Prologo
<<Non lasciare la mia mano!>> urlò percependo il momento esatto in cui allentai la presa. La strinse ancora di più, tanto che le mie ossa protestarono mentre entravano a contatto le une con le altre <<Dobbiamo continuare a correre, non fermarti! Mi senti? Non possiamo fermarci.>> insistette scandendo con enfasi ogni parola. Colsi delle nuove sfumature nella sua voce che non ero abituata a sentire, e di certo non era rassicurante: un misto tra ansia e terrore, non appartenevano al demone al quale avevo consegnato il mio cuore e la mia vita. Sempre così spavaldo e fiero da farmi credere che potevamo andare contro il mondo intero, contro le nostre leggi, solo perché lo volevamo.
Mi dispiaceva non riuscire ad accontentare la sua richiesta, ma ero stremata. Scappavamo ormai da ore, correvamo attraverso i boschi, facendoci strada tra le grosse radici che fuoriuscivano dal terreno umido, come lunghe braccia pronte ad afferrarci e gli ingombranti rami che rendevano difficile avere una visuale.
Il sole era ancora alto in cielo quando Alastor aveva fatto irruzione nella mia stanza, spalancando con così tanta forza i battenti da farmi temere per l’incolumità dei cardini che vacillarono emettendo un cigolio sinistro.
Sussultai scorgendo il suo viso, quei tratti dalla bellezza crudele erano distorti dalla rabbia, non era un buon presagio. Provava sempre a soffocare il suo lato demoniaco in mia presenza, temendo potessi accorgermi del mio grande “errore”: amarlo. Ovviamente era un suo pensiero, conoscevo ogni piccolo frammento dell’anima che sosteneva di non possedere, ed ero innamorata in ugual misura della sua luce e delle sue ombre.
Scattai a sedere goffamente, nelle mie condizioni aspirare ad essere aggraziata era un sogno irrealizzabile. Mi raggiunse racchiudendo il mio viso tra i palmi delle mani, e ringraziai la dea creatrice di essere a letto o le mie gambe non avrebbero retto nel sentire le sue parole.
<<Raderò al suolo questo posto>> disse allacciando il suo sguardo al mio assicurandosi che assorbisse ogni singola parola <<con tutti i suoi abitanti è una promessa!>>
Brividi mi rivestirono la pelle per l’intensità nella sua voce, ero certa che lo avrebbe fatto.
<<Ma quel giorno non è oggi, ora dobbiamo uscire di cui. Subito!>> disse con urgenza.
<<Hanno raggiunto un accordo.>>quello che doveva essere una domanda venne fuori come un’amara consapevolezza. Mi rifiutavo di credere che tutto stesse andando in malora, giusto quando avevo iniziato a sperare che potessero in qualche modo rinsavire. In fondo ero una di loro, non era così folle aspettarsi un po’ di compassione no?
<<La votazione non si è ancora conclusa, 10 hanno votato contro e 4 a favore e manca solo il tuo di Consiglio.>>
<<È scontato il risultato!>> finii al posto suo mentre mi gravava addosso il peso del significato di tutto ciò.
E così anche quel minuscolo bagliore di speranza che serbavo nel cuore si spense come i tizzoni ardenti del camino mentre spuntava l’alba. Ma i suoi occhi mi dicevano quello che avevo bisogno di sapere, lui non si era rassegnato.
E tuttora quella luce combattiva illuminava il suo sguardo, ardeva come fiamma viva anche adesso che la Luna faceva da padrona indiscussa.
Alastor avrebbe potuto risparmiarsi tutto quel calvario, sarebbe stato così semplice per lui spiegare le sue ali e volare via, non era l’obiettivo, non era lui la minaccia che volevano estirpare alla radice. Si ostinava a starmi accanto e nelle mie condizioni non potevo spostarmi più veloce di come già stavo facendo, stavo condannando entrambi.
<<Fermati Alastor! Fermati!>> supplicai con voce tremolante sia per la paura, sia per la mancanza d’aria, ogni respiro m’infiammava i polmoni <<Ti prego, basta, basta così!>> inchiodai i piedi a terra nel tentativo di fargli capire che era finita, che doveva smettere di trascinarsi un peso morto.
Provò a tirarmi ancora, e sentivo crescere la sua frustrazione trovando resistenza da parte mia. Infine si fermò, si voltò e mi guardò negli occhi. Quello che vi lesse dentro sembrò non piacergli.
<<Non ti azzardare a dire che devo lasciarti qui, non lo dire perché significherebbe che non mi conosci, che il tempo che abbiamo condiviso non è servito a niente, che siamo solo due estranei.>> alzò la voce disperato <<Noi ne usciremo insieme, faremo la nostra vita lontano da qui e un giorno dimenticheranno quanto accaduto, dobbiamo solo allontanarci abbastanza e in fretta.>> le sue parole sembravano più una supplica che un vero piano, provava a convincere sé stesso che c’era ancora speranza.
Mi spezzava il cuore vederlo in quello stato, chi lo avrebbe mai detto che i demoni potevano amare con una tale intensità? Se avessi avuto il potere di far tornare indietro il tempo, sarei ritornata proprio al momento in cui lo vidi per la prima volta, proprio al momento in cui rimasi stregata dalla sua bellezza quasi selvaggia, irruente. Ricordo la sua postura fiera mentre era in piedi vicino al camino nella stanza che ospitava le riunioni del Consiglio, mi era stato impossibile distogliere gli occhi da lui, era magnetico. Aveva capelli neri come la pece, tanto scuri quanto i suoi occhi, i quali, nonostante appartenessero ad un demone, erano pieni di vita, avrei potuto annegare dentro tutto quello che ci lessi dentro. Un’opera d’arte non avrebbe mai raggiunto quel livello di perfezione. Se potessi ritornare proprio lì, proprio in quell’istante, avrei girato le spalle, non importava quanto avessi dovuto lottare con la voglia di conoscerlo e mi sarei allontanata da lui senza guardarmi indietro. Non ci avrei parlato per ore abbeverandomi di ogni suono che lasciava le sue labbra, né avrei risposto alle sue mille domande fatte con l’intento di conoscermi, e ben che meno avrei accettato il suo invito a vederci il giorno successivo per fare una passeggiata insieme. Mi sarei tenuta lontana da lui e da tutto quello che il suo amore mi aveva donato, sarei fuggita in capo al mondo pur di evitarci quel dolore e soprattutto per proteggere lui da sofferenza certa.
<<Amore mio, basta così, è giusto che tu mi lasci! Non dobbiamo pagare entrambi, sappiamo che per quello che abbiamo fatto non mi concederanno mai il perdono, ci siamo illusi. Non dimenticheranno un tale affronto.>> dissi faticando a far uscire le parole, un groppo enorme mi serrava la gola, colpa di tutte le emozioni, e nonostante lottassi per trattenere le lacrime che prepotenti spingevano per uscire non ci riuscii, e quelle iniziarono a rigare il mio viso.
Si avvicinò prendendomi il volto tra le sue grandi e forti mani, calde come tutte le emozioni che mi aveva fatto conoscere, mi depositò un bacio lungo e pieno di amore, che io assaporai fino in fondo, consapevole del fatto che probabilmente sarebbe stata l’ultima volta che le nostre labbra si sarebbero unite.
<<Non ti arrendere>> disse senza interrompere il contatto <<non abbiamo fatto niente di sbagliato, ci amiamo, e questo amore ha creato qualcosa di meraviglioso!>> mi toccò il ventre arrotondato che ospitava dentro di sé un piccolo essere, frutto di un amore proibito. Un essere che probabilmente non avrebbe mai visto la luce perché condannato a morire da creature, il quale più grande timore era quello di non riuscire a controllarlo. A volte la diversità spaventava più dei mostri, soprattutto ai mostri stessi.
Vedendo che le sue parole non mi avevano fatto cambiare idea, anzi, avevano rafforzato la mia determinazione a mandarlo via, mi prese in braccio e nonostante io mi dimenassi come un mortale posseduto da un demone di basso livello, non mi lasciò andare.
<<Fammi scendere!>> protestai, era una perdita di tempo, se continuavo ad essere al suo fianco lui sarebbe morto con me, quando in realtà il loro unico bersaglio ero io. Il mio destino e quello della piccola vita che cresceva dentro di me ormai era scritto e nulla avrebbe potuto cambiarlo. Nulla potevamo contro un intero Consiglio di streghe, demoni e angeli, dovevamo accettarlo, almeno uno di noi avrebbe potuto sopravvivere e sapevamo entrambi che non sarei stata io, dovevo solo farglielo ammettere. Lui era un membro potente della sua stirpe, un originale, ero io quella sacrificabile tra i due.
Avanzò nella boscaglia senza dare ascolto alle mie suppliche, aveva preso la sua decisione, quella di rimanermi accanto e io anche se contrariata lo amai ancora di più. Alla fine non mi rimase altro che arrendermi al suo volere, lui era così: determinato, era abituato a comandare e seguiva solo il suo pensiero, non si lasciava impietosire neanche da me, che sapevo essere tutta la sua vita. Infine mi arresi alla stanchezza cullata dal movimento scatenato dal suo incidere sicuro nella natura e dal suo abbraccio caldo e protettivo che mi ancorava a sé.
***
Aprii gli occhi di scatto, non sapevo per quanto tempo avevo dormito, e mi atterrì pensare a cosa poteva essere successo nel lasso di tempo in cui ero stata priva di coscienza. Nel mio stato era difficile combattere contro la stanchezza, ne avevo accumulata parecchia e il mio corpo aveva ceduto.
<<Alastor!>> chiamai il suo nome nel buio totale che inghiottiva i contorni di quello che mi circondava, l’unica cosa che sentivo era il freddo del terreno sopra il quale ero stesa.
<<Tranquilla! Sono qui con te.>> sentii una carezza sulla guancia, leggera quanto un respiro e rilasciai il fiato, era ancora lì, al mio fianco, non ero sola. Nonostante i miei propositi di allontanarlo lui era ancora lì, ma non riuscivo a vederlo, ricordai in quel momento che solo io avevo quel problema, lui era una creatura straordinaria con poteri che andavano al di là di ogni immaginazione, di certo non costituiva un ostacolo per lui.
<<Accendinum liet >> piccole fiammelle si accesero tutt’intorno a noi ubbidendo al richiamo della mia magia.
Quello che vidi mi lasciò senza fiato. Era uno spettacolo surreale. Sfavillanti bagliori dalle mille tonalità di ametista danzavano alimentate dalla luce del fuoco, erano dappertutto, illuminando quello che sembrava a tutti gli effetti una caverna di cristallo.
<<Che posto è questo?>> domandai estasiata dalla bellezza del luogo, era pura magia.
<<Un posto che avrei voluto farti conoscere in una situazione diversa.>> rispose con un sorriso triste e una nota di amarezza nella voce.
“Era tutto così ingiusto!” pensai.
Come poteva un sentimento creato dalla natura stessa essere la causa delle nostre disgrazie? Come poteva l’amore portare alla morte? Non aveva senso, eppure era proprio questa la nostra storia. La nostra relazione non era mai stata normale, eravamo costantemente sotto controllo, giudicati e ora anche perseguitati.
<<Non farlo, non recriminare quello che c’è tra di noi, non pentirtene, so cosa pensi, ma non infangare quello che ci lega con pensieri negativi, tu sei tutto quello che amo, è da quando ti ho conosciuta che ho iniziato a vivere e non mi arrenderò mai, non smetterò di lottare per noi, e non permetterò che lo faccia nemmeno tu!>> lo disse guardandomi negli occhi per assicurarsi che mi arrivasse la sua determinazione.
Stavo per rispondere ma il dolore mi colse impreparata, una fitta lancinante al ventre mi costrinse a urlare, e forse fu quello il momento in cui andò veramente tutto in frantumi.
“Non ora! Non qui!” pregai intensamente la Madre, augurandomi che accogliesse la mia richiesta.
<<Cosa succede?>> chiese allarmato, non capiva cosa stava succedendo.
<<Sta per succedere, è arrivato il momento.>> dissi tra i denti, trattenendo l’urlo che minacciava di uscire, il bambino voleva nascere e non esisteva momento più sbagliato di questo.
<<È presto!>>
Lo pensavo anch’io, ma si sa che le cose non vanno sempre come le programmiamo.
<<Ѐ troppo presto!>>
Distratti dall’inaspettato evento che ci aveva colto di sorpresa, ci rendemmo conto troppo tardi di avere compagnia. Solo quando sentimmo le voci capimmo che il problema non era l’imminente nascita bensì altro.
<<Kosem domen etertes) >>
Erano arrivate e non avevano perso tempo in chiacchiere o avvertimenti.
Lacrime calde rigarono le mie guance rispecchiando il mio supplizio. Urlai nuovamente sotto l’influsso di un’altra fitta che mi costrinse a rimanere accovacciata a terra, mentre Alastor si accasciava al mio fianco, vittima della magia delle anziane che si erano unite per sconfiggerlo, solo in quel modo avrebbero avuto opportunità di sopraffare uno dei più antichi esseri sulla terra.
Con le ultime forze che mi restavano feci sbalzare l’amore della mia vita fuori dalla caverna, creandogli attorno una barriera che si legava alla mia forza vitale per proteggerlo dalla magia aggressiva che avevano messo in atto, non potevo altro, ma finché respirassi lui avrebbe vissuto. Riuscivo a vederlo, tramortito dietro quel velo invisibile che lo celava alle streghe, mi costrinsi a distogliere gli occhi da lui, potevano farmi quello che volevano, era inevitabile, ma lui doveva vivere.
<<Non avresti dovuto farlo Naìra, hai rovinato tutto, eri destinata a grandi cose, ora dovrai morire per colpa di un demone.>> a parlare era una delle anziane, il disprezzo che nutriva per me e verso Alastor e la sua razza era tangibile, era quasi un’altra presenza nella stanza.
Non riuscii a concentrarmi oltre sulle sue parole, il mio bambino aveva fretta di venire al mondo, anche se questo non lo avrebbe accolto a braccia aperta.
<<Mildre non possiamo condannarla così, sta per partorire, è solo una creatura, non penso che sia una minaccia da neonata.>> riconobbi la voce di Elvia, una consigliera che evidentemente ancora possedeva un po’ di umanità.
Ci fu un momento di silenzio, la quiete prima della tempesta.
<<Lo credo anch’io, non possiamo condannarla così.>> concordò Mildre, senza però che le sue parole mi rasserenassero. Ciò che vidi nel suo viso non era compassione, non era nessuna emozione, solo freddi calcoli. Si inginocchiò vicino a me posandomi una mano sul ventre.
Provai ad indietreggiare strisciando a terra per quanto mi era possibile, ma non potei sfuggirle. Il suo tocco non faceva che alimentare la mia paura, non conoscevo le sue intenzioni.
<<È una bambina.>> alla sua affermazione la gioia m’invase, avevamo creato una piccola bimba, il nostro amore aveva generato una femminuccia <<Lei vivrà>> asserì <<ma tu morirai, e la tua più grande punizione non sarà la morte, ma sapere che tua figlia crescerà come una di noi, senza sapere nulla di te e della tua nefasta unione con quel demone.>> aveva appena emesso una sentenza di morte con la facilità con cui respirava, e nonostante ciò, fui felice che la mia bambina avesse l’opportunità di vivere, contrariamente a quello che pensava Mildre io vedevo speranza nelle sue parole.
Guardai nuovamente l’amore della mia vita, che ormai rinvenuto picchiava contro la barriera invisibile, urlando parole che non comprendevo. Lui avrebbe potuto vederla, forse…
Urlai e ogni mio pensiero svanì mentre tiravo fuori tutto il mio dolore. Un calore improvviso si irradiò nel mio ventre portando fitte ancora più potenti. Era il potere di Mildre, stava forzando la mano alla Madre, voleva anticipare il parto. Tra tutti gli scenari terribili in cui avevo immaginato di dare alla luce la mia bambina, questo non era stato neanche contemplato.
Stavo per mettere al mondo un piccolo essere che non avrei mai potuto stringere tra le mie braccia, né cullare nel mio calore, o allattare al mio seno; che non avrei visto crescere né dire la sua prima parola, che non mi avrebbe mai potuto chiamare mamma, e solo io sapevo quanto avrei desiderato sentire la sua vocina mentre pronunciava quelle 5 lettere piene di significato, non avrei potuto vedere quanto sarebbe stata potente e non avrei mai potuto insegnarle nulla sulla vita o sull’amore e che nonostante tutto avrei amato con tutto il mio cuore.
All’improvviso la morsa che mi opprimeva il ventre si allentò lasciando spazio al suono più bello che avessi mai sentito, il pianto della mia bambina. La guardai con le mie ultime forze e m’innamorai per la seconda volta nella mia vita, ma fu un momento troppo breve, il tempo di uno sguardo e la portarono via da me, negandomi il mio diritto di essere madre.
<<No!>> dissi disperata <<Non toglietemela vi prego, non fatelo.>> la voce mi venne meno.
<<Naìra>> pronunciò il mio nome con il tono in cui ci si rivolge ad un bimbo capriccioso <<sai che devo farlo.>>
“No, non doveva!”
<<Ti concederò qualcosa però…>> fece una pausa valutando se concedermi qualunque cosa avesse in mente <<come vuoi chiamarla?>>
Mi sbagliavo, stava pensando come attuare la sua prossima tortura, mi concedeva di darle un nome sapendo che solo quello avrei potuto fare per lei. Non ebbi neanche bisogno di pensarci, una parola prese forma nei miei pensieri.
<<Alana.>> era il nome adatto, voleva dire anima in lingua originale, perché questa piccola creatura si portava con sé la mia anima, ed era il frutto del mio amore per Alastor.
<<E sia!>> acconsentì e si rivolsi alle sue complici <<Sapete cosa dovete fare, ripulite tutto e andiamocene via di qui, nessuno parlerà mai di quello che è accaduto questa notte, nessuno deve sapere che lei è viva.>> detto questo Mildre scomparve dalla mia vista.
Sentendo l’odore della fine mi girai a guardare Alastor che fissava anche lui il punto dove era scomparsa la nostra bimba, l’aveva vista e amata proprio come me. Percependo i miei occhi su di lui si girò nella mia direzione e vidi che i suoi occhi esprimevano tutto l’amore che sentiva per noi.
<<Ti amo.>> mimai quelle parole con tutto il sentimento che mi ardeva nel petto mentre le lacrime continuavano a scorrere <<Ti amerò per sempre amore mio!>> si fermò per leggere le mie labbra <<Ma ora devi scappare!>> ricominciò a battere contro la barriera, disperato, ma doveva capire che quella era l’unica via di uscita, solo così un giorno avrebbe potuto ritrovare nostra figlia e strapparla dalle braccia del mio boia <<Scappa ora!>> lasciai andare la barriera e proprio in quel momento sentii un forte dolore al petto, guardai in basso e vidi la mano che ancora sosteneva il pugnale che trafiggeva il mio corpo, istintivamente trattenni il suo polso e mentre le forze mi abbandonavano mi voltai per incrociare per l’ultima volta i suoi occhi neri come l’onice. Lessi il momento in cui lui capii che quella era l’ultima volta che mi avrebbe vista, fu il momento peggiore, ogni dolore impallidiva di fronte a quello che riscontrai nel suo sguardo.
Si scagliò sulla strega che era ancora sopra di me mettendo fine alla sua vita e mi prese per l’ultima volta tra le sue braccia esortandomi a non smettere di lottare, ma per me era troppo tardi, scivolai piano verso il buio, una lunga discesa verso il nulla, ma lo feci con l’immagine del suo bellissimo viso e delle sue labbra che mi sussurrarono “ti amo” impressa nella mia mente, forse se queste immagini mi accompagnavano l’Etere avrebbe accolto questa peccatrice.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro