Si può pensare che la cosa più difficile, per me, sia stata dover guardare la vita di chi amavo proseguire senza di me. Non poter prendere parte alle loro esistenze e dover sempre rimanere nel rimorso provato al pensare a ciò che sarebbe stato possibile, se solo io fossi stato lì.

No, non fu così. Non fu quella la parte peggiore dell'essere morto.

La parte peggiore fu dover rimanere a guardare, mentre lei soffriva.

Vorrei essere così presuntuoso dall'assumere che il suo dolore fosse causato dalla mia assenza, così improvvisa da non lasciare spazio ad addii, a lacrime, o a qualsiasi forma di congedo. Vorrei fosse tutto frutto delle mie manie di grandezza, dei miei pensieri più narcisistici.

Ma non sono mai stato troppo pieno di me, e anzi avrei voluto che le motivazioni per la sua sofferenza fossero terrene, che fosse solo una delle sue crisi d'ansia durante cui potevo stringerle le mani, stringerla a me e dirle che qualsiasi problema, grande o piccolo che fosse, non avrebbe dovuto affrontarlo sola. Le avevo promesso di non abbandonarla mai, di rimanere sempre al suo fianco, anche nei giorni in cui si sentiva inamabile e mi chiedeva di coprirle lo specchio con un telo per non dover fronteggiare il suo viso.

Eppure io l'adoravo, soprattutto quando la tristezza la sopraffaceva o quando si mostrava fragile; poter amare questi lati di lei era per me un onore, e non avrei mai pensato né voluto lasciare che affrontasse il mondo da sola. Lei, che con tutta la forza del mondo aveva deciso di mostrare le sue debolezze proprio a me.

Una volta mio padre mi disse che le promesse sono solo utili a ricordarci quanto incapaci siamo di mantenerle, e questa frase mi passa di continuo per la testa mentre mi ritrovo costretto a guardarla piangere, spirito intangibile mentre cerco senza successo di asciugare le sue lacrime che stanno rovinando ogni foto di noi, che tiene stretta tra le mani.

Sono un'anima senza corpo, una stella, uno spirito. Un angelo; un mostro, forse. Posso essere chiamato in più modi, ma una cosa è certa: ciò che provavo quando il mio corpo non era quattro metri sottoterra, tutto ciò che mi rendeva un essere umano è ancora vivido dentro di me. È ciò che mi dà forma.

L'amore per lei è rimasto.

E resto qui a guardarla mentre con il mascara sbavato ride e mi insulta, chiama il mio nome, manda via tutti coloro che suonano alla nostra porta. Dorme sul mio lato del letto e si sveglia coperta delle sue stesse lacrime. Prepara cibo che poi lascia intatto, sul bancone della cucina, lo stesso su cui così tante volte l'avevo fatta sedere per dare forma al nostro amore, o anche solo per baciarle il collo mentre cucinava. Detestava cucinare, ma a volte si impuntava sul provarci perché non voleva essere il tipo di madre che compra la cena da scaldare all'ultimo minuto.

Ho sentito questi discorsi così tante volte, eppure il bambino che tra tre mesi stringerà tra le braccia non mi conoscerà mai. Vedrà il mio viso dalle foto, sentirà il mio nome e storie su di me, ma non conoscerà il mio odore o la mia voce.

A questo punto credo che vi aspettiate un pianto disperato, o uno sconforto senza limiti. Ma ora sono una stella, e ciò che provo non ha spazio per tali perdite di tempo. L'amore che provo è così forte che mi terrà unito a lei, per sempre.

Non mi vedrà, ma sarò la luce che le accarezza il viso al mattino presto, il vento che le scompiglia i capelli, l'erba su cui ama stendersi e guardare le nuvole.

Sarò la neve che ammalierà il nostro bambino, le farfalle che rincorrerà, lo scroscìo dell'acqua che gli riempirà il cuore quando imparare a stare al mondo diventerà faticoso.

Non ho un corpo, ma l'amore mi tiene vivo.

Forse se non avessi amato ora sarei nell'oblio e avrei dimenticato tutto.

Ma le stelle non dimenticano. La loro luce è proporzionale all'amore che provarono in vita, e io sono la stella più luminosa del cielo. È impossibile passare inosservato.

C'è solo una cosa in cui spero.

Che l'amore mi tenga ancorato a lei per sempre, e che non mi lasci andare mai. Che io abbia l'onore di brillare fino alla fine dei tempi.