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seconda prova: Bevimi! Mangiami!

La trascino per un braccio e la infilo nella BMW in maniera sgarbata, ma devo essere sicuro che abbia capito. Non posso essere delicato, non posso permettermelo, non posso commettere errori.

Ha gli occhi bendati e deve aver pianto, in silenzio però, perché me ne accorgo solo da due righe di mascara che le scorrono sulle guance.

Chiudo lo sportello e sgommo verso il porto.

Non un fiato, non un lamento, solo un lieve tremore mi fa capire che ha paura e la dignità di una donna dei Gualtiero, degna di questo cognome tanto quanto indegno ne è chi mi ha ordinato di fare questa cosa.

Ho le mani legate dall'ubbidienza che ho giurato al clan, le palle nella morsa dai debiti e dai favori che devo ripagare e la fedina penale così sporca che nessuno sprecherebbe un fiato se mi facessero fuori per uno sgarbo.

La guardo dallo specchietto, è bella da stare male, fiera come una leonessa e coraggiosa come chi va incontro alla fine senza avere rimpianti. Sta ritta con la schiena appoggiata al sedile, il mento in alto e scommetto che avrà lo sguardo fisso in avanti, se solo non avesse quella benda.

<<Siamo lontani dal centro, vuoi che ti levi la benda?>>, fa sì con la testa una sola volta.

Allungo un braccio dietro e abbasso il pezzo di stoffa scura che è servito a confonderla prima di metterci in macchina.

Ha pianto, ora ne sono sicuro. Gli occhi gonfi e il trucco sbavato non sono che la conferma della paura che ha avuto e della confusione in cui l'ho gettata.

<<Non mi chiedi perché sei qui?>> le chiedo continuando a guardarla dallo specchietto retrovisore. Non mi guarda, non abbassa lo sguardo e non proferisce parola.

Mi dà sui nervi questa calma apparente...

<<Abbiamo strada da fare, vuoi dirmi se hai un ultimo desiderio prima di arrivare? Hai capito che cosa devo fare, vero? Lo capisci?>>

Voglio che comprenda che ciò che sto per farle non è una mia scelta, ma un ordine che devo eseguire e che non posso contravvenire. Non questa volta.

Sto sudando e una goccia mi scivola dalla tempia fino ad entrare nel colletto della camicia, che proprio stamattina la mia donna ha scelto con cura.

Non parla per tutta l'ora che impieghiamo ad arrivare alla stazione di servizio dove fermarci per un pieno.

Siamo sulla statale 113, e tra mezz'ora arriveremo nei pressi del bivio per Aspra, quello che porta al mare o verso Bagheria.

Vicino al bivio c'è un grande locale, un ottimo contesto per quello che devo fare, passaggio continuo di autovetture, giorno e notte, ideale per realizzare un locale notturno. Rumore costante e traffico intenso. Certo adesso non siamo qui per investire, ma per trovare il luogo adatto a fare quello per cui sono stato scelto.

Eppure, stavolta non è come le altre. Non è un avversario della famiglia Nicotra, uno sbirro infiltrato o una carogna che parla troppo. E' di lei che stiamo parlando, è lei che devo fare sparire. Devo decidere in fretta.

Facciamo benzina e ci rimettiamo in marcia, ma questa volta non ho fretta di arrivare. Arriviamo al bivio e svolto verso il mare.

All'improvviso gira il viso verso il finestrino e si incanta a guardare quella immobile distesa blu.

<<Te lo ricordi quando mi hai portato qui la prima volta?>> lo dice senza un tono particolare, con un velo di tristezza nella voce.

Distoglie quegli occhi dal panorama e li conficca nei miei che la cercano mentre guido.

Mi parla con quelle pozze nere, con le ciglia più belle e lunghe che abbia mai visto senza bisogno di trucco.

Quegli occhi di cui mi sono infatuato la prima volta che il capo ci presentò alla sua signora.

Noi "fidati" dovevamo proteggere la sua "roba" e tra le tante cose preziose che lui possedeva c'era sua moglie. Lei, più giovane di ventidue anni, era un trofeo, un fiore bellissimo che aveva colto da piccola, senza pietà. Che trattava come una schiava e considerava meno di un animale. Appena lei alzò gli occhi per memorizzare i nostri volti, si soffermò su di me un secondo di troppo, e io capii che sarei stato fottuto.

Da quel momento, per sempre.

Abbiamo fatto attenzione per tutti questi mesi, mai un messaggio scritto, mai una parola di troppo. Ci siamo amati fuori dal tempo, fuori dai nostri ruoli e al di là del nostro posto all'interno della famiglia.

Non abbiamo lasciato tracce, credevamo di essere stati attenti. Appunto, credevamo...

Stamattina dopo che si è svegliata tra le mie braccia, ha scelto per me camicia e cravatta, poi si è vestita ed è tornata a casa sua.

Il capo era fuori per affari e sarebbe tornato tra due giorni, ma qualcuno dei ragazzi l'ha seguita e se l'è cantata. Lei però non ha parlato, mi ha tenuto al sicuro, non ha smentito l'adulterio ma non mi ha tradito.

E' stata picchiata, umiliata e cacciata senza possibilità di perdono.

Sono stato chiamato dopo un'ora per "sistemare" la questione. L'ho vista a terra e ho dovuto far finta di nulla, fingere che quella visione non mi provocasse dei conati o dei crampi allo stomaco.

<<Antonio, la lascio a te. Tu sai quello che va fatto. Non ha voluto dirmi con chi se la fa. Lo protegge... è solo una puttana. Non la voglio rivedere mai più. Capisti?>>

<<Sì capo, ci penso io. Prendo la macchina, perdo qualche ora e ripulisco tutto.>>

L'ho caricata in auto e ora devo fare il mio dovere se voglio continuare a vivere.

Fermo l'auto in riva al mare, la faccio scendere e le libero i polsi. Le prendo una mano e ci avviamo verso il molo. C'è un peschereccio che ci aspetta col motore al minimo. Un gatto si struscia alle sue caviglie prima che io l'aiuti a salire a bordo.

<<Me lo ricordo quando ti ho portato qui la prima volta. Pensavi che avessi sbagliato strada?>> La guardo in quelle pozze e le sorrido...

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Con immensa gioia, questa OS ha vinto inaspettatamente il primo posto della seconda prova, ricca di tante bellissime storie!  😊

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