Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

27. Rimembranze (Trentacinque)


Qualche anno prima.


Una donna dai lunghi capelli corvini giaceva esausta su un letto d'ospedale, le sue palpebre si chiudevano con lentezza, ma lei le riapriva con forza: non poteva addormentarsi, non ancora, presto i medici le avrebbero riportato il suo bel bambino.

Udì uno scalpiccio avvicinarsi sempre di più alla sua stanza, la porta si aprì e cinque persone con un camice verde scuro entrarono.

«Buongiorno, come si sente?» esordì quella al centro del gruppo.

«Tutto bene, dottoressa» sussurrò la donna con voce debole e stanca. «E... il mio bambino?» domandò senza preamboli, le sue mani sottili afferrarono le lenzuola e le strinsero nervosamente.

La dottoressa le sorrise. «Non è Perfetto, ma la sua percentuale al TLP è nella media per i bambini appena nati.»

La donna sentì una lacrima scenderle lungo il volto. «Scusatemi» mormorò, mentre sempre più lacrime le riempivano lo sguardo.

Uno dei ragazzi in camice verde le si avvicinò porgendole un fazzoletto. «Non si preoccupi, è una reazione normalissima: molte mamme piangono dal sollievo quando scoprono che il loro bambino ha ottime probabilità di diventare Perfetto.»

La dottoressa aspettò qualche istante che la donna si calmasse. «Se lo vuole vedere, ora siamo autorizzati a portarlo da lei.»

La donna annuì rapida e finalmente sorrise. «Potevate anche portarmelo subito!»

«Per legge ci è vietato» rispose calma la dottoressa. «Lei» disse indicando una ragazza col camice verde. «Specializzanda...»

«Specializzanda Amberta» rispose lei veloce.

«Bene, Amberta, mi elenchi i motivi per cui i neonati non vengono consegnati subito alle madri dopo il loro primo TLP.»

«Per evitare incidenti» risposte rapida.

«Amberta, sia più specifica» disse spazientita la dottoressa.

«Molto spesso questa notizia veniva comunicata mentre la madre o il padre tenevano il figlio fra le braccia. Nei casi in cui la percentuale al TLP era molto bassa capitava che i genitori facessero cadere il neonato a terra dalla sorpresa o con intenzionalità. Queste cadute erano spesso fatali ed era difficile stabilire se erano di origine dolosa o accidentale.»

«Esatto» assentì la dottoressa. «Cortnera, lei mi dica qual è il protocollo da seguire nei casi di bambini con un TLP al di sotto della media.»

Uno dei ragazzi col camice verde si fece avanti. «In quei casi, il neonato non viene mai lasciato da solo con i genitori e viene loro impedito di prenderlo in braccio se non sotto stretta sorveglianza. Viene svolto un lavoro di educazione sui genitori e viene loro spiegato come nei primi nove mesi di vita la percentuale al TLP non sia molto affidabile e che il loro figlio potrebbe ottenere dei miglioramenti considerevoli nell'arco dei primi tre anni.»

«Cosa?» la madre lo interruppe con voce tremante. «Intendete che mio figlio potrebbe peggiorare?»

La dottoressa le sorrise. «Non si preoccupi. Quello che lo specializzando Cortnera intende è che il TLP nei primi mesi di vita dà molte percentuali basse erroneamente, il contrario non succede praticamente mai. Suo figlio è quasi Perfetto, vedrà che nei prossimi anni il suo TLP non farà altro che migliorare.» Mentre parlava la sua voce era meccanica, come quella di qualcuno che è abituato a mentire, ma la madre non ci fece caso e sorrise raggiante.

«Lei dice?»

«Certamente, e ora le portiamo il suo bel bambino.» La dottoressa infilò le mani nelle tasche del camice. «A proposito, sa già come chiamarlo?»

«No, non ancora» mormorò la donna.

Passarono tre anni e le parole della dottoressa si rivelarono vere almeno in parte. La percentuale al TLP del bambino rimaneva stabile: non peggiorava, ma nemmeno migliorava. La madre però era tranquilla, i valori del suo bambino erano nella media, era solo questione di tempo. E aveva ragione: il giorno del suo terzo compleanno il bambino ottenne una variazione nel TLP.

Era peggiorato.

Non di molto, ma nemmeno di poco.

La madre sentì il mondo caderle addosso. Non poteva essere, non suo figlio, non lui, non un Imperfetto.

«Dottore, ma è sicuro?» domandò al professionista che aveva effettuato il test.

Lui l'aveva guardata con un leggero sorriso, che stesse ridendo di lei? «Sì, ne sono sicuro.»

«Ma com'è possibile? Non ha niente che non va.»

Il sorriso sottile del medico si fece più ampio. «Non sapevo di parlare con una collega.»

La donna si azzittì. «Mi sono espressa male» mormorò frenetica. «Intendevo, qual è il problema di mio figlio?»

«Ha mai osservato altri bambini oltre a suo figlio?»

«Non molti, lui gioca sempre per conto suo e agli altri non faccio molto caso.»

Il medico sorrise ancora. «Ecco, questo è parte del problema. Suo figlio gioca da solo e lo fa in modo inusuale: ha preso una macchinina e invece di farla correre sulla pista, se l'è avvicinata alla faccia e ha cominciato a far girare le ruote con la mano. Comunica in modo strano, capisce cose strane, reagisce in modo strano ai rumori forti. Potrei sbagliarmi, ma questo è un segnale d'allarme che non va trascurato e che ho dovuto considerare nel calcolo del suo TLP, ma ripeto, non si preoccupi, il TLP varia molto quando sono così piccoli, sale e scende come niente. Vedrà che con le pillole ogni traccia della sua Imperfezione sparirà.»

La madre sentì la speranza inondarle il petto. «Posso fare qualcosa oltre a dargli le pillole?»

«Certamente, cerchi di correggere i comportamenti di suo figlio e di insegnargli il modo corretto di giocare, di parlare e di capire le frasi.»

«Sarà fatto» disse contenta la madre e così fece.

Nei mesi successivi addestrò il bambino a comportarsi in modo corretto e il suo TLP migliorò.

«Devi farti degli amici» aveva intimato la madre al bambino. «È l'unico modo per tornare al tuo TLP iniziale.»

E il bambino ci aveva provato, desiderava anche lui avere un amico con cui disegnare o con cui giocare a ping pong, ma era così difficile. Come facevano gli altri bambini?

Al suo quinto compleanno il suo TLP cambiò considerevolmente.

In negativo.

«Qual è il problema?» domandò la madre.

«Sembra che non ci veda molto bene» rispose il medico.

«Ah, forse gli mancano un po' di vitamine, vuole mangiare sempre le stesse cose... La sua vista non ha niente che non va.»

«Non posso modificare il suo TLP, come lei ben sa. Se è solo una questione di vitamine vedrà che al prossimo calcolo andrà meglio, in ogni caso esistono le pillole: so che molti genitori si vergognano a doverne somministrare molte ai propri figli, ma vedrà che funzionano.»

La madre gli sorrise. «La prego, fissiamo un appuntamento per un ricalcolo fra un mese.»

Il medico la guardò e poi sospirò. «Va bene.»

Un mese passò.

«La sua vista è rimasta uguale, temo che dovrà prendere più pillole e le consiglio di mandarlo anche a un Centro di Accompagnamento, dovrebbe accelerarne gli effetti.»

Passò un anno.

«La sua vista è peggiorata drasticamente, dovrà usare degli occhiali se non vuole rimanere indietro al suo primo anno di scuola. È sicura che prenda le pillole?»

«Sì, lo sono» rispose lei e fulminò il figlio con lo sguardo.

La madre urlava al bambino, lo sgridava, insisteva che si sforzasse di più, non era nemmeno riuscito ancora a farsi un amico. Lui sarebbe stato la sua morte, gli diceva.

Passò qualche settimana.

«La sua vista non migliora e continua a comportarsi in modo strano. Ma gli fa prendere le pillole?»

La madre da quel momento rimase in silenzio. Non parlò più al bambino e lui sentiva il suono della sua voce solo quando lei parlava con altri.

Un giorno lei lo accompagnò in un grosso edificio, fin dentro ad una piccola stanza con due sedie. Gli fece segno di sedersi su una di esse.

«Resta qui» gli disse e il bambino, felice che gli stesse rivolgendo nuovamente la parola, eseguì. La madre uscì dalla stanza.

Dopo un quarto d'ora il bambino cominciò a domandarsi per quanto tempo avrebbe dovuto rimanere lì seduto.

Passarono venti minuti.

Poi quaranta.

Poi sessanta.

Doveva andare in bagno.

Durante quell'ora tutti i passi che sentiva provenire dal corridoio non avevano mai rallentato in prossimità della porta, doveva resistere ancora un pochino: sua madre sarebbe tornata presto.

Passarono venti minuti, sentì i pantaloni farsi caldi e il suo cervello finalmente rilassarsi: ora non doveva più andare in bagno. Il sollievo lasciò spazio alla vergogna, si guardò intorno e andò a sedersi sull'altra sedia sperando che, per quando sua madre sarebbe tornata, il calore del suo corpo avrebbe asciugato i pantaloni e magari pure la chiazza bagnata sulla sedia sarebbe scomparsa.

Dopo alcuni minuti, finalmente dei passi rallentarono in prossimità della porta, le scarpe però non erano quelle di sua madre: producevano un rumore diverso.

Un uomo in giacca e cravatta aprì la porta, aveva un bel sorriso sul volto che si raggelò e poi si spense alla vista del bambino.

«Oh, no! Ne abbiamo un altro!» urlò voltandosi dietro di sé.

«Come un altro?» rispose affannata una voce femminile.

«Guarda tu stessa!» esclamò facendo un passo indietro e uscendo dalla stanza.

La donna fece capolino da dietro ai cardini, i capelli biondi e ricci che riempivano l'intera entrata. «Hai ragione» disse rivolta al collega, poi fece alcuni passi verso il bambino e gli sorrise dolcemente. «Ciao, sai dove ti trovi?»

Il bambino scosse la testa.

La donna bionda lanciò uno sguardo all'uomo in giacca e cravatta. «Io sono Lisa e questo è un mio collaboratore, abbiamo bisogno di qualche minuto poi saremo subito da te; ci aspetterai un attimo?»

Il bambino confuso fece cenno di sì.

«Bene, a fra poco.»

La donna lasciò la stanza assieme all'uomo e si misero a parlare in corridoio.

«Che noia» mormorò lui. «Proprio vicino all'orario di chiusura.»

«Non possiamo farci niente» disse la donna. «È la legge che lo permette: se hai figli con una bassa percentuale al TLP, puoi affidarli allo stato in qualsiasi momento.»

«Lo so, lo so, ma l'hai visto quello? Se l'è pure fatta addosso! È un caso irrecuperabile, te lo dico io.»

La donna scosse il capo. «Le pillole aggiustano tutto.»

«Bambini come quello sono solo un peso per tutti, meglio morti» sibilò lui.

«Non dire queste cose, qualcuno potrebbe mettere in dubbio la tua fede nelle pillole» sussurrò la donna.

«Le pillole sono risorse che costano denaro, tempo ed energia. È uno spreco darle a quelli come lui, sono irrecuperabili.» Sospirò. «Adesso che famiglia gli troviamo?»

«Avrà cinque o sei anni, è piccolo, non dovrebbe essere troppo difficile. La sua percentuale al TLP è ancora molto instabile.»

L'uomo sbuffò. «Questo bambino sarà una rogna, vedrai, ha la faccia di uno che crea solo problemi.»

La loro conversazione proseguì, intervallata da telefonate a famiglie affidatarie. Nel frattempo, il bambino piangeva: aveva sentito ogni parola che avevano pronunciato, la porta era troppo sottile e il suo udito troppo sensibile.

Lo mandarono in una casa, i suoi nuovi genitori gli cambiarono nome, quello precedente era troppo brutto dicevano. Passarono alcuni mesi e il suo TLP peggiorò, ora nemmeno con gli occhiali riusciva a raggiungere una vista Perfetta.

Lo abbandonarono, lo ritornarono allo stato come un pacco postale: era un bambino bugiardo che non prendeva le pillole e che non si impegnava abbastanza. Il bambino aveva cercato di ribattere, lui le pillole le aveva prese, dovevano credergli.

Nessuno gli credette.

Passò gli anni successivi cambiando casa ogni poche settimane, spesso i nuovi genitori gli cambiavano pure nome. Alcuni ragazzi gli avevano spiegato che i genitori affidatari lo facevano per rendere complicato il recupero dei suoi precedenti TLP alle varie istituzioni: in questo modo era più facile iscriverlo a scuola, inoltre se avesse incontrato persone che avevano fatto parte della sua vita prima dell'affidamento, magari non lo avrebbero riconosciuto, soprattutto anni dopo. Per questo il bambino si era visto cambiare il proprio nome decine di volte con le scuse più assurde: è brutto, è troppo difficile da pronunciare, è il nome di una persona che mi sta antipatica, e così via.

Era passato così tanto tempo ed era stato così tanti nomi e talmente tante persone che il nome che gli aveva dato la madre biologica stava cominciando a svanire dalla sua memoria, probabilmente non si sarebbe nemmeno voltato se lo avessero chiamato in quel modo. Si sentiva solo un bambino, visto che era quello l'appellativo con cui gli adulti gli si rivolgevano. Non era più un figlio, non aveva più un genitore.

Il suo cuore però si incrinava ogni volta che sentiva la parola mamma. Era quello per lui il nome di sua madre: non ne aveva conosciuti altri o forse non aveva prestato abbastanza attenzione, in fondo lui l'aveva chiamata così e in nessun altro modo. Non gli era mai venuto in mente che lei potesse avere un altro nome – Maria, Anna, Gabriella, ecc. –, che c'era stato un tempo in cui lei non era sua madre, ma qualcos'altro.

Lo faceva infuriare pensare ancora a lei come a sua mamma, ma non aveva un nome con cui sostituire quella parola, così aveva deciso di optare per madre, in modo da ottenere almeno un po' di distacco quelle volte in cui pensava a lei.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro