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I - Il sapore del successo.

Ha mai visto il film "I Sette Samurai"? 

Io i miei chef li voglio così.

Il sapore del successo


Fuori si gela. È il 25 marzo, la primavera è arrivata da quattro giorni, ma Milano sembra non essersene accorta. Spingo la pesante porta a vetro e vengo colpita da un forte odore di chiuso. Storco il naso d'istinto, ma mi rendo conto che non ne sono disturbata. Questo è l'odore del successo.

«Sei in ritardo.»

E questa è la voce di Giorgio. Una piccola parte di me non si è ancora rassegnata al fatto che farà di tutto per rovinarmi l'emozione di affrontare il mio nuovo progetto. Dopotutto, è risaputo che Giorgio Cavalieri non ha la minima idea di cosa sia il divertimento e ha la tendenza a distruggere ogni entusiasmo.

«È il primo giorno, non mi pare ci fosse un orario da rispettare. O c'è un appuntamento che ho dimenticato?»

Mi sistemo sullo sgabello di fronte al bancone del bar. Mi sfilo la giacca e la appoggio sulle gambe, per poi fissare Giorgio in attesa di una risposta.

«Io non valgo come appuntamento?» mi apostrofa lui, gli occhi scuri addosso a me. «Avevamo detto alle dieci.»

Che petulante.

«Sono solo le dieci e venti. Hai intenzione di fare sempre così?»

Per un attimo credo che dica che sì, ha proprio intenzione di fare sempre così, ma poi solleva le mani in aria.

«D'accordo, tregua. Vuoi un caffè? Pensavo di provare la nuova macchinetta.»

«Un ginseng, grazie.»

La macchinetta nuova di zecca non è male, ma ha bisogno di un po' di utilizzo per diventare perfetta. Ci penserà Giorgio, drogato di caffeina com'è. Io bevo solo ginseng, non lascio certo che quel veleno infetti il mio corpo. Cibo sano, yoga e bevande naturali, il mio mantra per mantenere il corpo snello e in salute. Lui si prepara il suo solito caffè amaro, nero come la pece, forte come è abituato a bere. Lo scola tutto d'un sorso.

«Allora, come va la solitudine? Ti manca Anna?»

Trovo la domanda estremamente inopportuna. Gli scocco uno sguardo offeso.

«Perché dovrebbe mancarmi? Ha trovato l'amore della sua vita, sono felicissima per lei!» Avrei preferito che il tono uscisse fuori meno indispettito. Giorgio curva le labbra verso l'alto.

«Andiamo, non ci credo che il tuo sano egoismo non stia recriminando che qualcuno ti abbia portato via la tua migliore amica. Non mi sembravi al culmine della gioia durante il matrimonio.»

Anche lui è stato presente alla cerimonia, come d'altronde le mie madri e tutto il gruppo di conoscenti di Arona. Con mio grande disappunto, sento le guance infiammarsi, meno male che le ho ricoperte di una generosa dose di cipria, stamattina. Lo guardo dritto negli occhi familiari.

«Quanto ti piace trovarmi dei difetti, eh, Cavalieri?»

Credo sia il suo passatempo preferito, quello di trovare qualcosa che non va in me e sbattermelo in faccia. Inutile dire quanto la cosa mi mandi in bestia. Lo vedo sorridere.

«Non volevo offenderti. Stavo osservando, nel mio consueto modo sarcastico, che è normale che ti manchi la tua migliore amica. Non sei cattiva se ti dispiace che se ne sia andata. Avete convissuto per quanti, dieci anni?»

«Otto», puntualizzo, più accomodante rispetto a qualche minuto fa. Se Giorgio se ne accorge, non me lo fa notare.

«Giusto.»

«Sul serio, G, sono felice per lei. Dopotutto, è merito mio se si è sposata.»

Le folte sopracciglia del mio interlocutore si inarcano in modo simmetrico. «In che senso?»

Sbuffo sonoramente. Possibile che non ci arrivi?

«Ma è ovvio, no? Ho presentato io Riccardo ad Anna, due anni fa, dimentichi che abbiamo frequentato la specialistica insieme? E poi, se non fosse stato per me, non le avrebbe mai chiesto di uscire.»

L'espressione di Giorgio è di educata incredulità. «Non ci credo che ti stai prendendo il merito della loro unione.»

«Sai che ho sempre avuto un talento per queste cose.»

«Quali cose?»

Perché è così tonto? Perché non riesce a capire il mio potenziale? Certe volte è proprio un quarantenne.

«Accoppiare le persone! Credo che dovrei farne un lavoro, sai?»

Giorgio incrocia le braccia e continua a fissarmi con la stessa espressione. «Un lavoro, eh?»

Annuisco con convinzione. «Magari nel tempo libero posso fare la matchmaker freelance», osservo, ma mi affretto ad aggiungere: «Prima viene il ristorante, ovvio.»

Giorgio non risponde. Mi dà le spalle e si sciacqua le mani, per poi asciugarle con uno strofinaccio immacolato, forse uno di quelli nuovi.

«Non è merito tuo se si sono sposati, Emma. Mi dispiace darti questa notizia, ma ci hai solo visto lungo. E se non ricordo male, non ti stava nemmeno molto simpatico Riccardo, all'epoca.»

«Ricordi malissimo!» Poggio una mano sul petto. Ma come si permette? «Siamo sempre stati amici, anzi, non hai idea di quanti esami abbiamo preparato insieme!»

«Certo, come no.»

Dio, quanto non lo sopporto quando fa così. Deve sempre avere da ridire su di me e su quello che dico, mai una volta che me la faccia passare liscia! Non faccio in tempo a rispondere, che qualcuno bussa e mi chiude la bocca.

«È permesso?»

Non ho chiuso la porta. Non mi sono mai tolta questo maledetto vizio. Entrambi ci voltiamo verso l'entrata. Una ragazza dai capelli rossi lunghi fino alle spalle e gli occhi verdi ci sta fissando

«Sì?» domanda la calda voce di Giorgio. La fanciulla tossicchia.

«Buongiorno. Io... Io sono Erica Argenti. Sono qui per il posto da assistente cuoca.»

Ah, già, i colloqui per il nuovo staff. Abbiamo assunto quasi tutti, mancano solo un paio di barman, un direttore di sala e qualche cuoco. Sì, insomma, non abbiamo assunto proprio tutti. 

«È troppo giovane», sentenzia il Signor chef al mio orecchio. Non mi sono accorta che si è avvicinato. Me lo ritrovo accanto, impeccabile nel suo jeans e nella sua camicia elegante. Il suo profumo familiare mi pizzica le narici.

«Potresti almeno darle una chance», replico in un sussurro ben udibile. Lui stringe le labbra.

«Lo farò, ma è comunque troppo giovane.»

Decido di ignorarlo. Mi avvicino a Erica e mi presento. È molto carina. Non è alta, ma è snella e di carnagione chiara, con un bel colorito roseo, occhi verdi, capelli rossi, lineamenti regolari e un aspetto davvero dolce. Comunque, ciò che importa sono le sue capacità culinarie.

«Ho solo ventiquattro anni, ma ho molta esperienza. Mi sono diplomata col massimo dei voti all'Istituto Alberghiero e cucino da tutta la vita. Sapete i miei genitori hanno una trattoria a Roma, e...»

Non posso fare a meno di storcere il naso alla parola "trattoria". Non è di certo una trattoria quella che ho intenzione di aprire. Erica se ne accorge.

«Ma io non voglio cucinare in una trattoria!» esclama, le guance diventate rosso peperone. «Dopo il diploma ho iniziato a lavorare in un ristorante al centro di Roma e ho maturato tantissima esperienza.»

«Se hai ventiquattro anni, ne hai cinque di esperienza», osserva Giorgio e io gli pesto un piede. Erica ci guarda. I suoi occhi verdi sono molto grandi e credo di provare uno strano sentimento che assomiglia alla tenerezza in fondo allo stomaco.

«So di essere giovane, ma sono brava. Sul serio. Ho imparato molto in questi anni. Mettetemi alla prova.»

Trattengo un sorrisetto. Erano queste le parole che aspettavo. Le parole di una ragazza che riconosce i suoi limiti, ma vuole superarli. Volto il collo verso la mia destra. «Mettila alla prova, G. Ha potenziale, si vede.»

«E tu che ne sai?» Anche Giorgio si volta a guardarmi, i suoi occhi scuri e i miei occhi celesti che si incrociano come hanno fatto tante altre volte. «Non sai cucinare nemmeno un uovo!»

Devo fare uno sforzo per non spalancare la bocca. Che villano. «Ha cinque anni di esperienza e i suoi possiedono una trattoria!»

Si limita a scuotere la testa. Smetto di guardarlo, altrimenti lo strozzo. Torno a osservare Erica. La trovo molto carina nei modi, nel tono di voce, persino l'accento romano non è così terribile. Giorgio, intanto, continua a tacere. Poi, all'improvviso, sbuffa.

«E va bene!» Posa sul tavolo il curriculum che Erica gli ha appena consegnato. Non trattengo un sorriso. «Ti metterò alla prova.»

Emma 1 - Giorgio 0.

***

I cinque anni di esperienza sono sufficienti. Erica sembra davvero nel suo elemento in cucina: si muove benissimo tra le pentole, le materie prime, le spezie. È brava e anche Giorgio lo pensa. Credo.

«Allora?»

«Forse possiamo prenderla in prova.»

«In prova? È perfetta! Dovremmo assumerla all'istante!»

«All'istante? Emma, è una ragazzina.»

«Ha solo tre anni meno di me.»

«Appunto.»

Socchiudo gli occhi e conto fino a dieci, per evitare di commettere un omicidio. Ho fatto il conto, solo oggi ho avuto l'impulso di ucciderlo tre volte. E siamo solo al primo giorno. Non so da dove provenga questa convinzione, ma sono convinta che Erica sia la persona giusta da assumere. È attraente, simpatica, non troppo timida, per niente restia a chiacchierare, eppure così lontana dal voler mettersi in mostra, sembra solo interessata a cucinare bene. È di quello che abbiamo bisogno nel locale, di gente sveglia e che abbia voglia di lavorare. Giorgio sospira.

«D'accordo. Però allora assumiamo Martino.»

Sbatto le palpebre, nella più innocente delle espressioni. «Chi?»

Mi lancia uno sguardo torvo. «Lo sai chi.»

Sollevo le spalle, continuando la mia recita. «Non credo.»

«Martino Conti, la migliore proposta per il direttore di sala che abbiamo.»

«Il calabrese?»

Non volevo usare questo tono, ma mi è uscito senza che potessi farne a meno.

«Non essere razzista», mi ammonisce Giorgio.

«Non sono razzista,» mi affretto a rispondere, «solo che è così... Hai capito, no?»

«No.»

Mamma mia quanto è pedante quanto ci si mette. «Dobbiamo proprio assumere lui? Non mi piace. Mi dà vibrazioni negative.»

«Anche Erica mi dà vibrazioni negative, allora.»

Sa davvero essere avvilente. Mi fa perdere la pazienza.

«Non sai nemmeno cosa sia una vibrazione negativa.»

Giorgio non nega, né conferma. Si limita a guardarmi con espressione neutra, direi quasi da pesce lesso. Non lo sopporto.

«Oh, al diavolo!» sbotto, incrociando le braccia. «Vada per coso, Conte.»

«Conti. Vada per Erica.»

Giorgio mi squadra un'ultima volta, ma stavolta non riesco a decifrare i suoi occhi. Avvertiamo Erica che è stata presa, "in prova" tenta di dire lo chef, ma nessuno lo ascolta. Si mette subito al lavoro.

Accade lo stesso per Martino. Non so davvero cosa ci trovi Giorgio in lui. È così poco delicato, caotico, rumoroso, si vede proprio che è del sud. Con tutto il rispetto. Sia chiaro, io non ho alcun pregiudizio contro le persone del sud. In fondo, però, se Giorgio ci vede qualcosa di buono, forse questo qualcosa c'è davvero. Sono poche le volte in cui sbaglia. Tranne su di me, lì sbaglia sempre. E poi, anche se la maggior parte delle volte evito di tenerlo a mente, una buona percentuale del ristorante appartiene a lui.

«Che cosa stai facendo?»

Prima di andar via, passo in cucina per salutarlo. Lo trovo davanti ai fornelli, una grande padella fonda che sfrigola sul fuoco. Un odore delizioso che è un miscuglio di olio, verdure, dolce, amaro, giunge alle mie narici.

«Sto testando un nuovo tipo di pasta. Vuoi assaggiare?»

Ignoro il borbottio del mio stomaco. «No, grazie, non mangio carboidrati dopo le 18.»

«Ovviamente.»

Ignoro anche il sarcasmo e noto lo sguardo di ammirazione di Erica, che guarda le mani esperte del suo nuovo capo mentre taglia a pezzetti minuscoli uno strano ortaggio rosso di cui mi sfugge il nome. C'è una specie di magia nel modo in cui mischia tra loro dei semplici ingredienti e crea dei piatti sublimi. È normale che ne sia affascinata. Lo sono anche io. Ammiro il fatto che Erica sia ancora qui, si vede che ci tiene al lavoro. Anche se sono comunque le 19.30. Mi viene un'idea.

«Erica?» La ragazza si volge nella mia direzione. «Ti va un drink?»

Note di Greta ❤

Ciao a tutti, nuovi e vecchi lettori! Chi già l'anno scorso era su questi schermi noterà che questo primo capitolo - così come il prologo - è pressoché identico alla sua prima versione, ma già dal prossimo, e sicuramente dal terzo, le cose cambieranno. La trama è rimasta la stessa, ho implementato le scene e caratterizzato meglio i personaggi. 

Per chi invece è la prima volta che legge questa storia, spero sia un bel viaggio, nel mondo bellissimo della cucina sotto l'influenza di Jane Austen ❤

Enjoy!

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