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3. Una sorpresa per un giorno dimenticato

Se c'era una cosa che Sarah detestava più di qualunque altra era lo sguardo sprezzante che Samantha Turner le rivolgeva ogni volta i suoi occhi si posassero su di lei. E lo faceva semplicemente perché era una ventunenne che non aveva avuto altra scelta che diventare un'istitutrice perché, dopo aver perso i genitori, era rimasta sola e senza altra protezione che se stessa. O almeno, questo era ciò che lei aveva riferito quando era giunta a Houston.

Non aveva voluto sposarsi e aveva scelto quindi di vivere della propria rendita personale, anche se in principio aveva dovuto fare di nuovo i conti con la cruda realtà: era rimasta sola. Le era stato sufficiente però cercare poco ma bene prima di trovare la famiglia Turner; Ralph Turner era stato una manna dal cielo per la sua condizione tanto precaria e destabilizzante.

Ma gli occhi della figlia maggiore, al contrario di quelli della sorella e del padre, erano infidi e privi di qualunque tipo di gentilezza nei suoi riguardi. Sarah sospettava che si domandasse tutt'ora da dove venisse e quale fosse realmente il suo ruolo nella loro famiglia, o perché avesse deciso di indossare solo abiti di colori scuri. Lei non poteva certo ammettere la verità, e cioè che non esisteva più alcun bagliore luminoso nella sua vita e che quindi fingere che fosse allegra e spensierata non aveva granché senso.

La primogenita dei Turner l'aveva fermata mentre si stava preparando per la sua passeggiata a cavallo pomeridiana, quando Sarah aveva riaccompagnato Lydia in casa ed era poi uscita di nuovo perché aveva dimenticato il libro di letteratura francese sulla veranda.

—Comunque— disse Samantha sistemandosi il cappello da cavallerizza sulla sommità del capo, — so che mi avete vista l'altra sera con Jensen, miss Moore. Vorrei proprio sapere perché avete tenuto la bocca chiusa con mio padre.

—Avreste forse preferito che vi smascherassi davanti alla vostra famiglia?— fu la risposta tagliente di Sarah dopo che l'ebbe raggiunta nel cortile. Certo che l'aveva vista, aveva assistito a ogni dettaglio della scena ma poi, quando quell'episodio ne aveva riportato un altro a galla, era stata costretta ad andarsene e a fingere di non aver visto lo stalliere che grugniva come un animale sopra al corpo sinuoso di Samantha Turner. Per un attimo le era sembrato di rivivere tutto sulla propria pelle, ma poi si era data della sciocca. Era chiaro che Samantha fosse stata più che consenziente in quella circostanza. Sarah aveva fatto una smorfia; qualunque cosa passasse per la mente di quella ragazza, era decisamente insensata visto che stava per convolare a nozze con un altro.

—No, ma me lo sarei aspettata da una come voi.

Sarah inarcò un sopracciglio. —Una come me?

—Ho imparato a mie spese che siete abituata a dire tutto ciò che pensate, miss Moore— ribatté Samantha penetrandola con i suoi occhi castani. —Mi aspettavo che quando mio padre vi ha chiesto se fosse vero che io e Jensen ci eravamo solo sfiorati le guance con le labbra, voi avreste fatto in modo e maniera di crearmi problemi.— Sogghignò. —Invece avete confermato e ve ne siete rimasta in silenzio come se foste assorta in una qualche specie di preghiera silenziosa. Perché?

Sarah non le rispose subito. Perché non aveva detto la verità al suo datore di lavoro? Forse aveva pensato che Samantha fosse ancora giovane e in balia dei sogni proibiti che lei stessa aveva sperimentato sulla pelle qualche mese prima, quando il desiderio di Jon Charters era diventato più forte di qualunque altra cosa, e anche perché non aveva voluto incentivare altro disprezzo nei suoi confronti da parte della primogenita della famiglia. In ogni caso, non erano affari suoi se quella ragazza preferiva copulare nelle stalle piuttosto che dedicarsi al suo promesso sposo.

—Credo che non siano semplicemente affari miei, miss Turner— le rispose con un'alzata di spalle. Poi le piantò addosso un paio di occhi penetranti. —Spero solo che abbiate fatto quello che avete fatto con Jensen perché lo amate e non perché siete talmente ingenua da perdere la vostra virtù con qualcuno che non diventerà mai vostro marito.

Samantha gettò indietro la testa e rise sommessamente. —Vi prego, cercate di essere realista! Non potrei mai e poi mai amare uno che puzza di cavalli ed escrementi.— Strinse le redini del suo stallone e si ricompose. —Jensen mi ha messo gli occhi addosso quando avevo quindici anni e da allora, nonostante abbia dieci anni più di me, non ha mai smesso di propormi atti... beh, piuttosto licenziosi. Quindi alla fine ho deciso di accontentarlo, soprattutto perché non avevo alcuna idea di come sarebbe stata la mia vita matrimoniale con George, non sapevo cosa mi aspettasse e volevo arrivare preparata in camera da letto. —

A Sarah sembrò che un velo di malinconia le offuscasse lo sguardo. —Io non amo George, miss Moore, e non amo nemmeno Jensen. Avevo solo bisogno di capire come potesse essere accogliere un uomo dentro di me e ora l'ho scoperto. Non proverò alcun dolore quando sposerò George, anzi, se sarà come con Jensen potrei addirittura dire che risulterà piacevole...

Sarah fu attraversata da un tremito. Piacevole. Per poco la bile non le salì in gola. Non riusciva a immaginare come potesse risultare piacevole, ma ancora una volta si ritrovò a darsi della sciocca: lei era stata presa contro la propria volontà, era logico che non riuscisse a comprendere come potesse dare piacere avere un uomo dentro di sé. Pensò a suo zio e al dolore che aveva provato e che probabilmente non sarebbe mai sparito completamente, e poi i suoi pensieri volarono a Jon, l'uomo che amava ancora nonostante fossero trascorsi dei mesi, che occupava ancora i suoi sogni infranti e le speranze perdute e un sorriso amaro le si disegnò sulle labbra.

A volte pensava a come Jon stesse vivendo la sua vita e se ogni tanto pensasse a lei in qualche modo. Non l'aveva cercata, e questo Sarah l'aveva saputo dal principio, eppure una parte di lei era rimasta delusa.
Probabilmente Jon era stato messo al corrente di quello che aveva combinato e aveva deciso che non valeva la pena rincorrere qualcuno che non voleva essere ritrovato. Soprattutto, non valeva la pena rincorrere un'assassina a meno che non fosse per sbatterla in galera, e Jon non voleva consegnarla alle autorità; aveva solo scelto di lasciarla andare.

A lei andava bene così, ma era ben consapevole di essere rimasta sola con i propri sentimenti irrealizzabili e il proprio tormento interiore, e che mai avrebbe potuto donare se stessa a un altro uomo.

—Onestamente non me la sento di biasimarvi, signorina Turner— disse quando il filo dei suoi pensieri fu interrotto da un'occhiata impaziente dell'altra. —Avete preso una decisione e siete abbastanza adulta da sapere cosa questo comporterà. Cosa farete quando George scoprirà che non siete più casta?

Samantha cominciò ad accarezzare la criniera grigia del cavallo con aria assorta. —Gli dirò la verità prima delle nozze, e se dovesse scegliere di non sposarmi, avendone tutte le ragioni, io naturalmente non mi opporrò.

—Ma sarebbe uno scandalo se la voce cominciasse a circolare!— s'infervorò Sarah. Gli occhi bruni della ragazza si strinsero.
—Non mi importa della mia reputazione, miss Moore, non più di quanto a voi importi della vostra.

—E quella della vostra famiglia?— rimbeccò lei. —Non vi importa nemmeno di macchiare la reputazione della vostra famiglia? Di vostra sorella? Nessuno la vorrebbe nel caso la verità venisse alla luce, siete ben consapevole che sarebbe considerata la sorella minore di un'impudica.

Samantha sembrò pensarci su qualche istante prima di rispondere. —Convincerò George a non dire una parola sulla mia illibatezza discutibile, così non avrò problemi né con mio padre né con l'aristocrazia americana. Non fallirò, statene certa. Ci vediamo per cena, miss Moore.

Ciò detto, Samantha diede un colpetto di tallone sul fianco del cavallo e si allontanò rapidamente dal cortile mentre Sarah la osservava stagliarsi contro i raggi pomeridiani del sole. Sembrava che avesse tutto sotto controllo, e lei poteva dire di ammirarla in qualche maniera, eppure il pensiero che Lydia avrebbe potuto soffrire per causa della sua sfrontatezza la innervosiva. Tuttavia, lei avrebbe fatto in modo che non accadesse a costo di coprire Samantha fino al matrimonio.

In quel momento, il soggetto dei suoi pensieri si palesò alle sue spalle come un ennesimo raggio di sole di quel pomeriggio.
—Eveline!— la chiamò Lydia da sotto il portico.

Lei si voltò con un sorriso mentre la giovane avanzava verso di lei avvolta nel suo abito da giorno. —Ti stavo cercando. Mio padre ha detto che stasera la cuoca ha preparato una vera specialità per l'occasione.

Sarah la fissò incerta. —Di che occasione stai parlando?

Gli occhi di Lydia si illuminarono. —Oh Dio, non dirmi che tu stessa l'hai dimenticato! È il tuo compleanno, Eveline, non ricordi? Non ne ho fatto parola tutto il giorno per poterti fare una sorpresa stasera.

L'emozione nella voce di Lydia la scosse dalla testa ai piedi. Certo che l'aveva dimenticato. Per Sarah ormai i giorni si susseguivano senza avere un senso e una concretezza particolare, come se avesse scelto di abbandonarsi al caos della propria vita senza volervi dare una direzione. Per questo percepire la felicità di Lydia le strinse il cuore. Ma avrebbe fatto in modo di godersi la serata, per quanto potesse dimostrarsi complicato. L'avrebbe fatto solo per Lydia e per suo padre, per cui ormai — come più volte aveva ribadito — lei era come una terza figlia.

—No che non l'ho dimenticato— mentì con un sorriso. —Piuttosto pensavo che tu l'avessi rimosso dalla tua infinita lista di cose da ricordare.

Lydia agitò la mano come se stesse scansando un insetto fastidioso. —Le altre cose da ricordare possono aspettare, il tuo compleanno no. — La prese per un braccio e insieme entrarono in casa. —Vederti sorridere è la cosa che più mi sta a cuore dal momento che lo fai di rado.

—Che intendi dire?— le domandò Sarah chiudendo la porta dietro di sé.

Lydia sospirò amaramente mentre la guardava con occhi comprensivi.

—Ti sento piangere di notte. Non vorrei mettermi lì e ascoltare i tuoi singhiozzi come una ficcanaso, ma è più forte di me. Ti voglio bene, Eveline, e mi addolora sentirti piangere.— Le strinse una spalla in un gesto affettuoso. —Non so che cosa ti sia successo in passato, ma ti prometto che finché sarai qui con noi niente di farà più piangere. E credimi, farò in modo di mantenere questa promessa con tutti i mezzi che avrò a disposizione.

***

ANGOLO AUTRICE

Ehilà, ragazzi!
Cosa pensate di come si sta evolvendo la storia?

Allora, ho un paio di domande a cui mi farebbe piacere rispondeste!

Prima, cosa pensate di quello che ha fatto Samantha Turner con lo stalliere? Secondo voi può essere considerata una poco di buono? Voi come avreste agito se foste state al suo posto?

Seconda, quale pensate che sia la sorpresa di compleanno per Sarah organizzata da Lydia?

Aspetto le vostre risposte così commentiamo un po' insieme, sono curiosa di sapere che cosa ne pensiate!

A presto col prossimo capitolo. ❤️

— Alicia

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