XXV. LA CACCIA SELVAGGIA
Fu poco tempo dopo che successe un fatto che sarebbe rimasto impresso per molto tempo nella mia anima, come un marchio. Avrei compreso in quel momento più che mai quanto i fili della vita fossero intrecciati.
Quella mattina mi ero svegliata con un forte mal di testa e la terribile sensazione di qualcosa che non andava. Quando si avvicinò la sera mia madre ci raccomandò di chiuderci in camera presto.
-Perché?- chiese Beth, che probabilmente aveva un appuntamento con Lars.
-Non è affare tuo- fu la caustica risposta di mia madre, tanto gelida che mi sorprese. -Dovete chiudervi in stanza, questo è tutto-
Normalmente avrei ubbidito. Non c'era un motivo per non darle ascolto. Quella sera però non potei farlo. Fu l'amore a spingermi fuori. Ero follemente certa, come spesso lo sono gli innamorati, che nulla al mondo potesse succedermi.
Joseph mi attendeva al solito posto, sorridente come sempre. Non appena lo vidi il cuore mi si strinse e per un istante smisi di respirare. Fui certa di aver fatto la scelta giusta.
-Sei incantevole come... - le parole gli morirono in bocca, strizzò gli occhi -Sei pallidissima- sussurrò.
Non riuscii a rispondere. Puntini scuri mi volavano davanti agli occhi, insieme alla sensazione di qualcosa d'orrendo che era accaduto in un passato non troppo remoto. Scoprii solo più tardi che ricorreva il centenario di un evento sanguinoso di cui nessuno amava parlare. In quel momento l'unica cosa che vedevo erano gli esseri di fronte a me. Erano visioni violente come mai nella mia vita. Creature eteree che ridevano di me, cercando di strappare dei pezzi del mio abito.
Joseph mi scrutò. Aveva la mascella tesa, l'espressione attenta, un barlume di preoccupazione nello sguardo azzurro. -Stai bene?- mi domandò.
Aprii le labbra con l'intento di mentire, ma mille stelle esplosero davanti a me. Joseph, rapido, mi si avvicinò, come se fosse pronto a sostenermi nel caso fossi caduta.
-Sto impazzendo- sussurrai, le lacrime che mi rotolavano lungo le guance. Intorno a me vedeva pallide figure camminare, girarmi intorno, chiamarmi a gran voce.
-No, tu non stai impazzendo- Joseph mi prese per le spalle. Le sue mani mi strinsero con forza, come se mi volessero tenere ancorata alla realtà, come se non mi volesse lasciare andare. Mi strinse a sé. –Non devi neppure pensare di stare impazzendo- mi tirò indietro i capelli, accarezzandoli con dolcezza.
Chiusi gli occhi. E poi sentii la pressione delle sue labbra sopra le mie. Un bacio veloce, appena uno sfiorarsi di labbra, ma tanto bastò. Mi sentii subito meglio, in grado di resistere, in grado di controllare me stessa. Mi abbandonai a lui, lasciai che mi prendesse in braccio e mi portasse via, stringendomi a sé come se fossi una bambolina. E poi scivolai nel buio.
Quando mi svegliai ero sdraiata su qualcosa di morbido. Aprii gli occhi con fatica. Eravamo dentro una piccola casetta di legno. Avevo le tempie che mi pulsavano ed ero torturata dalla nausea.
-Ti senti meglio?- mi chiese Joseph, seduto su una sedia al mio fianco. I capelli erano spettinati e il suo sguardo era preoccupato.
-Sì, mi sento molto meglio, grazie- sorrisi.
-Mi sono spaventato per te- sussurrò lui.
-Mi dispiace- affermai, il cuore che mi sfarfallava nel petto.
-L'unica cosa importante è che tu stia bene- si spinse in avanti e potei inspirare il suo dolce profumo.
-Dove sono?- domandai in un soffio. L'ambiente era semplice, perfino povero. Io, che ero abituata a ogni genere di ricchezza, ne fui sorpresa.
-Ehm, questa.. è casa mia... mi dispiace, non sapevo dove altro portarti, io... lo so che non dovremmo stare chiusi qua insieme, ma... -
-Va bene- mi affrettai a dirgli, mentre il mio sguardo scivolava sul mondo di Joseph. Era il suo mondo quello...
-Zia non c'è- proseguì, il tono agitato, lo sguardo che vagava ovunque, tranne che su di me.
-Non importa- mi affrettai a dire. Era la verità, non m'importava nulla, a parte lui. No, per essere esatti m'importava solo di noi due. Io e lui in quella stanza. -Vieni qua con me?- gli chiesi, sorridendo, accarezzando il bordo del letto.
Joseph annuì, un leggero rossore in viso. –Starò qua per tutto il tempo che vorrai- ma non si mosse.
-Non puoi stare seduto lì tutta la notte, sdraiati vicino a me- lo tentai.
Lui parve sorpreso. –Lì vicino a te?-
-Sì, mi farebbe molto piacere- sorrisi, timidamente. Il cuore però mi batteva forte, come l'uccellino che quando ero piccola Beth teneva in gabbia. La creaturina si disperava tra le sbarre di legno, lanciando il suo folle e disperato grido.
-Certo- parve imbarazzato –non desidero altro- si alzò, facendo grattare la sedia contro il pavimento. Mi spostai per fargli spazio, l'anima che mi galoppava nel petto.
Joseph scivolò al mio fianco. Sentii il letto piegarsi leggermente sotto il suo peso. Sorrisi quando mi passò dolcemente un braccio intorno alla vita. Sarei rimasta immobile, con quel delicato peso su di me, per il resto dei miei giorni. Mi sentivo protetta come quando da bambina Chris mi abbracciava, giurando e spergiurando che mi avrebbe difesa contro ogni mostro.
-Posso chiederti una cosa?- la voce di Joseph era bassa, leggermente esitante. Perché esitava così? Ebbi la sensazione che la domanda non mi sarebbe piaciuta, ma annuii comunque, con lui non potevo fare altro. -Mi puoi raccontare cos'hai visto?- chiese, dolcemente.
Il gelo mi percorse il corpo. Pezzi di ghiaccio che mi pesavano sullo stomaco. Il corpetto era troppo stretto, forse. Non aveva comunque importanza. Il problema non era il corpetto. Deglutii e mi sforzai di sorridere. Un sorriso simile a un ghigno. -Solo perché sei tu- e iniziai a raccontare di quelle anime dannate che avevano cercato di attirare la mia attenzione, della loro infelicità, del loro dolore senza nome.
-Devono essere gli spiriti dello scontro tra uomini e Reietti- disse Joseph quando finii di parlare.
Lo fissai confusa. -Lo scontro?- non potevo capire, perché non mi era stato mai raccontato nulla del genere. E fu così che ascoltai la storia di cento anni prima i giovani dell'isola e i Reietti si fossero scontrati.
-Un gruppo di giovani si recò presso il villaggio dei Reietti e vi diede fuoco- disse Joseph. Potevo sentire il dolore vibrare nella sua voce.
-Ma è orribile!- esclamai. Mi sembrava quasi di sentire il dolore di quelle persone strisciare sulla mia pelle. Cercai di trattenere una smorfia.
-Il mare si vendicò, alzando alte onde che uccisero tutti i responsabili e parte delle loro famiglie- fece una smorfia -un fatto triste... persero tutti-
Quella storia mi avrebbe accompagnata per moltissimo tempo, portando con sé una sensazione di amarezza. Era come se all'improvviso temessi che si sarebbe potuta ripetere. Ahimè, non immaginavo neppure quello che sarebbe successo.
-Ora però non pensiamoci- dichiarò Joseph. Un attimo dopo affondò le sue labbra nelle mie... e io dimenticai il mondo.
Furono dei colpi fortissimi a interrompere quel nostro bacio. Ma chi ci stava disturbando? Possibile che non capissero che gli innamorati devono essere lasciati in pace? Sembravano zoccoli che battevano furiosamente sul terreno. Mi voltai verso Joseph che fissava, con un'espressione indecifrabile, la finestra.
-Cosa succede?- chiesi.
-La Caccia Selvaggia- fu la sua laconica risposta. E il mio cuore fece un balzo. Terribili immagini si fecero strada in me. Cocci di vecchie storie che avevo ascoltato nel corso degli anni.
-Dici sul serio?- chiesi, avvicinandomi di più al lui, come in ricerca della sua protezione.
Lui si limitò ad annuire. I capelli scuri gli ricaddero sul volto bianco. Il suo braccio mi strinse più forte.
Conoscevo diverse storie che parlavano della Caccia Selvaggia. Storie orribili a dire il vero. Persone trascinate via, costrette a cavalcare per sempre con loro. Fui percorsa da un brivido. –Dobbiamo fuggire- mormorai.
-No, voglio mostrartela- insisté.
Deglutii, la gola secca. -Ma non è pericolosa?- domandai, il cuore in gola.
-Non se starai al mio fianco- la sua voce era sicura.
Lo fissai indecisa su cosa fare. La Caccia selvaggia mi spaventava terribilmente.
-Ti fidi di me?- chiese piano.
Indugiai. Il problema era proprio questo. Mi potevo fidare di lui? Annuii istintivamente. -Sì- dichiarai -mi fido di te- e lasciai che mi conducesse con sé, il mio cuore che sfarfallava nel petto. Volevo fidarmi dell'istinto. Fu così che scivolammo giù dal letto e uscimmo nella notte.
Il corteo era composto da figure che parevano uscire direttamente da un sogno oppure da un incubo. Esseri mai visti prima. Li fissai, incantata e impaurita. Alcuni cavalcavano dei grandi destrieri, che sembravano fatti d'ombra. Uno scheletro si avvicinò a me, allungando le lunga dita bianche per sfiorarmi. Balzai indietro.
-Non possono toccarti- mi rassicurò Joseph -non con me vicino- aggiunse, attirandomi di più a sé.
Lo fissai confusa. Cosa voleva dire? Perché non potevano toccarlo? E poi lo vidi. Il capo della Caccia. Era una creatura tanto bella quanto spaventosa. All'epoca non credevo che potessero convivere la bellezza e l'orrore nello stesso essere, ora lo so. L'essere indossava un'armatura nera come la notte, lo sguardo blu in cui fiorivano stelle.
-Quello chi è?- domandai piano.
Joseph non rispose, si limitò a stringermi di più a sé. Posso solo immaginare chi fosse quella creatura fatta di tenebre. Posso solo cercare di capire. Credo che fosse un antenato di Joseph, perlomeno aveva i suoi stessi occhi. Questo avrebbe inoltre spiegato perché poteva seguire impunemente la caccia.
Restammo a osservare la Caccia, così vicini da sfiorarci. E mi parve di vedere tra il volto dei cacciatori quello di Chris. Compresi, con orrore, che la sua vita sarebbe stata breve. Non fu l'unico che vidi, ma mi parve di notare una ragazza con il viso gonfio per le lacrime che veniva trascinata via. Solo tempo dopo, quando successe l'inevitabile... beh, compresi chi era.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate? Secondo voi chi è la ragazza?
A presto
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