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55. || Liam.

Quando rientro a casa, nel tardo pomeriggio di domenica, la mia giacca di pelle nera puzza di fumo. Me la tolgo in un nano secondo e la nascondo dentro all'armadio, sperando che Sophie non se ne accorga.

Ma dentro di me sao che se ne accorgerà nel giro di qualche ora e a quel punto dovrò sopportare la sua ramanzina.

Qualche istante dopo, appare nell'atrio principale della casa guardandomi perplessa. Ha un'aria piuttosto sbattuta, è trafelata e... indossa un abito nero assurdamente sexy.

«Sophie» esclamo posando le chiavi sul tavolino, «perché indossi quel vestito?»

Diventa improvvisamente rossa.

«Io... esco a cena con le ragazze. Piuttosto, perché sei tornato così tardi? Non ci vediamo da ieri sera e dopo quello che è successo speravo che... avremmo passato la giornata con me»

Poggiata sullo stipite della porta, si massaggia il braccio nudo con la piccola mano chiara. Mi avvicino lentamente fino a raggiungerla, a lei indietreggia, evitando il contatto.

«Mi dispiace tanto» bisbiglio, «ho delle commissioni da svolgere»

Sul suo volto appaiono delle lacrime.

«Puòmo svolgerle insieme. Ho dovuto pranzare da sola; come una stupida continuavo a guardare il telefono, nella speranza che tu mi scrivessi. E l'hai fatto, ma solamente per domandarmi dove fossi, non per chiedermi come stessi!»

Sospiro, sentendomi realmente in colpa, e provo di nuovo a prenderle la mano, ma si rifiuta. Mi guarda qualche istante negli occhi, poi si volta e cammina a passo sostenuto fino alla stanza.

La seguo.

Una volta all'interno, la vedo mettere alcune cose personali in una borsa nera. È di spalle a me, perciò non sa che mi trovo nella stanza insieme a lei. Si volta all'improvviso e si spaventa nel notarmi. Tentoi nuovamente di fermarla, ma non si fa nemmeno sfiorare.

Mi supera e raggiunge la porta, con la borsa fra le mani.

Afferrate le chiavi di casa, annuncia: «Dato che hai passato l'intera giornata fuori casa, ti informo delle seguenti novità: primo, mi ha chiamato la polizia per il processo di Christian; secondo, questa settimana non possiamo partire, perché devono interrogarmi su quanto accaduto... due settimane fa e quattro anni fa. Ora, se non ti dispiace, prendo io le redini del tuo gioco»

Fa scattare la serratura della porta, pronta per aprirla, e attende, guardandomi a lungo. Forse si aspetta una risposta, qualcosa di carino che esca dalla mia maledetta bocca.

Oh, ho così tante cose da dirle, ma non so come fare. E' già incazzata nera, perciò una stupida scusa non le basta. Una lacrima le cade sulla guancia e la percorre tutta, fino a cadere a terra. Mi avvicino a grandi passi e questa volta le prendo la mano, lottando contro la sua forza di volontà.

«Mi dispiace» ripeto, ma lei scuote il capo e abbassa lo sguardo.

«Ti chiedo scusa se oggi non sono stato presente. Anche per me ieri sera è stato indimenticabile ed era ciò che sognavo da tempo. È andato tutto come desideravo e non potrei chiedere di meglio»

Alza gli occhietti e mi fissa.

«Quindi... non mi hai ignorato tutto il giorno perché non ti è piaciuto ieri sera?»

La scruto perplesso.

«Cosa? No, assolutamente no. Ieri sera... Dio...», mi metto le mani nei capelli, cercando di trovare le parole più carine per dirle quanto è stato bello baciarla, ma dopo diversi tentativi rinuncio.

«Ieri sera è stato fantastico, Sophie. So che ne stiamo parlando come se avessimo scopato per la prima volta, ma per me ciò che è capitato è splendido come portarti a letto. E tu... tu sei la ragazza più sexy che abbia mai baciato, adoro le tue labbra e sei fottutamente brava»

Sul suo volto imbarazzato, appare un mezzo sorriso. Allunga la sua mano e prova a prendere la mia. Glielo permetto e così nel giro di qualche secondo, i nostri corpi si sfiorano.

«Scusami» bisbiglia.

Le sorrido dolcemente.

«E di che cosa? Del fatto che tu sia un po' paranoica?»

Dondola la testa e si abbandona ad un sospiro esausto. Allargo le braccia e le faccio spazio sul mio petto. Sophie non perde tempo a poggiare il suo capo sul mio cuore, il che mi fa impazzire di gioia. Comincio a passare le dita fra i suoi lunghi capelli lisci e percepisco la sua risata tranquilla.

«Ti aspetterò su quel divano, d'accordo?»

Alza il capo e tenendo le dita intrecciate dietro al mio collo, annuisce, mentre si tormenta le labbra carnose, dipinte di un rosso fuoco. Le passo un dito sulla bocca e lei distrugge immediatamente il contatto.

«Liam! Se passi il dito sopra il rossetto, lo toglierai! E non voglio rimettermelo, anche perché ci impiegherei troppo!» esclama contrariata dalla mia azione.

Scoppio a ridere e sorrido, continuando ad osservare il suo viso. Questa volta, decido di accarezzarle la guancia. Sophie non si ritira e non osa interrompere il mio gesto; lo gusta piano piano, come una fetta di torta.

«Ora mi lasci andare, per cortesia? Daisy mi starà aspettando»

Soffoco una risata.

«Certo che ti lascio andare, ma stai attenta ai single coglioni che passeranno la serata a guardarti»

Mi strizza l'occhio e mi rivolge un sorriso a mo' di saluto. Dal canto mio, le lascio una piccola carezza sulla guancia, poi mi scanso, con l'intenzione di permetterle di uscire.

Diversamente da ciò che mi aspetto, rimane a fissarmi con espressione perplessa. Mi incuriosisco e mi chiedo che cosa stia aspettando.

«Stai pensando a cosa potresti aver dimenticato?» domando grattandomi la nuca.

Sorride tranquilla.

«Non proprio»

«E allora che cosa stai facendo ancora qui, sullo stipite della porta?» le chiedo ridendo.

Si avvicina lentamente, intrecciando le dita dietro al mio collo. Le sue labbra carnose e rosse si avvicinano sempre di più alle mie. Non riesco a trattenere le mie emozioni e nemmeno l'improvvisa voglia di baciarla.

È qualcosa di assolutamente impossibile da gestire, ed è colpa della splendida ragazza che ho davanti.

Come posso fare per completare ciò che ho intenzione di fare, senza offenderla, o ferirla, o spaventarla?

Ho paura della sua reazione, di ciò che potrebbe succedere dopo.

Fortunatamente, è lei a comandare. Poggia le sue labbra sulle mie e attende che schiudi la bocca. Un istante dopo, la sua lingua entra in collisione con la mia e per qualche secondo il mondo attorno a me scompare.

Mi trasporta in un universo parallelo, nel quale tutto per me è lecito. È il mondo perfetto che io e Sophie abbiammo deciso di chiamare casa, nel quale ci nasconderemo nei nostri momenti privati, dove daremo un senso alla nostra relazione, dove conosceremo sentimenti sconosciuti, dove sogneremo fino allo sfinimento.

Quando si stacca da me, ha un'aria tranquilla. Sorride e tiene gli occhi ben aperti, per scrutarmi.

«Mi hai steso un'altra volta» commento aggiungendo una smorfia.

Soffoca una risata e lasciandomi un tenero bacio sulla guancia, abbandona la casa. 

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