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Capitolo 24

Ciao a tutti! Vi volevo avvertire, prima che iniziaste a leggere, che questo capitolo è un po' forte di contenuti, ma è fondamentale per lo sviluppo della storia, per capire cosa ha dovuto passare il nostro protagonista... quindi che dire, uomo avvisato mezzo salvato! Buona lettura. 🥰

Alessio's POV

Flashback

<<Tu non puoi lasciarmi Alessio...>> La voce tremante di Sofia giunge ovattata alle mie orecchie, adesso il suono che predomina è il battito del mio cuore accelerato, intimorito dalle possibili azioni che potrebbe compiere.

Non ce la faccio più, stiamo insieme da quasi un anno ma è opprimente questa ragazza, non mi lascia vivere come un semplice uomo in cerca dei suoi sogni, delle sue ambizioni, perché mi soffoca in tutto.

Ha annientato anche l'ultimo briciolo di speranza, è riuscita a smarrirlo e allontanarlo via da me, facendomi rimanere solo con un pugno di mosche in mano perché devo attenermi alle sue volontà, e se a lei non va che io vada a giocare a calcio con qualche vecchio amico non ci devo andare.

Si fa solo come comanda la mia ragazza, niente discussioni, solo obbedienza se non voglio creare problemi all'interno della nostra coppia, il fatto è che ormai non me ne importa più nulla, anzi, non vedo l'ora che ognuno prenda la sua strada...

È giusto che lasci perdere le urla isteriche che a breve mi rivolgerà, in un modo poco consono per una ragazza di benestante famiglia e con un'educazione da regina.

Deve farsene una ragione, ora mi sono rotto il cazzo delle sue moine blaterate e delle insensate cose che ha il coraggio di dirmi dopo che più chiaro di così non potrei di certo farle capire ciò che provo: nulla, nemmeno affetto.

Adesso sono indifferente, davvero, come lo è lei alle mie parole che sembrano non entrarle in testa, per quanto insiste, ma se ne deve fare una ragione prima o poi, non ho più intenzione di continuare a rovinare la mia vita sprecandola con una persona del genere affianco.

<<Io-io non vivo senza te>> balbetta con occhi lucidi, sul punto di esplodere in un pianto senza fine, <<siamo una cosa sola, due facce della stessa medaglia, non possiamo stare separati>> sostiene, cercando di plagiarmi inutilmente.

Mi perdo a fissare quelle iridi terrorizzate all'idea di non avermi più nella sua vita, che ancora per poco si rispecchieranno nelle mie, incastrando i nostri sguardi come hanno fatto non molto tempo fa le labbra, e i corpi, toccandosi solo per foga estenuante.

<<Non sono nessuno senza te amore mio!>> Mi strattona distogliendomi dai pensieri, gesticolando convulsamente mentre la mia testa va in confusione.

<<Io invece senza te posso ritornare a essere qualcuno>> oso pronunciare, sotto il suo viso sciupato dalle lacrime e contorto in delle smorfie.

<<Con una vita al di fuori da ciò che mi obbliga la mia ex fidanzata.>> Questa frase non deve esserle piaciuta particolarmente, dal furente gesto che si sussegue poco dopo.

Cinque dita vanno a schiantarsi dritte sulla mia guancia sinistra, facendomi ruotare il capo addolorato, ma felice per aver chiuso questa relazione una volta per tutte.

Questa è la reazione spontanea di una ragazza che ha capito di non avere più chance con il sottoscritto, tutte le litigate degli ultimi tempi ci hanno portati inesorabilmente a separare le nostre strade, finalmente.

Non potevamo più percorrere la stessa se mi teneva con due piedi in una scarpa, mi ha sempre voluto mettere di lato e nascondermi da tutti i miei amici e amiche femmine, soprattutto.

Tranne che dalle sue, si è vantata a non finire, non dicendo però che mi trattasse come un pesce lesso, una bambola che deve rimanere in silenzio e non rivolgere lo sguardo a nessuno se non a lei, perché gelosa fino al midollo osseo.

<<Ti odio, mi hai rovinato la vita Alessio.>> Indietreggia, senza guardarsi alle spalle.

Ecco che sta uscendo fuori anche la sua parte aggressiva, dicendomi che detesta la persona con cui vuole passare la sua intera vita, in un ragionamento senza logica.

O mi ami o non mi vuoi più vedere, decidi.

Se è vero ciò che dice è tutto finito, posso ritornare a essere un ragazzo libero da ogni vincolo, vivere spensierato la mia gioventù come non faccio più da undici mesi a questa parte.

<<Ritornerai sui tuoi passi presto o tardi, perché non puoi vivere senza di me, e io non ti perdonerò tanto facilmente per tutto il male che mi stai causando, sappilo.>> Punta il dito contro, singhiozzando.

<<Io e te siamo una cosa sola, inseparabili>> blatera per allungare la sua agonia, non vuole lasciarmi andare nemmeno dopo tutto questo.

Massaggio la zona dolorante dove ho appena subito un'ingiustizia, e mi avvicino a Sofia, sussurrandole le ultime parole che avrei sperato di rivolgerle, e che per poco non sono davvero state tali.

<<Non siamo una cosa sola, perché tra me e te c'è sempre stata in mezzo la tua pazza gelosia, che mi ha tolto il respiro e fatto prendere questa decisione, non voglio mai più vederti Sofia, addio.>> Mi volto, muovendo qualche passo indietro mentre fisso la sua figura rimpicciolirsi.

<<Addio per sempre, e questa volta sarà veramente un addio>> urla, e mai avrei pensato che in mente in quel momento le stavano girovagando delle strane idee, che non avrebbero comportato nulla di buono.

L'angoscia mi divora quando udisco un forte sparo nel silenzio della notte, finché non mi giro e vedo tutto buio, lei è sparita, non c'è più: mi capacito che fosse solo un sogno, uno di quegli incubi che troppo spesso si ripresentano quando riesco a prendere sonno, e mi fanno svegliare più stanco di prima.

Alzo il busto e mi metto seduto, la superficie su cui giacevo ha preso la forma del mio corpo e la mia schiena sta implorando pietà, per quanto comodo possa essere stato il divano di casa mia.

Sì, casa mia, il luogo deserto dove abito, circondato solo dai miei demoni interiori e dal rimorso di aver causato in quella ragazza uno scombussolamento totale dal quale sarà difficile riprendersi.

E quella maledetta scena che si sussegue ai miei troppi pensieri prima di lasciarmi trasportare nell'altra dimensione, cullato dal ticchettio dell'orologio appeso al muro della cucina.

Sto vivendo da giorni in questo modo, mi sento in colpa per aver lasciato la mia fidanzata in un modo forse brutale, senza dolcezza, ed è per questo che lei mi viene a rimproverare pure nei sogni per il comportamento disonorevole che ho assunto nei suoi confronti.

Ogni volta che chiudo gli occhi anziché riposare rivivo quel giorno che la mollai, per strada, e questi sogni vanno a finire sempre uguale, con uno sparo che irrompe all'improvviso.

La mia paura gioca brutti scherzi, non era mia intenzione ferirla dicendole tutte quelle cattiverie, affermandole che è praticamente fuori di testa, che non ragiona più, ma è comprensibile perché non ce l'ho fatta più e sono esploso.

Ed è a causa di questo che la mia coscienza non mi lascia più in pace, forse vuole farmi ritornare sui miei passi come Sofia stessa ha detto che sarebbe accaduto...

No, io non la voglio, adesso mi sento semplicemente confuso per tutto quello che vivo sia nella finzione che nella realtà, e mi stupisco che lei non si sia più fatta viva in questi giorni.

Ci siamo lasciati già da un paio di settimane e lei sembra davvero avermi accantonato e messo da parte, come ho sempre desiderato, eppure qualcosa mi attanaglia lo stomaco quando penso a lei e alle sue parole.

<<Addio per sempre, e questa volta sarà veramente un addio.>>

Non so se preoccuparmi più di questa frase oppure del fatto che mi sembra essere indifferente, forse il mio subconscio non accetta tutto questo, forse il mio ego vorrebbe sentirsi cercato, insanamente e vigliaccamente.

Ma cosa cazzo ho nella testa?

Finalmente sono libero, possa fare ciò che mi pare, andare a spassarmela dove voglio, incontrare i miei amici senza nasconderlo a nessuno, non sono più imprigionato.

Il problema è che devo ancora abituarmi a vivere la mia libertà il meglio che riesco, non sono più abituato e mi sa strano.

Prendo il cellulare e guardo l'orario, le diciotto del pomeriggio, ho dormito all'incirca due ore dopo pranzo, ora mi sento certamente più carico di prima nonostante le nove ore di lavoro e l'incubo che mi ha sfiancato mentalmente.

D'ora in poi nessuno potrà impedirmi che gente e luoghi frequentare, le spiegazioni le devo dare solo a me stesso o al massimo ai miei genitori, perché vivo ancora con loro.

Faccio un giro sui vari social, entro prima su Facebook dove le immagini di mille cuori, cioccolatini e fiori invadono i miei occhi, per poi passare a Instagram dove le fotografie di coppie innamorate mi ricordano che oggi è la loro festa, San Valentino.

Ah, per fortuna che sono arrivato in tempo a non festeggiarla, chissà cosa avrei dovuto subire con quella psicopatica!

Meglio se scaccio via questi pensieri, oggi voglio stare da solo e anche se avessi voluto passare la serata con il mio migliore amico Antonio non avrei potuto, sarà sicuramente a cena fuori con la sua ragazza, come è giusto che sia.

Per fortuna non devo comportarmi da cavaliere con nessuna questa sera, non voglio più vedere persone del sesso femminile per un bel po', finché non avrò digerito tutta la storia traumatica che ho vissuto.

Mi accontenterò di fare una passeggiata e mangiare qualcosa fuori, camminando in via Etnea forse per fare del male ai miei occhi, alla vista di tutte le coppie mano nella mano che inesorabilmente incontrerei, da far rivoltare il mio stomaco per la nausea.

Non sono più un romantico e non so se potrò mai diventarlo nuovamente con quello che ho patito.

Per essere felice a me basta un bell'arancino al ragù accompagnato da una bottiglia di birra, questo San Valentino alternativo mi alletta molto più di quello che avrei potuto credere.

Mi decido ad alzarmi e fare una doccia veloce per rinfrescare la mia pelle appiccicaticcia a causa del sudore che avrò buttato mentre ero incosciente a causa del sogno reale che stavo facendo.

Mi fiondo sotto l'acqua corrente mentre fuori il sole è già calato, il tempo di vestirmi e sono già le diciotto e trenta, metto un po' di profumo sul collo e il cappotto pesante adatto per espormi a una temperatura non molto fredda a dire il vero, ma il vento che si innalza subito non mi fa pentire di questa saggia scelta, mia madre almeno per questo sarebbe fiera di me.

Non so con quale coraggio scherzo su una cosa simile, sapendo che a stento mi rivolge la parola dopo ciò che ho fatto alla sua protetta.

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Addendo il succulento cibo che mi ritrovo tra le mani, assaporandolo tutto in pochi morsi, quasi come se fossi di corsa, mandandolo giù con un lungo sorso della mia bevanda alcolica, l'unica che mi concedo più volte a settimana e di cui non riesco a farne a meno, mi piace troppo il gusto fresco e dolciastro della birra.

Mi passo soltanto un piacere ogni tanto quando la gusto facendo una lunga camminata per le vie di questa città illuminata da luci di decine di colori, ancora qui per l'ormai già passata festa di Sant'Agata.

Neanche mi rendo conto di essere in questo posto da solo con i miei pensieri, che possono prendere liberamente qualunque direzione senza che siano influenzati dalla mia ex, come accadeva la maggior parte delle volte senza che lo volessi.

È stata capace di farmi il lavaggio del cervello all'inizio, e io non obiettavo, finché ho capito che il suo atteggiamento non era da persona normale e allora era arrivato il momento di cambiare vita.

La suoneria del cellulare e soprattutto le lettere apparse sullo schermo, sono capaci di interrompere le mie riflessioni serali e non solo, anche la mia tranquillità mentale.

Il nome che leggo mi fa venire la pelle d'oca, non tanto per paura ma per preoccupazione più che altro, timore verso qualcosa che non sono sicuro di voler scoprire, o forse non voglio, essendo sicuro di non voler più riprendere alcun discorso con le persone che hanno il suo stesso sangue.

A stordirmi c'è stato un attimo, più veloce di un lampo, il giramento di testa sono sicuro che non sia dovuto a tutto il baccano che le mie orecchie sono costrette a udire, perché il mio cuore batte così velocemente che riesco a sentire solo lui.

E questo non è affatto un buon segno... cosa vorrà da me?

Spero solo non abbia fatto nulla di male, che Sofia non mi abbia dipinto come un maltrattatore di povere donne lasciate senza possibilità di scelta, e invecesembra che la mia ex abbia messo di mezzo suo padre per rimproverarmi di chissà cosa.

Oppure Giuseppe vuole solo tentare di farmi riflettere, come sta facendo mia madre da giorni ormai, non capendo che nulla può farmi cambiare idea, nemmeno se me lo dicesse il Papa in persona, rimango fermo sulle mie decisioni, ne vale della mia felicità, della mia vita.

Una vita che mai avrei potuto immaginare di passare accanto a una sanguisuga soffocante che non ti lascia i tuoi spazi e non ti permette di respirare l'aria fuori casa tua, se non per lavorare, almeno questo me l'ha concesso.

Una vita che piano piano sento scivolarmi via, non appena l'uomo al telefono dice una semplice frase che è capace di far mancare la terra sotto ai miei piedi.

<<Sofia è in ospedale per tentato suicidio, e nel delirio quando eravamo a casa ha fatto il tuo nome, dicendo che ti ama troppo e che senza te non avrebbe avuto senso continuare...>>

Le mie orecchie si fermano a qui, non riuscendo a proseguire oltre con l'ascolto perché i sensi di colpa mi assalgono immediatamente.

Si voleva uccidere, per me, a causa mia.

<<No...>> Mi cade la bottiglia dalle mani e il rumore sordo del vetro in frantumi lo associo subito al mio cuore e alla mia coscienza, spezzate in due entrambe.

Alzo le mani sopra la testa allargando le braccia, stringendo forte i capelli per il brutale gesto che è riuscita a compiere quella ragazza, dandomi di rimando l'assoluta colpevolezza.

Perché l'ha fatto?

Muovo in avanti i piedi nervosamente, non sapendo dove recarmi, dove andare, ma soprattutto cosa fare.

<<Alessio, Alessio, ascoltami...>> Il telefono lontano dall'orecchio non mi permette di distinguere bene le parole, eppure quando lo metto vicino non capisco nulla, sento solo un moto di confusione nella mia testa che sembra esplodere.

Ha rischiato di morire solo per colpa mia, non me lo perdonerò mai.

Sono un essere spregevole per non aver intuito potesse arrivare a tutto questo, dovevo fermarla in tempo.

Ed ecco che mi torna in mente l'incubo, quel stramaledetto sogno che si ripresenta sempre quando provo a chiudere occhio, non sono stato in grado di interpretarlo come avrei dovuto, e magari riuscirci avrebbe evitato questa catastrofe.

Mi stava avvertendo, e io non ho colto il segnale, era un campanello dall'allarme per farmi capire che Sofia aveva qualcosa di strano, non stava bene con se stessa, desiderava troppo qualcosa che aveva capito non poter più avere.

Troppo tardi, ormai il danno è stato fatto, dovevo rendermi conto che avrebbe avuto bisogno già da diverso tempo di uno specialista con cui parlare delle sue ansie e del suo grado di gelosia, prima di arrivare a un gesto estremo come il suicidio.

Perché?

Questo non è il momento delle domande ma il momento di rendersi utili, almeno per sentirmi meno in colpa per tutto ciò che è accaduto, anche se mi sentirò ugualmente responsabile.

Non l'ho capita, non ho capito le sue esigenze che non erano semplici capriccci, ma qualcosa che veniva dal profondo e la colpa non è sua, ma dei genitori che vivono ventiquattr'ore su ventiquattro con lei e non sono mai arrivati alla conclusione che ciò che faceva e come mi soffocava non era un atteggiamento normale.

Andava spiegato tutto a uno psicologo, per attenuarla o almeno sapere il perché di questa sua ansia stata capace di indurla quasi alla morte, come se fosse questa la soluzione a tutto.

Una morte di cui io sono il colpevole numero uno, mi sento come se fosse arrivata davvero a compiere questa azione, mi sento mortificato come se si si fosse suicidata davvero, perché dentro sono sicuro che lei si senta morta, e poi questo evento l'avrà traumatizzata a vita.

Allo stesso modo io ricorderò per sempre il senso di vuoto al petto, e le parole trascinate e tirate fuori dalla bocca di un padre a pezzi, distrutto.

<<Dov'è ora?>> chiedo ansioso e con il sudore che imperla la mia fronte, quasi non mi reggo in piedi.

<<All'ospedale Garibaldi, quello nuovo>> risponde con voce ferma Giuseppe, non so nemmeno come faccia a parlare con me che sono la causa della sventura di sua figlia, il carnefice che l'ha portata per fortuna solo a un letto di ospedale, e non direttamente alla tomba.

<<Arrivo immediatamente.>> Di sottofondo sento un pianto, sicuramente della madre, e mi stupisco della compostezza e del sangue freddo che invece sta mantenendo il marito, io non ci riesco adesso che sono quasi uno sconosciuto, ed è impensabile che ce l'avrei mai fatta se avessi avuto il suo stesso sangue, se fossi stato un suo parente vicino.

Ho già dimenticato tutto il passato, quello che mi ha fatto, il fatto che ho detto di odiarla per avermi rovinato la vita, perché adesso la situazione si è ribaltata, sono io ad avere bisogno di lei, di vederla in faccia e incrociare i suoi occhi, per tranquillizzarmi che almeno fisicamente sta bene.

Mentalmente no, sarà più instabile delle montagne russe, ed è per questo che se voglia oppure no farà un percorso con uno bravo che saprà come darle il giusto aiuto, lo faremo insieme se necessario, la accompagnerò io stesso alle sedute e aspetterò lì per assicurarmi che le faccia sul serio.

Sto mettendo da parte i rancori e l'orgoglio, adesso voglio solo la salute di Sofia, sono pure disposto a seguirla e aiutarla, basta che la mia vicinanza non le metta strane idee in testa.

Provo pena e compassione, forse pure affetto per una persona così fragile, debole, ma mai più la amerò, la potrò aiutare da amico, e insieme ai suoi genitori trovare un equilibrio per tutto, perché anche loro hanno una parte di responsabilità.

Non riesco a immaginarla mentre danneggia il suo corpo, non riesco a visualizzarla mentre compie un qualsiasi gesto estremo per scalfire la sua pelle in chissà quale modo.

Cosa avrà fatto per essere finita all'ospedale? Si sarà buttata giù da un ponte? Nelle acque agitate e fredde di febbraio?

Mille perplessità aleggiano nella mia mente, e altrettante ipotesi per aiutarla e mettermi al suo servizio, per non sentirmi un mostro e vigliacco agli occhi dei familiari.

Corro come un forsennato alla mia auto, lasciando perdere le occhiate della gente che mi crederanno un criminale alla fuga, devo raggiungere il prima possibile quel cazzo di posto dove si trova ricoverata la mia ex.

Voglio parlarle, chiarire ogni cosa, capire il perché l'abbia fatto e soprattutto perché mi ritiene così fondamentale nella sua vita, tutte domande che spero abbiano una risposta, dopodiché mi allontanerò per lasciarla riposare.

Avrà bisogno di tranquillità dopo ciò che è successo, ma se non le pongo tutto quello che mi frulla in testa non riuscirò a tranquillizzarmi e a dormire sereno.

<<Forse non riuscirò più a prendere sonno dopo che avrò visto in che condizioni riversa, sarà distesa su un lettino priva di qualsiasi forza, priva di voglia di vivere...>>

Scaccio via questi torbidi pensieri e mi dirigo di tutta fretta in ospedale, dove giace stesa su un lettino la persona che fino a due settimane fa tenevo per mano e fingevo di amare.

Non credevo sarebbe andata a finire così, che per poco non non si ammazzava a causa dello stronzo che sono stato, dovevo essere più delicato nel dirle quelle cose.

Arrivo sul luogo e perdo più di un quarto d'ora per trovare parcheggio e l'ingresso, maledizione, è un cazzo di labirinto questa struttura.

Mi sento spaesato più che mai, confuso più di quanto avrei creduto, capace nemmeno di proferire parola per chiedere una fottuta informazione.

Scosto violentemente i capelli dalla fronte, il ciuffo si poggia in avanti tutto alla rinfusa, mentre io cammino avanti e indietro come uno zombie, senza una meta, il solo odore di questo posto mi trasmette morte, tristezza, per non parlare delle pareti bianche che sono capaci di farmi girare la testa perché sembrano tutte uguali.

Per fortuna mi si avvicina un signore, un infermiere presumo dal camice che indossa, e riesco a chiedere di Sofia, in quale stanza si trovi.

<<Lei è un parente?>>

<<No>> sputo di getto, pentendomi subito.

<<Cioè, sono il fidanzato... vi prego devo vederla>> supplico disperato, sentendo le lacrime riempirmi gli occhi e appannarmi la vista.

Non ero mai stato così angosciato per nessuno, dovrei andare in carcere per ciò che ho fatto, perché l'ho istigata io al suicidio, seppur non sapendone nulla.

Non riesco a capire più niente, le orecchie fischiano, qualcuno mi starà pensando, e io so bene di chi si tratti... chissà quante maledizioni mi staranno scagliando contro i genitori di Sofia, ma hanno tutto il diritto.

Non doveva finirci lei in ospedale, o almeno, non in questo tipo di ospedale e non per questo motivo... sarebbe dovuta andare molto prima in una casa accogliente per persone con i suoi stessi sintomi e problemi, parlare con altri dei suoi strani pensieri e cercare di farli affievolire, contando fino a dieci prima di compiere qualsiasi sciocchezza.

Miracolosamente vengo scortato fino alla stanza dove riposa la ragazza che stento riconoscere per l'egoismo che ha dimostrato, per aver agito di istinto nel tentativo di risolvere i suoi conflitti interiori, non conoscendoli bene neppure lei.

Che cosa avrebbe voluto da me per non arrivare a un punto di non ritorno?

Stento a credere che le sarebbe piaciuto vivere nella menzogna, perché solo questo avrei avuto da raccontarle altrimenti: una serie di bugie.

Mi ero ripromesso che non mi sarei più avvicinato, e invece sto trasgredendo pure questo dopo aver visto le facce stravolte dei signori Messina.

Laura, con i capelli biondi come la figlia buttati disordinatamente davanti il viso, come per coprirsi per isolarsi ed estraniarsi dalla dura realtà, non si è resa conto della mia presenza, al contrario del marito che tiene gli occhi fissi sulla mia figura.

Sono indeciso se avanzare ancora qualche passo, ma ricevo la spinta necessaria quando l'infermiere mi lascia dopo aver battuto qualche colpo sulla spalla in modo confortante, per imprimermi coraggio, quello che mi serve per continuare a guardare negli occhi i genitori della povera vittima, e soprattutto lei stessa.

Non fiato, rimango impassibile mentre suo padre si avvicina, e io penso per rivolgermi chissà quale rimprovero, e invece mi abbraccia, facendomi rimanere sbigottito

<<Finalmente sei qui, ragazzo>> mormora a voce bassa, inghiottendo la saliva e appoggiandomi al suo petto come se fossi suo figlio.

Un singhiozzo acuto mi perfora i timpani, rovinando la quiete di prima: la donna che stava seduta alle spalle di Giuseppe ora si alza, puntandomi il dito contro.

<<Tu.>> Mi indica, con fare aggressivo.

<<È colpa tua se mia figlia è quasi morta, hai idea di ciò che hai fatto?>> urla, facendomi sentire un lurido verme, ha ragione.

Socchiudo gli occhi inspirando lentamente, stringo i pugni fino a che non sento più la circolazione nelle dita.

<<Si è avvelenata a causa tua!>>

Avvelenata?

Sbianco di colpo, ho bisogno di una boccata d'aria fresca dopo ciò che ho appena udito, ma l'unica cosa che riesco a fare è gettarmi malamente su una sedia scomoda, mantenendo la calma e cercando di non tremare.

<<È morta dentro... nessuno la riporterà indietro.>> Si avvicina minacciosamente e sono pronto al peggio, d'altronde è una madre disperata che sta solo cercando di capire il perché del gesto estremo della figlia, cosa che spero di conoscere anch'io il prima possibile.

<<Ed è morta pure clinicamente...>> Mi incolpa la donna dagli stessi occhi di Sofia.

Cosa cazzo vuol dire... è morta?

Comincio a vedere tutto appannato, sfocato, non sentendo più le urla di dolore della donna di fronte a me.

Se quello che ho sentito è tutto vero non me lo perdonerei mai, andrei via da qui per sotterrarmi, vivrei in un convento, mi farei frate, non riuscirei più a vivere con un rimorso simile, né tantomeno potrei mai amare un'altra ragazza, sarebbe questa la mia giusta punizione.

Un po' come il personaggio Lodovico dei promessi sposi, che dopo aver ucciso per sbaglio un tale ha deciso di prendere i voti e diventare Frate Cristoforo, prendendo il nome di quell'uomo che ha perso la vita.

Dovrei allontanarmi per sempre dalla vita, vivere come un automa, senza avere stimoli o aspirazioni, facendo così del male a me stesso che sono uno spirito libero, tappandomi le ali come io ho fatto a lei.

Era una così bella e leggiadramente farfalla prima che mi conoscesse... perché è cambiata?

<<Non è vero cara, smettila>> la ammonisce duramente il marito, per poi continuare:

<<Ha avuto un arresto cardiaco ma ne è uscita illesa, è viva, non fare preoccupare il suo fidanzato.>>

Non so cosa mi ferisce e cosa mi rende felice delle due cose che ho udito, ma il fatto che mi creda ancora il suo ragazzo non promette nulla di buono, anche se non è importante in questo momento.

La cosa fondamentale è che non ci ha abbandonati, e forse ciò che la tiene in vita è la forza dell'amore che prova per me, ma io non posso essere così codardo da farlo credere alla sua famiglia, devo sparire ora.

Voglio solo vedere con i miei occhi ciò che ho fatto involontariamente, dopodiché sarebbe meglio per tutti se non mi faccia più vedere, farei solo soffrire ulteriormente Sofia, e non voglio, la cosa giusta da fare sarebbe dimenticarsi per sempre di me e di questo episodio, ma sono una possibilità più difficile dell'altra.

<<Hai forse dimenticato cosa abbiamo visto poco fa?>> domanda tagliente Laura, rivolta a Giuseppe, facendo finta che io non ci sia.

<<No, e mai potrei, nessuno ha colpa di ciò che è arrivata a fare, non stava bene e avremmo potuto capirlo noi, che dici? Non è giusto scaricare addosso la colpa a una sola persona, solo perché l'ultimo evento che è accaduto è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, non stava bene neppure prima>> interviene il mio difensore, stupendomi ancora per come prende le difese del più debole, cioè il sottoscritto.

<<Cosa dici? Lei stava benissimo prima di conoscerlo, da quando stanno insieme sono arrivati i problemi, i disagi per la mia piccola...>> sibila a denti stretti ma stento a credere sia la verità, altrimenti non mi spiego questa sua folle gelosia.

Avrà subito in passato qualche amara delusione, forse, e non voleva più ricaderci... ma non solo non ci è riuscita ma è arrivata al punto di avvelenarsi, pur di non soffrire.

<<Non è così piccola, ha quasi diciannove anni>> ribatte prontamente il padre, <<è grande e vaccinata, ha solo bisogno di un aiuto esterno per gestire il rifiuto di Alessio, deve capire che non la ama più>> esordisce con strana sicurezza, non capisco come faccia a pensare a queste subdole sciocchezze, al rapporto che c'è tra me e la figlia mentre ella si trova sdraiata senza poter esprimere la sua volontà.

Dicendo questo non mi fa sentire meno in colpa, anzi, mi sprona a giustificarmi inutilmente.

<<Non è che gliel'ho detto così... gliel'ho fatto capire delicatamente, più di una volta ho tentato senza farla soffrire, finché non sono arrivato al punto che beh, chiaramente... abbiamo litigato>> affermo sincero, senza giri di parole.

<<Sempre se ci arriverà a compiere diciannove anni, mia figlia...>> ringhia rabbiosa la mamma della mia ex, e io aggrotto le sopracciglia confuso, non capendo cosa intenda.

<<Adesso sei contento che te la sei tolta dai piedi, eh?>> borbotta sarcastica, non la riconosco.

Dov'è finita la donna amorevole che mi ha accolto e trattato sempre come un figlio?

I fatti cambiano le persone, e la maggior parte delle volte in peggio; la gente è tua amica finché non le fai un torto, dopo diverrai il suo peggior nemico.

<<Laura, ho detto di smetterla!>> Alza la voce Giuseppe, zittendo la moglie che continua a singhiozzare avvicinandosi a una finestra.

Tutta questa situazione mi opprime, mi sento impotente, vorrei scappare perché so che ha ragione la madre, ma allo stesso tempo vorrei rimanere per come mi difende suo padre, mi fa sentire colpevole a egual modo come loro, dovevamo capirlo tutti che avesse dei problemi non proprio da prendere alla leggera, che piano piano si sono intensificati arrivando al peggio.

<<Adesso come sta? Può ricevere visite?>> Ansioso mi levo in piedi, non sapendo se avvicinarmi o meno alla porta della stanza dove si trova Sofia, forse è meglio se rimanga in corridoio se non voglio essere ancora aggredito.

<<Come vuoi che stia? Di certo non la vedrai sorridente...>> mi risponde Giuseppe con tono piatto e ironico, incrociando le braccia al petto.

Direi ottimo modo per smorzare la tensione...

<<Non ti potrà rispondere perché non apre nemmeno gli occhi, è un vegetale...>> scoppia in lacrime Laura, correndo via per affacciarsi alla finestra, non riesce a controllare il suo respiro, sembra le manchi l'aria.

Immagino il suo stato d'animo, il groppo in gola che dovrà avere, si sentirà schiacciata dalle sue stesse parole, troppo pesanti da poter reggere.

<<Tesoro calmati, andrà tutto bene.>> Viene immediatamente affiancata dal marito mentre io muoio lentamente dentro per il dolore che staranno patendo, mi sento impotente.

La mia vista non starà facendo altro che disturbarli, almeno Laura è sicuro che mi voglia fuori da questo ospedale.

<<La ragazza è in coma farmacologico>> spiega un dottore arrivato alle mie spalle.

Spalanco gli occhi e raddrizzo la schiena, sentendo subito i polmoni stringersi per non fare passare più ossigeno.

Tolgo il pesante cappotto rimanendo con solo una maglia a maniche corte, tutto il freddo che sentivo sta piano piano svanendo; uno shock dopo l'altro hanno contribuito a rendere il mio corpo caldo più di un termosifone ma allo stesso tempo tremante più di una figlia in autunno.

Ho la pelle d'oca, sto sudando freddo, non capisco nemmeno io cosa mi stia succedendo...

<<Giuseppe... mi spieghi cosa è successo?>> Ignoro volutamente il dottore, voglio spiegazioni esatte solo da lui, e voglio che mentre me lo dice mi guardi negli occhi.

<<Te lo spiego io.>> Prende parola Laura, più pacata, ma questa apparente tranquillità mi sembra solo una trappola.

<<Eravamo usciti tutti, non c'era nessuno in casa, io ero a fare la spesa con mio marito, l'altra mia figlia era uscita, lei è voluta rimanere da sola, e ora capisco il motivo...>> si ferma, inspirando, prima di fare uscire altre lacrime dagli occhi.

<<Quando siamo rientrati in casa Sofia non era sul divano a guardare il suo programma preferito in televisione, cosa che non si sarebbe mai persa, né in bagno a fare la doccia, né in camera sua ad ascoltare la musica>> racconta, impassibile, guardando un punto fisso dinanzi a sé.

<<E sai dove l'ho trovata?>> Si avvicina puntandomi il dito contro, <<nella mia stanza, stesa a terra, il letto pieno di medicinali, alcuni erano antidepressivi che le aveva prescritto il medico dopo ciò che tu le hai fatto, e altri erano medicinali vari, generici, e ognuno di quelli per lei sono stati fatali.>> Piange, ancora, e io vorrei solo sotterrarmi, vorrei che questo incubo finisse.

Ma ora non siamo in un fottuto sogno, questa è la realtà...

<<E non è tutto, no... il peggio deve ancora venire.>> Ride istericamente, borbottando cose senza senso.

<<Vai fuori a prendere una boccata d'aria, ci penso io a spiegargli tutto>> le suggerisce Giuseppe e lei stranamente acconsente senza disubbidire.

<<L'abbiamo trovata quasi priva di sensi, era uno zombie, un cadavere a peso morto che non si reggeva in piedi, le ho fatto bere molta acqua perché doveva vomitare tutto lo schifo che aveva ingerito>> ammette, meditando come se stesse rivivendo quella scena.

Non oso immaginare il suo timore, la paura che le pillole facessero effetto, avvelenando gli organi interni, non mi capacito di come abbia fatto a mantenere il sangue freddo, io non ce l'avrei mai fatta.

<<Credimi, sono stati i minuti più brutti della mia vita, sembravano eterni... dovevo cercare di mantenerla sveglia, di non farle chiudere gli occhi perché altrimenti sarebbe stata la fine.>> Questo racconto strazia il cuore, lo distrugge in mille pezzetti.

Ora sì che si blocca anche, e noto che ha gli occhi lucidi non sapendo come continuare, mi sento mortificato per stargli facendo rivivere tutto una seconda volta.

<<L'ho trasportata subito qui di corsa, al primo ospedale più vicino casa. Le hanno fatto una lavanda gastrica, ha vomitato pure l'anima, tutto...>> farfuglia, stropicciandosi il viso segnato da qualche ruga.

I capelli castani sono tirati indietro in malo modo dal gel, anche loro stravolti dopo quello che hanno passato.

<<E poi ha chiuso gli occhi, era sfinita>> mormora rassegnato.

Ora la questione è chiara e mi sento in colpa più che mai, la cosa si è rivelata peggiore di quanto avessi mai potuto immaginare, vorrei solo che tutto questo fosse un sogno...

<<Non sono riuscito nemmeno a rimproverarla... di cosa poi?>> Mette le mani sulle tempie, massaggiandole furiosamente, <<e quando soprattutto, che poi mi è svenuta tra le braccia>> rivela affranto.

Mi torna in mente che lui è pure un medico, un pediatra, ma non è questo ciò che vede ogni giorno: morte, sangue, dolore... al contrario dei dottori specializzati in questo campo che non so proprio come ci riescano; sono delle persone coraggiose, degli eroi, anche i miei genitori dato che sopportano tutto questo ogni giorno.

Se c'è una cosa che non potrei mai rinfacciare a mia madre è proprio questo, la dedizione al suo lavoro, l'amore che ci mette per ogni cosa che fa nel suo settore, peccato che quando torni a casa sia totalmente un'altra persona, scontrosa pure con il suo unico figlio.

<<Potrei vederla? Per favore>> dico in un sussurro, risvegliandomi dai miei pensieri angoscianti e guardando non solo lui ma anche il dottore.

<<Solo cinque minuti, se i genitori della paziente sono d'accordo...>>

Fortuna che ora c'è solo suo padre, che mi invita a entrare con un cenno del capo. Senza indugiare oltre avanzo fino a toccare la gelida maniglia e abbassarla in un colpo secco, rivelando la figura di una Sofia mite e priva di forze.

Rimango scioccato da ciò che vedo, una visione da fare invidia ai film horror: i lunghi capelli biondi lucenti di una volta sono spenti, annodati tra loro, il corpo mi sembra più scarno, le braccia ridotte a solo ossa, ma ciò che mi incute timore è il viso, di uno strano colore che passa dal bianco cadaverico al grigio in certi punti.

Le labbra secche e violacee non si muovono per rivolgermi una qualsiasi parola, anche un semplice <<ti avevo detto che non dovevi più avvicinarti a me, ti odio con tutta me stessa>>, come la frase che mi ha rivolto l'ultima volta che ci siamo visti faccia a faccia, occhi contro occhi.

Adesso i suoi sono chiusi, e non vorrei mai che fosse per sempre, deve riprendersi.

Oh, Dio, cosa ho fatto per meritarmi questo?

A niente servono le scuse che potrò mai rivolgere alla sua famiglia, chissà l'ansia come li starà divorando, come il senso di schifo verso me stesso mi logora dentro nel profondo.

Fatico pure a non distogliere lo sguardo dalle flebo che sono attaccate alle braccia, che mi rendo conto solo ora essere tutte scalfite e graffiate.

Prendo posto studiando attentamente i segni ormai in guarigione che lei stessa ha voluto lasciare sulla sua pelle, questi di certo non sono recenti, o almeno non quelli che si vedono solo per una cicatrice rimasta.

<<Uno, due, tre... quattro e cinque.>> Conto fissando un solo braccio, ci sono tantissimi segni.

Batto le mani sulle gambe prepotentemente, voglio causarmi dolore, sofferenza, torturarmi mentalmente, anche se in confronto a ciò che ha patito Sofia questo non sia nulla.

Impallidisco quando coraggiosamente passo le dita sulla sua pelle fredda, carezzando quella parte del corpo sfregiata per sempre, che le ricorderà a vita i brutti momenti che ha passato.

Non sono state le mie mani a ridurla in questo stato, ma i miei pensieri, eppure mi sento comunque un assassino. Oggi, quattordici febbraio, ecco che si sentirà su tutti i telegiornali una nuova vittima di femminicidio: la mia foto merita di essere esposta in pubblico, affinché nessuna mi si avvicini più.

Ho paura di poter causare altri dispiaceri a tutti quelli che incontrerò nella mia vita, devo stare lontano da ogni ragazza, perché con una sola parola sbagliata potrei scalfire il loro cuore e ridurle in cenere.

Merito di vivere in solitudine, solo così sono certo di non avere altra gente come peso sulla mia coscienza, solo in questo modo mi sentirei una persona e non un mostro.

Strofino fortemente gli occhi e la testa, grattando vorticosamente ovunque dal tanto nervosismo che mi attanaglia le viscere, lo stomaco produce strani versi e sembra quasi voglia rigurgitare tutto.

Sono pronto a farlo se non fosse che qualcuno mi poggia la mano sulla spalla: mi accorgo girando la testa che Giuseppe fissa con pietà la figlia che non batte ciglio.

È una scena strazianti, raccapricciante, da far venire i brividi al solo pensiero, sto quasi per piangere, non reggo più la tensione e tutta questa responsabilità.

<<Io non volevo, credimi...>>mi blocco, con voce strozzata scusandomi per tutto, <<non avrei mai immaginato potesse ridursi in questo modo.>> Le corde vocali sembrano mancarmi o non funzionare a dovere.

D'ora in avanti non riuscirò più a riconoscermi quando mi guarderò allo specchio, questo è il giorno peggiore della mia esistenza.

<<Nessuno poteva mai sapere che avrebbe fatto pure questo per il troppo amore che la lega a te.>>

Dicendomi questo non fa altro che farmi sentire ulteriormente in colpa...

<<Cosa posso fare per aiutarvi?>> oso chiedere, pronto a qualsiasi cosa.

<<Aiutarci? Sei davvero un ragazzo d'oro... qualcosa c'è che potresti fare ma ti chiedo massimo silenzio e collaborazione>> sussurra, come se Sofia dal suo stato di coma potesse mai sentirci.

La stanza vuota fa risuonare le sue parole, che mi prometto di imprimerle bene nella mente e non dimenticarle mai più:

<<Devi essere dalla mia parte, quando lei si sveglierà avrà uno shock, si sentirà confusa, forse non ricorderà nemmeno come ci sia finita in ospedale, e il tuo supporto sarà fondamentale...>>

<<Che significa?>> Lo fermo, non capendo le sue intenzioni.

<<Ti chiedo solo di non allontanarti, tutto qui, ma di venire qui ogni tanto, nonostante mia moglie non sia d'accordo, lasciala perdere.>> Gesticola in aria e io sono tentato dal rifiutare la sua proposta.

Osservo il viso di Sofia e non riesco a dire di no, tutto purché si riprenda, speriamo meglio di prima, che capisca una volta per tutte che tra noi è finita e non servirà a nulla fare gesti estremi e tenersi tutto dentro, bisogna dialogare ed esprimere la propria rabbia smaltendola in altro modo.

<<Lo so che non è facile, ti sto chiedendo tanto, ma non puoi lasciarla sola in un momento difficile come questo, capisci la situazione, è drastica.>> Cerca di convincermi e io abbasso il capo in segno di sì, non ho altro da fare.

<<Ti ringrazio, sei un vero uomo.>> Si complimenta e io sospiro rumorosamente, non sapendo se riuscirò mai a mantenere questa sottospecie di promessa.

<<Ma cosa dovrei fare io?>> Titubante faccio uscire fuori i miei pensieri, perché non mi è chiara la cosa.

<<Niente, quando si risveglierà a lei farà piacere vederti qui, e questo la aiuterà molto a riprendersi.>>

Il suo ragionamento non fa una piega, in effetti, perché la forza dell'amore è universale, immensa, capace pure di guarire malattie psicologiche, ma forse non malattie causate dall'amore stesso... ed è qui che sta sbagliando il mio ex suocero.

<<Secondo me dovrebbe andare in terapia, farsi seguire da uno specialista>> asserisco, convinto, e nel frattempo entra Laura irata.

<<Lo farà, devi stare tranquillo, ci prenderemo tutti cura di lei>> risponde suo marito per poi continuare, <<adesso sparisci e non fatti più vedere per un po', avrai sue notizie, spero positive.>>

D'un tratto cambia tono di voce, ma io capisco che è tutta una farsa, vuole nascondere il piano a sua moglie, perché ovviamente non ne sarebbe al settimo cielo.

Non ci credo che ha complottato con me all'oscuro della madre di sua figlia, queste sono decisioni che andrebbero prese insieme... ma forse non avrebbero mai trovato un punto di incontro loro due, entrambi fermi sulle loro idee.

Esco fuori lanciando un'ultima occhiata a quella che una volta era una ragazza sorridente e bella da mozzare il fiato, di cui affermo essere rimasto affascinato, invaghito, e ho voluto molto bene, anche se non credo di averla mai amata, ma un sentimento l'ho sempre provato, e non era pena come ora.

Vado fuori da questo posto che mi fa avere solo una grande ansia, vedendo persone malate e ricoverate in ogni stanza, donne in procinto di partorire, urla e grida disperate che entrano nella mia testa per farla esplodere, e credo proprio che ci siano riusciti.

Entro in macchina singhiozzando come un bambino, senza prendere fiato. Cosa cazzo ho combinato? Perché mi sta succedendo tutto questo? Che fottuta prova dovrò affrontare Dio?

Non riesco a darmi alcuna spiegazione se non quella che in un'altra vita sarò stato un crudele uccisore e ora il mio cammino sarà pieno di intralci, ostacoli, una vita difficile e priva di emozioni positive, perché mai più potrò provarne, mai più.

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Presente

Se solo avessi saputo che quell'episodio sarebbe stato l'inizio di un nuovo inferno non avrei assecondato il volere di nessuno e nemmeno me stesso.

Per dimenticare sono entrato in un circolo vizioso, vittima del mio subconscio e di ciò che per un momento riusciva a svagarmi e farmi stare bene, non pensando più a nulla, e sarei finito davvero male se non fossi stato salvato.

To be continued...

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Spazio autrice
Bonjour 🎀 come va? 🥰 spero vi sia piaciuto il capitolo, se è così lasciate dei commenti con le vostre impressioni e dei voti
Allora, che dire! Spero abbiate capito cosa ha passato Alessio, ho dovuto dividere questo flashback in due parti altrimenti sarebbe stato infinito! La seconda parte la devo ancora scrivere quindi non è ancora pronta ma all'interno della mia testa 😅 e lì però è già finita, devo solo trovare il tempo per scriverla ahaha spero che abbiate anche "capito" Sofia, una ragazza malata, non è tanto colpa sua ecco... ma più avanti capirete meglio 😬 che dire, a presto!
~Sabrina~ ❤️

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