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11. | Daisy.

Le ore di lezione dei corsi ai quali ho aderito non passano mai.

Per quanto odi la scuola e in generale studiare, fino ad oggi l'università mi ha entusiasmata tantissimo, fatta eccezione per la durata di qualche lezione. E non sto certo parlando del fatto che ci siano così tanti ragazzi carini a fissarmi ogni secondo, solo che le materie finora affrontate siano piuttosto interessanti.

Ho sempre odiato mettermi sui libri e non ricordo di aver mai passato una notte intera a studiare, come invece Shelley ha fatto almeno un centinaio di volte.

Io sono più un tipo da una botta e via: sia parlando di scuola che d'amore.

Originale, come pensiero, ma spudoratamente vero.

Oggi pomeriggio devo vedermi con il professore di matematica per un ripasso. Quando me lo ha proposto, ho subito pensato che fosse per conoscermi meglio, ma poi mi sono ricordata che durante l'ultima lezione gli ho detto che la radice quadrata di quattro è uno virgola settantatré.

Non so per quale motivo quel numero mi sia uscito dalla bocca, forse stavo già pensando all'imminente episodio della mia serie tv preferita che sarebbe uscito quella sera?

Sospirando, mi alzo a fatica dal letto e mi guardo allo specchio sorridendo. Ho gli occhi scuri risaltati da una pesante linea di matita nera; inoltre i miei formosi capelli ricci e neri oggi sono stranamente molto vaporosi, il che mi fa sembrare ancora più sexy.

«Il tuo cellulare sta squillando, Daisy. Che cosa devi fare?» mi chiede Ariana appena il mio IPhone si illumina e la mia suoneria parte a tutto volume.

Mi volto e prendo il telefono fra le mani, sorridendole.

«Un piccolo impegno» borbotto ridacchiando.

Spengo la sveglia, che ho postato per svegliarmi, nel caso mi fossi addormentata. Lascio cadere sul letto il cellulare, poi mi sporgo verso l'armadio e prendo la borsa, infilando dentro il libro e il quaderno di matematica.

Mi risiedo sul letto, per togliermi le pantofole e infilarmi le scarpe. Ariana alza lo sguardo dal suo palloso libro e mi scruta, con un sopracciglio alzato, ma prima che possa farmi qualsiasi domanda, le mando un bacio ed esco dalla stanza.

È il sabato pomeriggio più noioso di tutta la mia vita.

Sophie si è trasferita in biblioteca a studiare, perché insinua che io non sia abbastanza civile e educata, solo perché ascolto musica e ballo davanti allo specchio dell'armadio.

Shelley, invece, è nel dormitorio di Matt per ripassare qualche materia che ha gentilmente omesso dalla conversazione. Da quando è cominciato il college non fa altro che escluderci, solo perché ha trovato un ragazzo con il quale condividere la propria giornata.

Sospirando, cammino lentamente nel corridoio illuminato dalla luce del sole e attraverso il campus, arrivando nel lato est.

Nella biblioteca numero otto, prenotata dal professor Hutcherson, non c'è nessuno. La luce delle lampade appese al soffitto è fioca e la spenta luce del sole non aiuta per niente.

Sospirando, svolto nell'ala sinistra, dove il professore mi ha detto che ci saremmo incontrati e lo vedo. È alla finestra a guardare il cortile del campus, mentre sorseggia una tazza di caffè del bar. Alcune foglie cadono dall'albero piantato davanti alla finestra e per la prima volta da quando sono al campus percepisco sulla mia pelle la certezza che il tempo stia passando. Sono passati solo quindici giorni da quando mi sono separata da mia madre Alexandra e dalla nostra casetta, e questo mi fa riflettere. Forse dovrei cominciare a studiare seriamente...

«Buongiorno» esclamo io sorridendo.

Il professore si volta e mi sorride.

Dio, quanto è bello!

«Prego, si sieda signorina Lawrence. Sono sicuro che questa lezione le servirà per approfondire il lavoro svolto in classe che lei non ha compreso»

La sua voce, Dio. Ha un accento un po' diverso dal mio; forse è americano, e quindi modula i suoni in modo diverso rispetto al mio.

Mi siedo e tiro fuori il quaderno. Il professore mi dà una fotocopia con diverse espressioni da svolgere ed io sgrano gli occhi. Al liceo i compiti di matematica me li passava Sophie... o Shelley, dipende dal tipo di argomento.

«Qualche problema?» domanda lui calmo.

«Assolutamente no!» rispondo con voce stridula.

Lui soffoca una risata ed io alzo la testa, guardando come la luce del sole gli divida perfettamente a metà il volto divertito.

«Trova divertente la mia insicurezza?» domando tranquilla.

Lui mi ignora e si volta, così mi alzo e lo faccio girare verso di me. Il professor Hutcherson mi guarda perplesso, poi si appoggia al tavolo ed io di fronte a lui continuo a fissarlo, chiedendomi per quale motivo mi senta così attratta da un uomo come lui.

«Rido perché, se a lezione avesse ascoltato la mia spiegazione, invece di fantasticare sulla bravura del signor Barry a letto, ora non sarebbe qua»

Spalanco gli occhi e lo guardo sbigottita. Come può dire queste cose?

«E rido perché, se a lezione avesse ascoltato la mia spiegazione, invece di leggere le anticipazioni di The Vampire Diaries, ora non sarebbe qua»

Deglutisco pesantemente e abbasso il capo.

Sono imbarazzata da morire; ha per caso la capacità di leggere nel pensiero o la vista a raggi x?

«E con mia grande vergogna devo ammettere che sono felice del fatto che lei sia qui, signorina Lawrence»

Il professor Hutcherson mi afferra una mano ed io alza la testa di scatto: oddio, che cosa sta per accadere?

«Sono estremamente geloso del fatto che tutti i miei alunni la guardino durante le mie lezioni. Forse è questo il motivo per cui obbligo loro a ripetere la lezione e poi li sgrido, dicendo che dovrebbero studiare con più impegno. Mi odio per il tipo di comportamento che sto adottando ultimamente, ma da quando lei è qua, signorina Lawrence, non c'è niente che mi imponga di tenere la testa sulle spalle»

Imbarazzata da morire, stringo la sua mano e arrossisco. Mi avvicino a lui e con la mano libera, gli accarezzo la guancia. Lui spalanca gli occhi e nel giro di qualche secondo le sue mani si allacciano dietro alla mia schiena.

«Tutto questo è sbagliato, professor Hutcherson, ma non posso permettere a me stessa di essere disonesta»

«Lo so che è sbagliato, ma non posso lasciarti andare. Non voglio che tu passi la notte nel letto di qualcun altro»

Sul mio volto appare un sorriso colpito. Per quale motivo sto avendo una conversazione del genere con il professore Hutcherson? Perché si sta comportando in questo modo? Sa che è sbagliato, perciò ora potrei anche andarmene e denunciarlo.

«Se fosse il suo non avrebbe problemi, immagino» bisbiglio, con la gola secca.

«Non credo, anzi, sarebbe la cosa più bella che mi sia capitata finora»

Deglutisco.

Mi chiedo che cosa voglio veramente.

Ho sempre vissuto lontano da mio padre, lontano dall'amore di una famiglia unita. Non ho controllo di me stessa e al liceo ho rischiato diverse volte di ritrovarmi in situazioni drastiche. Nonostante ciò, però, non sono cambiata minimamente e sono ancora la persona egoista di cinque o sei anni fa.

Ho sempre creduto che un giorno qualcuno mi avrebbe salvato dal mio egoismo, ma non ho mai cercato di immaginarmi che tipo di persona fosse. Che sia Sophie, il professor Hutcherson, mia madre o un perfetto sconosciuto, ha una differenza abissale.

Il tipo di rapporto che sto instaurando con lui è maligno per entrambi. È vero che sono maggiorenne, ma lui è comunque un mio professore e non ho la minima intenzione di vivere una cosa così bella tenendola all'oscuro di tutti.

Ancora una volta mi chiedo che cosa voglio.

Sono così egoista che non riesco a dimenticarmi di me neanche per un istante.

Incrocio il suo sguardo e deglutisco pesantemente. I suoi occhi sono in perfetta collisione coi miei e non riesco a controllare i battiti del mio cuore o i miei respiri.

Alla fine prendo una decisione.

Allaccio le mani dietro al suo collo e avvicino le mie labbra alle sue, pensando: io sono una stronza; io non mi innamoro, io provo piacere.

Quando le nostre labbra arrivano quasi a sfiorarsi, mi stacco da lui velocemente e mi allontano. Tenendo lo sguardo basso, sistemo le mie cose, rimettendole nella borsa.

«Eseguirò la scheda e le darò gli esercizi svolti la prossima lezione. Arrivederci professor Hutcherson»

Sotto la sua espressione sgomenta, lascio la biblioteca con un sorriso trionfante.

Mentre attraverso i corridoi, realizzo che ciò che ho appena messo in atto non ha deluso solo il professor Hutcherson, ma anche me. Percepisco un massiccio peso nel petto, all'altezza del cuore, che mi suggerisce qualcosa che in quel momento rifiuto.

Non può essere vero.

E non hointenzione di farlo diventare vero.

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NELLA FOTO: ARTHUR HUGHES NEL RUOLO DI TEDDY WATSON, FRATELLO MAGGIORE DI SOPHIE E GEMELLO DI TRAVIS.

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