42. || Sophie.
L'albergo dove mia madre alloggia dista solo trentacinque minuti dall'università. Nonostante sia poco tempo, riesco ad appisolarmi per qualche minuto.
Le strade poco illuminate dal sole nascosto dai nuvoloni grigi sono deserte, fatta eccezione per noi e per qualche pendolare, uscito presto per raggiungere la sede lavorativa. Liam tiene la radio spenta e cerca con tutto se stesso di non inveire contro i vari semafori. So bene quanti sforzi stia facendo, perciò sorridendogli lo ringrazio.
Arrivati nel giardino dell'albergo, Liam parcheggia e insieme entriamo nella hall. Un ragazzo sui trent'anni ci sorride e ci chiede immediatamente cosa vogliamo.
«Salve. Dovrei incontrare mia madre. Si trova in una delle vostre stanze»
«Certo. Posso sapere il nome?»
«Hanna Mendes» rispondo io, poi attendo.
L'uomo digita il nome e il cognome di mia madre sul computer e rimane a contemplare lo schermo per qualche secondo.
«Stanza 134, primo piano» risponde ed io gli sorrido.
Ci avviciniamo alle scale e subito Liam sussurra: «Vuoi che ti aspetto qua?»
«No, puoi venire con me. Penso sia anche il caso di dire a mia madre che... be', che stiamo insieme» replico io, salendo gli scalini.
Liam ci pensa su qualche secondo, poi commenta: «La trovo un'idea interessante. Ah, a proposito di madri, so che non è il momento adatto per parlarne, ma ti ricordo che mia mamma ci ha invitati a pranzo»
Mi illumino, ricordando l'affascinante donna sulla cinquantina che abbiamo incontrato al supermercato ieri pomeriggio.
«Certo che me lo ricordo. Tua madre è la donna più bella che io abbia mai visto! Comunque sia, una cosa positiva di conoscerla... cioè... non dovremo più fingere di stare insieme»
Liam soffoca una risata e mi afferra la mano. Lo guardo dolcemente e mordendomi il labbro gli sorrido.
«Anche io non ho mai visto una donna più bella di te prima di conoscerti» sussurra sfiorando il naso con un dito.
Sorrido, come fa una bambina quando riceve un regalo tanto desiderato, e gli stringo la mano.
Arrivati nel corridoio, cerco la camera guardando il numero inciso sopra ad ogni porta. Non mi ci vuole tanto tempo, così appena la vedo, busso.
Mia madre apre poco dopo e subito mi fa entrare. Guarda Liam e lo saluta stringendogli la mano. Seduti sui loro letti, ci sono Teddy e Travis, con il piede fasciato, i quali si avvicinano sorridendo.
Travis mi stringe a sé in modo possessivo, facendomi vacillare sulle punte, mentre Teddy si limita ad abbracciarmi.
«Come stai? Eravamo così in pensiero per te» sussurra Teddy.
«Sto bene» rispondo sorridendo.
I loro occhi finiscono su Liam qualche secondo più tardi. Mentre lui ignora totalmente la curiosità della mia famiglia, io mi schiarisco la voce e annuncio: «Lui è Liam... il mio ragazzo»
Mia madre spalanca gli occhi e mi fissa sbiancando. Prova a tossire, ma le esce più un grugnito, così chiude la bocca e abbassa lo sguardo. Travis continua a guardare il ragazzo di fianco a me (alto almeno cinque centimetri in più di mio fratello) fino a quando non dice che gli piace, annuendo convinto.
Gli da una pacca sulla spalla e sorridendo esclama: «Benvenuto in famiglia»
«Non esagerare, Trav. "Benvenuto in famiglia" mi sembra chiaramente eccessivo considerando che non stanno insieme da neanche dodici ore» commenta contrariata mia madre, poi volta il capo verso di me e dice: «Prima di ufficializzare questa relazione, Sophie, gradirei conoscere questo Liam, dato che non ho idea di quali comportamenti adotti»
La guardo confusa.
«Mamma, che cosa stai dicendo? Mi stai forse impedendo di stare con Liam?»
Mia madre piega le braccia sui fianchi e sospirando amaramente risponde: «No, mi sto solo chiedendo due cose, Sophie: primo, se lo conosci abbastanza da poter iniziare una relazione con lui, e secondo, se sei sicura che lui non ti stup...»
«Mamma!» grido.
Lei mi guarda coi sopraccigli contratti. È ferma, con espressione dura, quasi severa, e gli occhi vuoti. Rimane in silenzio per così tanto tempo che capisco abbastanza in fretta il motivo: sta aspettando che le dica quanto sono d'accordo, ma sfortunatamente per lei, non è così.
La mia adolescenza è stata questo.
Il mio dialogo con lei, le nostre conversazioni si basano su questo schema: io chiedo, lei si oppone facendomi notare i pro e i contro, io esplodo, lei attende che io accetti la sconfitta.
Non ho più quattordici anni, non sono una bambina... ne ho diciotto, cazzo.
«Mamma» esclamo fermamente, «sono rammaricata, ma non accetterò la tua imposizione come ho sempre fatto»
Spalanca gli occhi e guardandomi senza fiato replica: «Finché uscirai con questo ragazzo, potrai anche evitare di alzare la cornetta e chiamarmi»
Rimago così delusa dal suo comportamento che, evitando di urlarle addosso, mi trovo costretta a mordermi la lingua. Quando mi sono calmata, dico ai miei fratelli di chiamarmi nel caso abbiano bisogno di qualcosa, poi esco dalla stanza insieme a Liam.
Non riuscirò mai a perdonarla per quello che mi ha fatto. Non ha neanche voluto ascoltare le mie parole, parlare di Christian e di quello che mi è successo tre anni fa.
Sarà molto difficile recuperare il rapporto che ha incrinato lei stessa. Ma non la aiuterò questa volta.
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