzire e dopo aver rovistato per un po' nel privè e aver sniffato un po' del fumo che Yoren le aveva allegramente offerto in quel momento, tirò fuori da una cassapanca consumata e con su scritto "Aprire qui – By Niri" la mitica, insuperabile, ineguagliabile e mai vista ascia! Un oggetto leggendario, dai poteri straordinari, così potente da arrostire immediatamente chiunque vi posasse gli occhi sopra. Ecco perché Niri era stata tanto furba da rendere quell'arma... invisibile. Esisteva, non esisteva? Chiedetelo a Schrodinger.
La baraonda proseguì per ore, finchè un ruggito famelico non scosse la taverna fin nelle fondamenta.
«Un aereo!» urlò qualcuno.
«Un uccello gigante!» urlò un altro.
«I draghi di Scociroooooo!» tuonarono poi in coro, tutti, dal primo all'ultimo, voltando i propri sguardi verso l'alto e constatando come il tetto del locale stesse prendendo fuoco, dando vita a un inferno che nessuno si sarebbe mai aspettato. Tutti i draghi dovevano infatti essere in ferie, in vacanza ai Caraibi, quindi cosa diavolo ci facevano nei dintorni della Hakstaffarmer? Una domanda a cui solo un uomo poteva rispondere ma che nessuno dei presenti avrebbe mai più potuto porre. Non rimase altro che cenere, fumo, un delicato odore di Regel arrosto, e...
«Wooooo cosa essere successo, Meepo non capisce! Meepo... latrina!» Sì, Meepo si era recato in una latrina per espletare funzioni fisiologiche che era meglio non approfondire e pertanto si era salvato dal disastro.
«Uh uh, ci pagano troppo poco per farlo», sorrise uno dei tre draghi atterrati sulle rovine della locanda. «Avanti, giovane creatura. Monta in groppa e ti permetterò di accarezzarmi le squame mentre vado a risolvere tutti i conflitti del mio mondo», lo invitò il possente animale, prima che un felicissimo Meepo si mettesse a saltellare come una piccola, tenera Heidi, verso di lui.
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