Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

34. Grisù, il gatto pompiere

Neanche un mese.

Ecco quant'era durata la sua storia con Riccardo.

Era iniziata proprio com'era terminata: all'improvviso, senza avvisaglie di alcun tipo e senza troppi giri di parole, con la stessa velocità del ritornello orecchiabile di una canzone.

Riccardo la riaccompagnò a casa in assoluto silenzio, nemmeno la salutò quando Freya aprì la portiera della macchina. Se la sbatté alle spalle con violenza, nella remota speranza che lui la fermasse per ricominciare a litigare e che questo portasse a una riappacificazione. Ma nulla. Lasciò che lei camminasse spedita verso il portone del suo palazzo.

I secondi le sembrarono rallentati, il tempo che l'ascensore a raggiungesse l'ultimo piano dilatato a dismisura. Trascorse quelli che le sembrano minuti interi a guardarsi allo specchio appeso all'interno: bell'impiastro, con gli occhi lucidi, l'espressione stravolta e imbronciata.

Che deficiente.

Non sapeva nemmeno lei cosa si aspettasse da questa relazione, ma che deficiente. Si sentiva una stupida mentre osservava la lacrima che le scendeva lungo la guancia. Non era durata neanche un mese, eppure sentiva lo stesso lo schiaffo. 

Tu guarda che cretina. E dire che i sedici anni li ho passati da un pezzo.

Non era vero che non voleva più stare con Riccardo. Avrebbe voluto rimangiarsi quanto detto, ma non era possibile. Era durata molto poco, ma era stata tanto bene.

Non era così che doveva andare il pomeriggio; dovevano divertirsi, conoscersi meglio, cenare insieme e infine fare sesso — magari in macchina come diceva lui, o magari ancora nella camera di lei. E invece si ritrovava a piangere come una scema mentre aspettava che quello stupido ascensore, costruito proprio da lui, arrivasse a destinazione. Quando finalmente si aprirono le porte, impiegò dieci secondi buoni a ritrovare le chiavi in borsa. Aveva gli occhi offuscati da una patina pietosa di lacrime. Non centrò il buco della serratura una, due volte. Alla terza, quando riuscì a infilarle, pregò che dall'altra parte non ci fosse Margherita. Se fosse stata fortunata, la coinquilina sarebbe stata in camera sua o seduta in qualche angolo dell'appartamento che le avrebbe consentito di scivolare via inosservata e poter piangere nella privacy della sua stanza.

Tuttavia, la buona sorte non stava proprio girando a suo favore.

Fece contatto visivo con Margherita non appena mise dentro piede.

Era poggiata allo stipite del soggiorno con un'espressione furba in volto, ma non appena la vide con le guance rigate si tolse subito il sorriso dalle labbra.

«Cos'è successo?»

Anche se doveva sembrare parecchio patetica, Freya non riuscì a fermare il labbro dal tremare.

«È finita.»

«In che senso "è finita"?» Margherita alzò il tono di un'ottava. «No, no, no. Io vi aspettavo qui per darvi dei pervertiti fornicatori, non per scoprire che è già finita.»

Freya poggiò la borsetta a terra, la coinquilina le porse un fazzoletto già usato, pescato dalla tasca della tuta. 

«Ma in che modo? Come mai?»

Freya le raccontò del battibecco, di come fosse degenerato e di come lei avesse infine chiesto a gran voce di venir riportata indietro per non dover più stare con lui.

La risposta che ottenne fu in perfetto stile Margherita:

«È proprio vero che i coglioni vanno sempre in coppia. Adesso per il vostro orgoglio vi ritrovate entrambi a bocca asciutta.»


L'indomani aveva mascherato le occhiaie violacee con almeno quattro strati di correttore, ma Diego aveva fiutato il suo malessere a chilometri di distanza. Il che non aveva fatto altro che avvilirla maggiormente, dal momento che il motivo della loro lite c'entrava anche lui.

Il momento era giunto. Freya aveva procrastinato e procrastinato finché aveva potuto, ma adesso non le era più possibile continuare.

Su una cosa Riccardo aveva ragione: era arrivata l'ora di fermarsi, fare un respiro profondo, e confrontarsi con ciò che da tempo cercava a ogni costo di evitare: i sentimenti non corrisposti di Diego.

L'appuntamento era stato fissato a un bar, davanti a un caffè, appena terminato il turno di lavoro. Non appena si era seduta al tavolo, aveva iniziato a pizzicarsi la pelle del collo per il nervosismo. Nella sua testa di ripeteva il discorso già pronto su come rifiutare il collega con tatto, ma la verità rimaneva una soltanto: qualsiasi cosa avrebbe detto e in qualsiasi modo l'avrebbe fatto, avrebbe inevitabilmente spezzato il suo cuore.

Diego, alcune persone non sono fatte per stare insieme...

«Allora... eccoci qui.»

«Sì, dobbiamo parlare.»

...Alcune non possono che rimanere solo amiche, come io e te.

«Andrò dritto al punto.»

Mannaggia, quanta sicurezza! A giudicare dalla sua temerarietà, doveva aver ripassato per ore e ore il proprio monologo. Come lei, insomma.

Freya iniziò a picchiettare il piede destro a terra.

«Freya, i tuoi occhi sono come due film in 4k.»

Lei lo guardò confusa, non aveva idea di che cosa volesse dire. Notandolo, Diego incespicò nelle sue parole. Il suo indice continuava a eseguire una danza frenetica e ripetitiva, come se servisse a infondergli sicurezza o a rassenerarlo.

«Sono bellissimi.» spiegò.

Le sue guance divennero color rosso pomodoro, due pomelli di un mobiletto retrò. Freya sperava che davanti al suo cipiglio a disagio, il collega avrebbe presto compreso di doversi fermare. Una parte di lei voleva ancora temporeggiare nella speranza che quel nuvolone grigio andasse via da solo, l'altra però non ci sperava più. La realtà dei fatti era che Diego non era proprio in grado di leggere tra le righe; non importava quanto avrebbe esasperato le sue espressioni o per quanto tempo avrebbe cercato di sgusciare via dalle sue avances lanciando sottili segnali, a lui serviva essere diretti.

Freya sospirò, il cuore le accelerò nel petto per la paura di ciò che sarebbe accaduto.

«Voglio dirtelo da un sacco, ma non c'è mai stata l'occasione giusta...»

«Diego...»

«No, lasciami finire—»

«Diego, io so di piacerti.» sputò.

Diego si ammutolì mentre la bomba detonava e il suo silenzioso boato si propagava, contrastava il vociare degli altri clienti e sovrastava il cinguettare dei cardellini. Freya lesse nel suo volto l'agitazione e la vergogna.

«Lo sai?»

«Sì, lo so.» ammise lei rammaricata. «E non posso darti quello che cerchi.»

Ecco, l'aveva detto.

La seconda granata, dopo un primo momento di shock, smosse in lui la disperazione. Era come se tutto il suo viso si fosse piegato verso il basso e l'unica cosa ad aver conservato la sua naturale posizione fosse la bocca, serrata con forza. Dopodiché Diego si portò l'indice destro alla bocca e lo morse. Non diceva niente.

Quella scena spezzò anche il cuore di Freya. Gli aveva fatto molto male, nemmeno la consapevolezza di aver fatto l'unica cosa possibile le dava conforto. Si sentiva in colpa per non aver avuto il coraggio di affrontare molto prima quel discorso spinoso.

«Avrei dovuto dirtelo prima, ma non ci riuscivo.»

«C'entra Riccardo, vero?»

Freya boccheggiò, spiazzata.

C'entrava Riccardo — al passato, fino al giorno precedente. Avevano buttato tutto nel cestino, ma non poteva dargli questa risposta. Per Freya fu comunque come rigirare il coltello in una piaga ancora aperta e sanguinante.

«No.»

Ma Diego parve poco convinto. Fece addirittura finta di non aver udito la sua replica.

«Lo sapevo. Vi vedevo più in confidenza da un po'. Io, Freya, ti conosco...» quel commento le diede il colpo di grazia definitivo e per poco non le scese una lacrima. «E il fatto che abbia deciso d'amblè di cambiare ragioniere... avrei dovuto capirlo, avrei dovuto capirlo.»

Diego, più che offeso da lei, sembrava avercelo con sé stesso per aver peccato di deduzione. Si morse ancora il dito e, all'improvviso, si gettò a terra sulle ginocchia davanti a lei. La scena era patetica, ma vista l'atmosfera del momento, Freya la percepì ancora più straziante.

Lui era il suo amico — il migliore, forse — e il suo dolore era anche suo.

Alcuni clienti, credendo erroneamente che le stesse chiedendo di sposarlo, presero ad applaudire.

«Piantatela!» latrò lei.

Dopodiché riposò lo sguardo mortificato su Diego, gli posò una mano sotto un avambraccio e gli sussurrò:

«Per piacere, alzati. Andiamo via.»

Ma Diego, invece che alzarsi e aspettare che lei lo seguisse, si affrettò a raddrizzarsi e ad asciugarsi gli occhi umidi.

«No, ho bisogno di tempo.»

Adesso toccò a Freya trattenere il pianto.

«Non è nulla di personale, non ce l'ho con te. Ma ti chiedo di rispettare la mia richiesta e di lasciarmi solo per un po'. Tornerò quando ci avrò messo una pietra sopra.»

E le diede le spalle per scappare via, diretto verso la sua auto grigio topo.

Ma Freya non sapeva nemmeno se lui, un giorno, avrebbe per davvero fatto ritorno.

Le sembrava che tutto stesse andando per il verso sbagliato: prima la rottura con Riccardo, dopo quella con Diego che, per quanto doverosa, non smetteva di essere avvilente.

Aveva raggiunto Via del Tarassaco fin troppo in fretta, davanti agli occhi aveva ancora la scena di Diego intento a mordersi le dita per la tristezza. Sotto casa sua si trovava Riccardo. Per un attimo aveva accarezzato l'idea di rimontare e scappare via, ma non aveva un posto dove andare e Valle d'Arnosio era così piccola, che prima o poi l'avrebbe comunque rincrociato in giro. Le farfalle nel suo stomaco erano talmente fastidiose da farle male.

A scoraggiarle la fuga, Riccardo le andò in contro con passo svelto.

Sembrava sfiancato da qualcosa, i capelli erano in disordine.

«Freya!»

Lei aveva preso a camminare più lentamente, quasi temesse di venire aggredita se solo si fosse avvicinata troppo.

«Freya, non dicevo sul serio: non eravamo un disastro!»

Adesso erano uno di fronte all'altro, troppo vicini per poter usare la graziella come scudo improvvisato. Sembrava costernato, lo sguardo era cupo; era sicura che il proprio non fosse da meno. Riccardo allungò una mano per accarezzarle il viso, mentre sul suo si andava formando una tacita domanda: cosa c'è?

«L'ho fatto.»

Il ragazzo si bloccò.

«Ah... e come l'ha presa?»

«A morsi. Quando si è inginocchiato per implorarmi di dargli una possibilità la gente ha pensato mi stesse chiedendo di sposarlo e ci ha fatto un applauso.»

Se Riccardo trovò divertente quell'aneddoto, fu molto bravo a non darlo a vedere.

«Poi se n'è andato dicendo di aver bisogno del tempo per sé. Ha capito che c'entravi tu.» concluse lei. «Ma lo conosco, è un brav'uomo: non spiffererà in giro quello che era il nost—»

«Non m'interessa.»

«Non ti interessa?»

«Non mi interessa. Che lo racconti al mondo, tanto prima o poi sarebbe uscito fuori comunque.»

Riccardo parlava come se non fosse successo nulla. Studiò l'espressione di lei, prima di continuare con le proprie considerazioni. Era in forte difficoltà, lo capiva dalle sue guance rosa scuro e dallo sguardo sfuggente, ma non si diede per vinto.

«Ho fatto una grande stronzata, non avrei dovuto dirti tutte quelle cose, ieri. Non mentirò dicendo che mi dispiace per Diego, ma non mentirò nemmeno dicendo che non mi spiace per te.»

Freya lo ascoltò in silenzio, le labbra schiuse. A Riccardo stava costando tanta fatica aprirsi così. Non si sarebbe sorpresa di venire a sapere che si fosse esercitato un'intera giornata, prima di farlo.

«Non ho mai creduto fossimo un disastro. Ero solo... geloso. Mi sembrava che tu stessi molto più attenta a non ferire i sentimenti di Diego piuttosto che i miei, e io non potevo sopportarlo.»

«Diego era—»

«Diego è un tuo amico, lo so. Non usare il l'imperfetto perché tanto so già che la piva non gli durerà in eterno. Metterei la mano sul fuoco per il suo ritorno.» la corresse. 

La voce di lui si ammorbidì così tanto da diventare un sussurro. 

«Torna da me. Torna da me e lasciamoci tutto alle spalle. Arrabbiati per qualcos'altro, se vuoi, ma torna da me.» con una mano le accarezzò una guancia. «Io stavo bene con te. Tu stavi bene con me?»

Sì. Decisamente.

Era stata spensierata, anche se in realtà avevano dovuto guardarsi bene le spalle per non far circolare alcun pettegolezzo.

Per tutta risposta, Freya lasciò cadere la bicicletta a terra e gli balzò addosso. Riccardo fece a malapena in tempo ad afferrarla. Gli avvolse le braccia al collo con così tanta forza da stritolarlo, mentre lo baciava. I loro nasi si sfregarono tra loro, lui la strinse a sé con più forza.

Quando lei si allontanò, lui le rivolse uno dei suoi soliti sguardi furbi.

«Lo devo prendere come un sì?»

«Non mi hai portato nemmeno un mazzo di rose.» scherzò lei.

«Rimedierò. Il massimo che ti posso offrire ora, però, è una manciata di erbaccia.»

Freya si portò una ciocca di capelli ricci dietro l'orecchio. Il peso che portava all'altezza dello stomaco si era dissipato e adesso si sentiva talmente leggera, da credere di poter spiccare il volo da un momento all'altro. Si piegò per raccogliere la sua malandata graziella, sempre senza riuscire a togliersi dal volto un sorriso beato.

«Sali da me.» gli disse.

«Ma Margherita?»

«Margherita ti dirà che sei un coglione pure tu. Domattina però, stasera esce tardi da lavoro e sicuro come la morte dopo si vede con Gigi.»

Le labbra di Riccardo si piegarono ulteriormente verso l'alto, mentre la spingeva verso il portone d'ingresso per spronarla a entrare.

Avevano fatto l'amore fino a tarda notte.

La prima cosa che Freya vide, quella mattina, fu il viso addormentato di Riccardo accanto a lei. I capelli rossicci gli ricadevano disordinati sulla fronte e sugli occhi chiusi, le labbra erano leggermente schiuse e aveva il suo braccio destro sul ventre. Ieri seraquelle precise labbra avevano baciato ogni centimetro del suo corpo e sussurratoil suo nome, mentre le sue braccia la stringevano a sé.

Ora le stava sbavando sul cuscino, ma non vi diede peso.

La stanza era semibuia, illuminata solo da degli scarsi raggi di luce che filtravano tra gli spiragli delle persiane. La sveglia non era ancora suonata.

Cercò di scivolare via dal suo abbraccio senza svegliarlo per rivestirsi. Mentre s'infilava la maglietta e l'intimo, non mancò di lanciargli altre occhiate affettuose. L'immaginedi sé stessa che disegna cerchi immaginari sul suo petto con le dita, dopo aver finito di fare l'amore,le passò davanti agli occhi. Uscì dalla sua stanza in punta di piedi con l'obiettivo di preparargli la colazione; superò la stanza chiusa di Margherita e il bagno, raggiungendo finalmente il cucinotto.

E per poco non le sfuggì un urlo.

Davanti al frigorifero aperto c'era nientepopodimeno che il signor Gigi. Non era in mutande, ma era comunque senza maglietta.

Quando la scorse tentò, con una certa vergogna a deformargli il viso, di nascondere lo sgraziato strato di pelo sul petto e la pancia floscia. Senza lo smoking ben stirato aveva perso almeno il 90% del suo fascino.

«Oh, Freya!» esclamò. «Mi hai fatto spaventare.»

«A chi lo dici!»

Freya, dal canto suo, incrociò le gambe — come se ciò servisse a distogliere l'attenzione dalle sue gambe nude. Avrebbe anche potuto immaginare che, prima o poi, Margherita avrebbe portato a casa anche lui, ma non aveva calcolato che quel giorno potesse combaciare con il suo.

E così arrivava al secondo problema: Riccardo in camera sua. Stavano ancora mantenendo il segreto sulla loro relazione. Sperava con tutta sé stessa che questo non si destasse e non decidesse di raggiungerla, perché altrimenti sarebbe scoppiato il finimondo.

«Mi devo scusare, mi trovi in una mise un po'... inadeguata.»

Al fine di tenere sotto controllo la sua stanza, Freya indietreggiò piano piano, fino ad affiancare il vano che dava sulla zona notte.

«Io non sono da meno.» replicò lei, stringendo ulteriomente le gambe per tenere a freno il battito martellante del suo cuore. «Non me lo aspettavo proprio.»

Un miagolio la fece voltare: Grisù aveva abbandonato la sua cuccia in soggiorno e le zampettò in contro. Quando le si strusciò sulla gamba faceva già le fusa come un trattorino.

«Oh! Ma che carino. Come si chiama?»

Il micio andò a strusciarsi anche sulla caviglia di lui, l'annusò e dopodiché, prima ancora che potessero fermarlo, si accovacciò sul suo piede per fare pipì. Il signor Gigi balzò via disgustato.

«Grisù... come il drago pompiere....»

«Adeguato.» commentò lui con una smorfia di repulsione a deturpargli i lineamenti del viso.

L'uomo si sfilò la calza utilizzando solo la punta di due dita e poggiò a terra il tallone.

«Perdonami, vado a metterla nella cesta della biancheria.»

Proprio in quel momento, la porta di camera di Freya si aprì. La ragazza sbiancò.

«No!» squittì.

Sia Riccardo che Gigi si immobilizzarono: il secondo con un cipiglio spiazzato, il secondo, avendo compreso che qualcosa non andava, con uno spaventato.

«Nooo, Gigi...» e qui Freya lanciò un'occhiata esaustiva al geometra, «non posso permettertelo, sei l'ospite. Lascia, lascia che faccia io. Tu siediti tranquillo.»

Riccardo si nascose di nuovo in stanza, Freya, oltre che afferrare il calzino sporco di urina con una mano, prese in braccio Grisù — il gattino stava osservando con un po' troppo interesse l'altro piede e temeva che volesse marcare anche quello — e si diresse quasi correndo verso la neo-tana del ragazzo.

«Oh! Freya.» la richiamò a neanche un metro dalla tanto agoniata porta.

Tornò dal suo capo.

«Sì?»

«Per piacere, non raccontare a nessuno che mi hai trovato in queste condizioni.»

«No, Gigi, ci mancherebbe.»

E scappò di nuovo. Voleva evitare di venir fermata ancora.

Quando finalmente si rinchiuse nella sua cameretta, Riccardo si era già rivestito completamente.

«Non abbiamo tenuto in considerazione che pure Gigi ha motivo di bazzicare da queste parti!»

«No, non l'abbiamo fatto.» ammise lei.
Posò a terra Grisù con delicatezza, questo andò a strusciarsi contro le caviglie di Riccardo. Per lui niente pipì.

«E ora che faccio?»

«E ora aspetti che se ne vada.»

«E se non se ne va?»

«Dobbiamo andare a lavoro, è lunedì. Se ne deve andare per forza.»

«Sì, ma è lunedì anche per me! Non posso mica stare qui ad aspettare che voi due ve ne andiate.»

«Ah... hai ragione pure tu. Sta' qua, ho un'idea: lo porto al bar a fare colazione!» annunciò.

Freya fece per uscire dalla sua stanza, ma Riccardo l'afferrò per un braccio.

«Dove vai, conciata così?» le domandò guardandole le gambe.

Freya abbassò lo sguardo su di esse: talmente lo spavento, da essersi dimenticata di essere mezza nuda. Si infilò alla svelta il primo paio di pantaloni a sigaretta che le capitò a tiro, lottando con Grisù che voleva aggrapparsi ai lembi.

«Il pane bianco è nella credenza, la marmellata in frigo. Non appena ci senti andare via, serviti pure.» disse lei mentre si allacciava i bottoni della camicetta.

Prima si vestiva, prima avrebbe condotto il signor Gigi fuori da casa sua.

Bene, ladies and gentlemen: siamo arrivati a un punto cruciale. 

Freya ha finalmente trovato il coraggio (le palle, se proprio vogliamo parlare fuori dai denti) di dire la verità a Diego, che come è ovvio che sia non l'ha presa benissimo. 

Fermi tutti lì, riesco già a vedere i commenti in linea contro Freya, lasciatemi spiegare: 

Come avrete ben capito, nulla di quello che trovate in questa storia è messo lì senza una ragione. Margherita ha deciso di interrompere la gravidanza per passare un messaggio sull'importanza di poter decidere per sé stessi senza tenere conto del parere altrui; Riccardo e l'intera Valle d'Arnosio ha diffidato di Freya per il suo l'ultima arrivata, e si fa riferimento a quante volte ci lasciamo accecare da un pregiudizio; ma quindi, perché Freya si è comportata così? Perché è sfigato Diego? 

NO.

Piccola premessa iniziale: Freya è stata studiata per essere un personaggio realistico, e un personaggio realistico deve per forza avere qualche difetto. Freya è infantile. Alcuni di voi la definiscono addirittura fastidiosa. E per quanto ognuno vorrebbe sentir parlare del protagonista della storia come di un eroe pronto a sacrificarsi per il mondo, non sempre è possibile. Ecco, sentirvi scontrare con le scelte di Freya e vedendovi, talvolta, dare ragione a Margherita, mi ha fatto rendere conto di una cosa: ho creato a tutti gli effetti un essere umano e voi, da bravi lettori pensanti, non seguite cecamente il protagonista solo per il suo ruolo. 

Ora la spiegazione: volevo che passasse un messaggio pure qui. Volevo far compiere un grave errore a Freya (non essere onesta) per far capire a tutti quanto sia importante essere sinceri con le persone che ci troviamo di fronte. Specie se queste hanno maturato dei sentimenti nei nostri confronti. La cosa migliore è e sarà sempre mettere in chiaro le cose sin da subito, in modo tale da non fomentare nulla e non finire nella stessa situazione di Freya. Ricordatevi che i sentimenti delle altre persone non sono giocattoli e, se non li ricambiate, siate sempre onesti. 

Ecco, ho fatto la mamma dispensa consigli pure qui. 

Spero di aver chiarito i vostri dubbi, 

- 2!

Lily

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro