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EPILOGO

I grilli che zampettavano sull'erba e sui rametti che sfioravano l'acqua del fiume, creata dalla Cascate del Bianco, infondevano pace alla bambina che gettava giocosamente dei sassi nell'acqua.

Kąmillą aveva abbandonato i festeggiamenti pomeridiani per recarsi in quel luogo, non voleva restare con i fratelli e la madre perché si sentiva inadatta e delusa dai doni che i ragazzi avevano ricevuto. Desiderava restare sola, come una "lupa solitaria" intenta a leccarsi le ferite.

"Perché non posso avere anch'io un'arma come i miei fratelli? Perché non posso combattere e uccidere gli Spiriti Maligni come loro?" - si domandò mentalmente la bambina mentre si sedeva sull'erba umida - "Non pretendo tanto, non chiedo una sacca colma d'oro. Vorrei soltanto dimostrare a mio padre che valgo qualcosa."

Gli occhi bianchi fissarono le punte dai pini e alcuni corvi appollaiati sui rami delle querce. Le mani sfiorarono la gonna turchese e alla fine intrecciarono le ciocche bionde per formare una sottile treccia. La bambina poteva udire la musica prodotta dei tamburi nel villaggio, ma sembrava non interessarle.

Un rumore di passi si avvicinò a lei, Kąmillą poteva riconoscerli perfettamente, poiché erano quelli del padre. Diede un'occhiata al genitore alle sue spalle, ma poi si voltò di nuovo per osservare in silenzio il fiume.

- Tua madre ti cercava, Kąmillą, ma ho immaginato che fossi qui a pensare – Ander sorrise e si mise seduto accanto alla figlia.

La piccola rimase zitta; attese qualche secondo prima di dire qualcosa al padre, che nel frattempo aveva già compreso il motivo di tutto quel silenzio. La stessa solitudine lo aveva accompagnato per tanto tempo nella giovinezza, soprattutto quando il vecchio Kolbjorn lo picchiava perché assomigliava all'uomo che aveva portato nel piacere Tiril. Ander abbassò lo sguardo e prese una margherita, accennò un sorriso e spostando qualche ciocca bionda della figlia gliela posò sull'orecchio.

- Lo sai, quando ero come te, cercavo sempre di ascoltare il gracchiare dei corvi e di notare qualche scoiattolo al di là del fiume. Quando trovavo degli scoiattoli, gli portavo delle noccioline. Dovevi vederli, Kąmillą, litigavano per divorarle quelle noccioline – rise.

La bambina ignorò il padre rimanendo offesa e delusa, posò un ginocchio sul mento e abbracciò la gamba. Ander incrociò le gambe come un lupo che scrutava il paesaggio insieme al suo cucciolo.

- Per non parlare di quella volta che all'età di cinque anni ero andato nel bosco del Vecchio Troll e ho notato due cuccioli di drago. Le amiche di tua nonna mi sgridarono per quel gesto.

- Davvero?! Avete visto dei draghi? – Kąmillą osservò il padre con meraviglia.

- Sì. – rise chiudendo gli occhi – Sono creature particolari e i cuccioli sono vivaci, peggio dei lupi.

La bambina prese un fiore e lo stropicciò; osservò a lungo quel che ne rimase, come se potesse scorgere fra quei petali rovinati le parole adatte a confessare il suo dolore. Ander attese, silenzioso, poi accarezzò con le dita la guancia della figlia, cercando di trasmetterle sicurezza e affetto. Kąmillą capì i piccoli gesti e posò le labbra sul ginocchio coperto dalla gonna.

- Scusatemi, padre, se sono fuggita, ma non avevo voglia di vedere la felicità dei miei fratelli – sussurrò con tristezza la piccola.

- Perché? Avere dei fratelli che tuteleranno il villaggio con una degna arma i propri cari è un momento di felicità.

Kąmillą abbassò lo sguardo, scontenta; le sue mani vennero scosse da tremolii, che non sfuggirono agli occhi del padre.

- Perché solo gli uomini possono combattere e maneggiare le spade, padre? – Kąmillą fissò il padre – Non lo trovo giusto.

- Perché le donne hanno il compito di badare alla famiglia, ai figli e nelle vesti delle Maghe di Cristallo alla magia. Le spade, Kąmillą, non sono fatte per essere maneggiate dalle fanciulle. Vieni qui... - allargò le braccia per invitarla a sedersi sulle ginocchia.

La bambina si sistemò l'abito e si alzò, accomodandosi poco dopo sulle ginocchia stanche del padre. Ander posò la guancia sul capo della figlia e le indicò gli alberi attorno a loro.

- Rammenta, figlia mia, un giorno capirai cosa vuol dire portare con se un tale peso come la magia al tuo cospetto. Quando raggiungerai l'apice del potere, solo allora capirai il suo vero valore.

- Valore che hanno raggiunto i miei fratelli, non me – socchiuse gli occhi la piccola.

- Tu hai qualcosa che a loro manca – sorrise alla figlia.

- Cosa?

- La pazienza.

Il padre aprì la mano accanto al braccio della figlia ed ella posò la sua come segno d'affetto. I frammenti della Maga Tiril vivevano in loro, una connessione così antica che difficilmente poteva essere cancellata.

- La pazienza aiuta, Kąmillą. La pazienza calma gli animi e permette di ragionare sulle strategie di una guerra. La pazienza... era viva in tua nonna.

La bambina socchiuse gli occhi sentendo il vento sulla pelle e i capelli scivolare sulle spalle. Ander fissò con intensità il fiume, come se osservarlo potesse bastare a rassicurarlo in merito alla veridicità delle sue parole.

- Padre... voi credete che un giorno una donna maneggerà una spada? Un giorno forse... qualcuno avrà l'onore di combattere insieme agli uomini.

Un mugugno provenne dall'uomo che stava riflettendo su quelle parole; non c'era verso di rifiutare quella domanda e quella curiosità, dopotutto era solo una bambina.

- Se mai succederà, figlia mia, solo gli Dèi potranno scoprirlo. Una spada... in mano a una donna – sorrise – chi lo sa, solo gli Dèi sapranno il nostro fato.

La piccola si accoccolò al padre, Ander l'abbracciò con tenerezza e chiudendo gli occhi cantò una canzone, una melodia che veniva pronunciata da sua madre quando lo teneva in braccio.

Nel corso degli anni, Kąmillą non dimenticò suo padre e la sua saggezza. Le spade che brandivano i figli di Ander, creati dal suo stesso sangue, passarono in Andersen in Andersen. Tuttavia Kąmillą non poteva di certo sapere che quella stessa spada sarebbe giunta nelle mani di colui che avrebbe aperto la Soglia di Loki, liberando il Caos sulla Terra.







FINE

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