36. Pioggia
Katla riuscì a scovare un anfratto nella parete verticale del precipizio che dava sul mare. Noreen mutò anche Sygal e gli salì sulla schiena. Galapey l'aiutò a sollevare Kateur per portarlo con sé, per poi andare con Katla. Noreen strinse il corpo inerme dell'amico, temendo che cadesse. Il ragazzo era pesante e dovette usare tutte le forze rimaste per evitare che scivolasse a contatto con le squame bagnate di Sygal. Katla e Galapey andarono per primi e, quando lei e Sygal li raggiunsero, si erano già rivestiti. La aiutarono ad adagiare Kateur a terra, mentre anche Sygal tornava umano.
Katla e Sygal prepararono le porzioni di cibo per la cena e Galapey dispose le coperte e i mantelli per la notte. Noreen, invece, si sedette accanto al cavaliere per controllare il suo stato di salute. Gli scostò la camicia e sfiorò con i polpastrelli il punto dove era stato colpito. Della ferita rimaneva solo un livido scuro, che sarebbe guarito poi da solo. Gli sollevò una palpebra e si chinò in avanti per guardare più da vicino la sua pupilla.
«Qualcosa non va?» domandò Katla, affiancandola.
Noreen scosse la testa. Coprì Kateur con una coperta e si rialzò per raggiungere i compagni. Non sapeva che altro fare per lui. Poteva solo sperare che si risvegliasse il giorno seguente.
«Stai bene?» le chiese a bassa voce Sygal, quando gli si sedette di fianco.
Noreen annuì, mentre afferrava la sua ciotola. Sapeva a cosa si riferiva il ragazzo, ma non aveva voglia di parlare di quello che aveva fatto prima.
Guardò a turno i compagni. «Voi siete feriti?». Si permise di rilassarsi solo quando ricevette le loro risposte negative.
«Domani ripartiamo?» domandò Katla.
«Dipende da Kateur. Non possiamo viaggiare con lui privo di sensi» osservò Sygal. Katla annuì, spostando l'attenzione sul cavaliere alle loro spalle.
«Dovremmo essere al sicuro qui, ma proporrei di fare comunque i turni di guardia» propose Sygal, osservando la grotta.
«Inizio io» si offrì Katla, posando a terra la sua scodella vuota. Afferrò uno dei mantelli e se lo avvolse intorno al corpo minuto. Si sedette con la schiena contro la parete fredda e ripose la diwe a terra, vicino alle gambe.
Con un sospiro, Noreen afferrò una delle coperte e si raggomitolò sul pavimento duro, coprendosi meglio che poté. Appoggiò la testa al braccio destro, cercando una posizione comoda che le permettesse di dormire senza rischiare di svegliarsi il mattino seguente con tutti i muscoli intorpiditi. Si rigirò più volte, sbuffando per la scomodità. Aprì gli occhi, ma non riuscì a scorgere nulla nell'oscurità. Dei movimenti a sinistra attirarono la sua attenzione.
«Che succede?» le bisbigliò Sygal, più vicino di quanto pensasse.
«Non riesco a mettermi comoda» rispose, con una punta di imbarazzo.
«Vieni qua». Con una mano, le cinse la vita e l'attirò a sé. Il calore sprigionato da Sygal la fece stare subito meglio, dato che non avevano avuto modo di accendere il fuoco. Non avevano trovato rami e ciò che serviva per crearne uno. Appoggiò la testa nell'incavo del collo del ragazzo e inspirò il suo odore che le ricordava la foresta di Noosh e le onde che si infrangevano sulla costa frastagliata.
«Meglio?» le chiese, stringendole la vita con il braccio.
Assentì, mentre gli appoggiava una mano sul petto. Avvertì il cuore di Sygal battere più veloce del normale. Deglutì, chiedendosi se fosse una buona idea stare così vicini. Sospirò piano, sapendo che sarebbe riuscito a sentirla in ogni caso e decise che ci avrebbe pensato il mattino successo.
Un colpetto sulla spalla lo ridestò. Sygal sollevò il capo e scorse nella penombra il viso di Galapey. Annuì e si passò una mano sugli occhi assonnati, pronto a prendere il posto dell'amico nel turno di guardia. A malincuore, scostò con delicatezza la mano di Noreen ancora appoggiata sul suo petto e si allontanò da lei. Sistemò la coperta, per evitare che prendesse freddo e si sedette all'ingresso della grotta con la spada vicina e un pugnale in mano. Lanciò delle occhiate ai compagni che dormivano tranquilli e si passò una mano tra i capelli. Con uno sbadiglio, si rialzò e si avvicinò a Kateur. Gli posò un dito sulla gola per verificare il battito del cuore. Prima che potesse ritrarre il braccio, la mano del cavaliere bloccò la sua. Kateur spalancò le palpebre, ma si rilassò non appena lo riconobbe.
«Che fai?» chiese, lasciandolo e richiudendo gli occhi.
Sygal sorrise, sedendosi comodo al suo fianco. «Controllavo che fossi ancora vivo».
«Non ricordo molto di ieri» mormorò, mettendosi seduto. Si portò una mano al fianco e corrugò le sopracciglia, quando toccò la pelle liscia.
«Noreen ti ha guarito» disse Sygal, notando l'aria perplessa del compagno.
Kateur si massaggiò le spalle, con una smorfia infastidita. «Questi che cosa sono?!». Si levò la camicia, scoprendo sei lunghe strisce rosse, tre a sinistra del collo e tre a destra. Partivano dalla parte posteriore delle spalle e salivano, fino a raggiungere le clavicole. La pelle era ancora lacerata, ma il sangue si era già seccato.
«Temo di avertele fatte io ieri, quando ti ho afferrato. Scusa» mormorò Sygal, senza riuscire a distogliere lo sguardo da quei segni che solcavano la pelle dell'amico e che l'avrebbero accompagnato per tutta la vita. Provò ribrezzo verso sé stesso, per ciò che l'altro sé era in grado di fare. Sapeva di non avere avuto molta scelta. L'alternativa sarebbe stata lasciarlo precipitare e schiantare al suolo; ma non riusciva a fare a meno di pensare che avrebbe potuto essere più delicato e afferrarlo senza che gli artigli gli graffiassero la carne in quel modo.
«Non ti preoccupare, ho così tante cicatrici ormai che un paio di più non mi cambiano molto. Grazie per avermi salvato» lo rassicurò Kateur, con una pacca sulla spalla.
Sygal annuì, puntando gli occhi sul segno chiaro presente sulla guancia del cavaliere. Non avevano mai parlato tanto del loro passato, ma da quando si erano conosciuti, Kateur era finito più volte nei guai e ne era sempre uscito con nuovi sfregi indelebili.
«Hai fame?».
«Spero che quelle carogne abbiano lasciato qualcosa» borbottò, ironico.
Sygal ricambiò il sorriso e si avvicinò alla sacca per afferrare un po' di pane e carne essiccata, mentre Kateur beveva l'acqua rimasta in una delle borracce da viaggio.
«Gli altri stanno tutti bene?» domandò Kateur, lanciando delle occhiate ai compagni.
Sygal gli passò il cibo. «Sì, per fortuna».
Kateur tenne compagnia a Sygal, mentre il Sole sorgeva all'orizzonte e il cielo si schiariva pian piano. I primi raggi illuminarono la grotta, permettendo loro di scorgere le pareti grigie dell'anfratto che li aveva protetti dal temporale della sera precedente.
Katla fu la prima a svegliarsi. Si stiracchiò mentre era ancora avvolta dalla coperta e sbatté un paio di volte le palpebre, prima di aprire del tutto gli occhi.
Kateur la fissò con un sorriso divertito, mentre Sygal li studiava a turno, cercando di decifrare le loro espressioni. Spostò l'attenzione su Noreen, che dormiva ancora. Sospirò, capendo che non avrebbe potuto aiutarlo con gli amici. Avrebbe dovuto fare da moderatore tra i due da solo.
Katla si mise seduta e spostò lo sguardo verso di loro, sentendosi osservata. Incrociò le iridi scure del cavaliere, appoggiato con la schiena alla parete rocciosa e le braccia conserte.
«Che hai da guardare?» chiese, senza nascondere il leggero tono di stizza.
Notò con la coda dell'occhio che Sygal si irrigidiva sul posto e muoveva le dita sull'impugnatura della spada, al suo fianco. Le veniva da ridere a vedere come sia Noreen che Sygal temessero che lei e Kateur potessero scannarsi.
Kateur non perse il sorriso. «Dormito bene?».
Sorrise, cercando di mostrarsi cordiale. «Sì. È il risveglio che non è stato tanto piacevole».
Il cavaliere sbuffò e distolse lo sguardo. Katla uscì da sotto le coperte e si sistemò il vestito. Poi, si sedette vicino alla sacca per mangiare qualcosa.
«Non finire tutto» le raccomandò Sygal, mentre la osservava, attento alle sue mosse.
Katla assentì e si prese una porzione di pane, accompagnata da alcune sorsate d'acqua dalla borraccia. Si preparò a ribattere a eventuali commenti di Kateur, ma il ragazzo non si fece sentire. Dovette lottare contro la curiosità di voltare il capo per guardare cosa stesse facendo. L'ultima cosa che voleva era dargli la soddisfazione di beccarla a fissarlo.
Nessuno iniziò una conversazione e rimasero tutti e tre zitti, presi dai propri pensieri, fino a quando non si svegliarono anche Noreen e Galapey. Katla tirò fuori dal fodero la diwe e la ripulì dal sangue e dal fango con uno straccetto che teneva sempre con sé. Man mano che la lancia a doppia punta tornava lucida, si sentiva più pulita anche lei. Levare il sangue non le faceva dimenticare del gesto compiuto, delle vite che aveva terminato. Era impossibile scordarsene. Le permetteva, però, di distrarsi ed evitare che i ricordi del combattimento ritornassero vividi nella sua mente solo alla vista della lancia.
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