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Solitudine

L'alba di un nuovo giorno si affaccia sul regno. La popolazione è stremata dalla lunga oppressione del regno dell'Onice Nera, ma nutrono ancora una speranza. Re Nodor ancora non ha il pieno potere sul territorio perché non è in possesso delle insegne del regno della Fenice Blu.

I passi di Nodor risuonano nella sala del trono sotto l'occhio vigile di Ragnhild.
il re si ferma davanti alla strega, guarda i suoi occhi neri come la pece, il suo volto incartapecorito rimane impassibile.
«Sei sicura di quello che mi hai rivelato?»
«Sì. Guarda ancora una volta.»
Ragnhild batte il bastone tre volte sul pavimento e apre la mano. Un vortice nero vi compare, al suo interno una Fenice Blu brucia e si rigenera.
«La strega è ancora viva e presto tornerà per riprendersi il regno e con lei c'è Dylan della Fenice Rossa. Sono gli unici sopravvissuti a…»
«Zitta!» la interrompe brusco il re, «fosti tu a convincermi che la maledizione e la solitudine avrebbero ucciso la strega perché tu non potevi macchiarti del suo sangue.»
«Lei è protetta dal potere della Fenice e io stessa la temo, ma…» la megera socchiude gli occhi e cammina verso la porta.
«Ma, cosa?» Urla il re.
Ragnhild si gira lentamente.
«Rafforza la guardia all'entrata del castello e a questa sala, servirà a poco, però mi darà il tempo che mi serve.» Esce sbattendo la porta.
Nodor rimane a fissare la porta, improvvisamente si sente stanco, la rabbia dentro di lui lo abbandona lasciando spazio al vuoto.
Si siede sul trono e pensa che sarà proprio quella vecchia megera a causare la sua fine.

Stoccolma si è rivelata una città molto ospitale e vi soggiorniamo da tre lune. Dylan e Orion hanno insistito a rimanere fino a che non fossimo riusciti a capire come si usa l'astrolabio.
Guardo il mare. Tutte le mattine vengo qui per riflettere sulle parole di Atir che sono state simili a quelle degli stregoni della congrega: guardare nell'astrolabio con l'occhio dell'infinito e rinunciare a esso perché l'equilibrio sia ristabilito e la pace torni.
Guardo l'orizzonte, la solitudine mi invade perché sento dentro di me che dovrò prendere una dolorosa decisione. Sfioro con la mano la gemma sulla mia armatura e nella mia testa la civetta sussurra.
Dal giorno in cui ho incontrato Atir qualcosa è cambiato dentro di me. Ho notato che Orion mi osserva, lui come me ha nel sangue la magia e sente il cambiamento, mentre Dylan cerca di consolarmi e capire i miei silenzi. Siamo tutti e tre prigionieri della nostra solitudine perché non abbiamo il coraggio di confessare le nostre paure, la battaglia finale è vicina.
Il sole tramonta, la prima stella della sera illumina il cielo, si illumina lo zaffiro sull'armatura. Chiudo gli occhi, il canto della civetta dentro di me è un eco.
«L'occhio dell'infinito è dentro di te, sono io.»
Copro le orecchie con le mani, stringo forte gli occhi e una serie di immagini mi appaiono chiare.
«Il faro! Dobbiamo tornare dove tutto ha avuto inizio.»
Il sole è tramontato, torno a casa pensando che questa sarà l'ultima notte a Stoccolma.

È notte fonda, Orion ci precede con una lampada per illuminare il sentiero che porta al faro.
Camminiamo in silenzio, guardo Dylan al mio fianco e vorrei confessargli ciò che accadrà, ma non ne ho il coraggio.
Guardo Orion e penso agli anni in cui siamo stati soli nel nostro dolore, ma tutto ora ha un senso e devo finire ciò che ho iniziato e accettare il mio destino.
«Hai detto qualcosa?»
Orion si gira verso di me, alza lampada, ho paura che abbia ascoltato i miei pensieri.
«Non ho detto nulla,» dico in un soffio, «perché?»
Fa un passo verso di me e mi illumina il viso e poi con Dylan si scambiano uno sguardo d'intesa.
«Piuttosto siete voi che dovreste dire a me cosa vogliono dire gli sguardi che vi scambiate.»
Passo lo sguardo dall'uno all'altro.
«Siamo preoccupati per te,» dice Dylan, «da quando porti l'astrolabio sei diventata silenziosa e sembra che qualcosa ti tormenti.»
«Ci hai detto che dobbiamo andare al faro, ma non ci hai detto perché.» Continua Orion.
Guardo prima uno poi l'altro. Prendo l'astrolabio e lo mostro.
«Ho capito cosa voleva dire Atir e come usarlo,» indico il faro davanti a noi, «ora andiamo.»

Il faro è come l'abbiamo lasciato, non sento la presenza di Atir e non credo che si paleserà.
Abbraccio e bacio Dylan.
«Sembra che tu mi stia dicendo addio.»
Mi accarezza il viso.  Mi stringo a lui ancora più forte nascondendo il viso nel suo petto e non riesco a trattenere una lacrima.
«Dylan, devi sapere che le insegne del potere della Fenice Blu non si sono mai spostate dalla sala del trono,» gli sussurro delle parole all'orecchio.
Mi guarda sorpreso. Gli stringo forte le mani.
«Orion, amico mio,» gli vado incontro, «grazie.»
Mi trapassa con gli occhi scuri e apre la bocca per dirmi qualcosa, ma gli metto un dito sulle labbra.
«Stiamo per affrontare una battaglia, dobbiamo essere forti.»
Guardo il cielo stellato. L'infinito. Le stelle sono in posizione nel firmamento.
Ci disponiamo in cerchio, pongo al centro l'astrolabio. Apro le braccia verso il cielo.
«Sfiora la luce le ciglia
penetra dentro me,
mi avvolge poi silenzio
nel mentre cieco il mondo
vortica follemente.»
Dalla stella del Nord si sprigiona una luce che colpisce lo zaffiro, l'occhio della civetta sulla mia armatura. La civetta spiega le ali e canta, la luce a sua volta colpisce l'astrolabio che astronomicamente si trova sulle coordinate del regno della Fenice Blu.
Afferro le mani dei miei compagni di viaggio mentre la luce ci avvolge. Sento il fragore del mare, ci avvolge una melodia. È il canto delle stelle.
Fra poco sarò a casa.

Mi guardo intorno, stringo ancora le mani di Dylan e di Orion. Solo un attimo prima eravamo nel faro, ora siamo al centro della sala del trono.
Sembra essere deserta. Un senso di ansia mi stringe il cuore, ho una strana sensazione.
Orion sguaina la spada e si sposta velocemente verso la parte destra della sala e Dylan fa la stessa cosa spostandosi verso sinistra. Cammino decisa verso il trono, mi assalgono i ricordi di quel tragico giorno.

Il re mi aveva convocato d'urgenza, quella sera i due regni avrebbero firmato un'alleanza per arginare le pressioni di re Nodor. Il regno dell'Onice Nera voleva conquistare i territori confinanti con i due regni e da lì l'invasione sarebbe stato il prossimo passo.
Entrai nella sala del trono, re Menos mi venne incontro, aveva il volto cereo e sembrava sofferente.
«Eileen, c'è un traditore tra di noi.»
Lo guardai come se fosse impazzito.
«Non è possibile, ma chi?»
«Non ora,» mi interrompe, «le insegne del potere.»
Si toglie la corona e me la consegna.
«Sono stato avvelenato,» mi mostra la mano nera, «sento che la vita mi sta abbandonando.»
Lo aiutai a sedersi sul trono, mi prese la mano e mi attirò a sé.
«Salva il regno,» spirò.
Si spalancarono le porte, entrarono le guardie con a capo un dignitario dell'ambasciata della Fenice Rossa.
«Ha assassinato il re,» urlò, «mettetela agli arresti!»
Mi spostai alle spalle del trono, avevo tra le mani la corona e dovevo nasconderla.
- Verdecken, - la corona scomparve dalle mie mani. Erano vicini, decisi in un attimo di affrontarli per cercare di uscire dalla sala per correre ad avvertire Dylan.
Uscii allo scoperto e vidi Ragnhild davanti a me. Rimasi sorpresa e allibita, avevo sentito parlare di lei e dei suoi poteri oscuri. Non ebbi il tempo di reagire, un'energia oscura mi avvolse. Urlai, tentai di ribellarmi, ma la mia magia fu inutile; mentre mi portavano via vidi re Nodor che prendeva possesso del trono.

Mi sedetti sul trono.
«Ausstellen.»
Una luce bianca compare davanti a me, l'attraverso con le mani e porto fuori la corona.
Intorno a me compare una nube oscura che mi avvolge e contemporaneamente si spalancano le porte ed entrano le guardie che circondano Dylan e Orion.
Mi pongo sul capo la corona. La nube nera si allarga e al suo interno compare la megera.
«Siamo alla fine,» dice con la voce gracchiante, «consegnami le insegne.»
«Mai, vattene dal mio regno tu e il tuo re.»
«Siete soli, non avete alcuna possibilità,» batte a terra il bastone e comincia a recitare una oscura litania.
Sento la civetta urlare di dolore e il mio corpo sembra disintegrarsi.
È giunto il momento. Apro le braccia.
«Sospira l'eterno e io
vago nel nulla astrale,
luce infinitesima
appartengo all'immenso.»
Lo zaffiro emana una luce accecante che mi avvolge.
L'armatura si infrange, il mio urlo e quello della civetta sono uno. Sento che abbandona il mio corpo e il dolore è straziante, alzo gli occhi e la vedo sopra di me ad ali spiegate.
Ragnhild fa un passo indietro evidentemente spaventata.
La luce si espande e il buio viene inghiottito. Ora vedo più in là Dylan e Orion e le guardie che guardano immobili ciò che sta accadendo.
«Nodor!» Urla Ragnhild.
Sento la lama che mi trapassa tra le spalle. Due lacrime mi solcano le guance.
La civetta artiglia il petto della megera, che si inginocchia e lentamente svanisce.
Guardo Orion attaccare Nodor e Dylan che mi prende prima che cada a terra.
Sono stanca, la morte è solitudine.
Accarezzo il volto di Dylan che mi implora di non arrendermi.
Sono stanca e voglio chiudere gli occhi solo per un momento…

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