33. M
Art. 532, comma 3 del manuale delle regole:
Il numero assegnato ad uno studente è definitivo e non può essere cambiato.
Il marrone giallognolo degli occhi di Melissa si pietrificò. «È... non...» Le parole le morivano in bocca.
«Perfetto per chiarire i nostri dubbi su Pietro, almeno in parte...» completò Trentacinque. «Possiamo ottenere i nomi anagrafici di tutti gli studenti della scuola e il loro numero di demeriti! Potremmo usarlo per mettere Pietro all'angolo, nel caso negasse ogni cosa e ci accusasse di stare mentendo sul numero dei nostri demerit-» Trentacinque si bloccò. «Sta arrivando qualcuno, Melissa rimetti tutto a posto!»
La ragazza sembrava persa in se stessa, ma afferrò rapidamente due foglietti dal muro, li lanciò a Trentacinque e rimise a posto l'intelaiatura.
«Sono il primo foglietto, cioè quello per parlare senza fare rumore» mormorò lei. «E il quarto. Possiamo usarli direttamente stasera, tu chiedimi di aiutarti a studiare Braille, così abbiamo una scusa» sussurrò rapida.
Trentacinque annuì pallido e, proprio in quel momento, Pietro varcò la porta trafelato.
«Ma siete qui! Vi siete persi la cena...» borbottò con un velo di ansia nella voce. «Avrei voluto portarvi qualcosa, ma i Moduli di approvvigionamento non me l'hanno permesso, hanno detto che era contro le regole, anche se era colpa di un professore.» Aveva parlato con un tono più acuto del solito. «Meno male che state bene» si lasciò sfuggire.
«Perché?» domandò Melissa. «Cosa avrebbe dovuto succederci?»
L'espressione di Pietro cambiò rapidamente e si fece più dura. «Eravate con il professor Costachiara, ero preoccupato...» disse. «A proposito, avete risolto?»
«Sì, i fiori stanno bene» rispose Trentacinque.
Pietro si sedette sul suo letto. «Ne sono felice, c'era proprio una cosa di cui volevo parlarvi già prima...» disse.
«Io... Non posso» lo interruppe Trentacinque. «Devo studiare ancora un po' il Braille, il professore di sistemi di scrittura è molto esigente e Melissa mi stava aiutando, possiamo discuterne domani mattina?»
Pietro li guardò entrambi, un'espressione indecifrabile dipinta sul volto. «Va bene» cedette, gli occhi grigi non del tutto convinti.
Melissa non attese oltre e si arrampicò sul suo letto, seguita velocemente da Trentacinque. Il letto si trovava esattamente sopra a quello di Pietro, quindi lei e Trentacinque non avrebbero dovuto preoccuparsi di essere visti.
Trentacinque afferrò rapido il primo foglietto, seguito a ruota da Melissa.
«Mi senti?» pensò Trentacinque con grande intensità seguendo le istruzioni del foglietto.
«Sì.» Con grande sorpresa di Trentacinque, la voce che sentì nella testa non era quella di Melissa, ma la propria. Avrebbe potuto pensare di esserselo immaginato, ma percepiva agli angoli della mente che quel "sì" non era stato un suo pensiero, ma qualcosa che gli aveva comunicato Melissa: il foglietto funzionava davvero.
«Andiamo subito a leggere il punteggio di Pietro?» comunicò Trentacinque, ansioso di vedere se anche quel foglietto si sarebbe rivelato una meraviglia della programmazione o un buco nell'acqua.
«Aspetta...» La voce di Melissa tremò. «Prima devo dirti una cosa.»
A Trentacinque sprofondò il cuore: che avesse mentito sul numero dei suoi demeriti, convinta di farla franca? Magari Pietro era innocente e Melissa aveva inscenato tutto per metterli l'uno contro l'altro e ora stava per essere scoperta?
Sentì la ragazza prendere fiato. «C'è una parte di me e della mia storia che ancora non conosci e penso sia giusto raccontartela prima di procedere.; ci siamo detti che ci saremmo fidati l'uno dell'altra e c'è qualcosa che verrà fuori da quel foglietto di cui vorrei essere io a parlarti.»
Trentacinque sentì le mani intorpidirsi. «Dimmi» rispose, sperando che il foglietto levasse il tremolio dalla sua voce.
Melissa fece un profondo respiro, chiuse gli occhi, strinse con forza la carta e cominciò a raccontare.
«Io e Sara ci conosciamo da fuori, ricordi?»
«Sì.» Trentacinque trattenne il fiato, c'era dentro anche Sara?
«Come ti avevo già detto,» riprese la ragazza «io e Sara vivevamo nello stesso condominio. A quel tempo non la conoscevo molto, la salutavo quando la incontravo sulle scale, ma niente di più, non sapevo nemmeno come si chiamasse: per me era solo la ragazza coi capelli biondi e ricci del piano di sotto.» Fece una pausa. «Sai come ho scoperto il suo nome?»
Trentacinque trattenne il fiato. «Come?»
«Un giorno ero in giardino assieme a degli altri ragazzi quando abbiamo visti degli ufficiali di polizia venire verso di noi: avevano in mano una busta.» Sospirò. «Abbiamo capito subito che cosa volessero: qualcuno di noi sarebbe finito alla Scuola dei Demeriti. Siamo rimasti immobili, io pensavo fossero lì per me, ma invece sono andati verso la ragazza dai capelli ricci e biondi e le hanno chiesto di seguirli in casa così le avrebbero potuto consegnare la busta. Le hanno spiegato che non appena l'avesse toccata loro sarebbero venuti a prenderla nell'arco di una decina di minuti e che aveva mezz'ora di tempo per toccarla.» La voce di Melissa si spezzò. «Solitamente quella mezz'ora serve per salutare i genitori e gli amici, ma lei ha strappato di mano la busta all'ufficiale e l'ha aperta subito, proprio lì in giardino davanti a noi. Ha letto la lettera e si è messa a insultare la polizia e l'intero governo.»
Trentacinque rimase senza parole.
«Ovviamente gli ufficiali si sono arrabbiati da morire e volevano portarla direttamente alla Scuola dei Demeriti senza nemmeno darle il tempo di salutare la sua famiglia. Sua sorella però li ha supplicati di concederle lo stesso quella mezz'ora e, non so come, è riuscita convincerli. Ecco, da quel giorno in poi ho sentito il nome di Sara ovunque nel palazzo, ne parlavano tutti.» La voce di Melissa tentennò. «Come ben sai anch'io sono finita alla Scuola dei Demeriti ed è stato proprio qualche settimana dopo Sara.»
Il materasso sotto Trentacinque oscillò un po' mentre Melissa si stringeva le gambe al petto. Stava per confessare la sua bugia? Pietro era innocente?
«Quando sono arrivata qui sono andata subito a cercare Sara e so cosa stai pensando: è normale, era una persona che conoscevi, chiunque avrebbe fatto così, ma io... io non l'ho fatto solo per quello: avevo un ulteriore motivo per volerle parlare.»
Trentacinque sentì attraverso il foglietto la sua esitazione, come se stesse cercando di raccogliere più coraggio possibile.
«C'è un segreto, una parte di me, di cui lei sapeva quasi tutto anche se non ci eravamo mai scambiate una parola, e che avevo paura rivelasse.»
La voce di Melissa tremò. «Sono qui alla Scuola dei Demeriti non solo perché ho difficoltà a stare in piedi a lungo o perché mi stanco facilmente. Io... non so come dirtelo.» Il suo tono ebbe un guizzo. «Hai notato che nelle altre stanze i componenti sono o tutti maschi o tutte femmine, salvo rare eccezioni?»
«Sì, ma che cosa c'entra?» domandò Trentacinque.
«Nella nostra stanza ci sono due ragazzi e una ragazza perché...» la sua voce si fece decisa e affilata. «Perché sui miei documenti anagrafici è indicata la lettera M alla voce sesso, non F. E, quando andremo ad usare il foglietto, vedrai il mio nome anagrafico, un nome... maschile.» Melissa fece una pausa, la mano le tremava leggermente, ma non riaprì gli occhi. «Volevo essere io a dirtelo. Sara l'ha sempre saputo perché fuori di qui è impossibile scegliere il proprio nome o vestirsi come ci si sente più a proprio agio senza attirare l'attenzione, senza venire considerati Imperfetti. Quando sono arrivata qui... il nome che ho sempre tenuto nascosto nella testa, racchiuso in un angolo remoto del mio cervello, ha potuto finalmente essere usato, uscire allo scoperto. Ho avuto la possibilità di essere Melissa, una possibilità che nemmeno i miei genitori mi avevano concesso.» A quell'ultima frase la sua voce si incrinò.
«Sara avrebbe potuto dirlo a tutti, ma non l'ha fatto. Anzi, mi ha prestato alcuni suoi vestiti e ha sempre usato il mio nome. Mi ha aiutata quando questa scuola ha cominciato a respingermi, e mi sono resa conto che avevo alcune possibilità in più di essere me stessa, anche se non completamente... È così che sono diventata sua amica prima che lei si allontanasse.»
Trentacinque rimase in silenzio, il corpo che cominciava a rilassarsi: Melissa non gli aveva mentito e non aveva architettato nulla ai suoi danni o ai danni di Pietro.
La ragazza riprese a parlare tramite il foglietto. «Vuoi sapere come ho avuto la certezza che tu non avevi letto il manuale delle regole? Quando ti ho portato con me nel bagno indicato con la M, tu non eri sorpreso che non fosse accaduto nulla. Se avessi letto la prima parte del manuale, avresti saputo che chiunque va in un bagno con una lettera differente da quella indicata sul proprio documento anagrafico ottiene non solo diversi demeriti, ma parte anche un allarme sonoro e visivo. È in questo moto che ho avuto la conferma definitiva.»
Melissa rimase in silenzio.
«Mi dispiace... Mi dispiace che tu debba vivere tutto questo» disse Trentacinque, usando le stesse parole che Melissa aveva usato con lui e che l'avevano fatto sentire meglio.
«Non è colpa tua» mormorò Melissa. «Quello dei bagni è uno dei motivi per cui ho ottenuto molti demeriti all'inizio, ma almeno ho avuto Sara vicina.» Sorrise. «Mi ha aiutata a diminuire la sensazione di profonda tristezza e di solitudine che mi portavo dentro, a vivere appieno la gioia di sentire pronunciare il mio nome. Mi ha supportata in modo che io potessi essere vista dagli altri per chi ero davvero.» Melissa aprì gli occhi con lentezza. «Avevo paura mi avresti guardata in modo diverso una volta conosciuta questa parte del mio passato e noto in effetti che i tuoi occhi non mi stanno guardando più allo stesso modo, ma questo perché ora sono pieni di comprensione e di questo ti ringrazio.»
Trentacinque tolse la mano dal foglietto e aprì le braccia, la ragazza lo abbracciò all'istante, una lacrima leggera che gli scendeva lungo il volto.
«Ora ricomponiamoci» sussurrò Melissa all'orecchio di Trentacinque, afferrò nuovamente il foglietto e comunicò: «Abbiamo una missione da portare a termine.»
Trentacinque annuì, prese una matita dalla tasca e la porse alla ragazza. «Dovrai essere tu a farlo.»
Melissa strinse la matita fra le dita e, fatto un profondo respiro, scrisse sul quarto foglietto: "Stanza 30".
Non successe nulla.
La ragazza riprese in mano gli appunti che gli aveva dettato Trentacinque, cercando di capire se avesse dimenticato qualche passaggio o frainteso le istruzioni. Proprio in quell'istante, la carta del foglietto si colorò, formando tanti piccoli quadratini di varie tonalità di rosso. I quadratini sembrarono cercare di ricongiungersi con quelli della stessa tonalità per formare delle lunghe linee sottili, vibrarono come le corde di una chitarra e poi svanirono in un attimo, lasciando posto a delle parole. Solo in quel momento Trentacinque si rese conto che Melissa avrebbe anche potuto non raccontargli la sua storia, tanto lui non sarebbe riuscito a leggere nulla di quello che c'era scritto su quel foglietto, ma lei l'aveva fatto lo stesso. Sentì il cuore scaldarsi: lei lo aveva incluso, sapeva che quel foglietto era inaccessibile senza la vista, ma non se n'era approfittata, anzi. Il bambino si ritrovò a sorridere un poco.
Lo sguardo di Melissa si fece serio, le sue dita cominciarono a tamburellare velocemente.
«Cosa c'è? Che c'è scritto?» comunicò Trentacinque, tramite il primo foglietto.
«Pietro ha cinquanta demeriti come pensavamo, ma... c'è dell'altro.» La ragazza si strinse piano un braccio. «C'è qualcosa di strano... Sono indicati come membri della stanza 30: Trentuno, Trentadue, Trentatré e Trentacinque. Trentuno è Pietro, io sono Trentatré, tu sei Trentacinque, ma chi è Trentadue? Noi siamo solo in tre.»
«Com'è possibile?» mormorò Trentacinque. «Forse c'è un errore... E il numero di demeriti?»
Melissa lesse e rilesse i numeri indicati, confrontandoli con quelli che si era annotata su un foglio. «I miei e i tuoi sono giusti, anche quelli di Pietro sono cinquanta come avevamo calcolato e questo Trentadue ne ha zero di demeriti. Oltre a questo, c'è scritto che il suo nome anagrafico è Diego.»
«Ora che mi ci fai pensare» la interruppe Trentacinque. «La nostra è una delle poche stanze con solo tre componenti... Forse Diego è nuovo? E arriverà nei prossimi giorni? Non c'è scritto altro?»
«No, solo il numero che gli è stato assegnato, nome anagrafico, sesso anagrafico, numero di demeriti e data di immatricolazio-» Melissa si bloccò, i suoi occhi corsero ripetutamente su e giù lungo il foglietto, la sua bocca emise un suono soffocato.
«Che c'è?» comunicò Trentacinque nervoso. «Che c'è?!» ripeté non ottenendo una risposta.
«Diego... Pietro...» le parole di Melissa gli arrivavano confuse attraverso il foglietto, come lampi che si schiantavano sulla sua mente e rapidamente appena arrivati svanivano in un istante.
«Pensa più lentamente, non capisco» comunicò Trentacinque.
«Diego...» pensò lei frenetica. «All'inizio non ci avevo fatto caso, ma la sua data di immatricolazione risale a più di un anno fa e non solo la sua, anche... anche quella di Pietro. Ma non è possibile... Io sono qui da prima di lui e quando è arrivato i Sorveglianti l'hanno accompagnato come se fosse il suo primo giorno qui, non come uno studente che è stato trasferito da un'altra stanza. Non... c'è qualcosa che non va! I suoi genitori possono avere cambiato il numero dei suoi demeriti, ma perché anche la sua data di immatricolazione? Non cambia nulla, rientrerebbe lo stesso fra le persone che possono lasciare la scuola a fine anno. E... questo Diego ha la sua stessa data di immatricolazione. Non capisco» aveva comunicato frenetica senza pause. «Che sia un errore? Può essere un errore? Finora i foglietti non hanno mai sbagliato.»
A Trentacinque girava la testa. «Il numero dei nostri demeriti è giusto? E anche la nostra data di immatricolazione?»
Melissa assentì.
«Forse Diego è un ragazzo che è riuscito ad andarsene lo scorso anno scolastico?» ipotizzò Trentacinque. «Con zero demeriti sarà stato il primo nella classifica individuale... Magari tengono i nomi di chi se ne va?»
«E la data di immatricolazione di Pietro,» rifletté Melissa «che sia stato un errore di chi ha scritto questi dati? Cioè il foglietto non sbaglia, ma ha sbagliato la persona che ha registrato i dati?»
«Potrebbe essere...» mormorò Trentacinque. «In fondo quella è l'informazione meno importante ed è lo stesso giorno in cui è arrivato questo Diego, potrebbe essere un errore di trascrizione!»
Melissa lo guardò preoccupata. «In ogni caso c'è qualcosa di strano.»
«Forse dovremmo parlarne con Pietro...» cedette Trentacinque. «Forse i suoi genitori non stanno pagando i Sorveglianti e ci siamo sbagliati? Forse c'è stato un errore nel calcolo dei suoi demeriti oltre che nella sua data di immatricolazione e lui, quando se n'è accorto, è rimasto in silenzio in modo che non venisse corretto? Anch'io fossi stato nei suoi panni, non l'avrei detto.»
Melissa rimase in silenzio un istante, poi assentì. «Non possiamo fare finta di niente, soprattutto ora che è tutto così confuso, dobbiamo confrontarci con lui e rimanere uniti.»
Trentacinque sbadigliò e la ragazza aggiunse. «Ma è meglio pensarci domani, è quasi ora di dormire.»
«Va bene» comunicò il bambino. «A domani.»
«A domani.»
Trentacinque staccò le dita dal foglietto e scese dal letto al castello. Le gambe non lo reggevano più e nemmeno la testa riusciva più a pensare, era come avvolta da una nebbia pesante e densa in cui l'unico pensiero che riusciva a farsi strada era: metti un piede dopo l'altro, raggiungi le tue lenzuola e poi dormi, a tutto il resto penserai domani.
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