Capitolo 1
*Crystal's POV*
Pioveva. Le tegole bagnate rendevano l'equilibrio instabile e difficile, ma ormai ne ero abituata; dopo tutto facevo quel mestiere da molti anni; ero diventata adulta facendo quel lavoro. Ero cambiata proprio per colpa di quella mansione, anche se, più che quel mestiere, era stata una persona in particolare a trasformare il mio carattere. Per colpa sua ero cambiata e, anche se mi costava ammetterlo e continuavo a fuggire da tutto e tutti, ero felice di averlo conosciuto e di aver creato quei ricordi con lui e non con un'altra persona.
Il mio bottino, ovvero un semplice carillon, piccolo, decorato con pochi e piccoli, ma preziosi, diamanti che trasformavano quel delicato oggetto in uno che ne valeva milioni, era al sicuro nella tasca del mio giubbotto in pelle nera.
In quel momento, così fatidico e importante, ero semplicemente concentrata sul restare in equilibrio per riuscire a scappare con il mio premio.
Si, stavo scappando e fuggivo dall'unica persona da cui non avrei mai voluto separarmi. Lui era speciale. Lui era l'unico a capirmi veramente e a volermi rimanere accanto anche se ho un carattere problematico e difficile. Eppure, nonostante tutto questo, continuo a scappare da lui, da noi, dai miei sentimenti. Ero spaventata, intimorita e preoccupata, non da lui, non dai ricordi, nemmeno dal mio passato o dal mio futuro, ma dai miei sentimenti. Non ero ancora pronta ad accettare quel nodo alla gola che mi saliva non appena lo vedevo, non riuscivo a sopportare i brividi che mi scorrevano lungo la schiena non appena lo vedevo. Semplicemente non potevo ammettere che mi era successo di nuovo, non volevo permettere a me stessa di accettare il fatto di essermi fatta ingannare nuovamente da quella ragnatela nella quale mi ero ripromessa di non caderci un'altra volta. Mi stavo comportando da bambina immatura ancora, ma non riuscivo a farne a meno, era più forte di me, sentivo la necessità di doverlo fare.
Se non fosse stato per il mio passato, per il mio carattere, per il mio orgoglio o, per la mia testardaggine, sono sicura che i miei sentimenti mi avrebbero obbligato ad arrestare la mia fuga e tornare indietro da lui per abbracciarlo e giurargli che mai e poi mai me ne sarei andata scappando per la terza volta dal mio passato e dagli ostacoli che fanno parte della vita. Gli avrei semplicemente promesso che non mi sarei mai più allontanata da ogni cosa... compresa me stessa e i miei pensieri. Sono sempre corsa lontano da problemi che mi sbarravano la strada, cercavo continuamente una strada secondaria o una scorciatoia, ma la verità è che la vita è fatta di salite e discese e prima o poi si devono affrontare, che lo vogliamo oppure no. La vita è piena di difficoltà e nonostante il mio passato, io continuavo a evitare gli ostacoli. Agivo da immatura, ne ero pienamente cosciente, eppure non facevo nulla per cambiare ciò. Lo accettavo anche se sapevo che era sbagliato.
Per permettervi di capire la mia storia, però, dobbiamo tornare indietro nel tempo; tornare al periodo in cui avevo semplicemente sedici anni e al giorno in cui feci quella scelta che mi avrebbe cambiato la vita, che mi avrebbe trasformato nella ragazza che non avrei mai immaginato di diventare fin da piccola. Infatti, quando avevo cinque anni, fantasticavo sul mio futuro e sulla donna che sarei diventata: felice, allegra, sincera, gentile e altruista; ma il tempo, senza che io me ne rendessi conto, ha cambiato le carte in tavola mutando i miei piani per il futuro. Mutando il mio carattere, la mia personalità e la persona che ero.
Quella decisione avrebbe cambiato per sempre un destino che mi era stato imposto fin dalla nascita. In passato, quando ero una bambina piena di sogni, speranze, desideri... sarebbe stato fantastico, un lusso, una sicurezza quel futuro pieno di sfarzo e fama designato dai miei genitori; ma si sa, il tempo cambia le cose, o meglio, cambia le persone. Ognuno di noi è libero di scegliere il proprio futuro prendendo delle decisioni buone o cattive. Tutti lo sanno e lo danno per scontato, ma nessuno si sofferma mai a pensare alle conseguenze che ogni scelta comporta. Io sono stata una di queste e sinceramente, nonostante la mia impulsività, non me ne pento. Anzi, dopo tutto questo tempo, posso finalmente affermare con un sorriso sulle labbra che il dolore e le difficoltà che ho affrontato le apprezzo perché sono state proprio quelle a rendermi la persona che sono ora. Il mio passato, dopo molti anni, sono riuscita ad accettarlo; mi ha cambiato, mi ha reso una persona complicata e diversa, ma mi ha insegnato ad apprezzare le cose veramente importanti.
Era il 31 dicembre e la mia vita stava iniziando ad andare a rotoli. Avevo solo sedici anni eppure mi sentivo molto più matura e grande rispetto a una ragazza della mia stessa età.
Ogni giorno diventava una tortura incredibilmente lunga. Da ventiquattro ore, la giornata passava ad averne quarantotto se non di più. Ogni minuto o secondo era doppiamente lungo.
Ero sempre a casa da sola poiché i miei genitori molto spesso erano in viaggio per lavoro. Non erano mai a casa e quelle volte che avevamo qualche possibilità di stare in mia compagnia, si rinchiudevano nel loro studio e continuavano a lavorare ininterrottamente ignorandomi. Ero un'estranea nella mia stessa abitazione.
Non potevo mai disturbarli se non volevo essere sgridata e sentirmi dare dell'incapace o dell'inutile, erano parole dette in modo freddo, meschino e con la volontà di far male alla persona alla quale si riferivano. Infatti, ci stavo male e molto, soprattutto nei primi anni, ma poi le cose cambiarono e il mio cuore iniziò a diventare sempre più freddo e distante. Ora, quelle lettere che messe insieme in passato mi rattristavano, non mi scalfiscono più. Ora, quelle parole, pronunciate dalle labbra delle persone che dovrei chiamare genitori, non mi creano più alcuna emozione. Rabbia, odio, tristezza, sofferenza... non ci sono più; sono scomparse. Sento semplicemente una cosa chiamata indifferenza. Non provavo assolutamente nulla. Solo una sensazione di vuoto e delusione, ma anche quella, dopo un pò di tempo, è diventata invisibile al mio cuore a causa dell'abitudine.
Le uniche volte che mi rivolgevano la parola in modo gentile e cordiale era per comandarmi a bacchetta o per dirmi che dovevo organizzare una festa; e ciò accadeva ogni volta che avevamo ospiti, quando eravamo invitati a casa di amici o quando quest'ultimi venivano da noi, i miei genitori mi ripetevano ogni secondo cosa dovevo fare: "Vestiti elegante" o "Sii educata" o "non metterci in imbarazzo"... Tutte frasi fredde prive di affetto. Tutte frasi piene di odio e di rancore nei miei confronti.
Non capivo il motivo di tanto astio verso di me, ma dopo anni di dubbi e di ipotesi, mi sono messa il cuore in pace e l'ho accettato smettendo di cercare di renderli fieri di me facendo l'alunna modello o cercando di essere una brava figlia.
Vestivo sempre i panni di una ragazza che non ero io. Da piccola lo facevo di mia spontanea volontà per renderli fieri di me e per poter vedere un loro sorriso, anche se tirato e minuscolo, per merito mio. Ma poi le cose sono mutate. O meglio, io sono cambiata. Ora, fingevo di essere qualcuno che non ero solo alla feste o alle cene. E se lo facevo, era solo perché me lo ordinavano i miei genitori. Odiavo recitare le parti di qualcuno che non ero io, mi sentivo falsa e ipocrita. Mi sentivo come una attrice che doveva indossare più maschere nello stesso film. Mi sentivo come un giocattolo a cui veniva tolta la povere e utilizzato solo quando era utile, per poi essere abbandonato nuovamente nella scatola dalla quale era stato tolto precedentemente.
Così, alla fine, dopo sedici lunghi anni, non sopportando più la situazione in cui stavo e, volendo solo trovare una via di fuga che mi permettesse di fare la vita che desideravo, senza ordini, senza regole, senza limiti. Cercavo un luogo dove potevo essere me stessa senza sentirmi in colpa o senza sentire i rimproveri dei miei genitori! Volevo solo essere libera e decidere da sola la mia strada per quanto dura potesse essere. Volevo spiegare le mie ali e volare via verso il cielo infinito.
Desideravo solo poter creare il mio destino, senza essere la marionetta di qualcuno che mi facesse compiere azioni che non volevo per fare bella impressione a delle persone che in realtà mi erano completamente estranee. Dovevo sempre avere un bel sorriso stampato in faccia e recitare a memoria le frasi che mi dicevano mio padre e mia madre. Ero una attrice e odiavo esserlo. Volevo smettere di indossare quelle maschere che nascondevano la ragazza che ero e i miei veri sentimenti agli altri. Ma purtroppo, come ogni volta che si indossa una maschera per troppo tempo, ho perso di vista la mia vera identità e il mio vero carattere. Alla fine, quelle maschere mi hanno aiutato a creare la mia nuova personalità fredda, senza cuore, spietata e anche pazza; celando sempre di più la vera Crystal Aurora Denasty.
Sapevo che l'unico modo per ritrovare la vera me stessa, la vera Crystal Aurora Denasty, era abbandonare tutto, partire e trovare finalmente il luogo che potevo chiamare Casa con la lettera maiuscola. Sarebbe stato complicato: non mi sarei sottomessa a nessuna regola, avrei viaggiato per il mondo e, mi sarei fermata non appena avrei trovato quel luogo che mi avrebbe aiutato ad aprire le mie ali per mostrare la mia vera personalità. Volevo essere come una rondine: libera di andare dove la portava il cuore.
Fu proprio in quel giorno, mentre festeggiavo a casa mia, o meglio, nella villa fin troppo grande e sfarzosa in cui vivevo, il capodanno con l'unica ragazza che fino ad allora non mi aveva mostrato ostilità o abbandonato o usato a causa dei soldi che possedevano i miei genitori, che mentre guardavo il soffitto, assorta nei miei pensieri pieni di rancore e rabbia verso la mia vita, alle tre di mattina, maturai la decisione di abbandonare la mia famiglia e di scappare per sempre da casa.
La mia vita non mi piaceva per niente, ma allora.. perché non cambiarla? Perché non andarmene e realizzare i miei sogni? Dovevo farlo per me stessa senza alcuna esitazione: era la mia vita, i miei sogni, i miei desideri, il mio carattere. Andarmene era l'unica cosa che potevo fare se volevo sperare in un futuro che mi piacesse e se volevo ritrovare la vera me stessa e volare libera nel cielo.
Dovevo solo aspettare il momento il giusto e scomparire dalla circolazione e dal mondo delle famiglie ricche, ma soprattutto, dovevo sparire dal circolo della famiglia Denasty, i migliori stilisti del mondo. Dovevo tornare a essere la vera e semplice Crystal Aurora Denasty. Volevo andarmene per dimenticare e riuscire ad accettare il mio passato. Dovevo semplicemente uscire dalla porta di quella casa per non tornare mai più se volevo smettere di essere influenzata dall'ambiente superficiale, sfarzoso e fin troppo falso nel quale vivevo.
Il giorno ideale si presentò la notte del mio compleanno, il 1 febbraio. I miei genitori avevano deciso di andarsene in viaggio a Dubai per prendersi una pausa dal lavoro e,come ogni anno, si erano dimenticati del mio compleanno. Come ogni mio compleanno mi avevano lasciato sola, ma, come sempre, non sentivo nulla, era diventata una consuetudine come la delusione e il vuoto che sentivo dentro di me, ma che ormai erano diventate invisibili.
Quella sera preparai il minimo indispensabile, non dovevo lasciare tracce: presi la mia grande borsa nera, la riempii con tutti i soldi che trovai in casa e tutti i gioielli preziosi che c'erano, presi dell'acqua e un cambio.
Decisi di portare con me anche il mio telefono per evitare che, fino al giorno del loro arrivo, non si preoccupassero o intuissero la mia fuga; anche se era difficile dal momento che, per loro, io ero solo una ragazzina che, se serviva, esisteva e, se invece era inutile, come la maggior parte delle volte, era come un'estranea.
Partii, chiusi a chiave e mi diressi a piedi verso la fermata dell'autobus.
Era buio si riuscivano solo a scorgere i profili delle case e delle ville illuminate leggermente dalla luce fioca della luna quasi invisibile a causa del cielo pieno di nuvoloni grigi e neri. Era come se quel tempo volesse avvertirmi del fatto che la decisione appena presa, e che credevo fosse la cosa migliore della mia vita, fosse in realtà un grandissimo e irrimediabile errore al quale mai e poi mai avrei potuto porre rimedio. Ma, anche se fosse stato vero, la mia vita non mi piaceva già, quindi, anche se la mia scelta fosse stata la più errata al mondo, non avrebbe potuto peggiorare ancora di più le cose. Quando si tocca il fondo del baratro puoi solo provare a scavalcare la parete e risalire in cima alla luce del sole. La cosa peggiore che può succedere è cadere, ma se sei veramente determinato a realizzare i tuoi sogni, ti rialzi e ricominci la scalata. Ecco quello che io stavo facendo; stavo cercando la via di fuga per la mia salvezza... E conoscendomi, ero sicura che la mia l'avrei ottenuta.
Arrivata alla fermata, presi l'autobus e arrivai alla stazione dei treni in centro a Milano.
Comprai un biglietto per la Croazia e aspettai con pazienza l'arrivo del mezzo di trasporto. Ma, prima di salirvi, buttai il mio cellulare dentro un cestino dopo aver rotto la sim per renderlo irrintracciabile.
Continuai il mio viaggio ma, arrivata al confine, si presentò il mio primo grande vero ostacolo: riuscire ad entrare in Croazia superando il confine, ma oltre a questo, per fortuna, non sorsero altri problemi dal momento che i miei genitori non avevano ancora denunciato la mia scomparsa. Quindi; non serviva che mi nascondessi o che mi rendessi irriconoscibile tingendomi i miei lunghi capelli o facendomi tatuaggi.
Però, restava il problema della mia età e dell'entrata in Croazia: mi servivano dei documenti che facessero credere a tutti che io fossi maggiorenne; ma, ovviamente, non li possedevo e la Croazia rimaneva una meta ancora lontana e difficile da raggiungere. Ma non mi sarei arresa. Era solo il primo ostacolo e non era impossibile. Dovevo rimanere calma e non perdere la pazienza. Dovevo sfruttare nel miglior modo possibile il tempo che avevo a disposizione per ragionare e trovare la soluzione al mio problema.
Dopo due giorni in cui continuavo a cercare una possibilità di superare il confine, riuscii finalmente a trovarla, anche se non nel modo in cui credevo..
La "scoprii" mentre camminavo per strada, con il volto verso il basso e l'aria pensierosa, era un giorno soleggiato, torrido e caldo, sembrava che fosse agosto anziché febbraio. Il sole era splendente e illuminava ogni singolo edificio, strada, parco e alberi del luogo in cui mi trovavo. Quel paesino era meraviglioso, piccolo e confortevole. Gli alberi e l'erba erano di un verde smeraldo fantastico e lucente soprattutto grazie ai raggi caldi del sole. Il fatto che fosse un paesino di piccole dimensioni, ti aiutava a sentirti ancora più a tuo agio. Le case erano delle piccole villette in legno e con degli ampi giardini anch'essi di un verde soleggiante. Quando passeggiavi per le strade potevi notare le persone sorriderti cordialmente e salutarti con un cenno del capo. Era tutto così bello. Era tutto così diverso dalla mia vecchia vita. Quel paesino mi faceva sentire molto più a mio agio di quella che era la mia vera casa.
Stavo camminando tranquillamente mentre continuavo a osservare il paesaggio che mi si presentava davanti, quando un ragazzo, che in futuro scoprirò essere la risoluzione del mio problema, mi si parò davanti fermandomi.
Appena alzai la testa per guardare il suo volto, rimasi abbagliata dal suo aspetto: alto, con una carnagione olivastra, ma lucente, occhi di un color verde smeraldo molto intenso e penetrante e capelli castani ricci.
Lo guardavo dritto negli occhi con le braccia incrociate al petto e con un sopracciglio alzato verso l'altro nascondendo così, la meraviglia che avevo provato appena lo avevo visto. Continuavo a osservarlo mentre aspettavo che mi spiegasse il motivo per il quale mi aveva fermato in mezzo al marciapiede. Lui non conosceva me, io non sapevo chi lui fosse e nemmeno cosa volesse da me. Stavo perdendo la pazienza; avevo cose migliori da fare che continuare a sostenere il suo sguardo.
Quando vide che non avevo alcuna intenzione di abbassare la testa o di distogliere i miei occhi dai suoi per un possibile imbarazzo o per parlare per prima, aprì la bocca e con un sorriso divertito e arrogante mi chiese:
"Dove stai andando così da sola in luogo come questo?"
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