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4. I Moduli di ascolto e cattura


Art. 221, comma 3 del manuale delle regole:

Ad ogni studente che arriva in ritardo a lezione vengono assegnati 20 demeriti.


Trentacinque respirò profondamente, la mente che vorticava fra mille pensieri. In una sola giornata era passato dalla sua routine casa - compiti - scuola, ad una realtà completamente differente. Le sue scarpe da ginnastica con un buco nella suola ora calpestavano tappeti polverosi, e gli occhiali che teneva nascosti nella tasca della felpa ora avevano una lente incrinata. Un piccolo brivido gli attraversò le ossa: casa gli mancava da morire, ma chissà quando e se l'avrebbe rivista.

Mentre questi pensieri agitavano la mente di Trentacinque, Pietro fissava angosciato l'orologio; lo guardava con un'intensità tale che sembrava quasi volesse fermare le lancette e riavvolgere il tempo con la sola forza di volontà.

«Se voglio arrivare in tempo per la fine della lezione di etica, abbiamo meno di un'ora per trovare i Sorveglianti» mormorò fra sé e sé Pietro. «Solo che non ho la più pallida idea di dove possano essere...»

Trentacinque rifletté un attimo. «Potremmo cominciare dall'infermeria? Mi sembra di ricordare che il Fico si stesse occupando di altri pazienti, oltre a me. Magari anche loro sono appena arrivati e i Sorveglianti sono lì, pronti ad accompagnarli nelle loro stanze. E se non li troviamo lì potremmo comunque chiedere indicazioni al Fico.»

Pietro lo guardò per un attimo, pensoso. «Può essere una buona idea... Di solito i Sorveglianti pattugliano l'intera scuola durante le lezioni, non possiamo metterci a camminare senza meta sperando di incontrarli.» Il ragazzo piegò la bocca in un sorriso amaro: «Anche se loro, non si sa come, si fanno sempre trovare quando meno ne abbiamo bisogno.»

Si lasciò sfuggire un sospiro, perso in un pensiero. Si guardò poi a destra e a sinistra furtivo, si avvicinò alla finestra e batté lievemente col pugno l'angolo più in basso dell'intelaiatura che si staccò. Prima che potesse toccare terra e produrre rumore, la afferrò e la appoggiò sul letto. Il muro sottostante era ricoperto di minuscole crepe, sembrava il nascondiglio perfetto per il nido di qualche insetto.

Pietro con un gesto rapido infilò le dita proprio in una delle crepe e ne estrasse con delicatezza un foglietto perfettamente bianco nonostante la polvere. Lo appoggiò a terra e con fare esperto rimise l'intelaiatura al suo posto, poi si chinò, riprese il foglietto fra le mani e lo aprì con cura.

Trentacinque rilassò leggermente i muscoli e si avvicinò per vedere meglio.

«Che cos'è?» domandò vinto dalla curiosità.

Pietro guardò nervosamente verso la porta della camera e poi voltò il foglietto nella sua direzione: sulla carta sottilissima erano disegnate delle lunghe linee di vari colori.

«È una mappa» sussurrò. «Indica la posizione dei Moduli di ascolto e cattura.»

La faccia di Trentacinque cambiò colore e i suoi piedi, prima in movimento continuo, si immobilizzarono. I Moduli di ascolto e cattura reagivano alla pressione: era sufficiente fare un passo nelle loro vicinanze e si attivavano facendo calare dal soffitto delle sbarre d'acciaio attorno alla posizione presunta dell'intruso. A quelli più sensibili bastava addirittura un piccolo spostamento d'aria, come quello prodotto dalla voce di qualcuno, per scattare. Trentacinque guardò il ragazzo con un misto di orrore e confusione, indicandosi la bocca.

«Tranquillo, puoi parlare» lo rassicurò Pietro. «Non ce n'è nessuno nelle camere e nemmeno nelle aule. Li nascondono tutti nei corridoi, proprio sotto ai tappeti. È per questo che le luci sono posizionate ai lati e non al centro del soffitto, così quando calano le sbarre non le spaccano.»

«Ma non erano banditi?» sussurrò teso Trentacinque.

«Sono illegali sì» precisò Pietro. «Ma fidati, qui ce ne sono parecchi.»

«Ma è una scuola statale, dovrebbero rispettare le regole.» La voce gli si era spezzata.

Pietro scosse il capo. «Non li hanno mai smantellati qui e nemmeno nelle carceri o in tutti i luoghi in cui il governo pensa che i cittadini virtuosi non finirebbero mai. Per risparmiare, sai. I Moduli di ascolto e cattura sono tecnologia obsoleta, tutta meccanica, non consumano nemmeno un po' di energia elettrica e spaventano tutti. Riducono molto di più i tentativi di fuga, rispetto alla tecnologia attuale.»

Trentacinque tremò. «Quindi sono proprio quelli difettosi del secolo scorso, quelli che hanno trafitto zaini, vestiti e...» Non riuscì a continuare.

«Cani e persone, sì. Li avevano ritirati dal mercato perché avevano problemi nell'individuare la posizione presunta degli intrusi e, invece di intrappolarli, spesso trafiggevano loro le mani o la gola. In molti sono rimasti feriti o, peggio, uccisi; poi un dirigente si è fatto un taglietto e hanno smantellato tutti i Moduli di ascolto e cattura del paese, dichiarandoli pericolosi. Eccetto che qui ovviamente.»

Trentacinque si strinse nella felpa. «Quella mappa è affidabile?»

«Non ha mai tradito né me né Melissa» cercò di rassicurarlo. «L'ha trovata lei prima che io arrivassi.»

Trentacinque lo guardò scettico. «Forse sarebbe meglio aspettare qui che arrivi qualcuno, anche se ci beccheremo qualche demerito. Prima o poi i Sorveglianti si accorgeranno di essersi dimenticati di consegnarmi il manuale delle regole e l'orario delle lezioni, no?»

Pietro guardò nervoso l'orologio e cercò di sorridergli, incoraggiante. «Se ti può aiutare, posso mostrarti come funziona la mappa. Ti assicuro che è programmata molto bene.»

Trentacinque annuì e Pietro gli mise il foglietto davanti agli occhi.

«Conosci la carta speciale, giusto?» cominciò a spiegare.

«Sì, l'abbiamo studiata a scuola. Ha l'aspetto della carta, la stessa consistenza sotto le dita, ma non ha niente a che fare con la carta normale. È programmabile, resistente e versatile» recitò, come se lo avesse interrogato un professore.

«Esatto» lo lodò Pietro. «E questa mappa è fatta proprio di carta speciale. Le linee indicano le posizioni dei Moduli di ascolto e cattura e ogni colore indica un piano, ad esempio le linee grigie corrispondono al piano in cui ci troviamo adesso; se tu mettessi sopra al foglio una mappa di questa parte della scuola, vedresti che queste linee corrispondono a dei corridoi e questi corridoi sono proprio quelli che nascondono sotto ai tappeti dei Moduli di ascolto e cattura.»

«Non sembra proprio una mappa, non potevano realizzarla meglio?» ribatté Trentacinque.

Pietro sorrise sotto i baffi. «È proprio questo il punto. C'è una regola che vieta agli studenti di mappare tutti i Moduli di sorveglianza, di ascolto e cattura, e simili. Per questo chi ha creato questa mappa, ha fatto in modo che non sembrasse una mappa. È sicura, fidati. Melissa la usa da quando l'ha trovata e ci ha sempre azzeccato.» Guardò l'orologio, ansioso. «Non so se i Sorveglianti si accorgeranno mai del loro errore. Per quel poco che li conosco non penso ti abbuoneranno mai tutti i demeriti che stai prendendo e che prenderai mentre li aspetti.»

Trentacinque affondò le mani nella tasca della felpa. «Quante volte l'avete usata?»

«Un centinaio. E ti assicuro che nemmeno io ho la minima voglia di finire ammazzato.» Gli sorrise. «Che dici, andiamo?»

Trentacinque tentò di ricambiare la sua espressione, forse andare in giro con Pietro gli avrebbe dato la possibilità di capire meglio com'era strutturata la scuola, di memorizzare una via di fuga verso l'esterno. «Proviamoci» si lasciò sfuggire in tono non molto convinto.

Il sorriso di Pietro si fece più grande, i suoi occhi però correvano preoccupati all'orologio. Piegò il foglietto e se lo infilò dentro al calzetto sinistro. «Un'ultima cosa,» aggiunse «ci sono alcuni Moduli di ascolto sparsi in giro, sai quelli semplici che registrano unicamente le conversazioni. Ecco, ti farò un cenno se ne becchiamo qualcuno lungo la strada. Il primo è proprio qua fuori.»

Detto questo Pietro varcò la porta e si diresse a sinistra, il rumore dei passi attutito dai pesanti tappeti disseminati lungo tutto il corridoio. Trentacinque, dopo un istante di esitazione, lo seguì.

Camminarono per alcuni minuti in silenzio; ogni volta che Trentacinque faceva per aprire bocca, Pietro si chinava verso di lui facendogli segno di tacere.

Avevano percorso una ventina di corridoi tutti identici fra loro, camminato su altrettanti tappeti che solleticavano la pianta del piede di Trentacinque dal buco della scarpa sinistra, quando finalmente Pietro si decise a rompere il silenzio, fece un piccolo schiocco con la lingua, aspettò un istante e poi annuì fra sé e sé.

«Adesso possiamo parlare» mormorò stanco.

Trentacinque camminava al suo fianco, trascinando i piedi. «Quanto manca ancora? Camminiamo da un sacco!»

Pietro si passò una mano sugli occhi. «Purtroppo, durante le lezioni i Moduli di ascolto e cattura sono tutti attivi, dobbiamo fare dei giri infiniti per evitarli.»

Trentacinque si bloccò di colpo. «Ma come fanno gli altri studenti ad arrivare a lezione? Senza morire, intendo.»

«La maggior parte dei Moduli vengono disattivati durante gli intervalli fra una lezione e l'altra, o quando è ora di mangiare. Gli unici che rimangono attivi sono quelli nei corridoi che portano a zone proibite della scuola; quindi, se rispetti le regole non corri nessun pericolo, in teoria. Io e Melissa non usiamo mai la mappa per andare a lezione, se sei in orario puoi stare tranquillo.»

«E come saresti andato a lezione di etica, allora?» domandò Trentacinque. «Tu eri in ritardo.»

Pietro strabuzzò gli occhi cerchiati da profonde occhiaie. «Chiunque sia nella scuola da un po' conosce alcuni percorsi sicuri verso le aule più vicine, io avevo lezione ad appena due corridoi di distanza. Se l'aula fosse stata più lontana, avrei saltato la lezione; non possiamo correre il rischio che qualcuno sospetti dell'esistenza della mappa. E se ci presentassimo in ritardo a lezioni dall'altra parte della scuola, comincerebbero a girare voci.» Si passò le mani sudate sui pantaloni. «Mi raccomando, non dire a nessuno della mappa. Se qualcuno lo scoprisse, ci darebbero così tanti demeriti che non potremmo più andarcene di qui.»

Trentacinque sentì il cuore battere più forte. «Manterrò il segreto» mormorò, riprendendo a camminare. «È per questo che tieni la mappa nel calzetto?»

«Esatto, così se incontriamo i Sorveglianti, o qualcun altro, non devo nasconderla in fretta e furia.»

Trentacinque rimase per qualche secondo in silenzio. «Forse avremmo dovuto lasciarla in camera?»

Pietro scosse la testa. «Molti Moduli di ascolto non sono fissi e si spostano lungo tutta la scuola, la mappa mi segnala la loro presenza rilasciando calore, per questo la devo tenere a contatto con la pelle e portarla con me; non voglio che ci siano registrazioni di me e te che parliamo di cose che ci metterebbero nei guai più di quanto siamo adesso.» Si passò nuovamente una mano sugli occhi. «E poi quando ci sono le lezioni notturne mi sento sempre tutto scombussolato, ho bisogno di avere la mappa con me per poterla consultare in caso di dubbio, come adesso.»

Il ragazzo tirò fuori il foglietto dal calzetto e lo guardò concentrato, per poi rimetterlo a posto.

Camminarono ancora per qualche minuto, i piedi di Trentacinque che si trascinavano quasi al suolo e il suo petto pieno di un groviglio di emozioni pesanti. Più si avvicinava il momento di affrontare di nuovo i Sorveglianti, più l'ansia gli faceva tremare le dita, ma che poteva fare ormai? Non poteva che fidarsi di Pietro e sperare che seguirlo fosse stata la scelta giusta.

D'improvviso il rumore delle loro scarpe cambiò e Trentacinque si rese conto che i tappeti su cui stavano camminando si erano fatti più sottili. Svoltarono lungo un corridoio, oltrepassarono uno schedario su cui era intagliato un piccolo gufo e finalmente davanti ai loro occhi comparve qualcosa di nuovo.


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