XXXXVII. VOCI
Il giorno dopo sensazioni contrastanti mi percorrevano. Ero confusa, continuavo a ripensare alla storia di mio padre, alla serata appena trascorsa, alle labbra di Joseph contro le mie. Soprattutto alle labbra di Joseph spremute contro le mie. Fu in questo stato che dovetti affrontare mia sorella. Mi attendeva sulla soglia di casa.
-Hai la faccia di una che prepara guai- mormorai ironica. Avevo appena finito di fare un po' di giardinaggio e avevo l'abito verde sporco di terra e foglie.
Beth mi afferrò per le spalle e mi scosse con forza. Cosa stava succedendo? Ero confusa. –Non scherzare, ti prego, non scherzare e rispondi alla mia domanda: tu lo ami?- deglutì, pallidissima –Tu ami Joseph?-
-Sì- risposi –io lo amo- la mia voce era più forte e decisa di quanto avrei creduto –io amo Joseph- mi faceva sentire bene dirlo.
-Allora è troppo tardi- sospirò. Vidi le lacrime farle brillare gli occhi e la gola mi si chiuse in una morsa.
-Perché?- chiesi –Perché un ragazzo preferisce me a te?-
-Non è questo- scosse la testa. La carnagione era grigia, il tono disperato, lo sguardo brillante di lacrime.
-Sì invece, tutti preferiscono te, così credi... non è vero, Joseph ama me!- ero felice, follemente felice.
-Non è questo!- stava tremando.
-Certo invece, tu sei anche la preferita di tutti- ruggii.
-Tu non sai chi è Joseph- le parole sembrarono restare sospese un attimo tra di noi.
-Chi è?- le chiesi, piano.
-Al paese parlano in molti di lui- s'inumidì le labbra secche con la lingua.
-Parlano molto anche di noi- le ricordai.
-Appunto- sospirò.
-Cosa sai di lui?-
Lanciò uno sguardo prima da un lato, poi dall'altro, quindi mi prese per mano. –Non qua, vieni- mi tirò con sé, fino al vano della finestra, dove Beth si appoggiò stancamente al davanzale. Alla luce del sole potei osservare i suoi lineamenti in quel momento mi resi conto che erano simili ai miei. Vidi che piccole rughe iniziavano a solcarle la fronte. Le ciglia scure brillavano di lacrime trattenute. Guardò fuori. Il giardino era in fiore, con l'erba verdissima e i fiori che sembravano gioielli.
-Allora?- la incalzai –Cosa mi vuoi dire?-
-Qualcuno dice che sia lui- non mi guardò.
-Chi?- mi sfuggì un sorriso.
-Davy Jones-
L'eco di un'antica leggenda si fece strada dentro di me. Me l'aveva raccontata Joseph. Forse una volta l'aveva citata qualche ospite di mio padre. C'era perfino traccia nel mio libro di fiabe. –Davy Jones?- chiesi piano.
Beth annuì. Iniziò a giocare con i suoi braccialetti, una cosa che faceva sempre quando era nervosa.
-Non è vero, Davy Jones non esiste... e poi lui è nato sull'isola... lo sanno tutti- risposi, poco convinta. Cercai di mettere ordine nei miei pensieri confusi. Fu inutile. Erano pezzi di una storia che non s'incastravano.
-Così dicono- mia sorella si strinse nelle spalle.
Scossi la testa. –Questa è pura follia-
Un sorriso di dolore sincero affiorò sul viso di Beth. –Beh, Joseph strano lo è parecchio-
Non potei fare altro che sorridere anch'io.
-Non dovresti frequentarlo- disse.
-Non posso neppure non frequentarlo... non ora- non dopo quello che c'era stato tra di noi. Ci eravamo spinti troppo in là.
-Lo devi fare- si voltò e incontrò il mio sguardo. Ci fissammo per un lunghissimo istante, poi mi prese le mani e me le strinse. –Siamo sorelle- sussurrò.
Non le risposi. Certo, eravamo sorelle, ma questo non voleva certamente dire che avrei rinunciato a Joseph. Lui era troppo importante per me. E poi Beth non era mai stata una vera sorella. Tolsi le mie mani dalle sue. –Certo, siamo sorelle- le risposi –ora sono stanca, vado a riposare- mi voltai e corsi verso la mia stanza. La parola confusa non descriveva neppure un po' il tumulto nel mio cuore sanguinante.
Quella sera scorsi un'ombra alla finestra. Mi avvicinai e vidi Joseph, in equilibrio sopra il davanzale esterno.
-Sei impazzito?- gli chiesi, terrorizzata –Potresti cadere- aprii la finestra, il cuore in gola.
-Dovevo tentare, altrimenti non ti avrei vista- esclamò lui, mentre io lo afferravo per le braccia, trascinandolo dentro. Le parole di Beth echeggiarono nella mia mente. Davy Jones. Improvvisamente ricordai gli incubi che Joseph aveva. -Volevo vederti, ne avevo bisogno-
La mia gioia fu tale che per poco non mi misi a piangere. Nessuno mi aveva mai detto qualcosa di simile. Sentii il cuore aumentare i battiti. –Hai comunque rischiato- protestai debolmente.
-Morirei per te- disse, la voce seria.
-Non scherzare- gli risposi.
Joseph mi accarezzò la guancia. –Non scherzo- si piegò in avanti e mi baciò teneramente le labbra. Un bacio leggero, poi si tirò indietro e mi sorrise. Il mio corpo divenne improvvisamente liquido come acqua.
-Cosa stavi facendo?- mi chiese Joseph, allontanandosi di qualche passo. Si avvicinò al mio letto e prese il libro di fiabe che stavo leggendo. –Bellissimo- sussurrò, facendo scorrere le pagine.
-Mi è stato regalato quando ero molto piccola... ho sempre sofferto di salute cagionevole, così non potevo uscire molto- mi avvicinai –in questo modo avrei potuto viaggiare per il mondo stando chiusa nella mia stanza-
Mi piacciono molto queste storie- mormorò –ho un libro praticamente identico, sai?-
-Davvero?- chiesi sorpresa.
-Sì- lo riposò sul letto.
Mi fece vedere qualcosa che aveva nascosto nel farsetto. Un gioiello lucentissimo.
-La stella caduta- sussurrò Joseph –solo per te-
Mi sedetti al suo fianco e lasciai che mi avvolgesse tra le sue braccia. Non ho mai desiderato nulla come sentire il tocco di Joseph su di me.
-Non lasciarmi mai- sussurrai.
-No, non ti lascerò, non posso lasciarti-
Indugiai. Gli uomini ti abbandonano sempre. Questo era il messaggio che trasmettevano mio padre, mio fratello e mia sorella. Gli uomini si approfittano di te, poi ti lasciano sola.
-Non ci credi?- mi domandò Joseph, un sussurro leggero che mi fece tremare. Ricordai l'ombra che veniva a trovarmi ogni notte, quell'ombra che gli assomigliava. Davy Jones... ma erano solo leggende.
-Giura- mormorai, come una bambina –giura che sarà per sempre-
-Ti direi che per sempre è un tempo esagerato, ma rischieresti di pensare che sia vero... passerei l'eternità con te- mi accarezzò le labbra con il pollice –io vivo per te, credo di non avere mai amato prima e non penso che potrò mai amare dopo-
Mentiva? Non lo sapevo, ma io volevo fidarmi di lui. Avevo bisogno di qualcuno che mi sostenesse in quella vita così triste.
-Giuro che ti amerò fino alla fine dei tempi e anche dopo... a volte ho la certezza di averti amata anche prima-
Non attesi oltre, lo baciai. Fu un bacio lungo, intenso, l'ultimo bacio prima della fine, pensai. Non potevo neppure sapere quanto la fine fosse vicina. Dimenticai tutto. C'eravamo solo noi, due parti dello stesso oggetto, un foglio strappato che finalmente viene messo insieme. La gioia fattasi forma.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate?
A presto
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