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32. Dardi e arrampicata

Dopo pranzo, Noreen andò alla ricerca di Pess. Non se la sentiva ancora di affrontare Sygal e sapeva di dover parlare anche con il mago. Si diresse verso il piccolo orto che Pess aveva costruito dietro l'abitazione. Sapeva di averlo deluso e sperava che, spiegandogli le proprie ragioni, l'uomo l'avrebbe perdonata per aver ignorato una delle prime cose che le aveva insegnato. Cercò di non pensare a cosa le avrebbe detto Viltor se fosse stato lì. Riuscì a figurarsi davanti a lei lo sguardo amareggiato del padre, nel constatare che si era comportata in maniera tanto sconsiderata.

Trovò Pess chinò su alcune piante, intento a raccoglierne i frutti e a estirpare l'erba infestante. L'uomo girò appena il capo, sentendola arrivare. Non le sorrise cordiale e il suo viso non si illuminò nel vederla. Noreen deglutì, ignorando la stretta al petto.

«Pess, mi dispiace» proruppe, mentre torturava un pezzo della gonna del vestito.

Pess si raddrizzò, sospirando. «In fondo, è tutta esperienza, no?» ribatté, con ironia.

Noreen non se la sentì di ridere. Lo fissò, rimanendo seria.

«Non c'è bisogno di farne una tragedia. È andato tutto bene. Certo, se fossi stata più prudente sarebbe stato meglio, ma anche io ho sbagliato più volte in gioventù» la rassicurò, stringendole le spalle con un braccio.

«Cos'hai fatto?» chiese, non riuscendo a frenare la curiosità.

«Se te le raccontassi tutte, domani saremmo ancora qui. Una volta, ero così arrabbiato con me stesso che ho deciso di sfogarmi su un albero. L'ho ucciso, gli ho rubato tutta la linfa vitale, l'ho stritolato come avrei voluto fare con il mio cuore. Non ho risolto nulla».

Noreen incrociò lo sguardo con gli occhi azzurri dell'uomo e sbatté le palpebre. Era sorpresa. L'aveva sempre visto come una persona pacata e non riusciva a immaginarselo in preda alla rabbia. Rimase in silenzio, ponderando le parole di Pess. Il mago aveva parlato con una punta di vergogna, nel confessare quel gesto da lui compiuto.

«Non fare i miei stessi errori, Noreen. Non crederti invincibile e più forte di qualcuno solo perché possiedi la magia. Il gesto più stupido che tu possa commettere è sottovalutare l'avversario e sopravvalutare le tue capacità» le raccomandò Pess.

Si avviarono fuori dall'orto, per tornare a casa.

«Perché non vieni con noi, sull'isola?» gli chiese Noreen. La sua voce insicura rese quella proposta una supplica. L'incidente le aveva fatto capire quanto ancora avesse bisogno di Pess, di una guida che le insegnasse a non cedere al potere della magia.

Pess si fermò e le tolse il braccio dalle spalle, per poterla guardare in faccia. «E cosa ci vengo a fare?» chiese, inarcando un sopracciglio.

Fu la volta di Noreen di fissarlo perplessa. «Stai con me e con gli altri».

Pess le rivolse una strana occhiata. Una scintilla gli attraversò le iridi chiare, così veloce, che Noreen si convinse di essersela immaginata.


«Noreen!» la chiamò a gran voce Katla, sopraggiungendo in quel momento. La ragazza si diresse verso di loro con un arco e una faretra piena di frecce sulle spalle. Noreen capì cosa aveva in mente, non appena scorse il sorriso furbo che l'amica aveva in viso.

Pess le augurò buon divertimento, rientrando in casa con il suo cesto di erbe e lasciandola nelle mani di Katla.

«Ho preparato tutto! Non faremo nulla di impegnativo oggi, dato che sei ancora stanca» esclamò Katla, fermandosi di fronte a lei.

Noreen fu costretta a seguirla, fino ai primi alberi che delimitavano la radura di Pess. Katla le porse l'arco e le mostrò come impugnarlo, come tendere la corda e scoccare nella maniera corretta. Le fece ripetere la procedura più volte, finché non la vide veloce e sicura di sé. Non aveva ancora iniziato a tirare le frecce e già avvertiva le spalle e le braccia intorpidite. Tuttavia, non si lamentò. Voleva imparare e dimostrare agli altri, ma soprattutto a sé stessa, che era capace di fare qualcos'altro oltre a controllare la magia.

«Vuoi provare a scoccare qualche freccia?» le chiese Katla.

Noreen annuì e accettò il dardo che l'amica le stava porgendo. Si allontanò di qualche passo e incoccò la freccia come le aveva insegnato Katla. Puntò verso il bersaglio che aveva costruito e appeso al tronco di un albero. Ispirò come le aveva consigliato di fare Katla e tese la corda dell'arco più che poté. Sentì la fune sfiorarle la guancia e trattenne il fiato finché non lasciò andare il dardo, il quale si conficcò al bordo del bersaglio.

Katla batté le mani e le passò un'altra freccia. «Non male, per essere la prima volta!».

«Alza di più il gomito quando scocchi». Noreen si girò e abbassò l'arco. Kateur la osservava con una spalla appoggiata a un albero e pareva aver visto tutto. Noreen annuì, imbarazzata dalla presenza del cavaliere e tornò a concentrarsi sul suo obbiettivo. La metteva sempre a disagio svolgere un'attività davanti a qualcuno che era più bravo di lei, ma sapeva che Kateur non l'avrebbe giudicata se avesse sbagliato. Era stato gentile a correggerle un difetto, per permetterle di migliorare.

Tese la corda dell'arco e si concentrò sull'alzare il gomito. Scoccò e la freccia si piantò più al centro e con maggior forza nel bersaglio.

«Sono un insegnante migliore di te» commentò Kateur, in direzione di Katla.

La ragazza socchiuse le palpebre. «Non volevo essere troppo pignola alla prima lezione».

«Meglio correggere subito gli errori, prima che diventino vizi». Kateur si staccò dall'albero e le lasciò sole.

Noreen ridacchiò, nell'udire le parole che Katla riservò al cavaliere non appena si girò di spalle.

«Sembrate andare più d'accordo, adesso» osservò, mentre afferrava il terzo dardo.

Katla sbuffò, scuotendo la testa. «Solo perché non provo più a farlo fuori, non significa che io lo sopporti».

Noreen trattenne un sorriso divertito e si concentrò sul proprio compito. Le piaceva tirare con l'arco. C'era qualcosa di liberatorio nel tendere la fune e mirare a un obbiettivo. Trattenere il respiro, per poi tornare a respirare non appena la freccia iniziava il suo volo, le dava la sensazione di svincolarsi di un peso. La soddisfazione di essere riuscita a colpire dove mirava, poi, era eguagliabile a quella che provava quando riusciva in un incantesimo difficile.

«Per oggi può bastare» disse Katla, dopo averle fatto lanciare altre frecce.

Noreen posò l'arco e si avvicinò al tronco per staccare i dardi dal bersaglio, ma Katla la precedette.

«Sai cosa dovresti fare ora? Un'arrampicata» commentò, parandosi davanti.

Noreen corrugò le sopracciglia. «Una scalata? Sulla montagna, intendi?».

Katla le rivolse un occhiolino sfacciato. «Dove, sennò?».

Noreen decise di non insistere per ricevere risposte. Si avviò in direzione della parete rocciosa dove lei e Sygal erano soliti arrampicarsi. Sperava di ricordarsi la strada attraverso i boschi. Aveva intuito che nella proposta dell'amica ci fosse un ordine implicito ed era convinta anche di saperne il motivo. Camminò tra la vegetazione con il cuore in tumulto. Sperava di sbagliarsi con le deduzioni. Non era pronta a parlare con Sygal e non sapeva nemmeno cosa dirgli o come iniziare la conversazione.


Non seppe se essere sollevata o tesa, quando scorse la parete a lei familiare. Alzò la testa e individuò Sygal, seduto sulla cima con le gambe a penzoloni nel vuoto. Il ragazzo si era accorto di lei, prima che lei avesse modo di notare lui e la stava scrutando dall'alto, in attesa di capire quali fossero le sue intenzioni. Noreen si avvicinò alla parete e poggiò una mano sulla roccia ruvida. Avrebbe potuto usare la magia per arrivare da lui in un attimo, ma era consapevole che quella fosse una sfida. Doveva raggiungerlo con le proprie forze, senza scorciatoie, se voleva fare pace. Alzò la testa e incontrò gli occhi eterocromi di Sygal puntati su di lei. Studiava ogni sua mossa. Noreen si aggrappò con una mano alla prima fessura nella roccia che trovò e si issò, pronta per la scalata. L'avrebbe aspettata, anche se ci avesse messo ore, se fosse caduta, se avesse deciso di scendere e tornare indietro. Lui sarebbe rimasto lì tutto il tempo, senza metterle fretta. Lo vedeva nel modo in cui la osservava, che aveva fiducia in lei e nelle sue capacità.

Le spalle e le braccia, già affaticate per l'attività a cui l'aveva sottoposta Katla e per i giorni che aveva passato incosciente, le bruciavano. Le ignorò e procedette, concentrandosi solo sui movimenti. Strinse la roccia con una mano, poi alzò un piede e lo appoggiò su una protuberanza. Ripeté i gesti e si dimenticò del tempo che scorreva, di trovarsi a parecchi metri di altezza senza alcuna protezione e di quanta strada ancora le mancava. Nella sua mente, erano presenti solo Sygal e la parete rocciosa a contatto con il suo corpo.

Non osò guardare il ragazzo, nemmeno una volta. Non voleva farsi distrarre da lui. Sapere che la stava fissando, le provocava una morsa allo stomaco e la rendeva nervosa, spingendola a procedere più in fretta per raggiungerlo.

Il Sole iniziava a calare dietro alle cime più alte, quando raggiunse la sommità della parete. Alzò la testa e trovò la mano di Sygal tesa verso di lei, pronta ad afferrare la sua per issarla su. Quel gesto le parve un segno che Sygal fosse intenzionato a fare pace con lei, dopo la lite. Gli occhi del ragazzo erano luminosi e non manifestavano alcuna traccia di collera e delusione. Strinse le dita intorno alle sue e gli permise di attrarla verso di sé. Lasciò la sua mano e gli si si sdraiò accanto, facendo aderire la schiena alla roccia scabra. Chiuse gli occhi, mentre il respiro tornava regolare.

«Sei stata più veloce dell'ultima volta che ci siamo arrampicati» commentò Sygal, girando il capo per guardarla in volto.

Noreen aprì un occhio e sorrise, fiera di sé. Non osò parlare e conservò l'aria per placare il fiatone che ancora costringeva il suo petto ad alzarsi e abbassarsi in fretta.

«Katla ha iniziato a insegnarmi a tirare con l'arco» disse, raddrizzandosi.

Sygal le passò una borraccia d'acqua mezza vuota. «Com'è andata?».

«Tu non hai sete? Katla ha detto che, per essere la prima volta, è andata bene. Kateur si è anche intromesso per darmi consigli».

Sygal annuì, soddisfatto. «Ho bevuto prima e immaginavo che poi ti sarebbe servita dell'acqua».

«Quindi sapevi che sarei venuta qui?» chiese, abbassando il tono della voce. Si portò la borraccia alla bocca e sorseggiò l'acqua fresca, che le rinfrescò la gola riarsa.

«Ci speravo. Avevo detto a Katla di comunicartelo» ammise Sygal, con un sorriso imbarazzato.

Noreen gli ripassò la fiaschetta e il ragazzo finì ciò che era rimasto. Si asciugò le labbra passandoci sopra il polso e sospirò.

«Dov'è Galapey?» domandò Noreen, alternando lo sguardo tra Sygal e il tramonto di fronte a loro.

Sygal scrollò le spalle. «Mi ha abbandonato quando gli ho proposto di scalare questa parete. Sarà tornato a casa».

Restarono in silenzio per un paio di minuti, godendosi la vista incantevole delle montagne intorno a loro e delle foreste illuminate dalla luce rossastra della sera. Le cime delle catene, ancora ricoperte di neve, si stagliavano fiere e parevano così alte da poter sfiorare le poche nuvole presenti nel cielo. Alcuni stormi di uccelli sorvolarono i fitti boschi, stridendo e richiamandosi. Da qualche parte, i cervi emisero i richiami d'amore.

«Sarà meglio tornare» osservò Noreen. Iniziava ad avere di nuovo fame e preferiva non trovarsi lontana dalla casa di Pess con il sopraggiungere delle tenebre.

Sygal annuì, legandosi la borraccia vuota alla cintura, accanto all'inseparabile pugnale. «Vado prima io». Si calò giù, posando i piedi su alcune sporgenze, mentre con le mani si teneva ancorato al bordo sul quale si erano seduti. Noreen lo fissò, tesa. Sapeva che Sygal era abituato ad arrampicarsi, ma non riusciva a impedirsi di essere spaventata nel vederlo mentre si calava nel vuoto.

«Ti aiuto a scendere» si offrì il ragazzo, indicandole con un gesto della mano di avvicinarsi.

Noreen obbedì e si lasciò scivolare lungo la parete, frenando la caduta con le mani. Con un piede si appoggiò a una sporgenza e recuperò l'equilibrio. Sygal le poggiò una mano sulla schiena, per assicurarsi che non si inclinasse all'indietro. Noreen evitò di guardarlo. Si concentrò sul rimanere aggrappata, per non pensare ai brividi che le percorsero il dorso a quel contatto. Sygal iniziò la discesa per primo e le evitò attimi imbarazzanti. Noreen si accorse solo dopo un po' che la gonna le si era alzata, scoprendo i polpacci, a causa della brezza serale. Arrossì e sperò che Sygal non alzasse mai il capo.

Sygal atterrò a terra e tese le braccia per aiutarla. In un altro momento, Noreen avrebbe dato ascolto all'orgoglio e avrebbe rifiutato la sua gentilezza, ma era troppo stanca per dimostrare la sua agilità. Lasciò che Sygal la afferrasse per la vita e la posasse al suolo. Fremette a quel contatto e dovette ricacciare indietro la delusione quando il ragazzo la lasciò.

«Mi dispiace, per averti gridato contro» mormorò Sygal, alle sue spalle.

Noreen si girò verso di lui. Non si era aspettata che Sygal tirasse fuori l'argomento proprio in quel momento. «Avrei dovuto ascoltare te e Katla, quando mi dicevate di controllarmi e non esagerare. Mi rendo conto solo ora che ho rischiato tanto per nulla. Avevi ragione, quando ribadivi che avremmo trovato un'altra soluzione alla magia».

Sygal le sorrise. «Pess sarà felice di poter mangiare con un clima più gioioso stasera» commentò.

Noreen ridacchiò, annuendo. Era arrivata alla parete con l'idea che chiarire con Sygal sarebbe stato difficile, pieno di attimi imbarazzanti e temendo che avrebbero finito per litigare ancora; ma fu ben felice di essersi sbagliata. Ricambiò l'occhiata del ragazzo di fronte a lei. Era fortunata ad aver incontrato lui e gli altri. Non si era resa conto di quanto avesse bisogno di persone del genere nella sua vita, finché non se le era ritrovate accanto.

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