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6. Imprevisti

Il giorno in cui Jon e Will lasciarono il porto di Southampton pioveva ormai ininterrottamente dalla notte precedente. Un clima per nulla adatto per la partenza, tanto che la signora Charters, i suoi ospiti e i domestici gli consigliarono di attendere qualche altro giorno, ma né Jon né Will assecondarono quel consiglio.

Avrebbero dovuto aspettare un'altra nave in partenza per la Virginia e non avevano nessuna intenzione di farlo. L'unica a non essere andata a salutarli era stata la signorina Emma Collins, ma i suoi genitori avevano spiegato che si era sentita poco bene e aveva quindi deciso di rimanere a letto porgendo le proprie scuse al suo posto. La notizia aveva palesemente amareggiato Will; Jon aveva notato il suo sguardo malinconico ma il ragazzo non si era scoraggiato e non aveva espresso nulla con le parole per non dare adito ad alcuna insinuazione da parte degli altri. Così erano poi giunti al porto, avevano stretto la mano del capitano Jordan e si erano finalmente imbarcati sotto il diluvio che appariva sempre più incessante.

Erano trascorse solo un paio d'ore da quando avevano lasciato Southampton, eppure a Jon sembrava che fossero passati già due giorni. Non era mai salito su una nave nella sua vita, ma l'infinita distesa d'acqua non lo spaventava. Piuttosto, era la sensazione allo stomaco che lo turbava e il fatto che proprio quella mattina piovesse a dirotto. Will, al contrario, sembrava più fiducioso di lui.

—Andrà tutto bene— gli disse stringendogli una spalla quando lo vide sbiancare per una scrosciata d'acqua che fece sobbalzare un po' il veicolo. L'altro annuì cercando di apparire più sicuro di sé di quanto non si sentisse in realtà. Ce l'aveva fatta, si era imbarcato per raggiungere Sarah, e accanto a lui c'era qualcuno di cui si fidava ormai ciecamente, eppure da quando erano partiti era stato assalito da un turbine di dubbi che sembrava non avere una fine.

Se non fossero riusciti a trovare l'indirizzo di Sarah? Se le fosse accaduto qualcosa nel tempo intercorso da quando era partita ad oggi? O peggio, se fosse... morta. No, non poteva credere quello. Sarah aveva sicuramente trovato una soluzione alla propria solitudine, e non si era lasciata abbattere dallo sconforto. Almeno, era tutto ciò che sperava.

All'interno della cabina che condividevano, Will emise un colpo di tosse per distoglierlo forse dai suoi turpi pensieri.

—Non vi sentite a vostro agio— dedusse.

—Penso continuamente a Sarah— gli confessò Jon, lo sguardo teso mentre tentava di ignorare il senso di pesantezza allo stomaco. —Al fatto che io senta la sua mancanza, ma che lei possa essersi arresa perché fino ad ora non ho potuto raggiungerla. E se lei si è arresa, Will, perché si è sentita abbandonata, può aver commesso qualunque...

—La signorina Sarah non è una persona che si arrende— lo interruppe Will con un mesto sorriso di fierezza. —Fidatevi di me, io la conosco bene. E ho visto il modo in cui vi guardava prima che lord Ashton la rovinasse.— Un velo di rabbia gli attraversò gli occhi al ricordo delle parole di Freya Carter sull'accaduto di qualche mese prima. —Insomma, vi guardava con amore e questo lo sapete anche voi.

Jon stringeva le mani a pugno nel frattempo. Sentir nominare Robert Ashton gli faceva ribollire il sangue, ma non poteva più arrovellarsi sul meditare vendetta contro di lui perché lui non c'era più. Sarah si era fatta giustizia da sola e per questo era stata costretta a fuggire.

Sperava solo che stesse bene.

—Io ne sono innamorato— confessò dopo un lungo minuto di silenzio. Le sue labbra si distesero senza che se ne rendesse conto in un sorriso di assoluta convinzione. —Dieci anni fa non avrei potuto immaginare una cosa simile. Sai, Will, lei era davvero odiosa, una vera bisbetica viziata. Insopportabile.

Will si unì al suo sorriso.

—Credetemi, lo so. Sono stato assunto dai signori Ashton quando mio padre morì e mia madre rimase sola con le mie due sorelle, e avevo solo dodici anni.— Fece una pausa. —Praticamente siamo cresciuti insieme.

Jon stava per rispondere alla sua affermazione quando un sonoro bussare alla porta della cabina li fece voltare entrambi.

—Sì?— fece Jon inarcando un sopracciglio mentre Will si alzava dal suo letto e si dirigeva verso la porta.

Dall'altro lato della porta non arrivò nessuna risposta.

Allora, dopo uno sguardo d'intesa con Jon, Will appoggiò la mano sul pomello e fece scattare l'apertura. Per poco non gli venne un colpo.

Jon balzò in piedi.

Signora Carter?— esclamò sbalordito puntando gli occhi sulla donna che era stata la governante di casa Ashton fino a un paio di mesi prima.

Freya Carter si lisciò le pieghe della lunga gonna con un sospiro.

—Ah, perdonatemi, ma non potevo lasciarla da sola e ha insistito così tanto che alla fine mi sono lasciata convincere.

—Di che cosa state parlando?— domandò Will con la fronte aggrottata.

—Andiamo, signorina Collins, fatevi vedere— disse Freya ad alta voce allungando il collo verso la porta aperta.

Jon e Will si scambiarono un'occhiata incredula.

Quando Emma Collins giunse davanti a loro e varcò la soglia della cabina, Will per poco non cadde a terra svenuto.

Ma cosa diavolo state facendo qui?— Jon fece per avanzare ma un conato di vomito gli scosse lo stomaco. —Dio mio, finirò per morirci qui dentro!

—Mi dispiace— si giustificò la signorina Collins. Freya allargò le braccia con fare pressoché esasperato.

—Sono salita nella stanza degli ospiti per vedere se le occorresse qualcosa dal momento che pensavamo stesse male, e invece era in piedi, vispa e arzilla e con una borsa piena di abita pronta per un viaggio.—

Freya le lanciò uno sguardo ammonitore.
—Ma non avevo nessuna idea che intendesse partire insieme a voi.

—Volete essere così gentile da spiegarmi questo gesto tanto... assurdo?— l'accusò Jon stringendi gli occhi.

Emma non si lasciò scoraggiare dal suo tono, cercando invece lo sguardo di Will.

—L'ho fatto perché avevo voglia di un'avventura. E perché volevo trascorrere più tempo in vostra compagnia. Ieri sera siete stato molto gentile nei miei confronti.

Will spalancò la bocca senza nemmeno rendersene conto.

—Volevate trascorrere il tempo in compagnia mia?— Sembrava talmente incredulo che perfino Jon provò un moto di tenerezza nei suoi riguardi.

Emma sembrava molto convinta di quanto stava dicendo.

—Sì, esatto. Vi sembra tanto insolito?

—Mi sembra insolito che siate riuscita a tenere tutto nascosto fino a questa mattina!— s'intromise Jon passandosi una mano sul volto, al colmo dell'esasperazione.

—E che abbiate coinvolto anche la signora Carter.

Freya prese le sue difese.

—Non è stata totalmente sua, la colpa. Voleva solo passare del tempo con Will, e Dio solo sa quanto io sia felice di questo, e ho pensato che almeno avrei potuto rivedere Sarah.

Allora qualcosa si smosse nel cuore di Jon e all'improvviso la rabbia svanì per lasciare il posto alla condiscendenza. La comprendeva e poteva perfino comprendere i motivi di Emma Collins. Sperava solo che il loro ingresso non avrebbe intralciato in alcun modo la traversata.

—Immagino che ormai sia troppo tardi per farvi tornare a casa— disse scuotendo la testa. —Che Dio ci aiuti.

—In realtà la loro potrebbe rivelarsi un'ottima compagnia, non credete?—

Will stava sorridendo in direzione di Emma che stava man mano diventando paonazza, quando la mano di Freya si abbatté sulla spalla del ragazzo. —Io modererei il tono se fossi in te, testone — lo ammonì bonariamente.

Quella battuta strappò un sorriso a Emma che divenne totalmente rossa.

—Come avete ottenuto i biglietti per il viaggio, comunque?— volle sapere Jon incrociando le braccia al petto.

—Ho dovuto vendere gli orecchini d'oro di mia nonna— spiegò Emma. —Oh, era una megera senza scrupoli, quindi il gesto non mi è pesato granché — aggiunse all'occhiata esterrefatta di Freya. —E così eccoci qui, su una nave diretta in America.— Si strinse nelle spalle e sorrise emozionata. —Non lo trovate entusiasmante?

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