Capitolo 31
Alessio's POV
La sveglia del cellulare prorompe e la stanza si anima subito, mentre i miei timpani vanno in collisione. Mi alzo di scatto dal letto rendendomi conto che oggi è un nuovo giorno di lavoro e già alle quattro e trenta del mattino sono esausto perché so chi dovrò rivedere tra pochi minuti.
Anche se non ho proprio voglia devo scendere le scale e incontrare mia madre che fa colazione in cucina: la ignorerò totalmente, per me dovrà essere come un fantasma da cui meglio tenermi lontano.
Percorro il corridoio che mi separa da quella donna e facendo finta di sbadigliare, sembrando assonnato, mangio di fretta qualcosa per far sì lei non mi rivolga la parola e mi lasci perdere, invece questo piano sembra non funzionare.
Anche se non mi degna di uno sguardo, con voce impassibile mi informa che inizia prima il turno in ospedale e tornerà a casa per il primo pomeriggio. Sono certo che questa più che un'informazione sia stato un avvertimento, come a dire "vedi di non farmi trovare nessuno in casa perché ci sono io."
Dopodiché si alza ed esce fuori dalla porta, così posso tirare un sospiro di sollievo e stravaccarmi sulla sedia con i piedi sul tavolo. Cazzo, non so come devo agire. Facendo così mi sto sottomettendo alle sue assurde regole impostami senza motivo, ma è già qualcosa che non mi abbia cacciato di casa, e questo mi fa intuire che non sia poi così arrabbiata e che magari più avanti riuscirò a farle accettare tutta questa situazione.
Non voglio assolutamente che la scenata di ieri si ripeta, come non voglio che lei comandi la mia vita, dunque continuerò a fare ciò che cazzo mi pare, Valeria verrà qui per pochi minuti e ce ne andremo, sotto il suo sguardo schifato se questo serve per farle capire che i sentimenti non li decidiamo noi, ma hanno vita propria.
Ritorno in camera e dopo aver fatto una doccia veloce indosso la mia divisa composta da una camicia azzurra a maniche corte, jeans e scarpe nere, e sono pronto per uscire.
Afferro il cellulare e rilassato mando un messaggio a Valeria, uno di quelli sdolcinati che le farà spuntare subito il sorriso sulle labbra.
<<Buongiorno alla mia fragola preferita, spero tu mi abbia sognato questa notte perché io l'ho fatto, e indovina un po'? Non volevo più svegliarmi perché con me c'eri tu.>>
Non le invio nessuna emoticon, non sono uno che le utilizza, io spero di far colpo con le parole, perché quelle hanno un senso, non uno stupido cuore rosso.
Non posso più trattenermi a casa perché si è fatto tardi, così corro verso la mia auto e sfreccio sulle strade deserte delle cinque, quando ancora il sole non è alto in cielo e ci si può beare di un fresco venticello che scompiglia i capelli, e con questo innalza anche numerose riflessioni creando ancor più confusione.
Spero che questa brezza li spazzi via, invece di farmeli frullare in testa; ora il mio unico pensiero è Valeria, non vedo l'ora di ricevere la sua risposta. Adesso starà beatamente dormendo tra le braccia di Morfeo.
Chissà com'è strana quando respira ma non parla e non prova a contraddirmi.
E subito mi chiedo se anche nel sonno arrossirebbe se ci fossi io accanto a lei e le sfiorassi quei lunghi capelli bruni, fino a cogliere l'occasione per toccarle la schiena e stringerle la vita fino a farla aderire al mio petto.
Caccio via ciò che mi balena in mente e mi concentro quando arrivo a destinazione. Cerco il mio autobus tra tanti e comincio il mio giro, sperando che la giornata inizi presto solo per poterla sentire tramite un messaggio.
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<<Arrivederci, buona giornata>> dicono un gruppo di persone scendendo alla fermata e io riparto, annuendo con il capo in segno di ricambiato saluto.
Apro ancor di più il finestrino, ora il caldo inizia a farsi sentire e le persone cominciano a uscire di casa per sbrigare le loro commissioni.
Mentre guido un suono mi distrae e mi fa battere il cuore, l'arrivo di un messaggio, forse quello che attendevo. Con un occhio sulla strada e l'altro sullo schermo del telefono, comincio a leggere, anche se potrei aspettare la mia pausa.
<<Per fortuna non ho bisogno di sognarti perché sei reale.>>
E io adesso la immagino timidamente formulare questa frase e inviarla con incertezza, piena di ripensamenti. Sorrido sincero e con una mano soltanto provo a risponderle, ma vengo interrotto dalle urla poco carine delle persone che mi informano molto educatamente di aver saltato la loro fermata e non averli fatti scendere.
<<Mah, i giovani di oggi tutti con quel coso in mano, anche mentre guidano!>> borbotta un anziano signore mentre si aiuta con il bastone per stare in piedi.
Il tempo che impiega per scendere dall'autobus lo utilizzo per rispondere a quella fanciulla. Non voglio che aspetta ore per un messaggio.
<<Così come il nostro appuntamento di oggi pomeriggio, non dimenticartene. A dopo.>>
<<Buon lavoro.>> Ricevo.
<<E a te buon riposo, fragolina.>>
Poso il cellulare in tasca e mi accorgo di essere già arrivato in piazza dove il mio autobus fa capolinea. Ho giusto dieci minuti per sgranchirmi le gambe e raggiungere il bar qui vicino per acquistare una bottiglietta d'acqua.
Il mio sorriso si spegne al solo pensare che questa storia tra me e Valeria è nata con una menzogna di mezzo e sta andando avanti sempre grazie a delle bugie, di cui lei non sospetta nulla.
Per fortuna la mia pausa finisce, così non ho più tempo per riflettere su certe questioni personali. Da ora fino alle due di pomeriggio lavoro, solo ed esclusivamente lavoro.
Valeria non potrà irrompere sempre nella mia testa come un uragano, non me lo posso permettere se non voglio essere licenziato per colpa delle lamentele delle persone, perché mi distraggo in continuazione.
La cosa che non sopporto di questo mestiere sono i rimproveri dei vecchietti basati su ciò che vedono: per esempio, se freno di colpo perché un deficiente mi taglia la strada, la colpa è mia perché sono troppo giovane, ai loro tempi queste cose non sarebbero successe.
Alcuni sono troppo saputelli, ma altri mi vogliono bene come se fossi un nipote, mi ringraziano cordiali e scambiamo sempre qualche chiacchiera.
È questo il mio spirito, mi piace stare a contatto con le persone perché dimentico la mia situazione familiare alquanto disastrosa e vergognosa.
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Valeria's POV
<<Io vado>> annuncio, chiudendo la porta alle mie spalle.
Scendo le rampe di scale e mi ritrovo in pochi secondi giù al portone. Percorro la salita fino a ritrovarmi spaesata, non ricordo dove devo andare. Ho la testa da tutt'altra parte.
Abbasso lo sguardo e noto sotto la mia t-shirt il costume, vero, sono diretta al mare. Ho bisogno di uscire un po' da sola e rilassarmi sulla spiaggia, solo che non so da che parte andare, né che autobus prendere.
Cerco delle persone in strada ma è isolato, così mi informo al chiosco qui vicino. Il ragazzo sulla trentina mi squadra, probabilmente non mi avrà mai vista da queste parti, e io gli spiego la situazione.
<<Certo, puoi prendere entrambi i due autobus che passano da qui, uno ti lascia di fronte la Plaia e l'altro invece a piazza Marconi dove poi puoi prendere la coincidenza>> suggerisce e io annuisco poco convinta, ho già dimenticato tutto.
Fingo di aver capito alla perfezione e mi avventuro, sperando di non perdermi neanche stavolta, perché sto andando piuttosto lontano da casa.
Stringo a me la borsa con dentro tutto il necessario e sistemo il berretto che mi ripara dal sole. Alzo lo sguardo sui cartelli che indicano i luoghi dove si fermano gli autobus ma decido di fare di testa mia.
A quanto ho capito non dovrei prendere l'autobus di Alessio se dopo non ne voglio prendere un altro, ma non importa, la tentazione è tanta, voglio vederlo per rasserenarmi.
Voglio osservare le sue iridi per capire se sono veramente convinta della decisione che ho preso, oppure se ho cambiato idea. Sono così confusa...
Attendo, e nel frattempo metto la protezione solare per non scottarmi, qui mi faccio la sauna se continuo ad aspettare a vuoto.
Passano alcuni minuti, forse molti, e finalmente in lontananza vedo arrivare un mezzo di trasporto, spero quello dove ci sia lui. Nel frattempo si sono aggiunte altre persone oltre me, e per salire su dovremmo fare la fila come alla posta.
Quando accosta il mio cuore perde un battito. Alessio è lì che fissa davanti a sé e non mi ha notata, affatto. Rimango delusa, come se fossi trasparente, e salgo dall'entrata centrale, tanto non mi ha vista e forse non ho tutta questa voglia di parlargli, in fondo.
Mi convinco che ha fatto bene a ignorarmi e con un sospiro metto una gamba avanti l'altra e mi aggrappo ai sostenitori. Durante il tragitto chiedo informazioni alla gente su dove devo fermarmi, sola mi perderei.
Non smetto di fissare lo specchietto che proietta la figura di quel giovane ragazzo dai capelli biondo cenere che è concentrato alla guida. Vorrei che alzasse gli occhi e mi notasse, vorrei incrociare le nostre pupille ma non lo fa.
Chiedo scusa alla gente che spintono involontariamente fino ad arrivare accanto a lui. Lo saluto semplicemente con un ciao e fuggente vado via, appena in tempo per sentire un suo "Valeria" sussurrato a voce bassa.
Non mi giro neppure una volta a guardarlo, non me la sento. Non ne ho il coraggio, per quello che provo. Mi vergogno dei miei sentimenti, che strana che sono...
Messo piede a terra una terribile afa mi colpisce, costringendomi a riparare sotto la tettoia della fermata successiva; quel signore di mezza età a cui ho chiesto aiuto prosegue assieme a me la sua traiettoria.
Non spiaccico una parola, sembro muta, ma non mi va di aprir bocca. Siamo tre le persone che pazienti aspettiamo e dopo un'eternità finalmente prendiamo quest'altro mezzo.
Ci accomodiamo tutti, i posti a sedere sono addirittura troppi per così poca gente, sarà perché è ora di pranzo che non c'è nessuno. Caccio in fuori l'aria, respirando poi a grandi polmoni ossigeno vero sull'autobus dotato di aria condizionata funzionante.
Il tempo passa, le persone finiscono di fare le loro commissioni e ritornano a casa, fino a che non rimaniamo solo in due, io e uno strano tipo incappucciato.
Al contrario di mettermi paura mi incuriosisce molto.
Indossa una felpa senza maniche, jeans blu trasandati e scarpe da ginnastica ai piedi. Gli occhiali da sole scuri non mi consentono di vedere i suoi occhi, che qualcosa mi dice debbano essere belli e irresistibili tanto quanto lui.
Oh ma insomma, cosa diamine sto pensando?
Mi perdo a squadrarlo per bene: mascella sagomata, naso appuntito e un filo di barba bruna a increspargli guance e mento. È particolarmente attraente.
Ha un non so che di familiare.
Chiedo informazioni al conducente quarantenne e scendo a due marciapiedi dal mare, è impossibile perdermi. Lancio un'occhiata a quel ragazzo e noto che è esattamente nella posizione di prima, non si è spostato di un millimetro.
Nella fretta lo fisso un'ultima volta, essendo quasi sicura di averlo visto fare un mezzo sorriso. Non ci faccio caso e proseguo la mia passeggiata fino alla spiaggia deserta. Scelgo un posto vicino la riva e stendo il mio telo buttandomici sopra.
Il caldo si fa sentire asfissiante in un baleno, colpa dell'orario, così mi vedo costretta a lasciare incustodite le mie cose per fare un bagno in acqua di pochi secondi -mi ero prevista-, che invece si prolunga in tanti minuti.
Gli occhiali e il cellulare sono al sicuro dentro la borsa, e poi non c'è nessuno nel dintorni, posso stare serena. Distendo le braccia e le agito tra le onde insieme le gambe, nuotando come mi sembra da non fare da anni.
Sono serena, pacata, e mi diverto anche se sono da sola, non lo avrei mai detto. Nella vita non per forza bisogna essere in due per stare bene, e questo mi fa riflettere parecchio sulla mia vita.
Comincio a fare salti, verticali, come una bambina. Strofino gli occhi che mi bruciano leggermente per l'acqua marina entratomi, e continuo a nuotare spensierata, senza dar conto all'orario.
Tappo il naso e chiudo gli occhi per andare sott'acqua e fare una verticale, ma inaspettatamente un'onda mi travolge e perdo il senso dell'orientamento.
Anche se l'acqua non è molto alta non riesco più a capire come raggiungere la superficie, sono stordita. Muovo le mani per cercare il terreno sabbioso, in modo da capire da che parte andare, ma nulla.
Nell'ansia del momento mi prendo di panico e comincio a rimanere senza riserva di ossigeno, ho bisogno di respirare, ora. Non voglio morire così.
Sto per annegare ma due braccia possenti mi sollevano e portano in salvo. Dio, grazie. Non capisco più nulla, tossisco e annaspo e adesso che ho tutto l'ossigeno di questo mondo a mia disposizione non riesco a farlo entrare nei polmoni, forse perché si sono riempiti d'acqua.
Gli occhi sembrano due fogli di carta accartocciati, ma questo bruciore non è nulla in confronto a quello che ho nel petto. Non riesco a battere le palpebre, né a tenerle socchiuse per vedere chi sia il mio salvatore. So solo che gli devo la mia vita.
Vorrei ringraziarlo ma la voce mi è rimasta in gola, così come una parte di me è rimasta sott'acqua e mai più risalirà integra.
Gli vado in contro, mi aggrappo a lui mettendo le mani sulle sue braccia, e capisco più o meno la sua fisicità con questo contatto. Muscoli non pronunciati, quindi deduco sia di buona impostazione genetica, con spalle possenti e cuore d'oro per essere riuscito a salvare questa povera ragazza vittima del suo stesso divertimento.
Socchiudo gli occhi e metto a fuoco la figura a me di fronte, urlando per lo spavento quando lo vedo. È lo stesso ragazzo dell'autobus, il suo sguardo celato dagli occhiali da sole che non ha tolto neppure per tuffarsi in mare, idem il berretto.
Con mani tremanti gli tocco il viso, e lui si irrigidisce girandosi dall'altra parte, ha capito le mie intenzioni. Gli tolgo il cappellino liberando il ciuffo di capelli neri e lisci, così uguali a quelli di una certa persona che consideravo già del mio passato.
Gli passo la mano e loro non si spettinano, che strana magia è mai questa?
Gli sfioro la barba rasata fino ad arrivare agli occhiali, e quando li tocco lui aumenta la forza e mi stringe totalmente a sé. Questo gesto invece di schifarmi mi incuriosisce, perché non credo che uno sconosciuto si sarebbe comportato così spavaldamente, a meno che non sia... lui.
Ho il fiato corto e le gambe mi cedono, ma per fortuna il ragazzo mi tiene salda dal sedere. Dovrebbe schifarmi ma invece mi eccita stare così vicino. Cosa cavolo sto facendo?
Quando sono sul punto di togliergli la maschera per rivelare i suoi occhi, il ragazzo se li sfila da solo facendomi rimanere sbigottita.
Matteo?
Ebbene è proprio lui, qui in Sicilia, a Catania, in spiaggia, dentro l'acqua assieme a me e mi ha salvato la vita. Come ha fatto?
<<Shh, non dire nulla...>> sussurra ed è così bello sentire nuovamente la sua voce profonda, mi mette i brividi.
Non indietreggio, non voglio, e non riesco a chiedergli niente, sembra che gli obbedisca per paura, ma è proprio perché non trovo le parole. So solo che questo suo atteggiamento non mi dispiace.
<<Ma io...>> mormoro.
<<Shh>> interrompe ancora, mettendo due dita sulle mie labbra.
Fa per avvicinarsi e io anziché allontanarlo con un calcio lì sotto per il modo insolente di starmi così appiccicato addosso, lo assecondo, desidero forse quanto lui quello che sta per succedere.
Lo bacio con trasporto, schiudendo la bocca per far entrare la sua lingua affamata e famelica, in cerca di emozioni. Mi avvinghio a lui, sento la sua pelle strofinarsi sulla mia, i nostri corpi ribollire di passione a tal punto che l'acqua potrebbe pure evaporare tutta.
Sorrido, mentre tasto ogni parte della sua pelle, strofinando i palmi contro la schiena e consapevolmente gettandomelo ancora più addosso, voglio sentirlo bene.
Mi meraviglio di come sia senza pudore, ma questo è un contatto disperato atteso da quasi tre anni, e ora che è accaduto non si può fare nulla per arrestarlo.
Mentre le sue dita si inoltrano sotto il costume, la mia coscienza mi schiaffeggia, ricordandomi di aver baciato Alessio il giorno prima e di aver confessato a me stessa che mi piace.
Allora perché lo sto in qualche modo tradendo?
Non riesco a fermare tutto ciò, anche se è sbagliato. Passa i polpastrelli sul mio petto, giocherellando con l'elastico del costume legato al collo, e questo mi fa impazzire. Riprende a baciarmi ma questa volta la mia ragione ha la meglio e lo distanzio con uno spintone, andandomene via senza neanche guardarlo negli occhi.
Ho tradito me stessa prima di tutto, i sentimenti che dicevo e che sono ancora sicura di provare per Alessio. Sono una ragazza sleale, senza un cuore, infedele ancor prima di essere fidanzata.
Ma io voglio Alessio, il mio autista complicato e pieno di problemi ma sensibile quando si mostra per come è. Non voglio Matteo, con lui ho chiuso, questo bacio ha assolutamente valore zero.
Corro nella direzione opposta e inciampo su qualcosa prima di finire di nuovo sott'acqua, e questa volta non mi rialzo più, ho perso ogni possibilità di essere salvata.
Preferisco annegare con ancora una dignità e una stima personale, anziché farmi salvare dal lupo cattivo che altro non farebbe che portarmi a mala strada facendomi fare tutto ciò che vuole la sua mente pervertita. Mi rovinerebbe e non è questo a ciò che aspiro.
Se voglio rovinarmi la vita che succeda almeno con chi lo merita.
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<<Valeria, su andiamo, ti sei riaddormentata?>> Mamma mi rimprovera dolcemente, e mi ci vuole qualche secondo per capire che giorno siamo.
<<Eh?>> Alzo la testa dal cuscino, rendendomi conto fosse tutto un sogno, un altro incubo ben peggiore di quello precedente, perché ho visto il viso di chi non avrei mai voluto più rivedere, neppure nei sogni.
Adesso non mi lascia in pace neppure mentre dormo?
Prima mi chiama al telefono, che gli ho delicatamente chiuso in faccia, e lui si vendica facendomi visita quando sono impotente: tanto riesce comunque a plagiare le persone in ogni caso, distante o meno, questo non è un problema.
Gli ho permesso di baciarmi, e mi sento in colpa come se lo avessi fatto sul serio. Ma mai accadrà, non devo tenere nulla.
<<Eravamo d'accordo che saremmo usciti tutti insieme, i tuoi fratelli sono già pronti>> mi avvisa, e ricordo solo adesso che era riuscita a convincermi a prendere una boccata d'aria al parco, mentre nel frattempo avremmo potuto parlare un po' della mia situazione.
<<Scusa, non so come mi sono riaddormentata, faccio una doccia veloce e tra dieci minuti sono pronta>> affermo sicura, cominciando a piazzarmi davanti l'armadio in cerca di vestiti.
Opto per un paio di jeans con dei brillantini sparsi, soprattutto sulle caviglie, una maglietta a maniche corte bianca e le scarpe dello stesso colore.
In doccia anche se ci sto brevemente, trovo il tempo per riflettere su quest'altro sogno che ha disturbato non solo la mia quiete interiore ma anche quella psichica. Mi sento una brutta persona per quello che ho commesso in uno stupido sogno.
Come ho potuto lasciarmi andare in quel modo?
Con il carattere che ho è proprio impossibile che accada, ed è questo che mi dà sui nervi, perché non sarei capace di una cosa del genere né nella realtà, né in nessun altro luogo o dimensione. È come se avessi tradito me stessa.
<<Forse perché lo vuoi veramente?>> chiede la mia coscienza, facendo alimentare in me questo dubbio che invece non dovrei affatto avere.
No, certo che no, non posso mica dire di averlo cancellato dalla mia vita come persona,ma come innamorato senz'altro. A me adesso piace un altro e non sono nemmeno sicura che le cose possano funzionare tra noi, o se è meglio lasciar perdere.
Ragiono, mentre sciacquo via i residui di bagnoschiuma. Sono codarda, magari, ma stupida no: non mi posso far sfuggire questa occasione, questa possibilità di essere felice, dunque lotterò per poterci stare insieme, per comprendere le nostre paure a vicenda. Lo giuro.
Matteo è il passato, quei suoi modi grezzi per ottenere le cose o le persone sono per le ragazze facili a cui lui aspira, non fanno per me. Io voglio essere conquistata giorno per giorno con piccole ed essenziali parole, non promesse e desideri carnali espressi ad alta voce.
Mi vesto velocemente e raggiungo mamma in macchina, sedendomi sul posto anteriore. Per sistemare i capelli mi aiuto con lo specchietto e li raccolgo in una coda alta, mettendo un paio di forcine ai lati. Controllo se in borsa ho tutto e possiamo andare.
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<<State attenti, non correte che cadete e vi fate male, non accettate caramelle dagli sconosciuti e non urlate che verrete rimproverati dalla gente, d'accordo?>> Le solite raccomandazioni di mamma ai miei fratelli prima di lasciarli andare a giocare.
Respiro profondamente l'aria di questo posto che sa di spensieratezza, volendone un po' anche io in questo momento, con il gran casino che mi frulla in mente.
Marco si avvia verso lo scivolo mentre Giorgia si dondola sull'altalena, e io sarei tentata dall'imitarla ma mi trattengo, non vorrei fare una brutta figura, mi basta già cadere dalle nuvole quando mamma mi parla.
<<Allora... che hai deciso?>>
Il silenzio viene spezzato, mia madre starà alludendo alla decisione sulla frequentazione con Alessio, una domanda veramente tosta a cui non saprei che rispondere.
Mi sposto sulla panchina, sedendomi e incrociando le braccia al petto.
Lei mi segue e prende posto, accavallando le gambe con sguardo indirizzato ai piccoli. La ringrazio per non stare cercando un contatto visivo che altro non farebbe che imbarazzarmi.
<<Voglio provare>> biascico soltanto, tutto d'un fiato.
Per allietare la pressione che inizio a sentire a causa del suo sguardo concentrato che mi ha indirizzato, comincio a giocherellare con il mio anello e a fissare le unghie toccandole nervosamente. Lei annuisce, con un piccolo sorriso.
<<Brava, devi essere forte come la mamma, ti ho cresciuta così>> ribatte con orgoglio.
Eh? Forte in che senso? Io non sono per niente per come mi crede...
<<Sì insomma, voglio tentare, perché ho capito di tenerci sul serio a lui, non voglio perderlo>> farfuglio intimidita, osservando il parco giochi riempirsi di altri bimbi.
<<Fai bene, se nella vita si lotta tutto è anche più soddisfacente>> mi conferma, e ora capisco sempre il suo buon umore quando ci osserva, perché per avere tutto ciò ha dovuto faticare, non è stato semplice.
<<Qualunque decisione prenderai io sarò al tuo fianco e ti appoggerò sempre, d'accordo?>> domanda e io mi giro verso di lei.
<<Dici così perché sei mia madre>> asserisco ovvia.
<<No, dico così perché so cosa vuol dire non essere appoggiata dai genitori nelle scelte importanti, sentirsi soli e aver paura di deludere la tua famiglia, e non è una paura bella con cui convivere ogni giorno per tutta la vita>> racconta con rammarico.
I suoi occhi diventano vacui, la postura si irrigidisce e il tono scende di entusiasmo, segno che sta per dirmi qualcosa di estremamente personale e importante.
<<Che intendi dire?>> chiedo con serenità, sentendomi malinconica come lei. Non mi aveva mai fatto un discorso così serio, mi preoccupa.
<<Che io non ho avuto la tua fortuna di avere qualcuno che appoggiasse le mie scelte, i nonni erano molto gelosi e non mi facevano uscire con nessuno.>>
Sospira, guardando i miei fratelli giocare a rincorrersi.
<<Erano altri tempi>> la interrompo.
<<Mi stai per caso dando della vecchia? Ho solo quarant'anni! Stiamo parlando di una ventina d'anni fa Valeria, quasi agli anni due mila>> spiega con tristezza.
Mi aveva detto tutto questo, ma non così dettagliatamente, e adesso sono curiosa di sapere.
<<Continua>> la incito.
<<Alla tua età ho cominciato a lavorare come parrucchiera e mi sono fidanzata con un tipo del quartiere che mi faceva spesso visita al negozio per accompagnare la madre>> sostiene.
<<Lo amavo molto, ma ero sola, i miei genitori non volevano che ci vedessimo, non gli andava bene, non gli piaceva>> rivela in sincerità.
<<E?>> Sospiro.
<<Nulla, poi ho lasciato quel lavoro perché mi pagavano solo ventimila lire a settimana, e ne ho trovato un altro con una paga un po' superiore, ma non è stata la scusa per lasciare il mio fidanzato, perché lo amavo veramente troppo>> interviene, facendo innescare in me tanti dubbi.
<<E papà?>> Aggrotto le sopracciglia.
<<Lui è arrivato dopo e mi ha salvato la vita.>> Mette i capelli ricci dietro le orecchie e si prende una pausa che per me dura secoli.
Questa frase che ha detto mi ha scioccata, perché mi ricorda qualcosa del sogno appena fatto. Matteo mi ha salvato la vita. L'ho detto io stessa. Troppe coincidenze con la storia di mamma.
Che sia lui, allora, quello giusto?
No, non posso sul serio pensare a una stronzata del genere, non ha alcun senso logico. Non voglio, credo.
<<Perché?>> sono ormai ansiosa e rapita dai suoi ricordi.
<<Quel ragazzo non era come sembrava, e papà mi ha fatto aprire gli occhi.>> Si ferma, forse non volendo aggiungere altro.
<<E come vi siete conosciuti?>>
<<Era un amico della mia collega, l'ho conosciuto grazie a lei e ora sì che sono felice. Ho una splendida famiglia, tre figli meravigliosi e la persona che amo al mio fianco, cosa potrei desiderare di meglio?>> Allarga le labbra in un sorriso materno, genuino.
<<E i nonni qui cosa c'entrano?>> chiedo scettica.
<<Non volevano assolutamente vedere tuo padre, per due anni non l'hanno voluto conoscere, avrebbero preferito l'altro che era mio coetaneo, anche se prima l'avevano sempre disprezzato. Non erano mai contenti>> sussurra, con sguardo perso nel vuoto.
<<Non sono mai stati contenti di me, li ho delusi molte volte, glielo leggevo negli occhi>> rivela.
<<Ma tu non hai fatto niente.>> Prendo le sue difese.
<<Lo so, ma per loro sì. Papà è sette anni più grande di me, a diciannove anni stavo con un ventiseienne e per la loro mente chiusa non si poteva. Mi dicevano che mi stava solo prendendo in giro per i suoi scopi, perché uno così grande di sarebbe approfittato di una ragazzina.>>
<<La verità è che non gli andava mai bene nessuno ai miei genitori, mi credevano ancora troppo piccola per potermi fare una vita, per questo escludevano tutti>> mormora, sostenendo il viso con le mani.
<<Ma io ero così sicura di lui che dopo un altro paio di anni me ne sono andata di casa, sei nata tu e dopo ci siamo sposati, e dopo quasi vent'anni non mi pento affatto del mio gesto, lo rifarei altre mille volte.>>
Mamma ha gli occhi lucidi, anche lei non ha avuto una relazione serena ma ce l'ha fatta, è andata contro ai nonni ma c'è riuscita, e adesso è felice. La stimo per la sua forza.
In questo momento sembriamo due amiche in confidenza, non mamma e figlia. Sono contenta che tra noi ci sia questo legame e questa complicità, è bello poter contare su qualcuno della tua famiglia e sapere di essere consigliato solo per il tuo bene.
<<Io farò lo stesso, non mi lascerò prendere dalla paura, devo essere coraggiosa almeno un decimo di come lo sei stata tu, grazie.>>
<<Lo sei già Valeria, lo sei, devi solo far uscire quella parte sicura che hai nel DNA>> inizia, <<e far prevalere il cuore, soprattutto.>> Fa un sorriso prima di tornare seria e alzare un sopracciglio.
<<Ora è il tuo turno però>> dice con malizia.
<<Parlami di questo Alessio.>> In questo momento sembra star svolgendo il lavoro dei poliziotti, vuole proprio indagare sulla mia vita sentimentale.
<<Che vuoi sapere? È un ragazzo che conosco da poco, così poco che non so come abbia fatto a rapirmi>> ammetto con sguardo basso, fisso le mie scarpe.
Passo le mie mani sulle gambe coperte dal tessuto dei jeans fino a sentire i palmi delle mani bruciare. Mi sento troppo agitata, e lei si mette a ridere mentre io le parlo a cuore aperto come non ho mai fatto... è sempre la solita, cerca di non farmi pesare i problemi, e di questo ne sono grata.
<<Mente e cuore>> continua la frase per me.
<<Sì... come sapevi che lo avrei detto?>> domando sbalordita e al contempo impacciata.
<<Intuito da mamma>> risponde con finta superbia, mi mette paura se adesso scopro che legge pure nel pensiero.
<<Sei una romantica, ti auguro il meglio figlia mia, e stai certa che lo avrai perché te lo meriti.>>
Mi appoggio la schiena alla panchina, dopo questo mi sento molto più sollevata e fiduciosa, mi sento anche libera per non avere più alcun segreto dentro, almeno i più grandi che andavano detti.
I dettagli li custodisco gelosamente e non li saprà mai nessuno, ovviamente.
Le dovrei pure dire della simpaticissima mamma di Alessio? Meglio tralasciare anche quel discorso.
<<Con me puoi parlare di tutto, capisco le esigenze di voi giovani>> Sghignazza con sicurezza, facendomi diventare rossa in viso quando mette due dita sulla mia pancia e poi ovunque.
<<Mamma!>> esclamo arrabbiata.
<<Non c'è bisogno che tu mi ringrazi, so di essere una mamma modello.>> Si vanta con modestia e leva in piedi per sgranchirsi le gambe.
Raggiunge i miei fratelli e mi lascia sola a pensare alla mia vita. Chissà se davvero faccio bene a proseguire con le mie idee. A detta di mamma sì.
Sospiro, rilassandomi e svuotando la mente. Passano almeno venti minuti e credo sia il momento di poter andare. Mi avvicino a loro e gli chiedo se possiamo rientrare a casa dato che il sole si sta facendo sempre più caldo.
Entriamo in auto e mia mamma sembra tesa. Non capisco cosa abbia. Siccome è molto emotiva starà vivendo anche lei assieme la sottoscritta le mie incertezze, non vuole che io soffra.
Prima di partire smanetta con il cellulare e invia qualche messaggio. Ritornati a casa noto qualcosa di strano, la serranda della cucina è abbassata.
<<Oh, l'avrò dimenticata così stamattina.>> Cerca di convincermi ma non le credo. Qui c'è sotto qualcosa.
Quando ho fatto colazione mi pare fosse alzata, perché mai dovrebbe dirmi una bugia, allora?
Fingo di nulla e mi avvicino al portone per poi aprirlo e salire velocemente le scale. Noto che anche il salotto è al buio, nessun raggio di sole filtra e la cosa è inquietante essendo in pieno giorno.
Non dico una sola parola, mi sembra quasi di essere in un film dell'orrore; mi avvicino e una voce inconfondibile si leva facendomi saltare in aria.
<<Sorpresa!>>
No, non ci credo.
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Spazio autrice
Bonjour e buona domenica !😊 piaciuto il capitolo? Se vi va lasciate un commentino e una stellina ⭐️ secondo voi chi è venuto a fare una sorpresa alla nostra protagonista? Lo scoprirete solo nel prossimo capitolo! 😜 🤗
~Sabrina~ ❤️
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