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68. || Sophie.

Io e Liam ci guardiamo un istante negli occhi, poi si alza e mi raggiunge. Prendendomi una mano, dice: «Andrà tutto bene» ed io gli credo.

Insieme ci dirigiamo verso la porta d'ingresso e, prima di aprirla, faccio un grande respiro.
Davanti a me c'è un uomo alto, con i capelli biondo cenere piuttosto corti e gli occhi azzurri. Può avere all'incirca quaranta, massimo cinquant'anni.

Al suo fianco, una ragazza di appena venticinque, massimo trenta, sorride in modo gentile. Indossa un abito rosso e tiene i capelli biondi legati in una coda di cavallo.

«Lei è la signorina Watson?» mi chiede l'avvocato Hale.

«Sì, molto piacere. Lui è il mio ragazzo, Liam Hamilton»

I due si stringono la mano e sorridono. La ragazza bionda, invece, allunga la sua e dice: «Mi chiamo Sarah Hastings, sono la segretaria dell'avvocato Hale. Lo aiuterò per il caso del signor Brooke»

Annuisco e le stringo la mano.

«Prego, entrate. Gradite un caffé?»

I due ospiti, entrati nella cucina, annuiscono e ringraziano, Liam si offre subito di prepararlo. Con uno sguardo lo ringrazio.

«Allora, signorina Watson, abbiamo alcune domande da porgerle» esclama poco dopo, «lei e il signor Brooke eravate amici nel 2011, esatto?»

«Ad essere onesta, pensavo fossimo qualcosa di più. Ci siamo scambiati diversi baci, prima dell'accaduto. Non era una vera e propria relazione»

Sarah e Hale si scambiano un'occhiata.

«Quanti anni ha, signorina?»

«Ne ho quindici. Due in meno di lui» rispondo io, posandomi un ciuffo di capelli dietro all'orecchio.

Hale si prende qualche istante per pensare. Nel frattempo, Sarah trascrive qualche particolare su un taccuino, poi alza lo sguardo. L'avvocato incontra i suoi occhi. Sarah indica con la penna qualcosa che è scritto sul taccuino. Hale annuisce.

«Signorina Watson» mormora Sarah, «da recenti colloqui con il signor Brooke - ora in carcere - abbiamo scoperto che lei non è stata l'unica vittima. Ci sono state altre ragazze che hanno testimoniato la violenza subìta, tutte tranne lei. Ci sono dei motivi legati a questo fatto? Era una decisione premeditata? O è successo per caso?»

«Ehm... in realtà per diverse settimane non ho mai ricordato l'episodio per filo e per segno. Rammentavo sprazzi di quanto accaduto. Quando sono tornata a casa, a Londra, sono subentrati altri problemi, e l'anno successivo è stato piuttosto terribile e faticoso da superare. I miei genitori hanno divorziato e... non ho più avuto la possibilità di denunciarlo. In più, mia madre non ha saputo nulla fino alla seconda violenza»

Liam posa le tazze di caffè fumanti davanti ai due ospiti, poi si siede accanto a me. Prende la mia mano e la stringe forte.

«La cicatrice che porta sul braccio ne è la prova?» domanda Sarah.

Annuisco in fretta.

«Soffrivo di autolesionismo» bisbiglio, cercando di non dirlo troppo ad alta voce.

Hale sospira, colpito.

«Ha altri problemi?»

«Sì»

Sarah annuisce e trascrive tutto.

«Soffre di attacchi di panico? O di stati d'ansia?» domanda Hale.

«Io e l'ansia abbiamo stretto amicizia molto tempo fa»

Hale ed Sarah abbassaìno il capo, piuttosto a disagio. Mentre lei scrive, lui beve qualche sorso del caffè, poi sospira. Da un breve sguardo ai fogli, poi annuisce.

«Sono rammaricato, signorina Watson, ma date le sue parole, abbiamo il dovere di aprire un processo per giustiziare il signor Brooke»

Spalanco gli occhi e lo fisso senza parole. Un processo? Che succederà? Lo manderanno in prigione per il resto della sua vita?

«Ma il colloquio non finisce qui» esclama improvvisamente Hale, lanciando uno sguardo a Liam, «vero, signor Hamilton?»

Questa volta sono io a stringere la mano del mio ragazzo.

«Che cosa volete sapere da lui?»

Sarah e Hale si scambiano l'ennesima occhiata, poi la segretaria gira le pagine del taccuino. Si ferma all'improvviso ed indica con la penna una pagina. Hale annuisce.

«Quando ha conosciuto il signor Brooke?»

Liam smette di respirare per qualche secondo. Gli stringo la mano, come per calmarlo, e lui comincia a rispondere: «Ho circa undici o dodici anni. Sono stato alla festa di una mia compagna di scuola e lui era lì»

«Da quel momento vi siete frequentati assiduamente? Per quanti anni?»

«Be'... non ci siamo visti né sentiti per qualche mese, poi ho cominciato ad uscire con lui regolarmente... fino all'autunno del 2011. Abbiamo litigato perché era tornato in città vantandosi di aver stuprato una ragazzina... ovvero Sophie»

Mi stringe la mano, mentre Hale e Sarah guardano a scatti ora me ora lui. Mi sento un po' sottopressione, così trovo un modo per calmarmi. Inizio a contare lentamente fino a cento.

Quando arrivo a ventisette, Sarah riapre la bocca.

«Faceva parte della sua compagnia?» domanda.

«Sì, ma non conoscevo tutti. Uscivo sempre con lui e altri tre ragazzi... Simon Olsen, Gabe Benson e Alex Rose»

I due annuiscono. Non ho la minima idea di chi siano, ma mi prometto di ricordarmi i nomi affinché possa verificare tramite le loro foto se erano presenti la sera che Christian mi ha portato in quella fabbrica abbandonata.

La mia schiena è scossa da un brivido, così ricomincio a contare.

«Lei è al corrente del fatto che i suoi amici spacciassero droga?»

«Sì» risponde, «ma io non ho mai fatto niente del genere. Christian diceva che ero troppo piccolo e importante per correre questo rischio»

Hale annuisce, poi sorride cordialmente.

«Signorina Watson, la mia segretaria le manderà un messaggio per sapere il giorno e l'ora del processo»

«Vi ringrazio» dico, sentendo un grosso peso abbandonare il mio petto.

Quando la porta si chiude alle mie spalle, mi giro verso Liam.

«Ti amo»

Detto ciò, lo prendo per il colletto della maglietta, e in punta di piedi, lo bacio con foga.

Siamo due bersagli, ma quelli migliori, mai visti prima. Siamo i più forti, i più "guerrieri", i più disastrosi.


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