Capitolo 4
Dato che il mio corpo è bloccato, Samantha abbandona la sua postazione per aiutare il ragazzo che ho sommerso di panna, cioccolato, e non so che altro. Prima lo aiuta ad alzarsi, e poi lo accompagna a pulirsi.
Dopo qualche secondo, la cucina riprende il suo solito ritmo, mentre io rimango nel mio stato fino al ritorno di Samantha. Lei mi conosce fin troppo bene, sa che in questi casi non posso rimanere sola. Mi sposta con la forza e mi conduce fuori, poi mi porta al bagno per potermi risvegliare. Non so perché in queste occasioni mi comporti in questo modo, so solo che sono veramente strana. Fortunatamente non è la prima volta che mi capita una cosa del genere, altrimenti le mie amiche non saprebbero come comportarsi, potrebbero preoccuparsi inutilmente. Sinceramente non sono così sicura che sia una fortuna, sarebbe molto meglio se non mi capitasse mai una cosa del genere, ma ormai è tardi, non posso farci niente se sono così.
-Cami, dai muoviti, non è successo niente, non è un problema. Ho risolto tutto io.- Vuole svegliarmi dal mio stato di trance, ci provo, ma ogni volta non sono io a decidere, è il mio inconscio.
Le parole di Samantha mi perforano il cervello, forse comincio finalmente a capire il motivo di quella reazione. Tutte le volte che mi capita è a causa di qualcosa che ho combinato, non è perché mi vergogno o perché ho paura di essere giudicata e derisa. Ogni volta temo di non riuscire ad affrontare la situazione, non sono una ragazza forte io, sono fragile. Forse è questo mio comportamento causato dalla timore di non riuscire ad affrontare la realtà, o forse ho solo il terrore di non riuscire a reggere la tensione di non riuscire a farcela.
Improvvisamente non mi sento più come prima, adesso riesco a muovermi, probabilmente aver compreso le motivazioni della mia reazione mi ha aiutato ad uscirne subito.
-Finalmente, Camilla, forse organizzare questa serata non è stata proprio un’ottima idea.- Ammette Samantha dispiaciuta.
-Non dire così, Sam, non colpa tua se non guardo dove vado, o se sono così precipitosa, avrei dovuto rimanermene seduta con Giulia e gli altri.- Guardo l’orario e capisco che in fondo non sono uscita dal mio stato in fretta come immaginavo. -Adesso è meglio che tu torni in cucina, qualcuno potrebbe preoccuparsi, o chiedersi dove sei. Io tornerò al mio tavolo e mi comporterò bene, okay?-
-Sicura? Non sei costretta a fare ciò che non vuoi.- Dice decisa, ma nel profondo so che spera che la serata continui e si concluda al meglio, non voglio deluderla, non dopo tutto quello che è successo.
-Certo. Adesso vai, o ti daranno per dispersa.- Appena Samantha esce, subito dopo avermi fatto un sorriso a trentadue denti, mi prendo qualche secondo di pausa prima di ritornare nel campo di battaglia.
Torno al tavolo, ma il mio umore non è dei migliori. Cerco di far finta di niente, ma è impossibile se Riccardo continua con il suo solito comportamento. -Sei stata via molto, sei sicura di stare bene? Vuoi che ti vada a prendere qualcosa? È successo qualcosa?..-
Non sento tutte gli interrogativi che mi pone, ad un certo punto la mia pazienza supera il limite massimo. -Non preoccuparti.- Rispondo senza essere sicura che sia una risposta appropriata alla sua ultima domanda. -È tutto a posto. Diciamo che ho perso solo la cognizione del tempo, sarà la stanchezza.- Finito di parlare mi maledico. Com’è possibile che ogni cosa che dica, anche un modo gentile di farlo zittire, sia per lui un pretesto per continuare a parlare? Non esiste un solo argomento di cui non abbia qualcosa da dire. Per caso ha conservato tutto ciò che aveva da dire durante la sua vita per quest’appuntamento? Che poi non può essere nemmeno definito così, perché sono stata costretta.
A furia di pensare e ripensare, però, riesco a non prestare la minima attenzione a Riccardo, e lui sembra non accorgersene nemmeno. Minuto dopo minuto sono io a non accorgermi che la serata sta finalmente arrivando al capolinea.
Quando Giulia e Alessio si alzano dal tavolo, quasi non posso credere che la tortura sta per terminare definitivamente. Li seguo fino all’ingresso, pronta per pagare pur di scappar di corsa dall’insopportabile Riccardo. Appena mi si avvicina nuovamente spero che mi stai per dire addio perché saranno le nostre ultime parole. -È stata una bella serata, sono felice di essere uscito con voi. Magari potremmo rifarlo un’altra volta, solo noi due.- Mi sorrise sincero.
Certo, come no. Sarei davvero contenta di farlo! Come se questa fosse stata una serata piacevole! Vattene che è meglio! -Certo, ci sentiamo dopo, ti chiamo io.- Cerco di tagliare corto, sono troppo infastidita per continuare con la falsa.
-Bene.- Risponde lui. A quel punto ringrazio il cielo che non ricominci a parlare, ma forse sono troppo avventata, perché appena risaliamo in macchina riprende a parlare. Sono certa che se non arrivo velocemente a casa lo strangolo, soprattutto perché si è seduto dietro, accanto a me.
Ma chi me lo ha fatto fare di ascoltare le mie amiche? Spero non si renda conto che non ho il suo numero, e spero che abbia bevuto così tanto da dimenticarmi, o quantomeno da non ricordarsi dove vivo.
Appena Alessio ferma la macchina scendo così velocemente che potrei battere tutti i miei record, a quanto pare essere infastidita è un modo per migliorarmi. Sinceramente preferisco rimanere come sono invece che dover fare i conti con persone insopportabili come questo Riccardo. A dirla tutta non so proprio come ho fatto a resistere fino ad ora, comunque l’incubo è terminato, e adesso forse posso tornare nel mio mondo, ed essere ancora una volta me stessa.
Non mi prendo la briga di salutare nessuno, se vogliono capire bene, altrimenti tanto peggio, non me ne può fregare di meno. Consapevole di essere incazzata con tutto e con tutti, salgo nella mia camera, e mi chiudo come se avessi paura di dover tornare dal posto, o meglio dalla situazione dalla quale ero appena fuggita.
Mi rendo conto che potrei sembrare esagerata, ma sono fatta così, e non ho intenzione di cambiare solo perché non sono come il resto delle ragazze della mia età. Ho diciassette anni, cazzo, dovrò pur potermi comportare come voglio. Sempre ammesso che essere se stessi non diventi un reato punito dalla legge, forse, e dico forse, a quel punto potrei anche pensarci due volte prima di essere me stessa e fare ciò che desidero. Sono stanca di essere chi gli altri vogliano che io sia, a parte il fatto che è estremamente noioso, non riesco a convivere con questa me, non mi sento più io. E fare qualcosa solo per rendere felici le mie amiche, solo per far capire loro che io sto bene e che non ho bisogno di aiuto, non mi aiuterà di certo a far sì che gli altri la smettano di manipolarmi.
Tutti questi pensieri cominciano a stancarmi, è stata una lunga serata, anzi, più lunga del dovuto a causa di Riccardo, ma adesso non ho più intenzione di pensare né a lui, né a tutto quello che fa parte di questa realtà, voglio solo tornare nella mia fantasia. Peccato che non posso farlo a mio piacimento, già è una vera sfortuna che non vi possa.. entrare, diciamo così, a mio piacere.
Sfinita mi lascio cadere nel letto, con i vestiti addosso, e senza nemmeno togliere il trucco. Ho appena il tempo di farmi sprofondare sotto le coperte che già sono caduta in un profondo sonno. Un sonno senza sogni, un sonno che non mi aiutata a rilassarmi, ma che quantomeno mi fa riprendere un po’ delle forze che avevo perso durante la lunga, lunghissima giornata infernale.
Mi risveglio quasi più stanca della notte precedente, con alcuni ricordi rimossi dalla mia testa, il mio inconscio lo faceva spesso quando non c’era qualcosa che valesse la pena di essere ricordato.
Mi alzo lentamente, mi dirigo in bagno, e notando che la mia faccia sembra quella di un mostro, a causa del trucco sbavato, la lavo.
La fame mi attanaglia all’improvviso, non mi va di lasciar continuare a soffrire il mio stomaco, voglio accontentarlo, una volta tanto. Ieri non sono nemmeno riuscita a mangiare granché, ero troppo impegnata a sfuggire a Riccardo e a distrarmi dai suoi monologhi senza senso.
Entro in cucina, ed è vuota. Guardo l’orario: sono le otto e trenta. Strano, anche se è domenica, i miei genitori dovrebbero essere già svegli a quest’ora.
Mi avvicino al frigo, lo apro e prendo la spremuta d’arancia. Dopo averne bevuto un bicchiere mi sento meglio, appena poso la caraffa, però, noto qualcosa appiccicato al frigo.
È un biglietto dei miei.
Siamo partiti per un viaggio di lavoro, molto importante.
Scusa se non abbiamo potuto avvertirti, tesoro, ma ti promettiamo che ci faremo perdonare.
Torneremo domani mattina.
Ti vogliamo bene.
Mamma e papà.
Come al solito se ne sono andati senza avvertire. Ormai, però, ci ho fatto l’abitudine. Lo fanno sempre.
All’improvviso sento il bisogno di liberare la mente. C’è solo una cosa che posso fare in questi casi.
Non ho più nemmeno bisogno di affittare la scarpe da un po’ di tempo, è questo lo devo solo a Samantha e Giulia, sono state loro a farmi questo regalo. Indosso i pattini con un po’ di eccitazione, so che non è molto normale, perché vengo spesso qui, o almeno lo facevo prima. Ormai mi sono ridotta a non fare più niente da quando, da quando.. beh, da quando Egidio si è fidanzato, la mia vita è cambiata.
Prima venivo qui frequentemente, almeno una volta a settimana, e spesso mi accompagnava lui. Ci divertivamo un’ infinità insieme, eravamo una coppia perfetta. Sempre in sincronia, con lui riuscivo a fare cose che da sola non avrei mai nemmeno immaginato di poter fare. Mi ha insegnato tutto, cioè lui non era certo un professionista del pattinaggio, quando ha cominciato riusciva appena a stare in piedi, ma ha saputo far capire cose che nessun tecnico artistico sarebbe mai riuscito a farmi comprendere. Mi ha insegnato a non arrendermi mai, a tentare anche le cose che mi sembrano più pazze, a credere in me stessa anche quando nessun altro lo fa, a decidere da sola, perché nessuno può dirmi quello che posso o che non posso fare. Mi ha insegnato a vivere e a lottare per quello che si ama, solo che in questo caso, probabilmente, non ho appreso bene il concetto perché non sono riuscita a combattere per il suo amore.
Da quando si è fidanzato, però, ogni cosa è cambiata, non abbiamo più avuto l’occasione di passare un po’ di tempo insieme, figuriamoci di venire a pattinare un po’. Quella stronza me l’ha rubato, non che avessi delle pretese su Egidio, è solo che io gli volevo bene, lo amavo, lei invece è arrivata all’improvviso, e velocemente come è apparita, me l’ha portato via. La cosa, che più mi ha fatto infuriare, è stata che lui l’ha lasciata fare, ha lasciato che lo portasse via da me, dal suo passato. Non ha fatto niente per impedirlo, a mio parere innamorarsi non significa abbandonare tutto ciò che si ha, ma semplicemente vedere le cose in un altro modo, sentirsi felici ogni volta che lo si vede e lo si pensa. Evidentemente, o lui non è veramente innamorato, cosa che mi renderebbe molto felice, o è talmente innamorato da non capire niente di quello che gli succede in torno.
Insomma da quando ha conosciuto quella ragazza, non è cambiata solo la sua vita, ma soprattutto la mia.
Adesso, che era da più di un mese che non tornavo in questo mi sento di nuovo felice. Mi accorgo di aver fatto un errore, avrei dovuto continuare a venire qui, penso che mi avrebbe fatto bene, sono solo stata una stupida. Pensavo che venire mi avrebbe fatto stare male, mi avrebbe rammentato i bei momenti passati insieme, e in realtà li ricordo con chiarezza, ma stranamente non mi sento scoraggiata. Non riesco a capire per quale motivo, ma questo posto mi fa sentire così piena di vita, riesce a farmi tornare a sorridere, ad avere voglia di vivere, è una sensazione stupenda.
Per una volta ho fatto la cosa giusta.
Mentre pattino ogni preoccupazione sparisce, rimaniamo solo io e il ghiaccio, anche perché e troppo presto per vedere tanta gente. Scivolo sul ghiaccio con naturalezza come fosse la cosa più normale del mondo, in questi momenti riesco a pensare solo alle cose belle, come la prima volta che ho portato Egidio a pattinare con me.
Era stata dura convincerlo, ma in un modo o nell’altro ci ero riuscita. Per lui era la prima volta, era impacciato e goffo, ma non per questo si lasciava scoraggiare. Quello fu il primo insegnamento: non arrendersi alle prime difficoltà che la vita ti pone davanti. E lui riuscì ad affrontare ogni cosa, la preoccupazione, il nervosismo, ed fronteggio ogni impedimento a testa. Un’altra cosa importante di quel giorno fu che mi vide pattinare per la prima volta. Finita l’“esibizione”, andai da lui che mi disse, con la sua voce calda, che in quest’occasione entusiasmata, queste precise parole. -Non avevo mai capito fino ad ora cosa volesse dire amare qualcosa che ti sembra così impossibile, ma per il quale tu sei molto portata.-
Quelle parole mi hanno sempre dato il coraggio e la forza necessarie per andare avanti, anche quando sembrava che non sarei mai riuscita a farcela, anche se avevo l’umore a pezzi.
Ora, nonostante tutto quello che è successo, riesco ancora a camminare a testa alta grazie a questi ricordi. Faccio avanti e indietro lungo la pista di pattinaggio, e ogni tanto qualche piroetta per spezzare la monotonia. Riesco a fare un avvitamento perfetto da almeno tre anni, e da un po’ di tempo mi sto allenando per uno doppio. Fino ad ora ne faccio uno e mezzo, però riesco a fare qualche altro trucchetto che piace sempre ai bambini quando mi vedono.
Mi rende felice sentire gli applausi, le risati dei bambini contenti, i loro volti gioiosi e sorpresi. Dopo una giornata faticosa, posso sentirmi nuovamente raggiante. Tuttavia, l’arrivo dei bambini, significa anche che io a breve me ne devo andare, non solo perché non ho più tutto lo spazio fondamentale ai miei allenamenti, ma soprattutto perché loro sono piccoli, e voglio che si divertano e si godano a pieno tutto lo spazio disponibile.
Sono ormai le undici passate quando decido che è arrivato il momento di andarmene, vado a cambiarmi e prendo le mie cose. Lungo la strada verso casa, mi fermo in un fastfood e prendo qualcosa per pranzare.
Finito di gustare il mio panino, salgo nella mia camera, pronta a fare un dormita rinvigorante, ne ho proprio bisogno.
L’unica cosa che riesce a svegliarmi è lo squillo del mio telefono. È Giulia.
-Pronto?- Lascio trasparire la mia stanchezza dalla voce.
-Cami? Ti ho svegliata?- Chiede la mia amica innocentemente.
-Sì, ma ormai è tardi, quindi tanto vale che mi dici perché hai chiamato.-
-Innanzitutto, avrei anche potuto chiamarti solo per parlare, ma..- Non è questo il caso, vero? -ho deciso di farmi perdonare per il casino di ieri. Ti va un’uscita a tre? Solo noi ragazze, ovviamente.-
-Certo.- Rispondo io, senza alcuna esitazione. -Al solito orario, no?-
-Sì, a dopo.- E così dicendo stacca.
Nel giro di un paio di ore sono pronta. Me la sono presa molto comoda, perché era ancora presto. Samantha non tarda molto ad arrivare. Fino ad ora lei è l’unica con la patente, la prossima sarà Giulia, e per ultima io.
Non parliamo molto durante il viaggio, solite cose da ragazze, qualche pettegolezzo qua e la, e notizie succose, del tipo c’è un nuovo locale che non richiede la carta di identità. Di solito andiamo in posti del genere.
Il locale di questa sera è uno che ha inaugurato da poco, quindi per ora niente carta di identità. Non dobbiamo aspettare molto per entrare, dato che è ancora presto la fila non è molto lunga. Ordino un martini alla mela, meglio cominciare con poco. Non ho nemmeno finito il mio primo drink che già voglio andarmene, dall’altra parte della pista da ballo intravedo Egidio e quella stronza di Andrea.
Non posso resistere oltre, prendo il telefono e chiamo un taxi, e senza avvertire le mie amiche esco dal locale, non è per cattiveria, semplicemente non me ne ricordo, sono troppo impegnata a scappare. Appena entro in macchina noto che il mio cellulare è quasi morto, così decido di spegnerlo, per far durare di più la batteria. Dico al tassista la mia destinazione, un bar non molto lontano da lì, questa sera ho proprio bisogno di dimenticare tutti i miei problemi. Arrivata, lo pago ed entro subito.
L’aria è viziata, e puzza di fumo e alcool, ma me ne faccio una ragione, anche se non ci sono abituata in fondo non è così terribile. Mi siedo al bancone e ordino qualcosa di forte, Fabio, un vecchio compagno di scuola, mi saluta e mi offre quello che ho chiesto.
Accanto a me c’è un ragazzo, probabilmente poco più grande di me, credo. Capelli ricci e neri, fisico abbastanza muscoloso a giudicare da quello che riesco a vedere, dato che è di spalle.
All’improvviso si gira e mi vede, sembra quasi riconoscermi. -Ancora tu?-
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