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Capitolo 16

Prendo il cestino e corro nel bosco. Ancora non mi sembra vero. Io e Daniel siamo innamorati l'uno dell'altra. La nostra amicizia si è trasformata in qualcosa di più importante.

Scorgo Daniel da lontano. Lo vedo concentrato, preso da qualcosa, ma non riesco a vedere da cosa. Appena mi avvicino, nasconde le mani dietro la schiena.

Lo guardo.

<Cos'hai lì?>

<Lì dove?>

<Dietro la schiena.>

<Niente.>

So che c'è qualcosa, ma non vuole dirmelo.

<Allora perché hai le mani dietro la schiena?>

<Sono comodo così> mi dice.

Mi siedo di fianco a lui.

<Va bene. Se non me lo vuoi dire... Lo scoprirò da sola!> dico, allungandomi dietro di lui e cercando di prendergli le mani.

Lui oppone resistenza, ma io mi butto su di lui e cadiamo distesi sul prato.

<Ecco. Adesso si sarà rovinata> mi dice, dispiaciuto.

<Cosa si è rovinata?>

<Chiudi gli occhi> mi dice.

Io li chiudo, obbediente e impaziente.

Mi mette qualcosa sulla testa, ma non riesco a capire cos'è.

<Ecco. Una corona per la mia principessa> dice.

Mi avvicino al laghetto per specchiarmi.

<È bellissima!> gli dico.

<Si è un po' rovinata con la caduta. Posso fartene un'altra però.>

<No, questa va benissimo. È perfetta!>

Per ringraziarlo, lo bacio. Un bacio dolce, tenero. Ancora non mi sembra vero di poterlo fare quando voglio. Appena mi allontano, Daniel mi prende il viso e riprendiamo a baciarci.

<Era da tanto che sognavo di poterti baciare> mi dice, tra un bacio e l'altro.

<Davvero?>

<Sì, da anni.>

<Quando ti sei reso conto che non ero più solo un'amica per te?> gli chiedo, interessata.

<Beh. Mi avevi colpito già dalla prima volta che ti ho vista. Eri così carina con i tuoi ricci rossi. E mi piaceva che ti preoccupavi tanto per Ella. Non ti interessava che non fosse veramente tua parente. Per te era, ed è ancora, come una sorella e forse anche di più. Mi piace anche il fatto che a te non sia mai interessato che io fossi un semplice giardiniere. Mi hai trattato fin da subito come un tuo amico.>

<Ho sempre ammirato l'amore che metti nel curare il giardino e mi è sempre piaciuto darti una mano.>

<Ecco, vedi? Anche questo. Tu non sei come Genoveffa o tua madre. A te non dispiace sporcarti le mani e aiutare gli altri, anche se magari non è compito tuo. Aiuti sempre tutti, anche se sono di un ceto sociale più basso del tuo. Tu non hai mai badato a queste cose. Mi hai sempre trattato come un tuo pari.>

<E lo farò sempre> dico, arrossendo per tutti i complimenti che mi ha fatto.

Mangiamo e passiamo il resto del pomeriggio a confidarci l'un con l'altro, finché il sole comincia a tramontare.

<Devo proprio andare.>

<Lo so, purtroppo. Vorrei non separarmi più da te> dice, triste.

Ci alziamo e ci incamminiamo verso casa, mano nella mano. Arrivati alla fine del bosco, ci salutiamo e ci baciamo un'ultima volta. Lui rientra nel bosco, diretto al villaggio dove vive e io mi dirigo verso casa.

Entro e mi chiudo la porta alle spalle e mi ci appoggio. Sospiro, felice. Chi s'immaginava che sarebbe andata così tra di noi? Cerco di ricompormi come posso e vado in sala da pranzo. Genoveffa e mia madre sono già sedute a tavola.

<Sei in ritardo> mi dice mia madre.

<Mi dispiace.>

Mi siedo al mio posto e poco dopo entra Ella per servire la cena.

<Ti sei ripresa, Anastasia?> mi chiede lei, facendomi l'occhiolino.

<Sì, grazie Ella. Sto molto meglio> le dico, sorridendole.

<Sembri felice, Anastasia. È successo qualcosa?> mi chiede mia madre, sospettosa.

<No, niente. Ripensavo al sogno che ho fatto oggi. Era così bello che sembrava vero. E magari lo è.>

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