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Eileen della Fenice Blu

Nel villaggio di Adrena regna un silenzio irreale; la neve lo ammanta come una calda coperta e la luna crea un gioco di luci e ombre su di essa.
Un improvviso rumore di zoccoli rimbomba per le vie deserte. Coperta da un lungo mantello cavalco un destriero nero come la notte.
«Pazienta ancora un po',» accarezzo la folta criniera di Ermes, «sono sicura che presto troveremo un riparo.»
Alla fine della strada intravedo la luce di una lampada, sicuramente è una locanda, dico fra me e me, rallentando l'andatura.
Mi fermo davanti all'entrata; la lampada illumina l'insegna scrostata dal tempo, ma la scritta in rosso è ancora ben visibile:
«Sally Spritz,» leggo a bassa voce.
Smonto da cavallo, gli accarezzo il collo e nitrendo Ermes batte lo zoccolo a terra in segno di approvazione.
Entro e gli avventori si girano a guardarmi.
Tolgo il cappuccio del mantello: la lunga treccia di capelli neri mi cade sulle spalle e guardo indifferente i presenti.
Cammino lentamente verso un tavolo in fondo alla locanda, mi siedo e un attimo dopo ricomincia il chiacchiericcio.
L'oste si avvicina e prima che mi faccia le solite domande gli dico:
«Fuori c'è il mio cavallo, ha bisogno di un riparo per la notte e cibo. Immagino che abbiate delle camere,» guardo le scale che portano al piano superiore, «ne prendo una per questa notte. Portami da mangiare, grazie.»
L'oste mi osserva interdetto, allora gli rivolgo uno sguardo freddo e metto un sacchetto di monete sul tavolo.
«Penso che queste siano sufficienti.»
L'uomo prende il sacchetto e ne saggia il peso.
«La servo subito signora, per il cavallo mando immediatamente qualcuno.»
Alla fine della cena, l'oste si avvicina e gli leggo negli occhi la curiosità di sapere chi sono.
«Le è piaciuta la cena?» Mi chiede e il suo sguardo viene catturato dall'anello che indosso; istintivamente lo copro con l'altra mano.
«Era tutto molto buono.»
«Dov'è diretta?»
«Alla Selva Nera.»
L'oste alza un sopracciglio e mi squadra.
«Nessuno si avvicina a quel posto dimenticato da dio...»
«... specialmente una donna,» finisco la sua frase e incrocio le braccia e sorrido sardonica.
«Solo due tipi di persone si inoltrano nella Selva Nera: un eroe o un pazzo.»
Mi alzo e affondo i miei occhi nei suoi piccoli e neri.
«Non sono né l'una né l'altra.»
Prendo la chiave della mia camera che aveva poggiato sul tavolo e mi avvio alle scale.
La camera è piccola, ma pulita e accogliente. Guardo il letto e mi siedo, poi mi stendo lasciando le gambe fuori.
«Peccato che non ci dormirò, sembra comodo.»
Sospiro e svogliatamente mi alzo e apro la finestra.
La luna è quasi allo zenit, già ne sento il richiamo. Mi spoglio, metto in ordine i vestiti, sfilo l'anello, lo infilo nella catenina e la indosso.
Un raggio argenteo sfiora il mio corpo nudo: sento già dentro di me che il cambiamento sta avvenendo.
Colpisce l'anello e da esso ne esce una nebbiolina che sublima nelle sue sembianze.
Faccio due passi avanti, nel tentativo di accarezzargli il volto, riesco a sfiorarlo con la punta delle dita. Fisso la luna, è un attimo, mi involo.
Sono una civetta, regina della notte, mi baciano i raggi della luna; con ali spiegate sfido il vento invernale che soffia tagliente.
Improvvisamente mi fermo e mi libro leggera. Volgo lo sguardo a terra e vedo che alza il braccio; mi precipito in picchiata e, quando sono abbastanza vicino, lui non cede, non si muove. Apro le ali e rimango sospesa, i nostri sguardi si accarezzano e mi appoggio leggera.
Ride.
«Sei la solita spericolata!»
Mi accarezza; per un solo attimo dimentico la nostra condanna.
Si guarda intorno sincerandosi che nessuno ci osservi. Silenziosi ci inoltriamo nel bosco.

Apro gli occhi e guardo la finestra ancora spalancata. Il sole è sorto da poco. Giro la testa dall'altra parte e un lacrima scende piano, si insinua tra le labbra; l'assaporo, è salata. Stringo il lenzuolo e affondo il viso nel cuscino, frugando tra i ricordi.
Resto ancora per un po' in quella posizione, finché non sento il freddo invadere la stanza. Mi alzo e chiudo la finestra. È una bella giornata e la visibilità è molto ampia. Il cuore sobbalza quando mi accorgo che il bosco in cui siamo stati stanotte si estende a perdita d'occhio ed è di colore nero.
«Sono giunta alla Selva Nera... siamo giunti,» stringo l'anello.
Mi vesto in fretta, sono presa da una frenesia incontrollabile. Prendo lo specchio dalla sacca.
I miei occhi azzurri si riflettono in esso, quasi non mi riconosco. Da troppo tempo cerchiamo un modo per spezzare la maledizione, da troppo cerchiamo la congrega della Quercia Nera. Sono stanca di trasformarmi ogni notte in civetta, mi sta distruggendo il dolore di sfiorare appena Dylan ma non riesco a rassegnarmi a questa vita. Tolgo la catenina e infilo l'anello.
«Dylan non accetto quello che mi hai detto stanotte, non mi arrenderò mai. Spezzerò il sortilegio e torneremo nella nostra terra.»
Scendo le scale, mi investe un buon profumino di cibo; l'oste sta riordinando la sala, si gira verso di me percependo i miei passi.
«Se vuole può accomodarsi e prendere un caffè prima di andare.»
Mi indica un tavolo e va in cucina. Mi siedo e dopo qualche minuto arriva con il caffè e una fetta di dolce. Lo guardo interdetta, non capendo il perché di tanta gentilezza.
Mi serve e continua a guardarmi. Inclino la testa e socchiudo gli occhi.
«Mi dica pure!»
«Perché vuole andare nella Selva Nera? Cosa mai può cercare o sperare di trovare in quel luogo ostile e maledetto?»
Rimango in silenzio e ci osserviamo come a valutare l'avversario e le eventuali azioni e reazioni.
Convengo che era da tanto tempo che un altro essere umano si interessasse a me.
C'è stato un momento in cui ero convinta che nulla potesse guastare o addirittura distruggere l'idillio in cui vivevo.
Io ero Eileen, ero la prediletta, la saggia, il primo consigliere del trono della Fenice Blu. Un giorno il regno della Fenice Rossa aveva mandato degli ambasciatori per chiedere aiuto per affrontare il pericolo che proveniva dalla terra dell'Onice Nera.
Dylan era fra gli ambasciatori e anche il traditore.
Osservo con interesse l'uomo che è davanti a me.
Piccole rughe gli disegnano il contorno degli occhi neri, non molto alto e robusto. Mi soffermo a osservare le mani: noto che ha le maniche arrotolate fino ai gomiti e un tatuaggio sul polso.
Con la mano gli indico la sedia di fronte a me.
Si siede, poggia le mani sul tavolo, velocemente gli afferro il polso:
«La Quercia Nera?!» alzo la manica e gli mostro il mio.
«La Fenice Blu?! Mia signora pensavo che tutti coloro che appartenessero alla terra della Fenice Blu fossero morti.»
«No, non tutti, io ebbi un destino peggiore.»
Fisso l'oste che ha per me uno sguardo tra il pietoso e la curiosità.
«Si raccontano molte storie sulla fine del vostro regno e sulla strega Eileen e di come abbia tradito il suo sangue.»
A queste parole mi si gela il sangue e mi si fissa il pensiero che io non sono per gli altri quel che finora, dentro di me, mi sono figurata d'essere. Non hanno distrutto solo il mio regno, ma anche ciò che sono.
Guardo oltre la sua spalla, e rifletto che la vera me si sta perdendo; che la doppia essenza umana\civetta mi sta conducendo a smarrire il mio vero obiettivo.
Chi ero prima della maledizione? Una saggia consigliera le cui uniche esperienze di vita erano la sicurezza e gli agi del proprio regno.
Poi Dylan, la passione che brucia, e poi il tradimento, la maledizione. Ora cosa voglio? Salvare il mio regno, salvare me e lui? O la vendetta contro il regno dell'Onice Nera?
«Siete voi Eileen?» Mi chiede l'uomo.
Come se mi risvegliarsi da un sogno, lo guardo e con voce decisa che non ammette repliche.
«Sono Eileen, la saggia, la prima consigliera del regno della Fenice Blu. Non ho tradito il mio sangue. Ho vissuto questi anni cercando un modo per spezzare la maledizione che ha distrutto la mia vita e quella di Dylan. Cerco la congrega della Quercia Nera perché sono forse gli unici che possono aiutarci.»
«Aiutarvi? Siete così sicura, mia signora, che possano o che vogliano?»
Guardo il suo tatuaggio, poi lui.
«Sono disposta a superare ogni ostacolo, non sarà nulla a confronto di questo.»
Sposto l'abito sulla spalla e gli mostro il tatuaggio della civetta.
«Eravate dunque voi la notte scorsa? Siete maledetta!»
«E non sono sola. Dylan del regno della Fenice Rossa è prigioniero della maledizione dell'irrealtà.»
L'oste si alza di scatto, ma gli afferro la mano e gli giro il polso. Poggio la mano sul tatuaggio.
«Chi siete voi?»
Il mio tono si addolcisce, sperando che sia lui il modo di arrivare a ciò che disperatamente cerco.
L'oste mi guarda negli occhi e delicatamente sfila la mano dalla mia.
«Il mio nome è Orion e sono uno dei guardiani di porta.»
Scatto in piedi e poggio le mani sul tavolo inclinando il busto in avanti, in attesa con tutta me stessa delle sue parole.
«Eileen, strega del regno della Fenice Blu, vi conduco nella Selva Nera al cospetto della congrega della Quercia Nera.»
A grandi passi guadagna l'uscita, prendo le mie cose e lo seguo quasi di corsa.
Varco l'uscita ed l'aria frizzante mi investe. Il cielo è terso e la Selva Nera è poco distante.
Orion è già a mezza strada, slego Ermes e a piedi lo raggiungo.
Si ferma davanti ad un sentiero quasi invisibile, mi guarda:
«Andiamo?»
Annuisco e stringo l'anello.
«Andiamo!»

@JaneWriter97 _angel_of_dark_ JossMcK racconterò la storia di Eileen e Dylan per tutta la durata del contest.
Un'ispirazione, un esperimento di scrittura: per ogni traccia che voi assegnerete, voglio riuscire ad inserirla nel contesto della storia di Eileen e Dylan.

Buona lettura, deliartemisia.

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