36. || Sophie.
La pioggia comincia a cadere lentamente dal cielo scuro, bagnando i finestrini dell'auto in cui mi trovo. È una macchina della polizia e sono seduta su questi scomodi sedili da circa un'ora.
Non è cambiato nulla da quando Liam mi ha salvato la vita. O meglio, qualcosa sì. Sono ansiosa di vederlo da quando ha pronunciato quelle splendide parole.
La polizia lo ha fermato subito dopo, informandolo del fatto che dovevano fargli qualche domanda. Sono sollevata al pensiero che sia ancora lì e che molto probabilmente non se ne andrà mai senza di me.
Non sono affatto sicura di voler restare con lui. In questo momento è il primo dei miei problemi, ma mi vergogno ad incontrarlo ancora. Ora lui sa il mio segreto, il motivo per cui all'inizio sono stata così schiva nei suoi confronti.
Non che non lo sia pure lui, ma di certo lo siamo in modi diversi. Nascondiamo due cose separate: io, il mio passato, lui, la sua rabbia.
O è forse la stessa cosa?
Io nascondo il mio passato, da arrabbiata, e lui nasconde la sua rabbia a causa del suo passato.
Ed è così importante che il mio subconscio mi ricordi il fatto che io sia la sua medicina, e viceversa.
Abbasso lo sguardo e sospiro, cercando di scacciare dalla mia mente gli oscuri pensieri che l'annebbiano. Voglio qualcosa da fare, come leggere un libro, o un computer per vedere un film, in modo tale da riversare le mie energie in qualcosa che non sia Christian o Liam.
Christian non è ancora uscito dalla fabbrica. La polizia ha convenuto migliore interrogarlo all'interno di quella catapecchia, mentre aspettano l'ambulanza. Sembra che i calci di Liam abbiano avuto un suo perché e, odio pensarlo, ma ne sono contenta.
Improvvisamente qualcuno bussa sul finestrino. Alzo il capo, ma i miei occhi si appannano e ricordo quando Christian l'ha fatto poche ore prima. Sento di nuovo quel rumore, così scuoto la testa e qualche secondo dopo, l'immagine di Christian scompare.
Davanti a me c'è mia madre, accompagnata da un poliziotto.
Porca miseria, dovrò raccontarle tutto quello che è successo, dall'inizio della storia, non da quando ho ricevuto quegli strani messaggi.
Ciò significa che per la prima volta dovrò organizzare un vero discorso riguardo alla storia di Christian.
Ad essere sincera, non sono ancora pronta per tutto questo. Sono troppo preoccupata del fatto che mia madre non mi capirebbe. Anzi, sono ossessionata da questa visione della sua interpretazione.
Sospiro e ruoto il dito indice, facendo segno a mia madre che avremmo parlato più tardi. Lei annuisce tristemente e poco dopo aggiunge: «Chiedi alle tue amiche il nome dell'albergo. Io, Travis e Teddy resteremo lì per la notte»
Annuisco, senza parlare.
Di colpo, mi chiedo che ore possano essere. Faccio un rapido conto: sono uscita dalla casa di Liam alle dieci, forse, il che significa che sono arrivata alla fabbrica verso le undici...
Mi sporgo verso la parte davanti dell'auto e vedo l'orario lampeggiare sulla radio: 02.03.
Sono le due del mattino dell'undici ottobre.
Sospiro e mi accomodo in modo più stravaccato sul sedile. Ho appena qualche minuto per restare sola e sonnecchiare, poi un poliziotto apre la portiera ed entra nell'auto.
«Mi spiace disturbarla, ma avrei bisogno di farle alcune domande» esclama con voce tranquilla.
Gli rivolgo un sorriso tirato.
«Non... non è il momento adatto» balbetto, sperando che capisca, poi deglutisce e aggiunge: «Posso andare a casa?»
Rimango sorpresa pure io.
Quale luogo posso chiamare casa? Ne ho una? Il dormitorio al college è solo ed esclusivamente un dormitorio, nient'altro.
Sospiro e poco dopo sento il poliziotto dire: «E' la stessa cosa che ha detto il suo ragazzo, sia la prima risposta che la seconda»
Sorrido, rammentando successivamente che Liam non è effettivamente il mio ragazzo.
«Penso sia per l'amore che c'è fra di noi» mento, cercando di trovare una risposta convincente.
Il poliziotto annuisce e mi rivolge un altro sorriso. Nei suoi occhi leggo una strana luce, come se volesse dirmi che gli dispiace per quanto mi è successo. Spero che non lo faccia, visto che potrebbe mettermi più a disagio di quanto io già sia.
«Faccio il giro della macchina e le apro, signorina»
Scende dall'auto e pochi secondi dopo la mia portiera si apre. Esco camminando lentamente e, sorridendo all'uomo, faccio qualche passo. I miei piedi toccano terra e mi sento libera, anche se il dolore che il mio corpo sta provando dice l'esatto opposto.
Quando tossisco, i miei occhi incontrano quelli di Liam – impegnato a parlare con due poliziotti – e in un istante lui si ritrova al mio fianco. Due poliziotti si girano a guardarlo, ma ignorano il fatto che li abbia lasciati per venire da me. Mi stringe nel suo abbraccio e lui, muscoloso e caldo, mi trattiene a sé.
«Giuro su Dio che non ti accadrà mai più una cosa del genere, piccola mia» bisbiglia, fronte contro fronte.
Riproduco un sorriso e imito quella che sembra una risata.
«Grazie, Liam. Se non fossi arrivato tu, probabilmente non sarei uscita viva da quella fabbrica»
Mi posa un dito sulle labbra gelide e screpolate.
«Shh, ora non importa. Ti porto a casa»
Alzo le sopracciglia.
«A... casa?»
Sorride, con gli occhi ancora lucidi e arrossati.
«Devo farti alcune proposte, Sophie, ma voglio trovare un luogo calmo e tranquillo. Vieni da me?»
Attendo qualche secondo prima di rispondere. Vorrei baciarlo, ma dentro di me so che non è né il momento né la cosa giusti da fare.
«Uhm, non c'è probl...»
«Sophie!» sento gridare, «Sophie!»
Mi volto dalla parte opposta e vedo mia madre arrivare trafelata. Le concedo un abbraccio, poi mi divincolo dalla presa e abbasso lo sguardo, in imbarazzo. Liam guarda con fare curioso il volto struccato e scarno di mia madre; lei, invece, ha occhi solo per me, perlomeno fino a quando non si accorge delle occhiate di Liam.
«Mamma» esclamo io, prima che uno dei due potesse parlare, «lui è Liam. E' stato lui a portarmi via da... be', hai capito no?»
Lei fa un gesto col capo.
«Da quanto vi frequentate?»
«Ad essere sincero, signora» azzarda Liam, «vorrei chiederle il permesso di portare via sua figlia e di farle passare la notte a casa mia»
L'espressione di mia madre oscilla fra l'oscenità e la perplessità; la mia invece, solo per la vergogna e il timore che mia madre faccia una scenata a Liam, quando ancora non stiamo insieme. Lancio un'occhiata a Liam e capisco dal suo sguardo che se mia madre dirà di no, ascolterà le parole di mia madre. Non so perché glielo abbia chiesto, visto che è già la quarta volta che rimarrei a dormire a casa sua.
«Ascolta» balbetto, «possiamo vederci domani, se ti va»
«No no» ribatte mia madre sorridendo, «dovrei ringraziarti a vita per aver salvato mia figlia, e credo che farle trascorrere la notte con te sia il miglior modo per esprimere riconoscenza nei tuoi confronti»
Liam rimane sorpreso dal linguaggio forbito di mia madre, quindi si limita ad annuire e a ringraziare.
«Sophie, tesoro... non c'è bisogno che tu mi racconti tutto quello che è successo. Le tue amiche mi hanno detto di Christian, di quell'estate... non prendertela con loro, hanno solo evitato di farti soffrire ancora»
Sono sorpresa. Non avrei mai pensato che le mie amiche potessero fare una cosa del genere per me. Guardo mia madre e le sorrido lievemente, annunedo.
La saluto e le prometto che passerò domani per parlare con lei, poi Liam mi prende per mano e mi conduce alla macchina.
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