32. Il quarto foglietto
Art.157 del manuale delle regole:
Ogni studente è tenuto a guardare se ci sono comunicazioni sul cartello apposto vicino alla porta della propria stanza prima di lasciarla e prima di entrarvici.
Melissa guidò Trentacinque lungo alcuni corridoi, mentre i piedi del bambino si facevano come piombo, nemmeno la presenza di Eco riusciva a rallegrarlo.
Trascorsero alcuni minuti in silenzio fino a che Melissa non si fermò, si guardò a destra e a sinistra e disse: «Dobbiamo decidere cosa fare con Pietro.»
«E il professore?» Trentacinque si trovò debolmente a domandare.
La ragazza lo guardò stupita. «Me lo sono inventata per poterti parlare liberamente, pensavo lo avessi capito!»
A Trentacinque il cuore balzò in gola e poi ridiscese lungo lo stomaco. «Mi ha fatto prendere un colpo» mormorò.
«Non sapevo come altro poterti parlare senza Pietro» spiegò Melissa. «Ma dobbiamo fare in fretta, fra poco è ora di cena.»
«Hai qualche idea?»
Melissa mise le mani nelle tasche della gonna. «Prima eravamo troppo scossi e confusi per pensare ad un piano d'azione, ma... qualcosa va fatto. Non penso di riuscire a far finta di nulla con Pietro e vorrei dargli la possibilità di spiegarsi.»
Trentacinque si sentì sollevato. «Anch'io vorrei sentire la sua versione dei fatti, ma ho paura possa diventare pericoloso...»
«Dici che potrebbe fare qualcosa per farci mantenere il segreto?» domandò Melissa, accarezzando Eco pensierosa. «Non mi vengono in mente altre alternative: o facciamo finta di nulla o lo affrontiamo.»
«Potremmo pensarci ancora un po' su?» Propose Trentacinque.
Melissa annuì. «Per me va bene!» Si fermò e si sedette a terra, aveva la faccia pallida come se fosse sul punto di svenire. «Certo che il suo è davvero un segreto enorme! Chissà come hanno fatto i suoi genitori a corrompere i Sorveglianti, dubito che abbiano dato loro solo dei soldi...»
Trentacinque si lasciò cadere al suo fianco. «Magari hanno offerto loro la possibilità di cambiare lavoro a fine anno? Di abbandonare la Scuola dei Demeriti per sempre? Non penso che questo fosse il lavoro dei loro sogni.»
Melissa lo guardò stupita. «Sai che non ci avevo mai pensato? Devono avere dei sogni, delle aspirazioni, un passato... Chissà cosa li ha spinti a lavorare qui? La paga, forse?»
Melissa si interruppe di colpo, il cuore stritolato da una morsa, annientato dai rintocchi che risuonavano lungo l'intero corridoio: erano le sette di sera.
Per quei tre lunghi minuti in cui le campane suonarono i due rimasero immobili, il terrore dominava i loro corpi e i rintocchi sembravano distanziarsi sempre di più l'uno dall'altro, dandogli l'illusione che anche il loro respiro non sarebbe più ripreso. Era come affogare e inalare sempre meno aria con il trascorrere del tempo.
L'ultimo rintocco infine arrivò, Trentacinque e Melissa però non si mossero e rimasero seduti a terra sui tappeti, ancora intontiti.
«Niente cena stasera» mormorò Trentacinque dopo qualche minuto.
«Già... Ormai è troppo tardi.»
«Perlomeno non dobbiamo preoccuparci di intavolare una conversazione con Pietro.»
Melissa si lasciò sfuggire un sorriso. «Se ci fossimo presentati a cena, ci avrebbe scoperti di sicuro.»
Anche Trentacinque sorrise. «A questo proposito... Devo farti una confessione e raccontarti di una cosa che ho scoperto.»
La faccia di Melissa si fece seria. «Hai tutta la mia attenzione.»
Trentacinque inspirò profondamente per farsi coraggio. «Quando non c'eravate ho dato un'occhiata ai foglietti nella nostra stanza e penso di avere scoperto qualcosa: sotto a ciascuna crepa ci sono dei piccoli pallini in rilievo. All'inizio pensavo che fossero macchie di sporcizia o imperfezioni del muro, ma sono quasi sicuro che in realtà quello fosse Braille. È un sistema di scrittura che abbiamo studiato da poco e quei pallini formano le lettere delle parole. Penso ci siano scritte le indicazioni su come utilizzare i foglietti, forse è anche indicato il nome del loro creatore o viene spiegato come ha fatto a realizzarli» disse velocemente.
«È una scoperta straordinaria!» esclamò Melissa, lo sguardo raggiante. «Io e Sara avevamo ipotizzato che dovesse esserci scritto da qualche parte cosa facesse ciascun foglietto, anche perché sono talmente tanti e tutti dello stesso colore che anche per il loro creatore deve essere stato difficile distinguerli l'uno dall'altro. Pensavamo ci fosse una mappa da qualche parte, una legenda da trovare, e invece... Hai già provato a leggere qualcosa?»
«Non ancora, l'ho scoperto solo questo pomeriggio.» Il bambino era ancora scosso dall'entusiasmo di Melissa, non pensava gli avrebbe creduto senza prove.
«Abbiamo un ottimo tempismo» constatò lei pensosa. «Tutti sono a cena, compreso Pietro, potremmo tornare nella nostra stanza e provare a scoprire qualcosa di più su questi foglietti, magari c'è qualcosa di utile.»
Trentacinque annuì. «Facciamo in fretta, però, non sappiamo quanto tempo Pietro impiegherà a cenare.»
Melissa si alzò spazzolandosi i pantaloni in tartan. «Saremo veloci come il vento! Seguimi!»
La ragazza guidò Trentacinque lungo alcuni angusti corridoi, camminava a passo spedito e deciso, concentrata sull'obiettivo. Dopo alcuni minuti arrivarono di fronte alla porta della stanza 30: era spalancata come sempre e di Pietro non c'era traccia.
«È tempo per noi di divertici!» esclamò Melissa, felice di potersi distrarre per un po'. «Scopriamo quali meraviglie ci ha riservato l'inventore dei foglietti.»
Trentacinque sorrise leggermente, contagiato dal suo entusiasmo. Si sentiva meglio rispetto a prima: stavano per fare qualcosa che lo incuriosiva e non vedeva l'ora di potersi finalmente rendere utile.
Senza indugi Melissa entrò nella stanza e batté in fretta tre volte sull'angolo in alto a sinistra della finestra. Afferrò con fare sicuro l'intelaiatura che si staccò dal muro; le crepe, ciascuna con infilato al suo interno un foglietto, brillarono sotto la luce della lampadina al neon. La ragazza avvicinò il volto a una di esse.
«Io non vedo nulla... Nessun pallino o puntino, niente in rilievo...» sussurrò concentrata.
«Non è possibile» mormorò Trentacinque. «Sono sicuro di avere sentito qualcosa quel giorno... Ce n'erano tanti.»
Il bambino avvicinò le dita al muro, proprio sotto una crepa e cominciò a muovere lentamente l'indice da sinistra a destra. Percepì immediatamente una piacevole sensazione di freschezza e le sue dita individuarono veloci la prima cella Braille, era così piacevole toccare quei pallini in rilievo e a lui, in genere, piaceva toccare davvero poche cose: la lana era troppo ruvida, la seta troppo liscia, anche la carta normale ogni tanto lo innervosiva, spingendolo a indossare dei guanti per riuscire a sfogliare le pagine dei libri e dei quaderni. Quei pallini però erano diversi, gli regalavano una sensazione unica sotto le dita e un'emozione enorme dentro la gola.
«Trentacinque...» mormorò Melissa. «Non hai idea di che cosa è appena successo! Il muro... Quando hai avvicinato la mano e l'hai toccato si è... modificato! Non so come descrivertelo, è come se i pallini fossero cresciuti dalla parete e quando sposti il dito se ne formano di nuovi alla destra del dito. È... wow. È come se le lettere comparissero man mano che leggi.»
La ragazza avvicinò la mano alla parete, allungò l'indice e... «Pazzesco! Succede anche quando lo faccio io!»
«L'ideatore dei foglietti è... dev'essere stato davvero geniale» disse Trentacinque con un sussurro. «È straordinario a livello di programmazione...» A Trentacinque le mani fremevano, non riusciva a trattenere lo stupore e l'ammirazione. «Mi sarebbe piaciuto conoscere chi ha creato tutto questo» concluse infine.
«Sì, dev'essere stata un persona interessante» concordò Melissa. «Ma ora dobbiamo dare un'occhiata ai foglietti che ci ha lasciato prima che torni Pietro... Come procediamo?»
Trentacinque si passò una mano sul mento. «Potremmo cominciare dai foglietti che né tu né Sara avete capito a cosa servissero o come funzionassero?»
«Va bene! Hai bisogno di aiuto?»
Trentacinque annuì. «Non sono ancora molto bravo con il Braille quindi penso che ti detterò le lettere che leggo man mano e tu le scriverai da qualche parte, così poi potremo leggere tutto velocemente. Cioè, tu potrai leggerlo velocemente.»
Melissa sorrise. «Per me va bene! Direi di cominciare da questo qua in basso...»
Trentacinque avvicinò l'indice al pezzo di muro sotto la crepa. «Sarò un po' lento, mi dispiace.»
Melissa gli sorrise. «Non hai nulla di cui dispiacerti, senza la tua intuizione quelle scritte non le avrei nemmeno mai scoperte.»
Trentacinque arrossì un poco poi cominciò a scorrere l'indice verso destra, dettò piano piano le lettere che leggeva e finita la riga, sollevò il dito e lo riportò all'inizio. Era così semplice, sembrava che il materiale di cui era fatto il muro lo guidasse, come vento fresco, e che parlasse ai suoi polpastrelli comunicandogli da dove riprendere a leggere.
Melissa e Trentacinque trascrissero nell'arco di un quarto d'ora le indicazioni sull'utilizzo di tre foglietti: il primo permetteva di comunicare senza parlare alle due persone che tenevano il foglietto fra le mani; il secondo ricreava sotto le dita la sensazione di accarezzare il pelo (o le squame) di qualsiasi animale: bastava pronunciare il suo nome ad alta voce; il terzo era una carta celeste tattile e visiva che rappresentava le stelle, le costellazioni e molto altro, bastava dare le coordinate astronomiche o il nome dell'oggetto celeste desiderato e il foglietto ne dava una rappresentazione fruibile con gli occhi e con le dita.
Il quarto foglietto di cui lessero le indicazioni, però, cancellò in un solo istante la meraviglia e l'esaltazione per quanto avevano appena scoperto. Quelli erano foglietti divertenti, interessanti, entusiasmanti, ma non erano utili ai loro scopi, il quarto invece... Il quarto permetteva loro di avere delle risposte e, se usato in un certo modo, avrebbe potuto mandare nel caos l'intera scuola.
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