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Capitolo 24

Sono passate due settimane da quando abbiamo ricevuto l'invito al ballo.
Non ho mai visto così felice Genoveffa. Anche mia madre è molto eccitata all'idea di far sposare la sua figlia preferita ad un vero principe erede al trono. Ha sempre sognato di vedere Genoveffa diventare regina e adesso ne ha l'opportunità. È felice anche perché pensa di aver così sistemato entrambe le figlie, non sapendo che io ed Enrico non stiamo più insieme - anche se in realtà non siamo mai stati fidanzati. So che dovrò dirglielo prima del ballo: temo di incontrarlo e che mia madre gli chieda qualcosa.

<Ella, vai al villaggio dalla sarta a ritirare gli abiti per il ballo e le maschere!> ordina mia madre, seduta comodamente sulla sua poltrona.

Guardo fuori dalla finestra: sta diluviando.

<Ma madre, la vuoi far uscire con questo temporale?> le chiedo, preoccupata.

<Anastasia! Abbiamo bisogno di quegli abiti e di certo non possiamo andarci noi! Può benissimo andare Ella.>

<Va bene, non c'è problema> dice Ella, interrompendo la discussione.

È sempre stata servizievole, ma queste ultime settimane lo è di più. Cerca in ogni modo di non far arrabbiare mia madre, così che lei le permetta di venire al ballo con noi.

<Molto bene> le risponde mamma. <Ah, non potrai andare in carrozza: ho dato il giorno libero al cocchiere. Dovrai andare a piedi> dice, indifferente.

Apro bocca per difendere Ella, quando lei mi fa segno di non farlo. Esce dalla stanza, indossa la mantella col cappuccio e si avvia verso il villaggio.

La guardo dalla finestra del salotto, preoccupata, finché non riesco più a vederla.

<Anastasia, hai avuto notizie dal conte Enrico?> mi chiede mia madre.

Io deglutisco e le rispondo di no.

<Non lo facevo così maleducato, sembrava un gentiluomo. Avrebbe già dovuto invitarti ad andare al ballo con lui! Ah, ma mi sentirà! Gli scriverò una lettera di fuoco!>

<No, madre, non ce n'è bisogno> dico, provando a fermarla.

Sono terrorizzata. Mia madre non può assolutamente parlare con Enrico.

<Forse hai ragione. Non gli scriverò una lettera, gli parlerò faccia a faccia!> dice.

Si alza dalla sedia e guarda fuori dalla finestra.

<Perfetto. Sta smettendo di piovere. Andrò immediatamente da Enrico.>

<Ma...ma...> balbetto, mentre cerco una scusa per non farla andare. <Ma hai dato la giornata libera al cocchiere. Come farai ad andare?>

<Vado a tirarlo giù dal letto e partiremo subito. Nessuno può offendere me e la mia famiglia e passarla liscia!>

Si avvia alle scale, diretta agli alloggi della servitù (la poca che non è stata mandata via) per andare a svegliare il cocchiere. Io la seguo allarmata, cercando un'altra scusa plausibile per non farla andare, ma non mi viene niente.

<Ma, madre, tra non molto tornerà Ella con gli abiti. Non vuoi vedere come stanno a me e a Genoveffa?>

<Lo vedrò al mio ritorno. Questa questione non può aspettare> dice, continuando a salire le scale.

<Ma... ma... ma...>

<Smetti di balbettare! Se hai qualcosa da dire, dilla! Anzi, mi spieghi perché stai cercando di non farmi andare dal tuo fidanzato?> dice, fermandosi in cima alle scale e voltandosi a guardarmi negli occhi.

Sono occhi freddi, di pietra. Non scorgo in essi amore né tenerezza. Sono occhi che vogliono, pretendono, ordinano, fulminano e mi pietrificano. Non riesco a distogliere lo sguardo, non me lo permettono e non riesco a mentire guardandoli.

<Io ed Enrico non siamo fidanzati.>

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