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Capitolo 32

Dopo il viaggio in carrozza passato in assordante silenzio, finalmente arriviamo a casa. Scendo per ultima, preceduta da mia madre e mia sorella. Prima di entrare in casa, mi fermo un attimo ad osservare il cielo. Dev'essere da poco passata la mezzanotte e le stelle brillano come tanti piccoli diamanti sparsi su del velluto nero. Davanti allo splendore dell'universo, non posso fare a meno di sentirmi piccola e per un momento mi dimentico dei miei problemi, insignificanti comparati all'immensità delle stelle. 

<Anastasia, cosa stai facendo lì?> grida mia madre.

Ed ecco che la realtà mi raggiunge di nuovo. Torno con i piedi per terra ed entro in casa.

Mentre mi tolgo la mantella che mi riparava dall'aria frizzante della notte, arriva Ella trafelata.

<Beata te, Ella, che non sei venuta la ballo> dice mia madre. <È stata una perdita di tempo.>

<Sì, è vero!> conferma Genoveffa. <Stavo ballando con il principe quando è arrivata quella ragazza a rubarmelo. Non era neanche tanto bella e il suo vestito non era niente di che.>

Ella non commenta, si limita a prendere le nostre mantelle per riporle.

Quando prende la mia, le dico a bassa voce: <Mi è dispiaciuto che non ci fossi.>

Apre bocca, ma vedendo avvicinarsi mia madre, la richiude e mi sorride a bocca stretta.

Trattengo uno sbadiglio e da quello mi rendo conto di quanto in realtà io sia stanca. Salgo nella mia stanza, mi cambio e finalmente entro a letto, pronta per del meritato riposo.


Quando apro gli occhi, è giorno e la luce entra attraverso le tende aperte. Mi alzo dal letto, indosso una vestaglia e scendo a fare colazione.

Mia madre e Genoveffa sono già a tavola e stanno parlando.

<Ne ho proprio bisogno. Devo riprendermi> dice mia madre.

<Sì, hai ragione, madre. È stato un duro colpo> conferma Genoveffa.

Mi siedo al mio posto, chiedendomi di cosa stiano parlando, ma non devo aspettare molto per avere la risposta.

<Allora è deciso. Finita la colazione, andremo al villaggio a fare spese. Ne abbiamo entrambe bisogno per riprenderci dalla delusione di ieri sera.>

Ah, ecco di cosa parlavano. Il loro piano per far sposare Genoveffa al principe non ha funzionato e allora si tirano un po' su con dello shopping, che in realtà non potremmo permetterci.

<Tu non ne hai bisogno, vero, Anastasia?> chiede mia madre, sfidandomi a dire il contrario.

<No, madre. Voi andate pure> rispondo.

Finiscono la loro colazione ed escono immediatamente di casa perché "non possono proprio aspettare" - loro testuali parole.

Mangio tranquilla e poi risalgo in camera. Leggo un po' e poi mi decido a cambiarmi d'abito. Quando sto per farlo, sento rumori all'ingresso e decido di andare a vedere.

<Anastasia, cambiati! Presto! Metti il tuo vestito migliore!> grida mia madre.

Come mai sono tornate indietro?

<Cosa è successo, madre? Credevo foste al villaggio a fare spese> dico, perplessa.

<Sì, ma abbiamo saputo una cosa!> dice Genoveffa, eccitata.

<Cosa?> chiedo. 

Cosa può averle spinte a tornare così presto a casa senza aver comprato niente?

<Il principe! Sta arrivando!> dice Genoveffa.

<Come?>

<Sì! Sai quando ieri sera l'abbiamo visto raccogliere qualcosa dalle scale? Stava raccogliendo una scarpetta. Pare che l'abbia perduta la ragazza misteriosa e adesso lui sta visitando ogni casa per farla provare a tutte le ragazze> dice Genoveffa, sempre più euforica.

<E?>

Cosa c'è di così bello in un principe che vuole restituire una scarpa?

<E la ragazza a cui entrerà la scarpetta, diventerà sua moglie! Capisci?! Diventerò regina!>

Questa sì che è una bella notizia. Spero che il principe riesca a trovare la legittima proprietaria della scarpetta. Mi chiedo, però, come faccia a stabilire se sia la ragazza che cerca. Una scarpetta non può certo entrare a una sola persona, a meno che non abbia un piede molto grande o molto piccolo.

<Cosa fai ancora lì, Anastasia? Vai subito a vestirti! Non rovinerai questa enorme opportunità per tua sorella!> grida mia madre, vedendomi ancora sulle scale in vestaglia.

Mi giro e risalgo velocemente le scale. Non sono certo interessata al cuore del principe, visto che il mio è già impegnato, ma non è certo il caso di farsi vedere in vestaglia.

Indosso un semplice vestito bianco e azzurro e ridiscendo nuovamente le scale per andare in salotto ad aspettare. Dopo un bel po' arriva Genoveffa. Noi due siamo proprio il Sole e la Luna, il giorno e la notte, il bianco e il nero, il caldo e il freddo. Io ho optato per la semplicità, mentre lei per il vestito più pomposo, ingombrante e appariscente che possiede.

Entra in salotto e si siede, a fatica, sul divano.

Aspettiamo tutt'e tre in salotto, finché non sentiamo rumori di carrozze e cavalli nel nostro giardino.

Mia madre si avvicina alla finestra con finta nonchalance.

<La carrozza reale! Il principe è qui!> ci conferma.

Chiama Sara e le ordina di aprire la porta al principe e di accompagnarlo in salotto.

Sentiamo rumore di passi nell'ingresso e dopo poco, ecco entrare il principe, in tutto il suo fascino.

Ci inchiniamo tutt'e tre al suo cospetto.

<Buongiorno, altezza> saluta mia madre.

<Buongiorno a voi, signore> risponde il principe.

<Si accomodi pure, Signore. Vuole qualcosa da bere o da mangiare, Signore?> chiede mia madre.

<No, grazie. Sarà una cosa veloce. Non voglio trattenervi troppo, signore. Il mio valletto vi farà provare la scarpetta> risponde il principe.

Mia madre spinge leggermente mia sorella. Genoveffa si siede - sempre con fatica dato il vestito ingombrante - sul divano, toglie la scarpa destra dal suo piede e attende che il valletto le faccia provare l'altra che le porterebbe corona, ricchezze e il principe. Il servitore si inginocchia di fronte a mia sorella, prende la scarpetta e prova a infilarla al suo piede. Prova e riprova, sotto insistenza di Genoveffa, ma non le entra.

<Mi dispiace, signorina. Purtroppo il suo piede è più grande di questa scarpetta> dice il valletto.

<Ci riprovi. Mi entrerà> dice Genoveffa a denti stretti.

<Mi dispiace, ma è inutile, signorina.>

Genoveffa cerca di insistere di nuovo, ma appena incrocia lo sguardo del principe, si arrende. Forse si è resa conto che si sta/ rendendo ridicola.

<Tocca a lei, signorina> dice il principe.

Mi avvicino e mi siedo di fronte al valletto. Tolgo la mia scarpa e lui mi fa provare l'altra.

<Mi dispiace, signorina. Non entra neanche a lei. Anche il suo piede è grande per questa scarpa> dice il valletto.

<La faccia riprovare di nuovo a Genoveffa. Sono sicura che adesso le entrerà> dice mia madre.

<Mi dispiace, signora> dice il principe. <Ci sono altre signorine in questa casa?> chiede.

Dov'è Ella?

<Ci sarebbe...> comincio a dire, ma mia madre mi stringe forte il braccio e mi interrompe, dicendo: <No, Altezza. Siamo solo io e le mie due figlie.>

<Molto bene. Perdonateci per avervi disturbato> dice il principe.

<Nessun disturbo, Altezza> risponde mia madre.

Ci inchiniamo tutt'e tre in segno di saluto ed il principe e i suoi servitori si girano, pronti per uscire e riprendere le ricerche, quando dal piano di sopra si sente un rumore.

<Cosa è stato?> chiede il principe.

<Oh, niente, Altezza> dice mia madre, minimizzando.

<Io ho sentito un rumore. C'è qualcun altro in casa?>

<No, Altezza. Ci siamo solo io, le mie due figlie e Sara, la cameriera.>

<C'è anche Cenerentola> dice Genoveffa.

Mia madre si gira verso di lei e la fulmina con lo sguardo.

<Ops> dice lei, resasi conto dell'errore commesso.

<Chi è Cenerentola?> chiede il principe.

<Nessuno> dice mia madre.

<È la nostra sorellastra. Si chiama Ella> dico io.

<E dov'è?> chiede il principe.

<Dev'essere al piano di sopra, Altezza. Se vuole, salgo a chiamarla> propongo.

<Non c'è bisogno> dice mia madre, opponendosi. <Non può certamente essere la ragazza che cercate, Altezza. Non era nemmeno al ballo ieri sera. Era a casa a sbrigare faccende domestiche.>

<Ogni ragazza del regno deve provare la scarpetta> dice il principe, rivolto a mia madre. Poi, guardando me, prosegue: <Per favore, andate a chiamare vostra sorella.>

Faccio una riverenza al principe e mi affretto a salire le scale. 

<Ella? Ella?> continuo a chiamare.

Dove può essere? È strano che non sia scesa.

Continuo a chiamarla, finché non sento un rumore provenire dalla soffitta. Mi dirigo velocemente alla scaletta che porta alla camera di Ella e, più mi avvicino, più i rumori li sento più forti.

<Ella?> la chiamo.

<Anastasia!>

<Ella!>

<Grazie a Dio sei qui. Ti prego, aiutami.>

<Cos'è successo?> le chiedo, allarmata.

<Tua madre mi ha rinchiuso qui.>

<Adesso ti tiro fuori, Ella> le dico per tranquillizzarla.

Scendo le scale che mi hanno portato alla soffitta e corro nello studio. Sicuramente mia madre avrà messo lì le chiavi - o almeno lo spero. Apro la porta dello studio, frugo tra i cassetti della scrivania e trovo un grosso mazzo di chiavi. Una di queste libererà Ella. Corro di nuovo alla soffitta e comincio a provare ogni chiave del mazzo.

<Mi dispiace tanto, Ella> le dico. <Mi dispiace per come mi sono comportata.>

<No! A me dispiace. È colpa mia. Sono stata io a scrivere i tuoi segreti sul mio diario. È colpa mia se non puoi più stare con Daniel> dice lei.

La chiave gira e, finalmente, riesco ad aprire la porta.

Ella esce, ci guardiamo negli occhi - entrambe li abbiamo lucidi - e ci abbracciamo forte. Non so per quanto tempo restiamo così, ma ne avevamo entrambe bisogno.

Ci stacchiamo.

<Anastasia, devo dirti una cosa> dice Ella.

<Non c'è tempo. Dobbiamo scendere. C'è il principe che ti sta aspettando> le dico.

Mi guarda senza capire. Non posso fare altro che scendere fino al salotto insieme a lei e mostrarglielo.

Quando entriamo nella stanza, noto subito un cambiamento. In un angolo, Genoveffa piange, come non le ho mai visto fare. Mia madre cerca di non darlo a vedere, ma è agitata, arrabbiata e delusa.

Appena Ella entra nella stanza, noto anche che lo sguardo del principe cambia. Lei segue le indicazioni del valletto e si siede sul divano. Toglie la sua scarpa logora e vecchia e il valletto le fa indossare la scarpetta che le entra a pennello.

<Sei veramente tu?> chiede il principe, avvicinandosi ad Ella.

Lei annuisce. Lui le porge la mano che lei prende nella sua e si alza in piedi. Non riescono a distogliere lo sguardo. I loro occhi sono due magneti che si attraggono a vicenda. Le loro mani si uniscono e si completano. I loro cuori battono all'unisono. 

Erano due, ma ora sono uno.

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