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ciò che

È stato più facile di quanto mi sarei mai immaginata.

Non è neanche servito che lo ricattassi, gli ho semplicemente chiesto ciò che mi serviva e lui mi ha risposto subito, senza fare storie.

Quindi gli ho giurato che avrei mantenuto il segreto e lui è filato via.

Certo, temo che mi toccherà guardarmi le spalle d'ora in poi (credo che non dimenticherò mai l'occhiata agghiacciante che mi ha rivolto il suo fidanzato passandomi davanti), ma almeno ho raggiunto il mio obbiettivo.

Riesco a contenere a stento la voglia di mettermi a ridere e saltellare per il corridoio dalla gioia.

È tutto così perfetto.

Fin troppo perfetto...
Ma non posso permettermi di pensarla così, non ora che ci sono così vicina.

Devo pensare a quale potrebbe essere la mia prossima mossa.
Come posso fare per mettermi in contatto con chiunque abbia scritto quei numeri sulla lavagna?

...Come non detto, credo proprio di essermi risposta da sola.

Senza aspettare oltre, corro nella mia classe.
Ma una volta arrivata di fronte alla porta, sono costretta a bloccarmi di colpo.

Non è vuota.

Mi ero dimenticata che la mia classe il pomeriggio viene utilizzata dal club di arte.

Mi toccherà aspettare.

Ho come l'impressione che ultimamente la mia vita sia diventata come una lunga, infinita attesa.
Un infinito susseguirsi di attese.

Aspettare la ricreazione per chiedere ai miei compagni di classe se sapessero qualcosa dei cinque ventuno.
Aspettare il giorno dopo per parlare con la rappresentante di classe.
Aspettare che Ichiro e il suo ragazzo finissero di pomiciare.
Aspettare che il club di arte decida di aver dipinto abbastanza per oggi e se ne torni a casa.
Aspettare un segno, un qualsiasi tipo di prova, che lui sia ancora vivo.

Ma per quanto riguarda l'ultimo elemento della mia lista, ormai credo di poter affermare che l'attesa sia finita.

Insomma, uno può parlare di caso e coincidenze quanto gli pare, ma ormai non si può più parlare di una semplice coincidenza, no?

Non permetterò che lo sia.

Nell'attesa mi metto a fare i compiti di matematica, ma sono così distratta che finisco col riempire le pagine di 21, così alla fine rimetto tutto nello zaino.

Circa un'ora dopo sento che all'interno dell'aula i vari componenti del corso hanno iniziato a salutarsi a vicenda.

Subito raccolgo lo zaino e mi alzo, andandomi a nascondere nel bagno.
Preferirei che non mi vedessero, così da evitare conversazioni del tipo:

"Ragazza del club di arte: cosa ci fai qui?

Io: oh sai, dovevo prendere una cosa che avevo lasciato in classe.

Rdcda: ma non serviva che aspettassi qui fuori, saresti anche potuta entrare subito se dovevi solo prendere una cosa.

Io: e va bene, in realtà non è quello il motivo. Il fatto è che devo assolutamente scrivere per cinque volte il numero ventuno su quella lavagna prima di tornare a casa.

Rdcda: ah, adesso sì che ha tutto senso. Allora divertiti, a presto!"

No, decisamente preferirei evitarlo.

Così aspetto dietro la porta del bagno per cinque minuti buoni, quindi apro lentamente la porta di uno spiraglio e mi affaccio, guardandomi intorno ripetutamente.

Non vedendo nessuno decido di uscire, quando di punto in bianco sento qualcuno picchiettarmi sulla spalla.
Non riesco a trattenere un piccolo grido di sorpresa: ero certa che non ci fosse nessuno in bagno!

Mi volto di scatto e...
...Me lo sarei dovuto aspettare.

- Ciao Hoshiko. -

Lei mi rivolge una strana occhiata.
Seriamente, non ho idea di come decifrarla.
Non si tratta di una delle sue solite occhiate apatiche, ma al tempo stesso non mostra neanche molta emozione.

- Ti devo dire una cosa. -

Dichiara osservandomi dritto negli occhi.

Mi sento rabbrividire e improvvisamente, pur non sapendo perchè, mi accorgo di non voler affatto sentire ciò che ha da dirmi.

Che sia un presentimento il mio?
Non lo so, ma in questo momento ho una voglia matta di uscire da questo bagno il prima possibile e mettere almeno un centinaio di metri di distanza tra me e questa strana ragazza.

- Non puoi dirmelo un'altra volta? - Chiedo mentre indietreggio di un paio di passi, spigendo la porta del bagno e ritrovandomi in corridoio. - Ora ho da fare, è una cosa molto urgente. Ma domani ti ascolterò, te lo assicuro. -

Quindi mi volto e corro via, prima che lei potesse reagire in alcun modo.

È un atteggiamento infantile, lo so, ma nel vedere quello sguardo mi è preso il panico.

Ora non ho tempo per pensare a qualsiasi cosa che non sia il mistero della setta dei cinque ventuno.

Così entro in classe e mi richiudo subito la porta alle spalle.

Prendo un gessetto e lo avvicino alla superficie scura e logora della lavagna.

Rimetto i cinque 21 al loro posto, quindi mi allontano di qualche passo per osservare "l'opera", per assicurarmi di averli disposti tutti per bene.

Perfetto, ora è proprio come ieri mattina.

Sono certa che se la persona che li ha scritti la prima volta li vedesse, capirebbe subito e cercherebbe un modo per contattarmi.

Stavo ancora pensando a questo, però, quando la porta si apre di scatto.

È Hoshiko.

- Volevo dirti che ti ho mentito. - Dice. La sua voce è priva di alcun tipo di emozione. - L'ho fatto perchè pensavo che sarebbe potuto essere divertente, ma la verità è che non ho mai perso nessuno. Men che meno qualcuno che avesse ventun'anni. -

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