102. || Ariana.
Lunedì dopo le lezioni ho chiesto a Mike di lasciarmi sola in camera con Shelley, dato che devo parlare. Inizialmente non so bene quali parole utilizzare per descriverle il mio problema, ma dopo esser entrata in dormitorio apprendo che lei già sa cosa devo dirle.
Dopo qualche minuto di silenzio – nei quali io ho cercato di riorganizzare i miei pensieri – Shelley è scoppiata e mi ha chiesto se anch'io ho incontrato quella persona e se davvero penso sia qualcuno che abbiamo già visto.
Affermativo.
Non solo lo abbiamo visto, lui sa molto più di quanto ricordi.
«Dovremmo parlarne con Daisy» mormora Shelley.
«Ma se nemmeno noi ricordiamo perfettamente il viso di quella persona, secondo te Daisy sarà in grado di affermare al cento per cento che si tratta di lui?»
Shelley sospira. «No, non lo so... ma possiamo provarci, no? Sono riuscita a scattargli una foto di nascosto»
Spalanco gli occhi.
«E perché non me l'hai detto prima?» sbotto, «se hai una foto è più facile ricordarsi di una persona!»
Shelley non replica; si allunga verso il suo cellulare e rimane qualche istante con lo sguardo incollato al display illuminato. Dopo averlo bloccato e posato sul comodino, incontra il mio sguardo e dice: «Le ho appena scritto. Spero arrivi abbastanza in fretta»
Le rivolgo un sorriso, poi mi sdraio sul letto e sospiro esausta. Ho ancora dieci giorni di lezioni, poi cominceranno le vacanze di Natale. E non vedo l'ora. Primo perché mio padre sarebbe finalmente tornato dall'Israele, e questo mi rende davvero felice. Entusiasta. Secondo, avrò l'occasione di conoscere la famiglia di Mike e di presentarlo alla mia, quindi – in qualche modo – di ufficializzare la nostra relazione.
Non so quale futuro ci aspetti, ma per ora ci basta il presente. Ed è qualcosa che vogliamo goderci, senza sprecare tempo.
Cercando di scacciare dalla mente il pensiero di Mike, soprattutto in un momento come quello, mi alzo a sedere e, proprio in quel momento, la porta della camera del dormitorio si aprì di scatto. Indossando la sua nuova giacca nera e delle Vans del medesimo colore, Daisy entra nella stanza e chiude la porta alle sue spalle.
«A cosa devo questa riunione improvvisa?» domanda.
Shelley la squadra per qualche istante.
«Non penso di averti mai vista con un paio di scarpe così sciatte» mormora.
Per tutta risposta Daisy avanza lentamente e, sospirando, si accomoda sul suo vecchio letto. Si guarda attorno per qualche secondo, come per ricordare le fattezze della sua camera, poi volta lo sguardo verso di me.
«Damon passa a prendermi fra venti minuti» dice, spostandosi una ciocca di capelli neri dietro alle spalle.
Roteo gli occhi al cielo e mi siedo più comodamente sul mio letto, sapendo che il discorso che stiamo per affrontare è alquanto delicato.
«Falle vedere la fotografia» mormoro.
Daisy storce un sopracciglio e si volta di scatto per guardare Shelley, la quale nel frattempo ha preso fra le mani il telefono e ha aperto la galleria. Gira il telefono e mostra la fotografia a Daisy, la quale inizialmente non da reazioni.
«Daisy?» la chiamo.
Alza lo sguardo e mi fissa. «Dovrei conoscere questa persona?»
Delusa, mi scambio un'occhiata con Shelley: Daisy non ricorda di aver visto questa persona, ciò significa che non è lui o che semplicemente nella sua mente non c'è più un valido fotogramma?
«No» si affretta a rispondere, «no, non dovresti conoscerlo»
Daisy capisce immediatamente che è una bugia, perciò ferma Shelley e solo con lo sguardo le chiede spiegazioni. La mia amica mi lancia un'occhiataccia e fa spallucce.
«Ascoltami» mormoro, «io e Shelley pensiamo che questa persona sia la stessa che, la notte in cui Christian ha cercato di violentare Sophie, ci ha aiutato a tornare a casa in poche ore, insabbiando l'episodio»
Daisy spalanca occhi e bocca, e deglutendo vistosamente mi fissa per qualche istante. Dai suoi occhi lucidi spuntano delle lacrime, forse perché sta ricordando ciò che è successo quella sera, dopo che abbiamo fermato Christian. Mentre ripenso alle mie parole, mi sento in colpa per aver fatto quello che ho fatto. Se Sophie lo sapesse, non ci perdonerebbe mai.
«Come... come fate a sapere che è lui?» mormora Daisy, in preda alle lacrime.
«Non ne siamo sicure» replica Shelley, «solo... be', c'è una cosa in particolare che mi porta a legare le identità di queste due persone»
Mi guarda con lo sguardo affranto e capisce perfettamente a cosa si sta riferendo.
«I suoi occhi verdi» mormoriamo in coro, io e Shelley.
Daisy alza di scatto il capo e fissa ora me ora Shelley. Dopo aver riabbassato la testa, sospira pesantemente.
«Mettiamo caso che sia lui» esclama, «per quale motivo è venuto qua?»
«Non possiamo pensare che sia solo una grande coincidenza?» azzardo io, cercando di scacciare l'espressione delusa di Sophie dalla mia mente.
Shelley si alza in piedi e si passa una mano fra i riccioli biondi.
«Aspettate un attimo» sussurra, «noi non sappiamo neanche se è lui, perciò non preoccupiamoci. E, inoltre, non mi pare che ci abbia riconosciute, o almeno a me: non mi ha guardata neanche un istante e non ha avuto nessuna reazione quando ha incontrato il mio nome o il mio viso»
Sospiro, cercando di restare calma. «Ma se fosse lui, sai che cosa significa? Non penso che Sophie si ricordi di quell'uomo – penso perché non ne ha mai parlato – ma questo non ci tiene lontane dalla storia... quello che è successo potrebbe ritorcersi contro di noi»
Daisy storce un sopracciglio. «Ma cosa esattamente? Dici che potrebbe minacciarci? Oppure parli di Sophie? E del fatto che la nostra amicizia potrebbe giungere al capolinea?»
Shelley caccia un urlo.
«Basta, davvero» esclama, «non sappiamo nemmeno se è lui, perciò smettiamola di pensarci»
Forse Shelley ha ragione. Se non conosco perfettamente l'identità di questa persona, come posso affermare che è la stessa che ci ha aiutate quattro anni fa?
«Fatemi sapere se ci sono novità, d'accordo?»
Incontro lo sguardo di Daisy e dopo qualche istante annuisco.
«Buona serata» mormora Shelley, abbozzando un sorriso.
Daisy si ferma sulla porta qualche istante, poi ci rivolge un sorriso e scappa via. A volte invidio il coraggio che ha a passeggiare nel campus con la pancia sempre più prominente: alcune matricole hanno collegato la sua gravidanza alle dimissioni di Damon.
«La pancia sta aumentando sempre di più» osservò Shelley, ridacchiando.
«Hai ragione» mormoro, «e sta ingrassando!»
Scoppiamo a ridere come due idiote.
«E' normale» replica Shelley, «e devo ammettere che qualche chiletto di più non le fa affatto male, considerato che prima pesava giusto il minimo»
Le do ragione: purtroppo Daisy mangia sempre troppo poco e questo ha sempre pesato molto sulla sua forma fisica; è il motivo per cui pesa così poco a diciotto anni.
Improvvisamente il telefono di Shelley squilla. Si precipita a rispondere e, da come si illuminano i suoi occhi, capisco che Matt sta per passare a prenderla. Forse inviterò Mike a trascorrere il pomeriggio in camera mia...
«Bene» annuncia al termine della chiamata, «io esco con Matt. Rientro per le sette e ceniamo tutti e quattro assieme?»
«Va bene»
Afferra la giacca di panno nero ed esce dalla stanza lanciandomi un bacio. Sorridendo, mi siedo nuovamente sul letto e prendo il telefono tra le mani. Sì, inviterò Mike, ho deciso.
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