36. Le morti della stanza 60
Art. 717, comma 2 del manuale delle regole:
Non è consentito disegnare o possedere mappe che individuino la posizione dei Moduli di sorveglianza.
Melissa ora sapeva che Trentacinque non era morto e che sarebbe sopravvissuto, ma le sue spalle rimasero contratte: quello era il professore che con un esperimento aveva ucciso tre studenti, non poteva fidarsi di lui. Sì, dal discorso che aveva appena fatto non sembrava così spaventoso come lo era a lezione e l'assenza della Piantina Ombra sulla spalla aiutava a dargli un aspetto più innocuo, ma Melissa non riusciva a dimenticare i suoi modi bruschi e le sue frecciatine e soprattutto, ora che ci pensava, come faceva Sara a sapere dove si trovasse?
Melissa si allontanò di scatto dalla ragazza.
«Come facevi a saperlo?»
«A sapere cosa?»
«Dove andare! Dove si trovava il professore!» Uno spiacevole senso di tradimento si infilò nelle sue vene: si era fidata di Pietro e lui gli aveva nascosto che si trovava fra i primi dieci e chissà cos'altro; si era fidata di Sara e lei... lei l'aveva quasi sempre allontanata, forse le aveva mentito anche lei. «Aspetta, non dirmi che...» mormorò, i suoi pensieri che correvano come fulmini. «Siamo vicini al corridoio dov'è morta Ginevra e il professor Costachiara aveva il camice sporco di sangue il giorno dopo... Non dirmi che è vero...» Melissa si alzò. «Non dirmi che mi hai mentito fino ad adesso...»
Sara rimase in silenzio con espressione colpevole.
Melissa scosse il capo, una lacrima le correva lungo il volto. «Devo andare» i suoi occhi spaventati corsero alla porta, ma poi tornarono indietro su Trentacinque e si bloccò.
«Aspetta!» disse Sara afferrandole il braccio. «Ti prego! Lasciami spiegare!»
Il professore le guardò tranquillo. «Direi che è qualcosa di cui discutere davanti a una tazza di tè, mentre io mi occupo del vostro amico.»
Melissa strinse i denti. «Va bene, ma lo faccio solo per Trentacinque.»
«Grazie» mormorò Sara sollevata. «Sappi solo che non te ne ho parlato prima unicamente per il tuo bene.»
Melissa allontanò leggermente il corpo da lei. «Sono tutt'orecchi.»
Sara abbassò lo sguardo, nervosa. «Sai che ultimamente sto passando un brutto periodo e che "ultimamente" va avanti da molto tempo, da quando è morta Gaia a essere precisi.» Sospirò. «Le cose sono peggiorate quando hanno cominciato a morire anche le altre ragazze e le voci su di me si sono fatte sempre più insistenti.»
Melissa annuì. «Lo so, me ne avevi parlato all'inizio.»
Sara si portò una mano alla bocca e cominciò a mordersi le unghie. «Ti ho nascosto però quanto mi sentissi male, ripensavo a Gaia in continuazione: mi svegliavo – e mi sveglio ancora – rivivendo la notte della sua morte come se fosse la prima volta.» La voce le si spezzò. «Mi dimentico che quello è solo un ricordo, non il presente; è come se qualcosa dentro di me decidesse di riavvolgere il nastro della cassetta e di far ripartire ogni cosa da capo, ancora e ancora, senza che io riesca a fare qualcosa. A volte so che non è reale, che sono solo fantasmi del passato, ma lo stesso non riesco a non provare quelle emozioni, a non tendere tutti i muscoli del corpo. Sono riuscita a nasconderlo a tutti, eccetto al professor Costachiara.»
Melissa si voltò a guardarlo: era chinato su Trentacinque e gli accarezzava la testa sussurrandogli qualcosa.
Sara riprese a parlare. «Un giorno, mentre la mia testa aveva deciso di viaggiare nel tempo per l'ennesima volta, il professor Costachiara mi ha vista e ha subito capito cosa stesse accadendo. Mi ha presa da parte e mi ha raccontato che stava indagando sugli omicidi delle ragazze della stanza 60 e ha promesso di aiutarmi a risolvere la situazione.»
«In che modo?» domandò Melissa.
«Coinvolgendomi nelle sue ricerche. Mi faceva stare meglio sentire che stavo facendo qualcosa per tentare di impedire che altre ragazze morissero e, dopo poche settimane, io e lui siamo riusciti a scoprire cosa accade ogni seconda domenica del mese, o più precisamente ogni notte del secondo sabato.» Si passò le mani fra i capelli.
«Chi le uccide?» domandò Melissa, la voce ridotta a un sussurro.
Sara si lisciò la gonna, nervosa. «Devo fare una premessa: se non ti dico come siamo arrivati alla nostra conclusione, non ci crederai mai.» Si inumidì le labbra con il tè. «Il professore ha monitorato le ragazze prima della loro morte, ogni secondo della loro giornata di sabato è stato registrato fino al momento cruciale.»
Melissa rabbrividì. «Avrebbe potuto salvarle, quindi? Impedire che venissero uccise.»
Sara scosse il capo. «No, dai filmati si notava che le ragazze, quelle destinate a essere uccise, uscivano dalla stanza 60 sabato notte e non incontravano nessuno, successivamente si mettevano a camminare lungo i corridoi, alcune correvano anche e infine, chi prima chi dopo, incappavano in un Modulo di ascolto e cattura e morivano. Abbiamo pensato alle ipotesi più disparate: potevano essere state avvelenate e magari le tossine le facevano agire in quel modo, o magari potevano essere state ipnotizzate nei giorni precedenti o costrette sotto minaccia.»
Sara continuò a mangiarsi le unghie, nervosa, la voce che diventava sempre più distaccata man mano che parlava. «Le analisi effettuate dal Fico sui loro corpi però non riportavano niente di anomalo, quindi il veleno o qualche altra sostanza erano da escludere. L'ipotesi più probabile era che fossero state minacciate e quindi costrette ad andare a morire da qualcuno, magari era stato detto loro che, se non lo avessero fatto, la loro famiglia sarebbe stata uccisa o sarebbe stata messa in difficoltà; magari sono state raggirate, indotte a pensare che non sarebbero morte davvero e che era tutta una messinscena: in fondo quasi nessuno aveva visto i corpi delle ragazze e quei pochi che l'avevano fatto non ne avevano mai parlato. Le possibilità erano davvero tante, per questo motivo il professor Costachiara ha ampliato le analisi: ha raccolto i dati dell'intero mese precedente alla loro morte e ha fatto esaminare ogni registrazione video e audio da alcuni Moduli di processamento, quelli che puoi vedere qui, in questa stanza.»
Sara indicò delle enormi carpe giganti, distese su un fianco e impilate l'una sull'altra. Le loro bocche robotiche si aprivano e chiudevano velocemente, senza emettere suono, mentre dai loro ventri metallici proveniva un rumore intermittente e leggermente fastidioso.
«La conclusione è stata nulla. I Moduli non hanno individuato niente di sospetto nelle interazioni delle vittime con le altre persone, sembrava che si fossero uccise da sole, anche se sapevamo per certo che non era così: nessuna di loro, eccetto Gaia ovviamente, aveva espresso l'intenzione di morire nei giorni precedenti, e anzi sembrava che tutte loro desiderassero ardentemente sopravvivere. A quel punto, il professor Costachiara ha ipotizzato qualcosa di diverso: e se le ragazze si fossero uccise, ma senza volerlo?»
Melissa la interruppe. «In che senso?»
«Ora ci arrivo, non è facile da spiegare.» Sara deglutì. «Il professore ha analizzato di nuovo i filmati e tutti i dati in nostro possesso, e la conclusione a cui è arrivato è stata scioccante: ciascuna delle ragazze morte, non appena scopriva di essere la persona con il numero di demeriti più alto della stanza 60, cominciava a comportarsi in modo diverso. Cambiava il suo modo di respirare, di muoversi, di parlare; sobbalzava, tremava, a volte gridava al vuoto. Tutti gli studenti qui sono molto stressati, chi più chi meno, ma i loro parametri, dopo quella notizia, salivano alle stelle, per giorni e giorni. Erano talmente alti da indurle, la notte di sabato, a lasciare la stanza per fuggire da me, convinte che così si sarebbero salvate, e fin qui nulla da dire, è un comportamento logico e sensato. Il problema è che nessuna di loro sceglieva un nascondiglio sicuro e ci rimaneva, spinte dal terrore e dalla paura scattavano a ogni rumore, alcune correvano e inevitabilmente finivano per camminare su un Modulo di ascolto e cattura e... morire. Chi sul colpo, chi dopo lunghe ore di agonia, e anche se qualcuno le sentiva supplicare e chiedere aiuto, nessuno apriva la porta per dargli una mano. Nessuno. Penso fossero convinti che, se l'avessero fatto, sarebbero morti anche loro, uccisi da me perché testimoni; ad altri semplicemente non importava; altri ancora pensavano che la morte di una ragazza della stanza 60 al mese fosse inevitabile e che non potevano fare nulla per cambiare le cose.»
Melissa tremava. «Non ci posso credere, non è possibile...»
Sara si fece grave. «È proprio quello che è successo a Ginevra. Come tutte le altre ragazze aveva la mente annebbiata dal terrore e dalle innumerevoli notti insonni, è uscita dalla nostra stanza, si è nascosta prima in bagno, poi ha sentito qualcosa e si è spostata, ancora e ancora, finendo nelle zone non sicure, fino a che non è capitata su uno dei Moduli di ascolto e cattura vicino alla stanza 80. Non è morta, non sul colpo almeno. Aveva...» e qui Sara si interruppe, gli occhi lucidi. «Aveva solo un braccio trafitto, ha urlato, ha chiesto aiuto, ancora e ancora, conosceva uno dei ragazzi della stanza 80, sperava che l'avrebbero aiutata, ma nessuno ha fatto nulla, nessuno le ha aperto o ha chiamato aiuto, così lei è morta dissanguata. Io... io avevo provato a fare amicizia con lei, con tutte le ragazze della nostra stanza, speravo che prima o poi qualcosa sarebbe cambiato, ma non è servito!» La voce le tremava. «Ginevra ha reagito esattamente come tutte le altre ragazze e la cosa peggiore è che lei avrebbe veramente potuto salvarsi e interrompere il ciclo: è rimasta intrappolata e non è morta sul colpo e si trovava proprio vicino alla stanza di un suo amico, ma lui non le ha aperto... L'ha... lasciata morire.»
Dagli occhi di Melissa cominciarono a scendere delle lacrime, dalla sua bocca provenivano singulti. «E il professore? Perché non l'ha salvata lui?» domandò con voce tremante.
«Non ha nessuna libertà di movimento» mormorò Sara, la voce sempre più incerta e debole.
Melissa le si avvicinò. «Perché non mi hai parlato di tutto questo prima?»
«Io... non pensavo mi avresti creduto... Pensavo che nessuno ci avrebbe creduto fino a che non avessi interrotto quel concatenarsi di eventi... Morte perché il terrore annebbiava il loro giudizio? Chi mi avrebbe creduto? Senza mostrargli le prove poi!»
Melissa le mise una mano sulla spalla e la guardò incoraggiante. «Respira... Ormai quello che è fatto è fatto, non possiamo tornare indietro, però grazie a quello che avete scoperto forse potremo porre fine a queste morti, fare in modo che non capiti più... Potremmo mostrare a tutti i video e le altre prove che avete raccolto e io ti aiuterò a dirglielo, a farglielo capire.»
Sara si passò nervosa le dita fra i capelli ricci. «Issa, a questo proposito, ci sarebbe un'altra cosa che devo dirt-»
«Mi dispiace interrompervi,» intervenne il professor Costachiara «ma il vostro amico mi sembra sul punto di riprendere conoscenza.»
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