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5. Allucinazioni



Jon fece slittare lo sguardo da Will alla signorina Collins come se non si rendesse conto realmente di cosa stava avvenendo. Sembrava che gli occhi del ragazzo fossero improvvisamente diventati più grandi e luminosi mentre fissava Emma senza proferire parola, e poteva dire la stessa cosa della controparte. Dentro di lui nacque suo malgrado un sorriso che non palesò; quei due si piacevano ed era evidente. Emma se ne stava immobile e tutta l'arroganza che Jon era certo di aver intraveduto in lei era d'un tratto sparita per essere sostituita dall'ammirazione per quel ragazzo che le stava di fronte, così fu Will a intavolare la conversazione.

—Perdonatemi— Chinò il capo in segno di rispetto. —Signorina...?

—Collins— Dopo qualche istante la ragazza gli rispose regalandogli un sorriso che per la prima volta da quando era arrivata appariva spontaneo e sincero. —Sono Emma Collins. Lieta di conoscervi.

—La signorina Collins è la figlia dei vecchi amici di mia madre— spiegò Jon abbandonando per un attimo il fastidio che aveva provato dopo aver compreso il piano architettato da sua madre. —I signori Collins saranno nostri ospiti per qualche giorno, a detta di mia madre. Signorina Collins, vi presento Will...— Si rese conto poi che nemmeno conosceva il cognome del ragazzo. Per sua fortuna Will gli venne subito in aiuto. —Will Newman. Grazie, signor Charters. Il piacere è mio, signorina Collins.

Jon poteva scommettere che nulla meglio si addicesse a quelle parole. Il modo in cui lui la guardava era paragonabile alla prima volta che Jon aveva rivisto Sarah dopo dieci anni di separazione: un misto di sorpresa, ammirazione e sollievo per gli occhi. Lo trafisse una fitta di nostalgia. Se avesse potuto rivedere Sarah anche solo per un istante, in quel preciso istante, quella notte avrebbe riposato sereno. Invece se ne stava lì, in mezzo al corridoio e frapposto tra due ragazzi che non smettevano di fissarsi a vicenda, e provava solo tanta amarezza. Il pensiero che l'indomani sarebbe partito però lo rincuorava un po'. Ci sarebbero voluti molti giorni, ma prima o poi avrebbe raggiunto il Texas ed era certo che allora la malinconia sarebbe svanita nel nulla.

—Per rispondere alla tua domanda — riprese schiarendosi la gola, —ci imbarchiamo domani alle otto. Dobbiamo essere estremamente puntuali, perciò sarà meglio che... —E poi gli venne un'idea, come se gli si fosse accesa una fiamma d'ispirazione nel cervello. —Will, perché non fai fare tu una visita al giardino alla signorina Collins? Un po' d'aria fresca vi farà bene e le temperature sono ancora gradevoli. Che cosa ne pensi?

Così lui sarebbe potuto andare subito a coricarsi e avrebbe lasciato il tempo a quei due di stare un po' soli e, magari, di conoscersi meglio.

Will, come si aspettava, parve subito entusiasta al pensiero.

—Mi sembra una buona idea. Che ne dite, signorina Collins?

Emma attese solo un istante prima di rispondere.
—Ne sarei felice. Vogliamo andare, signor Newman?

Jon vide Will allungare il braccio indirizzandola verso la porta d'ingresso con una galanteria che aveva visto di rado anche nei gentiluomini più altolocati. Prima che muovesse un passo, però, la sua mano gli si chiuse attorno al gomito.

—Fa' attenzione, Will. E ricorda che domani mattina dobbiamo partire presto.

—Ma certo.— Will gli rivolse un sorriso rassicurante. —La signorina Sarah è ancora la mia priorità, e noi la troveremo, statene certo, ma devo ammettere di non aver mai visto occhi più luminosi di quelli di questa ragazza, lord Charters.— Gettò uno sguardo in direzione di Emma che stava giungendo al portone. —Mi capite, non è vero?

Jon gli rispose con un lungo sospiro interiore.

—Naturalmente, Will.

Lo capiva meglio di chiunque altro.

*

Dal torrente proveniva un'aria pesante, ma quando entrò nella boutique di Madame Lorreine Sarah provò l'ebbrezza di respirare un po' meglio. Era stata una giornata faticosa, in particolar modo perché, come solito, si era trovata a fronteggiare il carattere impertinente di Samantha Turner almeno tre volte. La prima, la sola di cui ricordasse ancora il motivo, era stata a colazione quando Samantha aveva ironizzato sul fatto che Sarah avesse compiuto ventun anni in un posto lontano dalla sua terra natale e senza parenti e amici che le fossero accanto in un giorno a suo dire tanto importante.

Lei aveva alzato le spalle e sulle prime aveva pensato bene si starsene zitta e non replicare, ma poi la primogenita dei Turner aveva iniziato a insistere dicendo che non capiva come potesse essere possibile che Sarah non avesse un fidanzato, almeno, o un padre e una madre che si preoccupassero di lei, e Sarah era scattata in piedi. Il signor Turner e Lydia allora l'avevano fissata come se non la riconoscessero, le facce attonite, così aveva chiesto scusa e si era ricomposta nell'arco di un minuto. Samantha Turner, dal canto suo, si era limitata a schiarirsi la gola e a terminare la sua colazione in silenzio.

Mentre varcava la soglia della boutique, Sarah si arrovellava ancora sul motivo che aveva spinto quella ragazza ad essere tanto impertinente nei suoi confronti. Il fatto che non le andasse a genio era ormai evidente agli occhi di tutti, eppure la ragione rimaneva ignota. Tuttavia, Sarah era consapevole di non doverle prestare attenzione per vivere quantomeno tranquilla anche se lei, tranquilla, non avrebbe più potuto essere in vita sua.

Madame Lorreine, in ogni caso, riusciva sempre a metterla di buon umore. Quel pomeriggio le era stato commissionato di recarsi al negozio per ordinare un nuovo abito per Samantha, in occasione delle nozze che sembravano ancora confermate nonostante il ghiribizzo della ragazza con lo stalliere, e lei non poteva desiderare di meglio.

Madame Lorreine era una donna di media altezza, sulla soglia della cinquantina e due occhi da falco, e abbastanza scaltra da capire quando qualcosa non andava non appena i clienti varcavano la soglia del suo emporio.

—Mia cara!— la salutò con un largo sorriso andandole incontro. —Siete pallida come la cera. Vi sentite poco bene?

—Sto bene, Lorraine. Sono venuta ad ordinare un nuovo abito per Samantha Turner.

—Ah, la signorina Turner, che ragazza raffinata.—

La donna si portò una mano alla fronte lisciandosi una ruga inesistente con i polpastrelli.

—Non ne aveva acquistato uno qualche giorno fa?

—Sì, ma si è strappato in corrispondenza dell'orlo e sappiamo entrambe che per lei non avrebbe avuto senso aggiustare quello. Meglio prenderne direttamente un altro.

Madame Lorreine esibì una smorfia cinica. Anche lei, come Sarah, non avrebbe mai compreso fino in fondo il comportamento di Samantha.

—Be'— Allargò le braccia, impotente. —Vorrà dire che ne creeremo un altro adatto all'occasione. Le sue misure non sono cambiate dall'ultima volta, suppongo.

Sarah non poté fare a meno di ridere. Quella donna sapeva sempre quando le serviva sorridere un po' e sapeva soprattutto come riuscirci. Essendo un po' in carne, Samantha era il capro espiatorio perfetto per le chiacchiere da quattro soldi del paese, e quel giorno Madame Lorreine se ne servì per far distendere le labbra di Sarah in un sorriso. Non importò, per quella volta, che fosse una provocazione piuttosto cattiva; aveva subito tanta cattiveria in passato che quella al confronto sembrava una stupidaggine.

—Le solite misure.

—Molto bene.— La donna allungò una mano abbronzata e le sfiorò una guancia.

—Perdonatemi se sono stata un po' cattiva nei confronti di quella ragazza, ma sapete, signorina Moore, percepisco l'invidia che fa parte di lei e non posso farne a meno. Forse sbaglio, ma non me ne vogliate.

Sarah le strinse la mano in un gesto di cortesia. —Non c'è bisogno che vi scusiate, Lorreine. Sapete bene cosa penso a riguardo, e anche se non tollero cattiverie di ogni genere, oggi era proprio quello che volevo sentirmi dire.— Sospirò stringendosi nelle spalle. —Forse sono cattiva anche io, ogni tanto. Ma sono un essere umano.

In quel momento il campanello affisso sopra l'entrata del negozio tintinnò preannunciando che qualcuno stava per entrare. Sarah si schiarì la gola e si voltò per notare di chi si trattasse e rimase sconcertata.

C'era un uomo alto davanti alla porta. I capelli lunghi, schiacciati sulla sommità del capo da un cappello nero a tesa elegante, gli sfioravano i lati del collo, gli occhi la fissavano come se volessero penetrarla, ed erano occhi così intensi e magnetici che parvero risucchiare tutto l'emporio inclusa lei.

—Andiamo, ti porto via con me— le disse lentamente scandendo ogni parola come se volesse imprimere ad ogni sillaba un senso di profondità inaudito. —Dimmi che mi stavi aspettando. Lo so che mi hai aspettato fino a questo momento, Sarah.

Lei non seppe che cosa dire. Madame Lorreine era sparita. Il cuore le galoppava nel petto e faceva un rumore attutito ma quasi assordante, al pari di un martello su un pezzo di stoffa.

—Jon?— Il nome le fuoriuscì dalle labbra in un sibilo di respiro che non fu in grado di trattenere. Era lì, era davvero lì. Era venuto per lei? Le lacrime le pizzicarono gli occhi. —Sei qui.

—Perdonatemi?—

Sarah si riscosse come se le avessero lanciato un secchio d'acqua gelata addosso.

—Credo mi abbiate scambiato per qualcun altro, signorina. Desolato.

Lo sconosciuto si toccò la tesa del cappello e chinò il capo sorpassandola mentre Madame Lorreine la fissava con la fronte aggrottata. Sarah si rese conto che stava sudando mentre il respiro tornava alla normalità.

—Sì, temo anch'io— disse solo.

—Torno subito, Lorraine.

Si affrettò a uscire dall'emporio come se avesse il diavolo alle calcagna. Come aveva potuto scambiare quel tipo per Jon? E quelle parole che lui le aveva rivolto, come aveva potuto immaginarle? Forse perché era quello che in fondo avrebbe voluto sentirsi dire da Jon.

Le mancava da morire in certi momenti. Quello era uno di quei momenti. Era così difficile andare avanti ogni giorno con la consapevolezza che non lo avrebbe più rivisto e che non avrebbe mai potuto ammettere i propri sentimenti verso di lui di persona. Ma il rammarico, il senso di sconforto e l'amarezza non potevano averla vinta, Sarah se lo era ripromesso. Fino a quando quello sconosciuto si era palesato davanti a lei e la nostalgia per Jon si era fatta più tangibile e vivida di sempre. Allora pensò che forse avrebbe potuto prendere una nave e tornare a Londra, e rivederlo.

Fece una smorfia amara. Abbandonò quell'idea nell'attimo in cui si rese conto che il sole stava per tramontare e lei non era ancora tornata dai Turner.

Jon, nonostante avesse appena avuto un'allucinazione che lo riguardava, non era lì e non c'era nessuna nave da prendere per tornare da lui.

Così raccolse le gonne, prese un respiro profondo e rientrò nel negozio per dare le ultime indicazioni a Madame Lorreine.
Poi, indifferente allo sconosciuto all'interno che poi se ne andò, tornò a casa Turner inghiottendo il groppo che le chiudeva la gola con tutto l'autocontrollo di cui era ancora provvista.

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