Capitolo 5
-Cosa ne pensi di questo posto?- Derek mi guardava con quegli occhi speranzosi, come se quel locale fosse il luogo più bello in cui fosse mai stato.
Per me non era lo stesso, come poteva piacermi un posto del genere? Non volevo ferire i suoi sentimenti, ma allo stesso tempo ero certa che non sarei mai riuscita a mentirgli, quindi era meglio non essere diretta. -Diciamo che non sono mai stata in un luogo del genere.-
-È incredibile, non è vero?- Ancora quello sguardo.
Questa volta non riuscii a trattenermi. -È incredibile che questo posto sia ancora in piedi, cade a pezzi.- Non volevo essere brusca, ma quelle parole lo ferirono, ne ero certa.
-Hai ragione, ma questo luogo ha un ché di unico e impareggiabile...-
-Perché mi hai portata qui?- L’ho interruppi io. -Per caso avevi bisogno di portarmi in un luogo in cui potevi uccidermi e buttare il mio corpo in un cassonetto?- Chiesi in modo sarcastico, e cercando di fargli capire dal mio tono di voce che era solo una battuta, ma lui divenne improvvisamente serio.
-Avanti dimmi cos’ha di così speciale questo posto, devo saperlo.- Le ultime parole mi uscirono senza che riuscissi a fermarle. Con lui tutti i limiti che solitamente mi imponevo non esistevano più, sentivo di poter essere sincera, e che se gli avessi mostrato la vera me stessa non sarebbe scappato.
-Vedi, questo è il luogo in cui si sono conosciuti i miei...- Si fermò un attimo, credendo che avessi qualcosa da dire, ma notando che lo guardavo aspettando di ascoltare il resto, ero certa che ci fosse dell’altro, continuò. -Me lo hanno raccontato un giorno, poco prima di morire, e anche se avevo solo sette anni ricordo le loro precise parole.
“Tesoro, questo posto, anche se non lo vedi com’era dieci anni fa, per me e per tuo padre è il luogo più bello che possa esistere, qui noi ci siamo incontrati per la prima volta. Se non fosse per l’esistenza di questo locale non ci saremmo mai conosciuti, e tu non saresti mai nato, la nostra vita non sarebbe così bella. Non è perfetta, certo, ma l’unica cosa che conta è l’amore che ci lega e ci legherà per sempre, qualunque cosa accada, qualunque cosa possa succederci, questo posto rimarrà per sempre il simbolo del nostro amore.”- Quando terminò di parlare una strana sensazione mi invase.
-Io, mi dispiace... Non volevo dire quelle cose, non potevo immaginare che...-
-Non preoccuparti,- disse lui -è passato molto tempo e questo posto diventa sempre più un disastro, ma rimarrà sempre dentro di me in un modo o nell’altro. Un giorno o l’altro probabilmente non esisterà più, ma spero che questo giorno sia lontano, perché questo luogo è ancora troppo importante per me.-
-Adesso capisco tutto, è così dolce da parte tua continuare a venire qui dopo tutto il tempo che è passato.- Un sorriso spuntò nel mio viso. -E sono fiera che tu mi abbia portato qui, anche se non capisco perché tu porti in questo posto così speciale per te, una ragazza che hai appena incontrato.-
Non aspettò molto prima di rispondere, come se sapesse che prima o poi gliel’avrei fatta una domanda del genere. -So che può sembrare strano, ma c’è qualcosa in te che mi ha spinto a farlo, a scegliere questo posto, tu per me sei speciale, anche se ancora non ti conosco come vorrei.-
L’uomo che si era fatto vedere poco prima, tornò con due piatti fumanti e un sorriso stampato in faccia. Lasciò sul tavolo due piatti con dentro due semplici panini, che avevano un aspetto appetitoso e un profumo delizioso. Avevo un po’ di curiosità di sapere perché Derek avesse ordinato solo dei panini, ma decisi non proferire parola. Quando l’uomo si fu nuovamente allontanato, Derek mi prestò tutta la sua attenzione, e dopo che detti il mio primo morso, mi guardò fiducioso. -Allora? Cosa ne pensi?-
Aveva un sapore strano, ma appetitoso, non avevo mai mangiato nulla di simile prima. -È davvero ottimo, non si direbbe che un panino possa avere un sapore simile.- Fui felice di fare una risata sincera.
-Ero certo che ti sarebbe piaciuto.- Sorridendo addentò il suo panino e fu soddisfatto di ogni morso.
Appena ebbi finito, dalla mia bocca uscirono delle parole che mai mi sarei aspettata di pronunciare. -Cosa c’è dentro? È davvero fantastico, ne mangerei all’infinito.-
Derek mi sorrise. -Se devo essere sincero me lo sono sempre chiesto anch’io.-
Poi, all’improvviso, uno strano pensiero mi passò per la testa, e come con ogni altra cosa che ebbi detto, non riuscii a frenarmi. -Mi chiedevo se tu porti qui tutte le ragazze quando chiedi loro un appuntamento.- Mi pentii all’instante delle mie parole, ma Derek non diede segno di essere preoccupato o quantomeno sorpreso.
-Tu sei la prima,- disse sempre sorridendo, -e spero anche l’ultima.- Aggiunse con una certa enfasi.
Non riuscivo a reggere la tensione, le sue parole, mi avevano sconvolto, ma in senso positivo, e come ogni volta in cui non sapevo cosa dire, decisi di ambiare discorso.
-Qui intorno ci sono altri posti interessanti che potresti farmi vedere?- Ero realmente curiosa.
Lui spostò gli occhi in varie direzione, come se stesse riflettendo per valutare la situazione e decidere se ci fosse davvero un luogo che valeva la pena di essere visto. -Mmm... In realtà ci sarebbe un posto in cui vorrei portarti..-
-Fantastico. Qual è? È lontano? Ci andiamo subito?- Non riuscivo a capire il motivo della mia impazienza.
-Se mi lasciavi continuare, avresti capito che vorrei portarti lì la prossima volta.- Capii subito il significato di quelle parole. Quell’appuntamento, singolare e unico, era solo l’inizio di qualcosa di molto più grande.
-Peccato.- Dissi quasi con tristezza, ma le sue parole, in verità, mi avevano incitato ad andare avanti con sicurezza. -Beh, allora cosa facciamo adesso?- Conclusi sorridendo.
-Una cosa ci sarebbe da fare, ma..- si fermò un attimo per riflettere. -Non sono sicuro che sia una buona idea, insomma potrebbe essere leggermente pericolo.-
-Io non mi spavento tanto facilmente. Perché non mi metti alla prova?- Mi sentivo molto sicura e decisa.
-D’accordo,- disse alzandosi dalla sedia e venendo verso di me, -però prima vieni con me.- Prese la mia mano, e mi guidò attraverso la stanza, quasi con trepidazione.
Mi portò di nuovo su per le scale, fino a essere di nuovo nel punto dal quale eravamo entrati. Accanto alla porta di entrata c’è n’era un’altra, prima non l’avevo notata, lui prese proprio di lì. La stanza nella quale entrammo era stracolma di vari oggetti, alcolici, sedie e mobili, lampadari, pentole, stoviglie e una marea di bicchieri, rotti, interi e alcuni ancora impacchettati. Regnava il caos totale, e a malapena c’era lo spazio per poter passare. Era sicuramente un magazzino, e di certo era il più disordinato che io avessi mai visto. Derek si muoveva sicuro, sapeva perfettamente dove mettere i piedi al contrario di me, che contribuii ad aumentare gli oggetti rotti che si trovavano in quella stanza. -Mi dispiace, non volevo, ma non ci vedo quasi per niente ed essere guidata da te non credo basti per non combinare uno dei miei soliti disastri.-
-Non preoccuparti, Alfonso non si fa questi problemi, lui non sale quasi mai qui, sta sempre rintanato nella sua cucina, mi chiedo spesso cosa abbia da fare, ma ovviamente non glielo domando mai.-
Preferii non rispondere, se avessi parlato ancora avrei rischiato di distrarmi e rompere qualcosa d’altro.
Probabilmente impiegammo solo un minuto o due per attraversare la stanza, ma a me sembrò un’infinità. Raggiunta un’altra porta mi sentii rincuorata, e non mi interessava minimamente dove sarei andata a finire, ma di certo era meglio di quello che avevo dovuto passare. Ci ritrovammo all’aperto, ma nelle mie narici c’era ancora la puzza di muffa che avevo respirato nella stanza precedente, e che sfortunatamente non voleva andarsene, ma ero certa che di lì a qualche minuto tutto sarebbe tornato come prima. Senza che me ne accorgessi, Derek aveva lasciato la mia mano, il mio braccio era scivolato lungo i miei fianchi, e si era diretto verso un punto preciso del piccolo cortile nel quale eravamo spuntati. Si stava avvicinando ad un vecchio pianoforte di legno. Lo accarezzò con dolcezza, fece scorrere le dita più volte su un punto in particolare, e con cautela lo aprì. L’oggetto mostrò i suoi antichi, ma ancora del tutto immacolati, tasti bianchi e neri. Non c’era un posto dove sedersi, così Derek semplicemente avvicinò le sue dita ai tasti, e cominciò a farle scorrere, prima timidamente, e poi sempre più con la precisione di uno che aveva dover suonato quella canzone parecchie volte. La canzone che suonava non l’avevo mai sentita prima, era sicuramente degli anni ottanta, se non addirittura degli anni settanta. Era delicata, e scorreva sinuosa, proprio come facevano tutte le canzoni vecchie, sentendola, cercavo di immaginarne il testo, ma ogni parola o frase che riuscissi a visualizzare nella mia testa sembrava quella più sbagliata. Mentre Derek suonava, io mi avvicinavo sempre di più a lui, con passo felpato, non volevo disturbarlo, la musica che stava producendo era così bella e trasmetteva una tale tranquillità, avrei tanto voluto che non si fermasse mai.
Arrivata alle sue spalle, cominciai ad osservare lo strumento da vicino, era scalfito in parecchi punti, ma generalmente era ancora abbastanza liscio e regolare, e il suono usciva ancora perfetto. Dopo qualche secondo riuscii a vedere il punto in cui si erano soffermate le dita di Derek, lì erano incise due iniziali dentro un cuore:
A & G
Sicuramente erano i suoi genitori.
Dopo qualche altro secondo lui si fermò, la canzona era finita, e adesso si sentiva solo il respiro profondo di Derek. Evidentemente suonare quella canzona aveva suscitato delle emozioni in lui, che per me erano impossibili da comprendere, almeno per il momento.
-Questa canzona la suonava spesso mio padre per mia madre, e lei si commuoveva sempre, se non sbaglio è quella del loro primo ballo, ma non ne sono certo. Anche se non so il titolo, da piccolo l’ho vista e sentita suonare tante di quelle volte che mi è rimasta impressa nella mente.-
Adesso finalmente potevo dire di riuscire di nuovo a sentire gli odori per come erano veramente. Niente più odore di fumo o alcool o muffa, solo un lieve odore di pioggia in lontananza. Intorno a noi c’era pace, il silenzio più totale era l’unica cosa che ci circondava, oltre al vento che soffiava incessantemente. Lassù non c’era niente che ci riparasse, però ne valeva la pena, il panorama che si stendeva ai nostri piedi era spettacolare.
Avevo seguito Derek per alcuni vicoli, poi mi aveva mostrato un palazzo diroccato di circa dieci piani, dicendomi che era pericolante, che sarebbe stato rischioso. Fortunatamente non ho voluto ascoltare le sue avvertenze. È vero, le scale erano abbastanza pericolose, soprattutto perché stavamo prendendo da quelle scale antincendio che stanno accanto ai grandi palazzi, Derek ha detto che sarebbe stato da sciocchi entrare e salire dall’interno. Quelle scale però erano sicuramente vecchissime, erano arrugginite in molti punti e non c’era nemmeno un passamano. Sebbene il viaggio era stato dei peggiori, la meta valeva la pena di tutto quello che si doveva passare per raggiungerla. In realtà Derek aveva detto che questo era niente in confronto al vero motivo per cui mi aveva portato lì, solo che io non riuscivo a capire cosa stavamo aspettando.
Stava cominciando a fare buio, ed ero impaziente e non volevo più aspettare per sapere. -Derek, quando hai intenzione di dirmi il vero motivo per cui siamo venuti quassù?-
-Direi che è quasi arrivato il momento, tanto ci siamo quasi..-
Non pensavo che mi avrebbe risposto in quel modo, quindi mi lasciò spiazzata, ma solo per poco, perché poi lo interruppi. -Ci siamo quasi per cosa?-
Adesso era Derek quello sorpreso. -Cos’è tutta quest’impazienza? Comunque se mi lasciavi continuare te lo avrei detto. Vedi in questo periodo dell’anno, ho notato che al tramonto succede una cosa unica. Capita solo quando il solo è ad una certa distanza dalla terra, e solo al tramonto, e si può notare solo da quassù. In realtà è stato un mio amico a farmelo scoprire, comunque fra poco scoprirai cos’ha di così speciale.-
Non risposi, anche perché non avrei sputo cosa dire, ma sono questi i momenti più speciali, quelli in cui le parole non servono.
Nel giro di qualche minuto successe quello che Derek mi aveva accennato. Uno dei raggi del sole, per un attimo, si riflesse nei vari specchi e vetri di alcuni palazzi e creò un gioco di luce incredibile, una cosa che se non la vedi con i tuoi occhi non ci credi, una di quelle che si immaginano, m che è quasi impossibile poi vedere. Ero senza parole, non potevo immaginare che Derek si riferisse a questo, che era questa la cosa che tanto aspettavamo. Una volta finito lo spettacolo mi voltai, per vedere la sua faccia. Lui era proprio dietro di me, e quando mi girai eravamo l’uno a pochi centimetri dall’altro, ora a questo punto ci sarebbe stato perfetto un bacio, ma fortunatamente, o sfortunatamente, devo ancora capirlo, non successe niente, ci guardammo solo un po’ e poi ci allontanammo. Fu a quel punto che vidi un altro cosa fantastica. Da lì si poteva vedere la città quasi per esteso. Il contrasto tra la parte in cui abito, e quella in cui eravamo in quel momento, era palese. Eppure era talmente bello, le luci di tutti i negozi, delle case, e delle macchine, dei lampioni. Vedere tutti quei puntini luminosi era una sensazione indescrivibile. Dopo qualche minuto però, sentendo il vento freddo che arrivava alle braccia, capii che era arrivato il momento di andare.
-Derek, comincio a sentire freddo, adesso possiamo andare?- Non volevo disturbarlo, sembrava così concentrato guardare il panorama.
-Sì, certo, hai ragione. Scusa.- La sua voce era così strana, aveva un che di diverso. Sembrava come se avesse riemerso dei vecchi scheletri del passato che lo avevano fatto soffrire immensamente, e che continuavano ad avere un’influenza negativa su di lui a quanto pareva. Io, però, non potevo farci niente, non solo perché non mi conosceva abbastanza per confidarsi, ma soprattutto perché sicuramente non sarei stata capace di aiutarlo ugualmente perché non sono mai stata capace di risolvere queste situazioni.
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