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Prologo

Hampton, Virginia,
Settembre 1841


***

—Samantha dice che ci vorrà una settimana o due almeno per fare in modo che George la perdoni stavolta.—
Sarah si girò verso la voce della ragazza e le strinse una mano.

—Credo che non dovresti essere tu a preoccupartene, Lydia. Vedrai che risolveranno i loro problemi in meno tempo di quanto immaginiamo.

—Ma tu non capisci, Eveline— si lamentò la giovane allargando le braccia esasperata. —Il mese prossimo si sposeranno, e se George non la perdona adesso quelle benedette nozze sono destinate a saltare! E mio padre, sai, non è esattamente il tipo di uomo che tollera determinate cose. Mia sorella ha esagerato stavolta; dare un bacio sulla guancia a Jensen, che per di più è uno sguattero, ha fatto infuriare persino me che sono la più tollerante di questa famiglia... Posso solo immaginare che cosa abbia provato William! —

Sarah, che ora era la signorina Eveline Moore, dovette trattenere l'impulso di scoppiare a ridere. Per la prima volta da quando era arrivata ad Hampton, dopo un mese intero di nausee e giramenti di testa, si poteva concedere di tornare a ridere. Tuttavia, la signorina Lydia Turner, la secondogenita della famiglia per cui era stata assunta come istitutrice, non avrebbe sopportato di vederla ridere per quella che riteneva a tutti gli effetti una vera e propria disgrazia. Così rimase in silenzio, limitandosi a scuotere il capo e a sospirare fingendo di non trovare la situazione troppo divertente.

—Continuo a credere che risolveranno anche questo problema tra di loro e al più presto, così il mese prossimo si sposeranno. Stai tranquilla, Lydia, vedrai che andrà tutto bene. Devi avere fiducia.

L'apparentemente innocente Lydia Turner, che aveva solo sedici anni ma ne dimostrava mentalmente molti di più, almeno nell'opinione di Sarah, si lasciò sfuggire l'ennesimo sospiro sconsolato. —Vorrei che la mamma fosse qui, così non dovrei tenere questo peso da sola. E poi vorrei che Samantha non fosse tanto impertinente e irrispettosa nei confronti di quel povero ragazzo...

Sarah la fissò con un sopracciglio inarcato.

Era ormai palese che Lydia provasse qualche sentimento per il giovane promesso sposo di sua sorella, ma probabilmente nemmeno lei se ne era ancora resa conto e di sicuro Sarah non aveva intenzione di metterla al corrente della cosa.

Da quando era stata assunta aveva cercato di non dare troppo nell'occhio rimanendo discreta e imperturbabile per tutto il tempo, ma quando era con Lydia — alla quale si era inevitabilmente affezionata — non poteva fare a meno di aprirsi un poco. Avrebbe voluto darle qualche consiglio come avrebbe potuto fare una sorella, ma la verità era che lei era la persona meno adatta a dare qualunque tipo di consiglio. Era fuggita dalla sua vita per farsene una migliore, quindi si sentiva come se dovesse ricominciare da capo in ogni aspetto della propria esistenza.

—Tu mi comprendi, vero, Eveline?
—Io credo che non dovresti disperare. Tua sorella non manderà di certo a monte le nozze con George per una sciocchezza del genere.

—Ma non si tratta affatto di una sciocchezza!— s'infervorò la giovane Lydia puntando i piedi al pavimento. Sarah si morse la lingua. Ormai la conosceva abbastanza bene da poter ammettere che fosse una delle ragazzine più impulsive e cocciute che avesse mai conosciuto, e non poteva fare a meno di paragonarsi a lei almeno fino a qualche anno prima. Prima della morte dei suoi genitori anche lei era l'esatto prototipo della ragazza viziata e pungente, anche se quello che era accaduto in seguito l'aveva poi costretta a mutare qualunque percezione della realtà.

—Mia sorella deve farsi perdonare il prima possibile, o dovremo fuggire tutti da questa casa. Le urla di mio padre si sentiranno fino all'America del sud altrimenti, e te lo assicuro, non sto esagerando nulla.

—Ti capisco, Lydia, ma non sono preoccupazioni che dovrebbero interessare te.

Probabilmente lei era fin troppo fredda in quel momento, ma solo così Lydia poteva capire che era troppo giovane per issarsi sulle spalle quel grosso problema che non era nemmeno poi tanto grosso, in fondo.

Presto avrebbe sperimentato sulla propria pelle che i problemi erano altri, ma non poteva biasimarla se si preoccupava di calmare le acque cercando di risolvere gli impicci della sorella. Samantha non era una santa, e Sarah lo aveva enormemente compreso dal momento in cui aveva varcato la soglia della casa. Aveva pressappoco la sua età ed era una di quelle ragazze che Sarah soleva definire acerbe e civettuole, per questo non si spiegava come un ragazzo timido e gentile come George – che aveva incontrato ormai svariate volte durante le visite pomeridiane alla promessa sposa – potesse aver scelto una come lei. Ma quello, come cercava di spiegare a Lydia da ormai troppo tempo, non era un problema loro.

Tuttavia, la secondogenita dei Turner era fin troppo empatica per lasciarsi scivolare addosso la marea di problemi che la maggiore provocava, anche se in quel frangente si trattava realmente di una sciocchezza. Perciò si alzò in piedi, le chiuse il libro di letteratura davanti al viso, e la costrinse ad alzarsi a sua volta.

—Penso che tu abbia proprio bisogno di schiarirti la mente, tesoro. Che ne dici di una bella passeggiata a cavallo?

—Oh!— Lydia sembrò immediatamente più entusiasta di quanto fosse stata fino ad allora. Sarah sapeva quanto amasse cavalcare.

—Sì, credo che tu abbia ragione. Non posso star sempre dietro alle stramberie di mia sorella, in fondo.

—Molto bene— accondiscese Sarah con un sorriso.

—Forza, usciamo da qui prima che mi prenda io la briga di andare a fare due chiacchiere con tua sorella.

Lydia fece un risolino nervoso. —No, per favore. L'ultima volta ho temuto per la sua incolumità.

—E le ho solo suggerito di chiudere la bocca e farsi un esame di coscienza, peraltro. Cosa credi che mi direbbe se le dessi un'altra tirata d'orecchie?

—Ti farebbe buttare fuori di casa, probabilmente. Sai che non ti sopporta molto.

Entrambe scoppiarono finalmente a ridere, e Sarah poté concedersi il lusso di credere che Lydia si lasciasse alle spalle quel problema che di fondo non esisteva così da poter trascorrere il resto del pomeriggio serenamente. —Dai, tra poco sarà il tramonto e sai che tuo padre non vuole che rincasiamo troppo tardi.

Lydia annuì con vigore, e nel lasciare la biblioteca Sarah non poté fare a meno di pensare a quanto avrebbe desiderato avere una sorella minore da accudire.

In un certo senso Lydia aveva preso un posto nel suo cuore, e sperava davvero che non avrebbe seguito le orme della sorella crescendo, anche se sotto molti aspetti erano simili. I guai, in quel caso, l'avrebbero travolta come un uragano. Lydia, comunque, era ben lontana dal diventare una donna arrogante e civettuola. Era intelligente, si applicava in ogni ambiente le interessasse, era spiritosa e gentile. Il suo unico difetto, se così poteva definirsi, era l'impulsività. Di certo non era un punto a suo favore, ma col passare del tempo probabilmente avrebbe imparato ad esserlo di meno.

Sarah ci stava ancora lavorando.

Suo zio l'aveva marchiata irrimediabilmente, eppure sentiva di potersi liberare da quella macchia che sembrava indelebile. Ci avrebbe impiegato del tempo e forse non l'avrebbe mai cancellata completamente, ma doveva ammettere che l'affetto che Lydia le dimostrava pur inconsciamente stava smussando i contorni frastagliati di quella macchia almeno un po'.

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