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11. Le nuvole si addensano...

Ci volle meno di quanto aveva pensato e, una volta giunta dall'altra parte, si mise in cammino a passo sostenuto, raggiungendo i nani mentre costeggiavano ciò che rimaneva di Dale. Fortunatamente aveva smesso di brillare poco prima di arrivare a riva, nonostante le sue energie scemassero sempre di più.

"Potevate aspettarmi." affermò facendoli voltare di scatto.

"Lumbar!" esclamarono andando a salutarla.

"Eravamo sicuri che ci avresti raggiunto, zia." disse Kili.

"Certo che l'avrei fatto." confermò lei studiando il volto del ragazzo. "Tu sei ancora convalescente e, testardo come sei, so di doverti costringere al riposo per farti guarire."

"Mi conosci bene." osservò il giovane.

"Sei testardo come tuo zio. Dev'essere una caratteristica di famiglia esserlo più degli altri." riflettè la ragazza.

"Qualcosa mi dice che tu sia come noi, zia." si intromise Fili facendo un sorrisetto.

"Non dire sciocchezze, nipote." rispose lei con lo stesso sorrisetto. "Io sono peggio." affermò facendolo ridere. "Andiamo adesso. Sicuramente ci stanno aspettando."

Si rimisero in cammino e arrivarono alle porte di Erebor, da cui era uscito Smaug, dopo qualche ora. Il drago aveva creato un gigantesco buco, lasciando macerie tutt'intorno, e i cinque membri della compagnia corsero dentro per assicurarsi che gli altri fossero ancora vivi.

"C'è nessuno?" gridò Bofur una volta superate le porte di pietra. "Bombur? Bifur!" l'eco espandeva la sua voce nel silenzio. "Qualcuno!" continuò inoltrandosi un po' all'interno del salone d'ingresso.

Lumbar li condusse nelle profondità della Montagna, attraverso corridoi e scale che ricordava perfettamente nonostante gli anni passati.

"Aspettate!" gridò qualcuno poco distante da loro. "Aspettate!"

"È Bilbo." comprese Oin mentre Lumbar si era già voltata verso il corridoio da cui proveniva la voce del mezzuomo.

"È vivo." disse Fili.

Lumbar lo vide correre verso di loro, agitato. "Fermi! Fermi. Fermi." concluse bisbigliando e fermandosi davanti a loro. "Dovete andarvene." affermò stupendoli mentre una brutta sensazione faceva rabbrividire la ragazza. "Noi tutti dobbiamo andarcene."

"Ma siamo appena arrivati!" protestò Bofur.

"Ho tentato di parlargli ma non ascolta." continuò Bilbo confondendo ancora di più i nani.

Lumbar, d'altro canto, aveva capito subito e il suo volto si faceva pian piano sempre più bianco, mentre il suo sguardo si spegneva.

"Che... vuoi dire, ragazzo?" chiese Oin.

"Thorin." disse Lumbar, stupendoli.

"Sì." confermò Bilbo. "Thorin è laggiù da giorni. Non dorme, mangia a stento. Non è in sè. Affatto. È questo... è questo posto. Credo sia affetto da una malattia."

"Malattia?" domandò Fili.

"Che tipo di malattia?" chiese Kili, agitato.

Fili corse giù per le scale, ignorando i richiami di Bilbo, e tutti gli andarono dietro. Lumbar diventava sempre più pallida con il trascorrere dei minuti. Scesero parecchie scale, inoltrandosi nelle profondità della Montagna, fino ad arrivare alle immense sale del tesoro. Si fermarono su una piccola altura per osservarle nella loro interezza: ovunque posassero lo sguardo giganteschi cumuli di monete d'oro, gioielli e pietre preziose facevano mostra di sè, illuminando l'oscurità della Montagna. Sembravano non avere fine.

Dei lenti passi poco distanti attirarono la loro attenzione.

"Oro." disse a bassa voce qualcuno che riconobbero come Thorin. "Oro oltre ogni misura." continuò senza dare segno di averli notati e guardandosi intorno. "Oltre ogni afflizione. E dispiacere." alzò lo sguardo su di loro.

Era uno sguardo cupo come i giovani nani non l'avevamo mai visto, molto diverso da quello che aveva normalmente. Era uno sguardo che Lumbar aveva già notato una volta, tanti anni prima, in un vecchio amico che aveva perso il senno. La ragazza divenne ancora più pallida di quanto fosse prima e barcollò leggermente, ma i nani non lo notarono: erano troppo concentrati sul cambiamento del loro capo. Nemmeno lui ci fece caso, e questo comportamento non fu altro che una conferma di quello che lei già temeva.

"Ammirate." disse loro Thorin, scandendo ogni parola. " Il grande tesoro di Thror." lanciò a Fili quello che sembrava un rubino grande quanto una mela. "Benvenuti, figli di mia sorella, qui nel Regno di Erebor." concluse con un ghigno.

Dopo qualche istante di tentennamento, Bilbo li condusse nella sala in cui erano gli altri, lasciando Thorin nelle sale del tesoro.

"Balin!" esclamò Bofur quando li raggiunsero, facendoli voltare.

I nani si abbracciarono ripetutamente, felici di essere vivi e di essere scampati al drago. Lumbar si tenne in disparte, troppo sconvolta e preoccupata a causa di ciò che aveva visto e senza le energie sufficienti per festeggiare. Dovette appoggiarsi alla parete alle sue spalle per non cadere, cominciava a faticare a stare in piedi, e rimase a osservare i nani raccontarsi reciprocamente quello che era successo dopo che si erano separati.

Dopo poco Thorin li richiamò, ordinando loro di cercare l'Archengemma e dicendo che nessuno avrebbe riposato fino a quando non l'avessero trovata.

Lui osservava le ricerche dall'alto, insieme a Bilbo e Lumbar, che continuava a sentirsi sempre più debole. Fu in quel momento che venne colta di sorpresa da una visione.


Gandalf era ancora prigioniero in quella gabbia sospesa e mormorava debolmente un incantesimo. Lumbar riusciva a sentire la voce di Radagast fare lo stesso, ovunque lo stregone Bruno si trovasse.

Un orco si avvicinò a Gandalf, prendendo la sua gabbia e sbattendola a terra, incurante dello stregone al suo interno. "Gli incantesimi non ti salveranno, vecchio." affermò nella sua lingua, aprendo poi la porta della gabbia e tirandolo fuori malamente. "Hai una cosa che il mio Padrone vuole." continuò sollevandolo e sbattendolo forte a terra. "Dov'è? Uno dei tre Anelli Elfici." Lumbar, preoccupata, sperò che non glielo prendesse. Lui non sarebbe mai dovuto entrarne in possesso.

Gandalf prese una catena da terra e la usò come frusta, colpendolo al volto. L'orco sputò del sangue senza emettere un lamento, come se non fosse successo niente, e lo sollevò di peso. Lo girò e gli prese la mano sinistra, mettendo in mostra un vistoso anello d'argento di fattura magica con un rubino.

"L'Anello di Fuoco." disse l'orco. "Dove sono gli altri?" chiese senza ricevere risposta.

Lumbar sentì la sua presenza prima ancora di vederla e si voltò nella sua direzione con un leggero sorriso. Ora c'era una possibilità che il suo amico si salvasse. La vide avanzare attraverso le rovine, pur rimanendo al fianco dello stregone. Gandalf, intanto, venne trascinato verso un blocco di pietra su cui l'orco costrinse la sua mano sinistra. L'essere era pronto a tagliarla via per impossessarsi dell'Anello. Aveva appena alzato la lama, pronto a sferrare il colpo, quando si accorse della presenza di Galadriel dietro di loro che avanzava lentamente. L'orco si voltò a osservarla con sguardo assassino.

"Io vengo per Mithrandir." affermò la Dama elfica. "E me ne andrò con lui."

L'orco spostò Gandalf con una spinta, facendolo rotolare sul pavimento, e si voltò per fronteggiare Galadriel. Lei non fece una piega.

"Se proverai a fermarmi." gli disse avanzando lentamente. "Io ti distruggerò."

L'orco ringhiò, poi si slanciò verso di lei con la spada alzata. Galadriel mosse il braccio dal basso verso l'alto, facendo uscire una forte luce bianca dal palmo della mano che disintegrò l'orco.

La dama elfica si diresse verso lo stregone, incosciente, e lo sollevò, camminando poi nella fortezza diretta all'uscita.

"Tre anelli ai re degli elfi sotto il cielo che risplende. Sette ai principi dei nani nelle loro rocche di pietra." si sentì rimbombare tra le solitarie mura di Dol Guldur, portando Galadriel a fermarsi. L'elfa era impaurita da quella voce, Lumbar poteva vederlo chiaramente.

"Nove agli uomini mortali che la morte attende." concluse Galadriel mentre attorno a lei apparvero i nove spettri corrotti dei re mortali, che si erano schierati dalla parte di Sauron. Gli stessi Nove di cui Gandalf aveva esplorato le tombe in precedenza.

Gli Spettri circondarono Galadriel, costringendola a poggiare a terra Gandalf per decidere come uscire da quella situazione. Si accovacciò mettendo la testa dello stregone sulle sue gambe.

"Non puoi combattere l'ombra." disse l'essere espandendo la voce in tutta la fortezza. "Perfino ora ti affievolisci. Una luce da sola nel buio."

Lumbar sorrise a quell'affermazione. Galadriel alzò lo sguardo. "Io non solo sola." disse.

Il leggero suono di passi tranquilli e misurati alla sinistra dell'elfa si espansero nel silenzio che li circondava, rivelando l'avanzata di re Elrond. L'elfo si fermò e sguainò la sua spada, osservando i Nove, per poi puntare lo sguardo su Saruman che li aveva raggiunti da un altro sentiero. Erano entrambi nel cerchio dei Nove, ai loro fianchi.

"Necessiti di assistenza, mia Signora?" domandò Saruman rivolgendosi a Galadriel.

Due Spettri gli si misero davanti per impedirgli di avvicinarsi. Lui li osservò mentre Elrond avanzava.

"Saresti dovuto restare morto." disse l'elfo al capo dei Nove, cominciando a combattere con lui. Saruman fece lo stesso e, ben presto, entrambi si ritrovarono a spostarsi nello spazio di quella piazza, girando attorno a Galadriel e allo stregone Grigio mentre cercavano di liberarsi degli Spettri.

Galadriel si concentrò su Gandalf. "Mithrandir." lo chiamò preoccupata accarezzandogli il volto. "Ritorna."

Lumbar si sentiva impotente mentre osservava lo stregone Bianco e l'elfo combattere contro gli Spettri, ma non sapeva come avrebbe potuto intervenire, e nemmeno se poteva farlo. Il giorno prima era riuscita, per la prima volta, a indurre una visione e a respingerne un'altra, ma da lì ad agire all'interno di una di esse ne passava di acqua sotto i ponti. Non sapeva nemmeno se fosse effettivamente possibile. In ogni caso essere così impotente la stava distruggendo.

Galadriel baciò sulla fronte Mithrandir, come a confortarlo, e lui riprese a respirare facendo fare un sospiro di sollievo sia all'elfa che a Lumbar. Gandalf aprì gli occhi, agitato, e si rivolse a Galadriel.

"È qui... è..." disse a fatica.

"Sì." rispose lei. "L'oscurità è tornata."

Elrond e Saruman continuavano a combattere i Nove, proteggendoli e incuranti della stanchezza, quando Radagast, in sella alla sua slitta trainata da conigli, li raggiunse.

"Forza!" li incitava.

Il Bruno fermò la slitta accanto a Galadriel e Gandalf.

"Gandalf! Salta su!" esclamò all'amico avvicinandosi a Galadriel.

"È debole." spiegò lei, a fatica. "Non può restare qui. Gli sta prosciugando la vita."

Il bruno salì nuovamente sulla sua slitta, pronto a portare via il suo amico come richiesto dall'elfa.

"Va, presto." lo incitò lei, prima che la sua mano venisse presa da Gandalf. Il grigio non voleva lasciarla.

"Vieni con me, mia Signora." le disse.

Lei per un attimo sorrise, poi un immenso dolore passò sul suo volto e tolse la mano dalla presa dello stregone, mentre sul volto di lui si faceva strada la consapevolezza.

Galadriel si voltò verso Radagast, rilasciando il suo potere e diventando bianca e brillante come una stella.

"Va!" gli ordinò prima di tornare normale e accasciarsi al suolo.

Radagast si allontanò di corsa, portando via Gandalf, mentre Elrond e Saruman continuarono a combattere. Quando, finalmente, i due riuscirono ad allontanare i Nove, Elrond si avvicinò a Galadriel per controllare le sue condizioni, ma appena si fu accovacciato accanto a lei un rumore alle sue spalle attirò la sua attenzione e quella dello stregone Bianco: una colonna di pietra era esplosa in mille pezzi con un suono stridulo in sottofondo, dando vita all'occhio di fuoco di Sauron.

"È iniziato." sibilò con la sua voce spettrale mentre Elrond e Saruman alzavano le armi nella posizione di difesa. "L'Est cadrà. E così sorgerà il regno di Angmar. Il tempo degli elfi è finito. L'età degli orchi è arrivata." aveva richiamato i Nove che ora si stagliavano in fila davanti a loro, minacciosi.

Prima che Elrond o Saruman potessero fare qualcosa, Galadriel si alzò in piedi, il corpo luminescente, ma di una luce oscura, così come la sua veste, e allungò una mano aperta davanti a sè sprigionando un potente fascio di luce verso gli stregoni, facendoli sparire.

"Tu non hai alcun potere qui." disse l'elfa con una voce ultraterrena, mentre il fuoco dell'occhio spariva lasciando solo la sagoma umana dell'essere. "Servo di Mordor."

Sauron tentò di opporsi, cercando di riaccendere le fiamme.

"La tua luce non è abbastanza forte per opporsi a me. E neanche la loro. Per questo cadranno." sibilò.

"Ma la sua lo è." rispose Galadriel continuando a cercare di distruggerlo. "E ti fermerà, come ha già fatto."

"Ma lei non è qui, adesso. Come pensi che potrà salvarvi?" le domandò minaccioso riaccendendo le fiamme dell'occhio e facendo fare un passo indietro a Galadriel.

Lumbar appoggiò una mano sulla spalla dell'elfa, pregando i Valar che riuscisse ad aiutarla, e le passò il suo potere permettendole di ritornare stabile e di continuare. "Sono qui." sussurrò.

"Sbagli." affermò Galadriel al suo avversario. "Lei è qui, adesso." Elrond e Saruman la guardarono sorpresi e gli sembrò, per un attimo, di vedere la sagoma di Lumbar accanto a quella dell'elfa, tremolante come uno spirito. "Tu sei senza nome. Senza volto. Senza forma." a ogni parola le pietre intorno a loro crollavano a causa dello scontro tra poteri. "Ritorna nel vuoto da cui tu sei venuto!" concluse spedendolo lontano, nelle profondità di Mordor.

L'attimo dopo la luce dell'elfa scomparve ed Elrond dovette sostenerla per non farla cadere al suolo priva di forze.

"Siamo stati ingannati." comprese vedendo la direzione che aveva preso l'essere, mentre Galadriel tremava tra le sue braccia.

"Lo spirito di Sauron ha resistito." disse lei voltando il volto verso Saruman. "Lei aveva cercato di avvertirci."

"Ed è stato bandito." concluse il Bianco.

"Fuggirà verso Est." continuò Galadriel.

"Gondor deve essere avvertita." asserì Elrond alzandosi, pronto a partire. "Devono mettere guardie sulle mura di Mordor."

"No." lo fermò lui. "Bada a Lady Galadriel." quando Elrond si era alzato l'elfa si era aggrappata alla sua mano, troppo stanca per reggersi anche solo a sedere. "Ha consumato molto del suo potere. Le sue forze vengono meno. Portala a Lothlorien."

"Mio Signore Saruman..." tentò Elrond. "Occorre dargli la caccia e distruggerlo. Una volta per tutte."

"Senza l'Anello del Potere Sauron non potrà più usare il dominio sulla Terra di Mezzo." ribattè Saruman.

Galadriel si accasciò sulla gamba di Elrond, ormai senza forze. Lumbar le mise una mano sul braccio, passandole altra energia.

L'elfa la sentì. "Grazie, amica mia." disse piano facendola sorridere. Lumbar era felice di essere riuscita ad aiutarla, anche se poco.

"Andate, ora." disse Saruman. "Lasciate Sauron a me."


La visione sfumò, ma Lumbar venne catapultata in un'altra senza riprendere conoscenza.


Davanti a lei Gandalf e Radagast erano appena arrivati alla dimora dello stregone bruno.

"Mi serve quel cavallo." asserì il Grigio scendendo in fretta dalla slitta e indicando un cavallo poco distante.

"Cosa? Gandalf dove vai?" protestò il Bruno seguendolo.

"Ad avvertire Erebor." il Grigio si voltò a guardarlo. "Non sanno cosa sta per arrivare. Le ho viste con i miei occhi: schiere su schiere di orchi di Moria." continuò sorprendendo il Bruno. "Convoca i nostri amici, uccelli e Bestia. La battaglia per la Montagna sta per iniziare." poi si voltò avvicinandosi al cavallo.

"Apetta!" lo richiamò Radagast. "Prendi questo." aggiunse porgendogli il suo bastone. "Se quello che dici è vero ne avrai più bisogno di me. Non temere, sono sicuro che lei lo sappia. Li allerterà."

Gandalf gli strinse una mano. "Grazie." poi si voltò e riprese il cammino.

"Ti devo avvertire! Può... fare cilecca qualche volta... devi soltanto... giostrare con la sommità." gli gridò Radagast facendo sospirare Lumbar con un lieve sorriso sul volto. "Ma immagino te la caverai." concluse a voce bassa.

Lumbar venne riportata alla realtà.


Sospirò pesantemente, riaprendo gli occhi e ritrovandosi stesa per terra. Accanto a lei Bilbo la osservava preoccupato, mentre Thorin non aveva distolto lo sguardo dal tesoro.

Lo hobbit sospirò, sollevato.

"Meno male, stai bene." le disse mentre la aiutava a mettersi seduta. "Ci hai fatto preoccupare."

Lei lanciò un'occhiata al nano prima di riconcentrarsi su Bilbo.

"Non si direbbe." mormorò a voce quasi inudibile.

Lo hobbit sospirò prima di alzarsi e correre verso la fine della balaustra.

"Si è svegliata! Sta bene!" gridò facendole alzare un sopracciglio.

La confusione della ragazza venne spazzata via quando sentì le esclamazioni sollevate degli altri membri della Compagnia, sparsi nella sala.

Bilbo tornò da lei. "Come ti senti?"

"Meglio di altri." ammise lei ripensando alle visioni.

Gandalf sembrava stare bene, ma Galadriel aveva rischiato molto. Se lei non fosse riuscita ad aiutarla, e ancora non sapeva come aveva fatto, probabilmente non sarebbe sopravvissuta. E con lei sarebbero morti anche Elrond e Saruman. Sospirò sollevata sapendo che stavano bene, poi riconcentrò l'attenzione sul giovane amico davanti a lei.

"Cos'è successo?" gli chiese.

Lo hobbit lanciò uno sguardo preoccupato a Thorin, che non l'aveva guardata neanche un attimo, poi lo riportò su di lei con un sospiro sconsolato.

"Sei andata in trance, come succede quando hai una visione, ma più passava il tempo più diventavi pallida. A un certo punto sei crollata a terra e hai cominciato a brillare, facendomi preoccupare, e ho chiamato gli altri." sospirò di nuovo. "Thorin li ha costretti a continuare la ricerca dell'Arkengemma, impedendogli di venire qui. Oin mi ha chiesto di descrivergli i sintomi e poi mi ha spiegato che ti era già successo a Pontelagolungo ma non sapeva perchè. Eravamo tutti preoccupati." lei non disse niente, piuttosto scettica riguardo l'ultima frase e lui lo comprese. "T-Thorin ha..." tentò di dire in difesa del nano, ma lei scosse la testa bloccandolo.

"So benissimo perchè fa così." disse. "Non preoccuparti, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno di voi." concluse abbassando lo sguardo sulla giacca dello hobbit, lì dove sapeva essere nascosta l'Arkengemma.

Aveva percepito la sua presenza in quella tasca nell'esatto momento in cui l'aveva avuta davanti, ma non aveva detto niente perchè preoccupata per il suo amato. Ora la sua preoccupazione era cresciuta. Lo hobbit sgranò gli occhi quando si rese conto che lei sapeva dove fosse la Gemma, ma lei scosse il capo facendogli capire che non avrebbe rivelato niente. Lo hobbit sospirò sollevato, ma anche più preoccupato di prima notando l'ombra che era calata sul volto della sua amica.

Lumbar sapeva, ormai, cosa doveva fare e, per quanto non le piacesse, sapeva anche che era l'unica possibilità che aveva di salvare tutti. Soprattutto dopo aver visto che Gandalf li stava raggiungendo per avvertirli sugli orchi.

Le cose si stavano aggravando sempre di più, riusciva a sentirlo nei capelli che diventavano sempre più neri col trascorrere dei minuti.


****


"È qui in queste sale." disse Thorin osservando il trono. "Lo so."

"Abbiamo cercato e cercato." rispose Dwalin dietro di lui, affiancato da Balin. Bilbo e Lumbar erano poco distanti da Thorin, alla sua destra.

"Non abbastanza!" lo bloccò Thorin.

"Thorin tutti vorremmo vedere la Gemma al suo posto." gli disse Dwalin.

"Eppure non è stata ancora trovata!" osservò l'altro alzando la voce e facendo sospirare la ragazza.

"Dubiti della lealtà di... qualcuno qui?" chiese Balin dopo un attimo di incertezza, facendolo voltare verso di lui.

Bilbo evitò di guardarlo mentre Thorin scendeva un paio di gradini e gli si fermava accanto.

"L'Archengemma..." continuò Balin. "... è per diritto del nostro popolo."

"È il gioiello del re." disse Thorin lentamente, con voce grave. "Non sono io il re?" urlò facendo cadere il silenzio.

Bilbo lo guardava di sottecchi, mentre Dwalin e Balin non sapevano cosa fare e lanciavano sguardi bisognosi d'aiuto a Lumbar che, però, non distolse mai la sua attenzione da Thorin, vogliosa di capire fin dove si fosse spinta la malattia. Sperava ci fosse ancora una speranza e, se l'avesse vista, avrebbe agito.

Thorin si voltò a guardare il trono, prima di rivolgersi nuovamente ai suoi compagni. "Sappiate questo: se qualcuno dovesse trovarlo e me lo nascondesse io mi vendicherei." concluse avviandosi fuori e passando accanto alla ragazza senza degnarla di uno sguardo.

Lei nascose il dolore che la sua indifferenza le provocava, consapevole che fosse la malattia a farlo agire così, e sospirò prima di uscire dalla sala del trono sotto lo sguardo preoccupato degli altri tre. Si rifugiò in una sala piena di scaffali ricolmi di libri e pergamene, impolverata e ricoperta di ragnatele, e si appoggiò a una parete. Chiuse gli occhi e riflettè, cercando una scappatoia in quella situazione.

Quando Balin la trovò, diverse ore dopo, stava giocando con qualcosa appeso al collo, ancora con gli occhi chiusi. Quelli del nano erano lucidi di lacrime.

"È quello che penso?" le chiese avvicinandosi per studiare meglio l'oggetto.

Lei aprì gli occhi di scatto; era talmente immersa nei suoi pensieri che non l'aveva sentito arrivare, nè si era accorta di quello che stavano facendo le sue mani. Guardò interrogativa il nano, infatti, non capendo a cosa si riferisse e lui le indicò l'oggetto con un particolare luccichio negli occhi.

Lei sbiancò, comprendendo che ormai non aveva senso nasconderlo. Lui l'aveva visto. Sospirò prima di sfilarsi il cordino dal collo e gli mostrò l'oggetto: era un anello d'argento, visibilmente di fattura nanica e molto pregiato nella sua semplicità.

Balin lo riconobbe subito. "Sapevo te l'avrebbe chiesto, prima o poi." affermò.

Lei scosse la testa. "È stato prima. Lui neanche se lo ricorda."

"Perchè non ce l'avete detto?" le domandò dolcemente il nano.

Un triste sorriso spuntò sulle labbra della ragazza. "Me lo chiese quel giorno, dopo che gli feci un giuramento." si asciugò una lacrima che, traditrice, le percorreva una guancia. "Non ebbi nemmeno il tempo di dargli una risposta perchè arrivò Smaug e dovemmo correre a mettere in salvo la vostra gente. Dopo non ne abbiamo più parlato, è passato in secondo piano."

"E tu l'hai tenuto appeso al collo per tutti questi anni." terminò Balin.

Lei annuì.

"Non avrei mai potuto indossarlo." spiegò. "Non senza che lui lo sapesse. Ma non potevo neanche buttarlo via."

"E ora il suo comportamento nei tuoi confronti ti fa soffrire." disse il nano, riferito all'ignorarla di Thorin, mentre calde lacrime si facevano spazio sul suo volto, tradendo lo stato d'animo che aveva nascosto fino a quel momento.

Lei non infierì, consapevole che si sentissero in due modi molto simili.

"Sappiamo entrambi perchè fa così." disse solamente.

Il nano si infilò tra due scaffali impolverati tentando, invano, di asciugarsi le lacrime, quando qualcosa attirò l'attenzione della ragazza facendola voltare verso la porta. Balin seguì il suo sguardo e notarono entrambi il giovane hobbit fare qualche passo avanti, titubante. Era visibilmente a disagio, non avendo mai visto Balin piangere.

"La malattia del drago." asserì il nano rispondendo a Lumbar e attirando l'attenzione di Bilbo, che avanzò. "Io l'ho già vista. E anche lei." spiegò al mezzuomo. "Quello sguardo... il terribile bisogno... è un amore spietato e geloso, Bilbo. Ha portato suo nonno alla pazzia."

"Balin... se-se Thorin... avesse l'Archengemma..." cominciò lo hobbit con uno strano sguardo che Lumbar non faticò a interpretare. "O se... se venisse trovata... sarebbe di aiuto?" domandò, infine.

"Quella pietra incorona tutto. È la sommità di questa grande ricchezza, conferendo potere a colui che la possiede." spiegò lentamente il vecchio nano. "Arresterebbe la sua pazzia?"

"No." lo anticipò Lumbar, facendoli voltare. "La peggiorerebbe."

"Forse è meglio che rimanga smarrita." concluse il nano guardando il mezzuomo di sottecchi. Anche lui aveva capito dove fosse la pietra.


****


Lumbar stava passeggiando silenziosamente, e lentamente a causa delle poche forze che la sostenevano, tra i corridoi della fortezza, rimembrando il tempo passato tra quelle mura, quando la voce di Thorin attirò la sua attenzione. Si avvicinò di soppiatto a un incrocio e osservò il nano avvicinarsi allo hobbit. Decise di ascoltare la loro conversazione senza farsi vedere, e si appoggiò al muro per sostenersi, consapevole che, a causa dei troppi sforzi che aveva compiuto nei giorni precedenti, le sue energie ci avrebbero messo molto tempo a tornare come prima.

"L'ho raccolta nel giardino di Beorn." disse Bilbo, riferendosi alla ghianda che aveva in mano.

"E l'hai portata fino a qui..." commentò Thorin con un'espressione che la ragazza non vedeva da un po'. Sembrava fiero e, allo stesso tempo, sorpreso dalla forza dello hobbit. Aveva un nonsochè di dolce.

"La pianterò nel mio giardino." spiegò il mezzuomo. "A casa Baggins."

Thorin sorrise, sorprendendo Lumbar. Da quanto non faceva un vero sorriso? Troppo.

"Un misero premio da riportare nella Contea." osservò.

"Beh... un giorno crescerà." disse Bilbo. "E ogni volta che lo guarderò ricorderò. Ricorderò quello che è successo, il brutto, il bello. E la fortuna che ho avuto a tornare a casa."

Thorin sorrise ancora. Lumbar non poteva esserne certa ma le sembrava che avesse gli occhi lucidi, e questo le fece pensare che non era ancora troppo tardi.

"Thorin..." disse Bilbo.

Prima che potesse continuare, Dwalin lo interruppe.

"Thorin." chiamò. "I sopravvissuti di Pontelagolungo stanno confluendo a Dale." lo avvertì avvicinandosi ai due, mentre Scudodiquercia perdeva il sorriso, trasformando il suo volto in quell'espressione rabbiosa e tormentata a cui stavano facendo l'abitudine. "Sono centinaia."

"Raduna tutti alla porta." ordinò prima di dirgercisi lui stesso. "Alla porta! Subito!"

Mise tutti i nani al lavoro, facendo loro ammucchiare pietre e rocce davanti allo squarcio lasciato dal drago quando era uscito, in modo da chiudere l'apertura. Li fece lavorare incessantemente fino a che non fu soddisfatto, ergendo un muro immenso e lasciando solo una piccola apertura, grande quanto un pugno, all'altezza del suo volto, in modo da parlare con le persone dall'altra parte. Prepararono anche delle scale per raggiungere la cima del muro in caso di necessità.

A Lumbar Thorin non disse niente per tutti il tempo, continuando a ignorarla come aveva sempre fatto da quando lei lo aveva raggiunto all'interno della Montagna.

Kili aveva provato a opporsi, facendogli notare che gli uomini avevano perso tutto a causa di Smaug, ma lui era stato irremovibile e un silenzioso gesto negativo della ragazza fece capire al giovane nano che quello non era il momento giusto per affrontare lo zio.


****


All'alba l'apertura era stata chiusa, Thorin era tornato nelle sale del tesoro insieme ad alcuni nani e Lumbar venne risucchiata in una visione.


Vide Gandalf cavalcare a tutta velocità verso la Montagna con un'espressione preoccupata in volto, ma non ebbe modo di vedere altro che la scena sfumò e si ritrovò a Dale.


Davanti a lei, Bard passava tra le gente per aiutare e assicurarsi che tutti resistessero, e lei ringraziò silenziosamente che al comando ci fosse lui. In quel modo sapeva che gli umani avevano una speranza. Poi lo vide avvicinarsi ad Alfrid, che si alzò in piedi quando lo salutò.

"Che notizie dal turno di notte?" gli chiese uscendo dal palazzo in cui si erano rifugiati per la notte.

"Tutto tranquillo, signore. Niente da riportare." dichiarò Alfrid. "Non mi sfugge mai niente."

Ma Lumbar stava osservando fuori dal palazzo, piacevolmente sorpresa. Bard sembrava sinceramente confuso.

"A parte un'armata di elfi, a quanto sembra." affermò, rispondendo al commento di Alfrid.

Davanti a loro, infatti, diverse centinaia di elfi in armatura dorata si misero sull'attenti mentre il popolo di Pontelagolungo usciva sorpreso.

Bard scese i gradini del palazzo, avvicinandosi alla prima fila di elfi, e loro si spostarono all'unisono per creargli un varco in modo che passasse, richiudendolo poi alle sue spalle. L'arciere continuò a camminare tra i soldati elfici, fino a quando degli zoccoli non attirarono la sua attenzione. Un maestoso cervo su cui sedeva Thranduil, seguito da alcuni cavalieri si dirigeva verso di lui. I soldati, che fino a quel momento davano le spalle al re, si voltarono in sincrono verso di lui.

"Mio Signore Thranduil." disse Bard, mentre il re gli si fermava davanti. "Non pensavamo di vederti qui."

Sinceramente neanche Lumbar pensava che sarebbe uscito dalla foresta. Qualcosa non le tornava, ma aveva la sensazione che Thranduil avrebbe scoperto presto le sue carte.

"Ho saputo che vi occorre aiuto." rispose il re voltandosi verso la strada da cui era venuto.

Dei carri pieni di cibo vennero avanti, guidati da alcuni elfi e stupendo nuovamente Bard e la sua gente.

Cominciarono a distribuire cibo e bevande tra gli uomini mentre Bard si avvicinò al re per ringraziarlo.

"Ci avete salvati." disse. "Non so come ringraziarvi."

"La tua gratitudine è mal riposta." rispose Thranduil, confermando il pensiero della ragazza. "Non sono venuto nel tuo interesse. Sono venuto a rivendicare una cosa che è mia." concluse spiegandogli brevemente di cosa si trattava.

Poi si allontanò e diede ordine ai suoi elfi di marciare verso la Montagna.

"Apetta!" lo chiamò Bard, seguendolo. "Ti prego, aspetta." una volta raggiunto, riprese. "Entreresti in guerra per una manciata di gemme?" decisamente non capiva.

"Ai cimeli del mio popolo non si rinuncia con leggerezza." rispose il re senza scomporsi.

"Siamo alleati in questo." ribattè Bard. "Anche la mia gente ha dei diritti sulle ricchezze di quelle montagne." spiegò mentre gli elfi continuavano a marciare davanti a loro. "Fammi parlare con Thorin." disse facendo voltare la testa del re nella sua direzione.

"Vuoi provare a ragionare con un nano?" chiese, retorico e scettico.

"Per evitare la guerra?" domandò di rimando l'uomo. "Sì." affermò. "E sono sicuro che Lumbar sarà dalla mia parte."

Un lampo passò negli occhi del re, ma si contenne e Bard, pur notandolo, non commentò.

"È viva?" chiese semplicemente l'elfo, stupendo la ragazza.

"Sì." rispose l'uomo. "È solo merito suo se non siamo morti tutti a causa di Smaug. Ha mutato la sua pelle in quella di un drago e mi ha mostrato dove lanciare la Freccia Nera in modo che lo uccidessi, poi ha assorbito le sue fiamme per tutta la notte, permettendoci di scappare e salvarci. A un certo punto ha cominciato a brillare." aggiunse facendo irrigidire leggermente il re. "Ma non si è fermata fino a quando le fiamme non sono sparite. Poi ci ha raggiunti e si è ritrasformata prima di toccare il suolo. Ha detto che il brillio era causato dal troppo sforzo."

Thranduil non commentò, ma Lumbar poteva vedere i suoi pensieri vorticare furiosamente.

"Dov'è adesso?" chiese.

"È partita per raggiungere la Montagna poco dopo aver ripreso le sue sembianze. A quest'ora sarà sicuramente con Thorin."

L'elfo annuì, pensieroso, e la visione sfumò.


Quando Lumbar si riprese era appoggiata con la schiena al muro che avevano innalzato i nani, e la Compagnia al completo, sparsa un po' ovunque nell'enorme ingresso pieno di macerie, aspettava il ritorno di Thorin dalle sale del tesoro per avere indicazioni su cosa fare.

Il nano arrivò a grandi passi dopo qualche minuto e si diresse spedito verso il muro.

"Venite." disse semplicemente, facendo si che gli altri lo seguissero.

Salirono le scale, armati, fino ad arrivare in cima al muro e osservarono l'esterno uno accanto all'altro. Lumbar rimase leggermente dietro Thorin con il cappuccio sollevato e un leggero sorriso sul volto: non voleva mostrare a nessuno che, con il passare del tempo, i suoi capelli stavano diventando sempre più neri. Gli altri si sarebbero preoccupati, ma c'era una sola spiegazione: Thorin e il suo cambiamento che, con il passare delle ore, diventava sempre più pericoloso e irreversibile. Se fossero arrivati al punto di non ritorno sarebbero stati tutti spacciati. I suoi capelli lo sapevano meglio di chiunque altro. Inoltre lei sapeva esattamente cosa si sarebbero trovati di fronte.

Davanti a loro infatti, perfettamente visibili, videro gli elfi di Thranduil appostati su ogni centimetro di mura che si affacciava sulla Montagna, mentre un rumore di zoccoli si avvicinava sempre di più. Da una svolta sulla strada che collegava la città degli uomini alla Montagna, videro avvicinarsi un uomo a cavallo che Lumbar identificò subito come Bard. Si fermò davanti al muro, anche se a distanza di sicurezza, e li osservò dal basso verso l'alto.

"Salute Thorin, figlio di Thrain." disse a voce abbastanza alta da farsi sentire da loro. "Lieti di trovarti vivo oltre ogni speranza."

"Perchè venite alle porte del Re sotto la Montagna armati per la guerra?" domandò Thorin senza ricambiare il saluto.

"Perchè il Re sotto la Montagna si rinchiude dentro, come un rapinatore nel suo covo?" ribattè Bard.

"Forse perchè mi aspetto di essere rapinato." rispose Thorin a tono, riferendosi alla presenza dei soldati elfici.

"Mio Signore." disse, allora, Bard tentando di spiegare. "Non siamo venuti per rapinarti, ma per cercare un equo accomodamento. Non vuoi parlare con me?"

Thorin rimase in silenzio per qualche secondo, riflettendo e spostando lo sguardo da lui a Lumbar, in piedi alle sue spalle. Aveva notato, infatti, lo scambio di cenni avvenuto tra i due quando aveva detto di aspettarsi una rapina ma, pur provandoci, non l'aveva capito e questo lo infastidiva. Si chiese quando aveva smesso di leggere gli sguardi e i movimenti della ragazza, ma non trovò risposta. Lei, d'altra parte, sapeva che lui li aveva visti, ma non se n'era preoccupata: aveva solo cercato di mettere in guardia l'uomo facendogli capire silenziosamente che tirava una brutta aria.

Thorin fece cenno a Bard di avanzare, poi si voltò e scese le scale avvicinandosi all'apertura nel muro, dopo aver mandato un corvo messaggero senza dire una parola. La ragazza gli lanciò un'occhiata contrariata, che prontamente ignorò; lei aveva già capito. Il resto della Compagnia lo seguì subito, tutti ugualmente curiosi di sapere cosa si sarebbero detti lui e l'arciere. Lumbar rimase, ancora una volta, in disparte pur appoggiandosi con la schiena al muro poco distante dall'apertura. A braccia incrociate si preparò ad ascoltare il loro scambio, sicura più che mai che non sarebbe stato piacevole. Per nessuno.

Bard, nel frattempo, era sceso da cavallo e si era avvicinato dall'altro lato. Lumbar pregò che non la mettesse in mezzo. In quel momento sarebbe stata più uno svantaggio che un aiuto.

"Ti ascolto." disse Thorin, di profilo rispetto all'apertura nel muro, con tono basso.

"A nome del popolo di Pontelagolungo io chiedo che tu onori la tua promessa." disse Bard facendolo voltare lentamente. "Una parte del tesoro in modo che possa ricostruirsi una vita."

Thorin scosse la testa, come Lumbar si aspettava. "Io non tratterò con alcun uomo." rispose calmo. "Finchè un'armata sosta davanti alla mia porta."

"Quell'armata attaccherà questa Montagna se non arriviamo a un accomodamento." gli fece notare l'arciere.

"Le tue minacce non mi scalfiscono." la voce di Thorin si abbassava a ogni frase che pronunciava, mentre la sua espressione si faceva via via più indifferente mentre si voltava verso Lumbar senza, tuttavia, guardarla.

Al contrario, Bard era sempre più preoccupato. Lumbar poteva sentirlo anche senza vederlo.

"Ma la tua coscienza?" gli chiese. "Non ti dice che la nostra causa è giusta? Il mio popolo ti ha offerto aiuto." continuò facendo irrigidire la ragazza che non distoglieva l'attenzione dal nano. Lei sapeva, infatti, che reazione avrebbe avuto Thorin alla fina di quel discorso. "E in cambio hai portato sopra di noi solo rovina e morte."

"Quando, Pontelagolungo, è venuta in nostro aiuto prima della promessa di un ricco premio?" domandò Thorin arrabbiato, la sua voce più alta delle volte precedenti.

"Un patto è stato stretto!" gli ricordò Bard, arrabbiato anche lui.

"Un patto! Quale scelta avevamo se non barattare il nostro privilegio con coperte e cibo?" protestò il nano. "Riscattare il nostro futuro in cambio della nostra libertà? Tu lo chiami un equo scambio." continuò rimoderando il tono. "Dimmi, Bard l'Ammazzadrago, perchè dovrei onorare tali termini?"

"Perchè tu ci hai dato la tua parola." rispose l'arciere in un sussurro comprendendo, forse, solo in quel momento quanto fosse grave la situazione. "Questo non significa niente?"

Quella frase sembrò far riflettere Thorin, che cominciò a spostare lo sguardo da una parte all'altra senza soffermarsi su nessun punto. Tuttavia aveva ancora l'accortezza di ignorare completamente Lumbar e questo le fece capire che nemmeno fare leva su quello che era sempre stato uno dei suoi segni distintivi, l'onore, avrebbe cambiato le cose. Forse era già troppo tardi, e questo pensiero la sconfortò.

Dopo quelli che parvero attimi interminabili, Thorin si spostò dall'apertura, celando la sua figura a Bard, e si appoggiò di schiena al muro osservando i membri della Compagnia. Se per un attimo era tornata l'espressione di sempre nei suoi occhi, ora si leggeva la stessa dura freddezza che lo caratterizzava in quei giorni, la stessa vena spietata.

I nani e lo hobbit, tutti in fila compatta davanti a lui, lo osservavano preoccupati e in attesa di una sua decisione. Non osavano nemmeno muoversi.

"Vattene!" urlò, infine, verso Bard. "Prima che volino le frecce!"

L'uomo sbattè una mano sul muro per la frustrazione, poi ritornò dal cavallo e si allontanò mentre la Compagnia, tornata in fretta in cima alle mura, lo osservava in silenzio.

"Che stai facendo?" chiese Bilbo, incredulo, osservando Thorin e facendo voltare alcuni nani verso di lui. Lumbar gli fece un cenno negativo con il capo, ma lui continuò. "Tu... non puoi entrare in guerra."

"Questo non ti concerne." disse Thorin senza guardarlo, gli occhi ancora rivolti su Dale.

"Scusa, ma nel caso non l'avessi notato c'è un'armata di elfi là fuori." ribattè il mezzuomo. "Per non parlare di varie centinaia di pescatori arrabbiati." concluse mentre il resto della Compagnia si voltava interamente verso di lui, tranne Thorin. "S-siamo, in effetti, meno numerosi."

Thorin si voltò con un sorrisetto soddisfatto mentre Lumbar sospirava.

"Non per molto, ancora." rivelò il nano, stupendolo.

"Che vuol dire?" chiese, non capendo.

"Vuol dire, mastro Baggins." rispose Thorin avvicinandoglisi. "Che non devi mai sottovalutare i nani." poi si rivolse al il resto della Compagnia. "Abbiamo rivendicato Erebor. Ora la difendiamo." il suo era un evidente ordine e nessuno dei nani ebbe il coraggio di dire niente.

Thorin lanciò uno sguardo gelido e penetrante a Lumbar, il primo in assoluto ma lei avrebbe quasi preferito che non lo facesse, poi si voltò e scese le scale nel silenzio che era calato.

Lumbar aveva i brividi.

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