26. || Ariana.
«Sei un grandissimo stronzo» sentenzio io, mentre si accende la sigaretta.
Michael non mi risponde né mi guarda negli occhi, continua a fumare, senza curarsi di ciò che sta accadendo attorno a lui. La mia espressione assolutamente contrariata non lo turba affatto.
È martedì pomeriggio e sono seduta su una sedia della camera di Micheal, in dormitorio. Stamattina, quando ci siamo incontrati per caso alla caffetteria, mi ha proposto di passare da lui per stare un po' insieme, ma fino ad allora mi ha bellamente ignorata.
Mi chiedo per quale motivo abbia compromesso la mia relazione traballante con Julian per uno stronzo del genere. E no, non c'entra il fatto che non abbia amato Julian.
Mi alzo in piedi con aria rabbiosa e mi avvicino alla porta con rabbia. Subito lui mi prega di restare e mi chiede perdono.
«Mi dà fastidio quando fai così, cazzo. Pensi che sia tutto facile, ma non è così. Voglio davvero qualcosa da te, ma non è questo... non è guardarti mentre fumi, o osservarti mentre fai finta che non esisto. Se ci tieni anche tu, fai qualcosa per davvero. Mi hai chiesto di lasciare Julian perché ti piacevo, per uscire con ma fino ad ora non mi pare che tu abbia fatto molto!»
Poso la mano sulla maniglia, ma la risposta mi Michael mi colpisce. Mi ha detto qualcosa, ma non ho compreso bene.
«Non ho sentito»
«Ho detto» dice lui tranquillamente, «che sabato è il mio compleanno»
Mi volto e lo raggiungo. «Intendi... il dieci ottobre? Il tuo compleanno?»
Mi guarda scettico e con un cenno del capo annuisce.
«Sì, sabato dieci ottobre compio diciannove anni. C'è qualcosa che non comprendi?»
Sbatto un piede a terra.
«Smettila di essere così antipatico nei miei confronti! Adesso mi hai proprio rotto le scatole! Va' a scoparti qualcuna, così almeno calmi un po' i nervi! E non tornare da me, per nessuna ragione al mondo!»
Esco dalla sua stanza camminando a passo deciso e abbandono il dormitorio maschile. Sono quasi sulla porta di quello femminile, quando qualcuno mi afferra per un polso e mi volta.
«Che cazzo vuoi?» esordisco vedendo il suo viso di fronte al mio.
Mike mi sta fissando con gli occhi arrossati, lucidi, il viso scarno e l'aria delusa da lui stesso, dal suo comportamento. Se sapessi di più sul suo conto, ammetterei che il motivo per cui si comporta in questo modo nei miei confronti è dovuto e legato a qualche avvenimento del passato, ma Michael non si è mai permesso di raccontarmi qualcosa di sé. Forse perché ci conosciamo da una settimana?
«Non volevo trattarti male» balbetta lui imbarazzato.
Mi divincolo, cercando di non cadere a terra.
«Oh, smettila di dire cagate, lo so benissimo che non te ne importa nulla di me! Ora lasciami andare, ho delle commissioni da sbrigare»
Entro nel dormitorio femminile e mi dirigo alla mia stanza. All'interno, Daisy e Shelley stanno mangiando. Osservando il mio comportamento scontroso, mi chiedono cosa stia accadendo, ma io non rispondo.
Passano dieci minuti, nei quali cerco di mantenere la calma e non strapparmi i capelli. Per quale motivo l'unico ragazzo con cui riesco ad avere una conversazione – escluso Julian – deva comportarsi come uno stronzo? Gli ho per caso fatto qualcosa che non gli va a genio?
Mi alzo in piedi e comincio a camminare avanti indietro, sotto lo sguardo preoccupato di Daisy.
Ma a quest'ora non va a correre, di solito?
In quel momento, qualcuno bussa alla porta.
Svogliatamente, vado ad aprire, sotto lo sguardo curioso e perplesso delle mie amiche. Spalanco la porta con forza e, quando i miei occhi incontrano quelli di Mike, richiudo la porta, ma lui inserisce prontamente il suo piede.
Sfortunatamente per lui me ne accorgo troppo tardi. Lo sento urlare di dolore e così riapro immediatamente la porta, chinandomi sulla sua scarpa. Mentre mi rifila una serie di parolacce, le mie amiche si alzano dal letto e altre ragazze aprono le porte delle loro stanze per controllare che cosa stia successo.
«Mi dispiace! Scusami!» squittisco, rialzandomi in piedi.
Una ragazza del secondo anno – Freya, penso – sta sghignazzando con le sue compagne di stanza. La guardo con aria arrabbiata, ma non quanto basta per farla zittire. Decido di concentrarmi su Mike, così gli propongo di entrare in camera mia.
«Aspetta solo un secondo» dice, sorridendomi in modo alquanto falso.
Non credo sia arrabbiato con me, è solo infastidito dal comportamento di Freya. È per questo che dopo avermi guardato negli occhi, si volta verso di lei e la raggiunge, camminando un po' a fatica.
«Chiudi il becco, razza di imbecille» esclama, puntandole il dito addosso, «e non metterti più una maglietta di questo colore. Ti sta malissimo»
Detto ciò, torna verso di me ed entra in camera mia, chiudendosi la porta alle spalle. Lo sto ancora guardando con aria del tutto stupefatta, ma lui invece sembra ambientarsi bene. Sta osservando la mia camera e, quando il suo sguardo ricade su Daisy e Shelley, sorride lievemente.
Sta quasi per presentarsi, quando Daisy, con le gambe accavallate, indica prima me e poi lui, dicendo: «E così questo sarebbe il nuovo Julian. Devo ammettere che ne hai fatta di strada, piccola Ariana»
Shelley sorride, in modo enigmatico. Dopo aver lanciato un'occhiata ai muscoli di Mike, commenta dicendo: «Era ora che ti trovassi un bel fusto come lui»
Mi prendo il viso fra le mani e sospiro pesantemente.
«Non è il mio ragazzo» sentenzio, cercando di trascinare Michael in bagno, «è solo...»
«...sono solo Michael. Piacere di conoscervi»
Daisy e Shelley soffocano una risata e dicono in coro i loro nomi. Sospirando, spingo Mike in bagno, affinché l'imbarazzante situazione possa terminare qua. Sfortunatamente per me, però, né le mie amiche né Michael hanno intenzione di aiutarmi.
«Potresti per favore chiuderti in bagno? Ti raggiungo fra un secondo»
I tre scoppiano a ridere ed io mi sento ribollire il viso per la vergogna.
«Dovresti vedere la tua faccia, Ariana. Sei diventata bordeaux»
Gli rifilo un'occhiataccia e, con tutta la forza che ho in corpo, lo spingo all'interno del bagno. Prima che possa dire qualcosa, chiudo la porta. Lo sento chiamarmi dall'interno, ma lo ignoro.
Dopo aver preso respiro, mi giro verso le mie amiche. Daisy e Shelley sono sedute sul letto, con le gambe accavallate e gli occhi da cerbiatte, perché vorrebbero sapere i dettagli su questa nuova amicizia.
«Da quanto» esclama Shelley, mentre apro l'armadio, alla ricerca del kit del pronto soccorso. Mi giro per guardarla, sconcertata.
«Com'è nata» aggiunge Daisy, dopo che mi sono rivoltata.
Sbuffando, mi rialzo in piedi e mi giro, per guardarle negli occhi.
«Vi siete dimenticate l'inflessione interrogativa, per caso? Comunque, non sono affari vostri. Sbaglio o a quest'ora una va a correre e l'altra tuba orgogliosamente con il ragazzo segreto?»
Daisy e Shelley mi guardano sconvolte, con la bocca spalancata. Roteo gli occhi, poi afferro il kit del pronto soccorso. È la prima volta che lo usiamo da quando ci siamo trasferite al college e non ho idea di cosa ci sia dentro.
Rientro in bagno e trovo Mike seduto sul gabinetto, senza scarpa e calza, con il pantalone arrotolato su per il polpaccio.
Incrocia il mio sguardo e sorride.
«Tutto bene con le tue amiche?» mi chiede, mentre prendo la seggiola bianca e mi siedo al suo fianco.
Faccio spallucce. «Direi di sì»
Mi concentro sul suo piede. Non sono una dottoressa o un'infermiera, ma posso constatare con assoluta certezza che non ha alcun problema. Probabilmente dovrà solo mettere della pomata per lenire la botta.
«Non ti fa male, vero?» chiedo, improvvisamente.
Mike scuote il capo.
«Bene» concludo, «allora puoi rimetterti calza e scarpa e tornare in camera tua»
Gli rivolgo un sorriso, poi mi alzo e richiudo il kit. Dopo averlo guardato ancora una volta, aggiungo: «Probabilmente dovrai metterti un po' di pomata, nel caso uscisse il livido»
Mike è ancora senza parole, per questo non mi risponde. Lo ignoro ed apro la porta, notando le mie amiche con la coda degli occhi, ma un secondo più tardi la vedo sbattere: Mike si è alzato ed è riuscito a chiuderla, senza che me ne accorgessi.
«Sei scemo? Potevi romperla!» grido, arrabbiata.
«Scusami» dice, alzando le braccia a mo' di scusa, «ma dovevo proprio farlo»
E detto questo, senza neanche lasciarmi il tempo di parlare, mi sbatte contro il muro e comincia a baciarmi. Dovrei controllarmi e non scendere ai suoi livelli, ma proprio non ci riesco, così continuo e lo bacio.
Sento le mani di Mike spostarsi dal mio viso, ai miei fianchi ed infine alla mia schiena, sotto la T-shirt. Non so controllare il mio corpo e anche se volessi non vorrei farlo. È giusto che lui sappia cosa provo? È giusto mettersi a nudo con un ragazzo che conosco da una settimana?
No, credo che sia sbagliato. Ma non mi interessano più quelle regole che Ariana la perfettina seguiva. Ho vissuto per troppo tempo sotto il controllo e l'ala di mia madre e di Julian. Ora voglio essere me stessa, ora voglio diventare qualcuno che non sono mai stata e che ho sempre cercato di non essere.
Il mio cuore batte all'impazzata, perché mi trovo con l'unico ragazzo della mia vita che ritengo realmente importante.
Mike mi sta toccando, sta percependo la mia pelle fremere sotto il suo corpo caldo; la sua mano può sfiorare il mio seno, il mio fianco; le sue labbra possono appropriarsi del mio colpo, della mia bocca, della mia lingua. E i suoi grandi occhi azzurri mi stanno letteralmente mangiando.
Che cosa sta pensando lui in questo momento? È felice? O forse si sente realizzato per aver accalappiato una come me?
A giudicare dal suo sorriso commosso e dal suo sguardo affamato deduco che si tratta di una risposta positiva, e che quindi Mike ha pensato a come parlarmene.
E il modo che sta utilizzando è il migliore fra le opzioni da selezionare.
Non ho mai conosciuto l'amore prima di allora, ma Mike mi sta servendo su un piatto d'argento i soliti stereotipi da romanzo d'amore e strappalacrime.
E avrei accettato senza pensarci su due volte.
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