21. || Liam.
Il culo sodo e muscoloso di Shelley sta ondeggiando per tutto il salotto dell'appartamento di Matt da circa mezz'ora. Ho già detto quattro volte a Matt di consigliarle di vestirsi, ma lui non mi ha nemmeno sentito.
Spaparanzato sul divano, mi godo lo spettacolo insieme a Matt, ma lui, differentemente da me, se la sta letteralmente mangiando con gli occhi.
Dopo la seconda telefonata con Sophie, mi sono subito sentito bene. La voce melodica di quella ragazza così pignola mi trasmette un effetto piuttosto strano: mi sento sia contento di sentirla, sia infastidito dal fatto che lei mi stordisca. Ma nonostante tutte le sue caratteristiche negative, che sono ben poche ma insopportabili, riesco ad apprezzarla più di qualsiasi altra cosa che odio.
Improvvisamente, mi arriva una maglietta in faccia. Me la tolgo imprecando e vedo il mio migliore amico di fronte a me, con espressione rabbiosa.
«Che vuoi?» domando sbadigliando.
«C'erano i tuoi boxer nel bagno! Per poco Shelley non si spaventava! Si può sapere perché hai lasciato dei boxer nel mio bagno?» grida Matt, sventolando le mie mutande davanti al naso.
Sghignazzo, appallottolando i boxer.
«Questa è pur sempre casa tua, non sua. E ci lascio tutte le mutande che voglio, grazie. Ora, per cortesia, consigliale di vestirsi, altrimenti me la scopo»
In quel momento, Shelley entra nella stanza vestita e pettinata come se dovesse sfilare. La guardo sorridendo e commento dicendo: «Ripensandoci, stai bene anche così»
Lei si schiarisce la voce.
«Tanto per essere chiari, Hamilton, non ho nessunissima intenzione di farmi scopare da te. Potresti essere il ragazzo della mia migliore amica e poi io ho già un ragazzo»
Spalanco gli occhi. Il ragazzo della sua migliore amica? Io non sono il ragazzo di nessuno e solo perché sto cercando di essere amico di Sophie non significa che lo sia.
«Sono sorpreso dalle tue parole quasi quanto Sophie nel momento in cui ha scoperto che eri qua a casa mia» commento io, sospirando.
La bionda trema e, bloccando momentaneamente i suoi movimenti, mi lancia un'occhiataccia.
«Sophie? Come l'ha presa?» domanda, cercando di nascondere l'allarmismo.
«Devo ammettere che sembrava piuttosto sconcertata del fatto che avessi dormito nello stesso letto di Matt» ribatto, aggiungendo uno sbadiglio poco dopo.
Shelley impreca sottovoce e si avvicina a me dicendo: «Ascoltami bene, Hamilton, ci metto un secondo a farti fuori»
Scoppio a ridere divertito, poi mi infilo la mano nella tasca dei jeans e tiro fuori i famosi biglietti per il concerto di Madonna. Sospirando, li lancio a Matt e dico: «Questi sono per voi. Spero di aver fatto centro»
Matt mi guarda confuso, poi scarta la busta bianca e vede i due biglietti. I suoi occhi si spalancano e subito Shelley zampetta verso di lui per vedere bene cosa abbia fra le mani.
Qualche istante dopo alza il capo e chiede: «Li hai comprati tu per davvero?»
«Certo, e chi altrimenti? Mi sentivo... in colpa...» balbetto io, inevitabilmente imbarazzato.
Shelley sorride e si precipita da me per abbracciarmi. Nel giro di pochi secondi me la tolgo di dosso e le sorrido falsamente.
Shelley è... affettuosa... e molto più espansiva con le sue emozioni, sicuramente supera Sophie, che invece è la ragazza meno espansiva di tutto il mondo. Quando le prendo la mano o le sfioro qualsiasi parte del copro trema come una foglia e ancora non capisco per quale motivo.
«Grazie, Hamilton» mormora Shelley, strizzandomi l'occhio.
«Ehi, ho un cazzo di nome. Usalo» replico, infastidito.
Sorride enigmaticamente e, schiarendosi la voce, riprende a zampettare da una parte all'altra della stanza.
«Come hai detto che ti chiami? Liam, vero?»
Si allontana verso la porta con Matt, mentre sghignazza.
«Vaffanculo!» le grido dietro, quando la porta si chiude.
Mi risiedo sul divano e sospiro pesantemente, ripensando a cos'è accaduto nelle precedenti ventiquattro ore. Il pranzo con Sophie è stato sicuramente il migliore dei momenti: ho amato il suo modo di mangiare, così composto, così raffinato.
E poi, ho scoperto qualcosa in più sulla ragazza che mi fa impazzire. I suoi genitori sono divorziati, lei è stata probabilmente affidata alla madre e viveva a Islington, prima di spostarsi al college.
Ah, quel coglione di suo padre si è trasferito a Ealing, il luogo da cui provengo. Nonostante abbia provato a ricordare se abbia già visto o sentito il cognome di quell'uomo, non ho trovato nulla fra i meandri dei miei pensieri.
E com'è possibile ricordare un'adolescenza che ho buttato nel cesso?
Passavo le giornate con dei pezzi di merda, perlomeno fino a quando mio padre non mi ha proibito di vederli e a quel punto ha avuto la bellissima idea di organizzare una ridicolissima partita di golf con la famiglia di Matt ogni domenica pomeriggio, contemporaneamente all'orario del the, che generalmente prendevano mia madre, mia sorella Lauren e la signora Steven.
Nel corso dei quattro anni precedenti ho sempre detestato quel genere di attività. Che cazzo di sport è il golf? L'abitudinario basket è stato abbandonato? E il calcio? L'hanno buttato nel cesso insieme alla mia adolescenza?
Sbuffo.
Nonostante mi sia fatto un sacco di problemi, in questo momento devo obbligatoriamente essere grato a mio padre. Non avrò mai il coraggio di dirglielo, ma almeno lo sto pensando, l'ho riconosciuto.
C'è una cosa che ho sempre saputo: qualsiasi cosa accada, ho il vizio di dare la colpa a qualcun altro, ma alla fine, qualsiasi persona abbia compiuto quella determinata azione, ci vado di mezzo io.
Alle elementari ho visto un mio compagno mettere delle puntine sulla sedia della maestra e quell'idiota ha pensato che fosse colpa mia solo perché gliel'ho riferito.
Ma non solo a scuola ho avuto questi problemi. A casa, Luke mi rendeva la vita impossibile. Lui è il genio della famiglia, l'unico figlio maschio in grado di mandare avanti l'azienda di mio padre.
Non me ne importa un beato cazzo dell'azienda di mio padre, io voglio fare altro. Restare seduto in ufficio, con la giacca e la cravatta non è esattamente il tipo di impiego che ho sempre immaginato, o sognato.
E da quando i corsi autunnali sono ricominciati, ho compreso che solo una persona può aiutarmi a realizzare questo desiderio.
Sophie.
Non perché la amo o cose del genere. Semplicemente perché è l'unica persona sulla faccia della Terra in grado di tenermi testa, di ordinarmi di fare qualcosa, di farsi rispettare.
E no, non me lo so spiegare.
Mi risveglio dai miei pensieri quando Matt mi tira un cuscino in faccia. Mi dice che devo tornare a casa, perché porterà Shelley fuori a pranzo. Infastidito, annuisco, e lascio il suo appartamento dopo una decina di minuti.
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