Capitolo 7 - Blíkja
Kenneth calmò i suoi uomini e i Cavalieri di Ghiaccio che erano vicini all'entrata della grotta. L'agitazione sfiorò i loro animi; temevano che Ander fosse morto e che nulla potesse calmare il dolore dei suoi figli. Sarebbe stata una grande perdita, un dolore che nemmeno gli Dèi avrebbero potuto calmare.
I detriti scivolarono sul terreno fangoso e roccioso di quella terra, un vento gelido sfiorò il corpo degli uomini e in lontananza si udì un ululato. Kenneth sfilò il pugnale dal fodero e corse verso l'entrata, seguito dai Cavalieri che non temevano nessun nemico, nemmeno il Grande Lupo. Tuttavia l'uomo dovette fermarsi quando vide l'amico uscire faticosamente dalla caverna.
Ander si inginocchiò di fronte a lui e respirò a fatica, trattenendo il dolore per le ferite e le escoriazioni sul corpo. Il potere che scorreva come un fiume nelle sue vene si attenuò; scomparve in un battito di ciglia. Nella sua mano, ruvida, sporca e tremante aveva il canino del fratellastro, lo custodiva come se fosse un tesoro ricoperto d'oro.
Kenneth lo aiutò a sollevarsi e a sorreggersi sulle gambe ormai distrutte dalla stanchezza, alcuni uomini cercarono di portargli delle sostanze curative, ma Ander rifiutò e tolse con rispetto la mano dell'amico.
- Ho incontrato il Grande Lupo, mi ha dato questo. – Ander aprì la mano mostrando il dente a Kenneth – Ha detto che devo bagnarlo con il mio sangue e attuare il rito per la creazione dell'arma.
- Ti ha lasciato in vita? Dopotutto quello che aveva fatto contro gli Dèi? – domandò con preoccupazione Kenneth.
- Sì. Abbiamo avuto una discussione... fraterna – si pulì con la mano la fronte bagnata dal sangue.
Kenneth rimase per qualche secondo basito da quelle parole, ma alla fine mostrò un profondo sorriso per il risultato di quella discussione. Era felice che il Fratello di Spirito fosse stato il vincitore di quella battaglia tra zanne e spade. Ander notò la sua espressione intenerita e gli diede un buffetto sulla spalla.
I Cavalieri dei due Ordini osservarono i due Capi con rispetto e, preparandosi per il ritorno verso le drakker, si avviarono con loro.
Non c'era molto da parlare, Kenneth cercò con insistenza qualche informazione sul Grande Lupo, ma Ander sembrò sfuggente riguardo alla verità di suo padre. Non avrebbe cambiato il volere degli Dèi e del fratellastro, ma sarebbe stato un guerriero giusto per i suoi figli e per l'intero Ordine.
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Dovettero passare molti giorni prima che Ander potesse fare ritorno al villaggio. Non appena le Sentinelle Azzurre videro in lontananza le barche che stavano ormeggiando sulla baia, un'eco di voci, urla e risate riecheggiò nel villaggio. I bambini e le donne correvano per fermarsi sul porto e attendevano con speranza il ritorno degli uomini, mentre gli altri che erano rimasti al paesello osservavano con pazienza i viaggiatori.
Il suono del corno echeggiò per alcuni istanti, avvisando i paesani che le barche erano attraccate al porto. Knut e i figli di Ander uscirono dalle dimore e corsero verso la baia, cercando i loro genitori, i quali erano circondati dalla folla.
Tuttavia non furono solo le risate a essere percepite dai paesani, ma anche le urla di dolore e i pianti quando i guerrieri avvisarono i figli e le mogli delle vittime nello scontro con le Streghe. Ander e Kenneth si presentarono a ogni parente delle vittime e gli porsero delle spille che erano attaccate agli abiti dei defunti.
Quando gli onori ai defunti furono poste ai cari, i figli dei due Capi li fissarono. Knut deglutì un po' di saliva e si precipitò dal padre, il quale posò le mani sulle spalle e lo abbracciò, sussurrandogli una benedizione. Ander al contrario fissò i figli, i quali si avvicinarono con un po' di timore. Gytha arrivò insieme a Kąmillą e si unì ai figli, Ander accarezzò i capi dei ragazzi come se volesse mostrare un po' d'affetto. Quando concluse il gesto guardò per ultima la moglie, Kąmillą strinse la gonna di sua madre e osservò il padre.
- Gytha... promettimi, promettimi che non mi farai incatenare o esiliare per amore – sussurrò Ander senza farsi udire dai guerrieri.
Gytha si coprì la bocca con la mano, trattenendo le lacrime per quelle parole, abbassò il capo come se volesse nascondere quel dolore. Ander si avvicinò alla moglie osservato con cura dai figli.
- Perché? Perché pensi a questo? – Gytha sputò quelle parole con una punta d'ira verso il marito.
Ander sorrise e quando si mise di fronte a lei, le accarezzò una guancia, strusciò il naso sullo zigomo della moglie, come se volesse lasciare il suo profumo sulla pelle.
- Perché è stato proprio questo a incatenare mio padre. L'amore l'ha "ucciso".
Gytha guardò con orgoglio il suo sposo. Le dita sottili della donna andarono a sfiorargli la barba e poi la guancia, costellata da rughe. Si cercarono; gli sguardi si incatenarono fra loro e le labbra, fra un ringraziamento mormorato agli dei e un mugolio, si incontrarono con delicatezza. Fu questione di pochi attimi prima che i due si staccassero, scambiandosi un "ti amo" nella loro lingua antica.
Quando il Capo villaggio, seguito da Kenneth, lasciò la moglie e i figli, ordinò con severità di chiamare il Goði* e di far preparare la zona per la cerimonia, il Dio Fenrir aveva indicato ad Ander, prima che lui uscisse dalla grotta, come creare l'arma.
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Dopo qualche ora, fuori dal villaggio e presso una zona circondata dalle pietre runiche, il Goði* fece preparare una bacinella con ghiaccio e acqua. Il Capo del villaggio si fece strada tra i paesani e i Cavalieri di Tuono. Kamilla osservò il Kyrtill marrone del padre e le spille verdi che decoravano l'abito. Sussurri si diffusero nella zona rocciosa e boscosa, assieme all'ululato del vento e al gracchiare dei corvi.
Il Goði stringeva il bastone che teneva in mano e osservava con precisione la bacinella posta su un telo di pelle di capra e le nove spade conficcate ai bordi del tessuto, quelle stesse armi che formavano sul terreno il Valknut*.
Il Sacerdote alzò il bastone e un canto profondo e sacro, riservato agli dei, fece zittire i presenti; dopodiché i Cavalieri dei due Ordini batterono le armi sugli scudi tondi, come a volerne scandire il ritmo. Kenneth alzò il pugnale e urlò una benedizione al Dio Óðinn; lo seguì Ander, sollevando il canino stretto fra le dita.
In un momento il silenzio scese su uomini e donne. Ander si avvicinò alla bacinella con cautela, come se non volesse sbagliare quel rito e mancare di rispetto agli Dèi; gettò il canino del fratellastro nell'acqua. Il Goði ricevette da una Maga di Cristallo un pugnale, si fece dare la mano del guerriero e con un gesto rapido incise la carne, ferendo e bagnando con il sangue l'acqua della bacinella. Dopodiché prese quella mano sporca di sangue e intinse due dita sul liquido, disegnando la runa di Loki sulla fronte di Ander.
In quel momento, il Sacerdote si spostò, chinò il capo allargando le braccia e notò con Ander che l'acqua stava mutando in un liquido bianco, il sangue si mescolò al ghiaccio e delle scintille uscirono dalla bacinella.
I presenti guardarono basiti quell'evento, non era una novità che le spade appena create scatenassero quelle scintille, ma l'arma del guerriero creava dei fulmini molto più intensi del previsto. Un vento gelido spostò gli abiti dei Cavalieri, il Goði osservò Ander e notò gli occhi bianchi e i tribali pervinca coprirgli le mani e il collo, poi un fumo bluastro e nero uscì dalla bacinella, prendendo la forma di un lupo. Ander allargò le braccia come se fosse in uno stato di trance e la voce da prima profonda, diventò metallica, quasi come quella di un Dio.
- Che i miei discendenti ricordino questo giorno. Il mio sangue non ucciderà la mia stessa carne. In onore del Dio Fenrir, in onore del Dio Loki e del Dio Óðinn! La spada rimarrà al fianco dei miei figli e i figli dei loro figli, distruggerà gli Spiriti Maligni e proteggerà i Mortali per il volere degli Dèi! Questo è il mio volere, il volere di mia madre, Tiril, e il volere di mio padre, il Dio Loki! – urlò Ander.
A quelle parole, un lampo pervinca si abbatté fra di loro, ma senza ferirli, seguito dall'ululato di un lupo. Ander immerse con forza la mano nell'acqua gelida per estrarre la spada ormai pronta.
L'arma venne alzata per essere mostrata ai presenti, luccicava come un diamante, delle incisioni indicavano il nome del Grande Lupo; l'elsa era in ottone, smeraldo e alcuni ghirigori in oro.
Ander rise di gusto mentre era scosso da quel potere che aveva mostrato con il fratellastro, poi un vento sfiorò le sue spalle e i suoi capelli, una voce profonda venne percepita solo da lui, una voce famigliare che non sentiva da tanto tempo.
"Mio prediletto, mio onore, mio orgoglio. Ricordati chi sei, ricordati di me, ricordati di tua madre. Sei benedetto da me soltanto, figlio mio."
Ander spalancò gli occhi bianchi e delle lacrime di brina scesero sulle guance rugose, schiuse le labbra secche al suono di quella voce. Gli sembrò un miracolo poterla ascoltare, ancora; scoprire che le sue speranze, per quanto fragili, fossero divenute realtà, anche se solo per poco. La sorpresa, però, durò il tempo di un sospiro, perché sia lui che gli altri presenti furono costretti a riparare gli sguardi a causa dalla luce scaturita dalla spada appena creata.
- Padre... - sussurrò Ander.
Il vento e il lampo si attenuarono lentamente prima di scomparire nella zona coperta dai pini e dalle pietre runiche, gli abitanti sussurrarono qualcosa e molti di loro sorrisero. Quando Ander concluse quella creazione, il Goði avvicinò i figli del Capo villaggio per creare da un pezzo di quell'arma le nuove spade. I sette figli non stavano più nella pelle, erano emozionati, molti di loro temevano la creazione, ma altri non vedevano l'ora di brandire le armi.
Quando la cerimonia si concluse e iniziò a serpeggiare fra tutti i presenti, Ander, insieme a Kenneth, impose l'organizzazione un magnifico banchetto in tutto il villaggio. Dovevano festeggiare, dovevano esultare le gesta degli uomini vivi e i morti in battaglia. Il Sacerdote onorò quella decisione e fu invitato per primo da Ander per quel festeggiamento.
L'unica che rimase delusa, insieme alla madre, fu Kąmillą. La bambina fissò con occhi grandi e invidiosi i fratelli con in mano le loro nuove spade, a lei non rimase che un pugno di mosche. Non poteva brandire un'arma del genere, poiché le Maghe di Cristallo avevano la Magia e non l'uso della spada. Le sembrava di essere inferiore ai fratelli, inferiore al padre che non faceva altro che ridere e gioire insieme ai suoi figli. Avrebbe fatto qualsiasi cosa solo per essere notata da lui, solo per essere come loro e combattere nelle guerre, ma sapeva che una donna non avrebbe mai osato far un atto del genere. Sua madre le ripeteva sempre che i maschi avevano il compito di combattere, difendere le donne dell'Ordine e di procreare, nulla di più.
Tuttavia il dolore di quella bambina fu ignorato dai genitori, poiché erano concentrati nell'organizzare balli e canti per quell'evento.
*
* Goði – Sacerdote
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