Sei più forte di quello che pensi
Da quel primo incontro con il fantomatico Min Yoongi erano passate quasi tre settimane.
All'arrivo della Signora Choi, il giovane rapper era stato sommerso da abbracci, schiaffetti sulla nuca e anche qualche rimprovero.
"Come al solito mangi poco!"
"Guarda come sei magro..."
"Ah, i giovani d'oggi, sempre troppo impegnati."
"Però sei proprio un bel ragazzo"
Queste erano solo alcune delle frasi che l'anziana signora aveva rivolto con affetto al ragazzo.
Caterina era rimasta in disparte a guardare la scena con un dolce sorriso sulle labbra.
La signora Choi le ricordava terribilmente la sua cara nonna Anna, quando si comportava in maniera affettuosa e protettiva.
Aveva osservato Yoongi arrossire per i complimenti ma anche per i rimproveri, trovandolo assolutamente adorabile e carino, specialmente con quel sorriso contagioso stampato sul viso.
"Ma cosa vado a pensare? L'ho appena conosciuto e già penso a quanto è carino! Sono senza speranze. Stupida, Stupida Cate!" aveva pensato con rabbia mentre alzava gli occhi al cielo.
Dopo un paio d'ore passate a torturare il giovane rapper, la signora Choi lo lasciò andare e lui, dopo averla abbracciata, aveva rivolto un breve inchino a Caterina per poi fiondarsi fuori dalla porta.
Inutile dire che il suo capo aveva passato le ore successive a spiegare come aveva incontrato Yoongi, che tipo di accordo avevano e chi fosse il misterioso ragazzo.
Le aveva raccontato che era un producer per una casa discografica che aveva sede nei dintorni e che veniva alla libreria per avere più privacy e tranquillità.
Caterina non le chiese nulla e si fidò del racconto della sua datrice di lavoro, anche perché non era mai stata un'amante della musica moderna, preferendo di gran lunga la melodia di un pianoforte e qualche vecchia canzone italiana.
Il suo Ipod era invaso da canzoni di Battisti, De Gregori e Lucio Dalla, ai quali seguivano brani di musica classica di autori del calibro di Tchaikovsky, Minkus e Beethovenra un'anima antica intrappolata in un corpo giovane e il mondo del ventunesimo secolo la spaventava parecchio, poiché era veloce e frenetico.
Lei invece amava andare al suo passo e detestava chiunque le mettesse fretta nel raggiungere un traguardo.
No, Caterina Bonaldi non si sarebbe piegata alle regole della società e avrebbe fatto di testa sua, anche se il costo delle sue decisioni fosse stato alto e difficile da pagare.
*******
Nelle settimane successive Yoongi si era presentato puntuale tutte le mattine alle nove, era sparito tra gli scaffali e, con le cuffie sulle orecchie, aveva lavorato in maniera costante.
Nel tempo Caterina si era abituata alla sua presenza silenziosa ed aveva imparato ad apprezzare le chiacchierate, seppur piccole, che intavolavano nelle pause caffè del ragazzo.
Si era quindi instaurata una piccola routine quotidiana che dava ad entrambi una sensazione di confort e tranquillità.
Quella mattina del 26 ottobre, però, qualcosa andò storto e la quotidianità dei due ragazzi si spezzò in maniera brusca.
Caterina si svegliò alle sei di soprassalto, sudata da capo ai piedi e affannata dal palpitare accelerato del suo cuore.
L'ansia le si aggrappò alle ossa quasi con disperazione e le rese difficile alzarsi dal letto.
La ragazza si fece violenza per sollevare le coperte e trascinarsi alla doccia, dove, aperto il getto dell'acqua, si rannicchiò in posizione fetale sul pavimento.
"Inspira... Uno, due, tre, quattro, cinque... espira... uno, due, tre, quattro, cinque... Respira Caterina, respira! Con calma! Sta tranquilla che andrà tutto bene..." ripeté come un mantra nella sua testa.
Questi attacchi non erano nuovi e, ormai, ci aveva fatto l'abitudine, ma comunque rimaneva un problema gestirli da sola e così lontana dalla sua famiglia.
Si rialzò in piedi e la testa le girò, perciò si sostenne con una mano sulla parete della doccia e si chinò a prendere lo shampoo con mani tremanti.
"Quanto fai schifo Caterina! Così debole ed indifesa. Così fragile ed esposta. Rotta come una bambola di porcellana caduta da uno scaffale. Nessuno ti amerà mai se non cambi. Nessuno potrà mai amare una persona inutile quanto te." Le sussurrò la voce maligna nel suo cervello.
La ragazza respirò profondamente e si massaggiò lo scalpo con più forza, mentre il leggero male causato dalle unghie infilzate nella tenera pelle della testa, la distraeva da quel sussurrò cattivo.
"Un giorno", pensò, "questa voce se ne andrà ed io starò bene. Un giorno, sarò una persona felice."
Anche se non ci credeva veramente, questo pensiero la calmò leggermente e riuscì a terminare la doccia senza ulteriori drammi.
Cosa scatenava queste crisi? Nemmeno lei lo sapeva.
Erano iniziate cinque anni prima durante una sessione di esami all'università e con il tempo erano peggiorate sempre di più, fino a compromettere le sue relazioni sociali e la sua vita quotidiana.
Mentre la vocina era sempre stata presente nella sua vita, le crisi erano state qualcosa di nuovo per la ragazza e avevano amplificato tutto quel senso di insicurezza e odio verso sé stessa, che l'aveva sempre caratterizzata.
Il sussurrò maligno nei suoi pensieri era diventato in poco tempo una vocina che, nei momenti peggiori, arrivava perfino ad urlare tutto il disprezzo che provava per Caterina.
A nulla erano valsi rimproveri di sua madre, che la spronava a fare meglio in tutto, e nemmeno il supporto dei suoi amici di sempre, che l'abbracciavano e la consolavano nei momenti peggiori.
Caterina Bonaldi non riusciva a reagire.
Caterina Bonaldi non riusciva a respirare.
Caterina Bonaldi stava sparendo.
Caterina Bonaldi era diventata una ragazza invisibile.
Uscì dalla doccia e aprì la finestra del bagno, facendosi investire dall'aria fresca di Seoul.
Respirò una, due volte a pieni polmoni e poi si girò verso lo specchio.
Non alzò lo sguardo. Non voleva incontrare gli occhi spaventati di una ragazza intrappolata in sé stessa.
Si lavò i denti ed asciugò i capelli con efficienza, quasi come un automa.
Infilò le lenti a contattò e terminò la skin-care routine che aveva iniziato nella doccia.
Poi prese la trousse dei trucchi e respirò nuovamente a pieni polmoni.
Sollevò lo sguardo e il cuore perse un battito.
Pelle slavata, occhi castani iniettati di sangue, occhiaie violacee, tipiche di chi non dorme bene da giorni, e labbra riarse.
"Dio che mostro che sei! Ci credo che quel povero ragazzo se ne sta sempre rintanato chissà dove in libreria. Chi mai vorrebbe passare del tempo con una come te." Urlò la voce nelle sue orecchie.
Una lacrima silenziosa le solcò la guancia, ma lei, orgogliosa ragazza italiana, la scacciò via con rabbia e sollevò il correttore.
"Diamo il via alla costruzione della mia maschera personale. Nessuno vedrà le crepe della mia anima." Sussurrò tra sé e sé.
Dopo essere uscita di casa, aveva affrontato il tragitto in metro con lo sguardo puntato a terra e con la sensazione che il mondo la stesse giudicando e deridendo con malignità.
All'improvviso un leggero peso all'altezza dello sterno le fece mancare il respiro e perciò, come da routine, infilò le cuffie nelle orecchie e fece partire il secondo atto della variazione di Kitri del Don Chischotte.
All'improvviso Caterina non era più nella metro di Seoul, ma in una sala prove, con i pavimenti in parquet e grandi specchi alle pareti.
Indossava dei collant e aveva delle punte di gesso ai piedi, mentre la sua schiena era eretta e il mento alto.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto...
Il cuore non batteva veloce per l'ansia, ma per l'adrenalina scaturita dalla sequenza veloce di passi.
I sudori freddi sotto la maglietta non erano più causati dalla sensazione di soggezione e stress, ma dai muscoli in tensione mentre danzava leggiadra per la stanza.
"Continua a contare Caterina. La musica e la danza ti salveranno ancora una volta."
Senza nemmeno rendersene conto era arrivata, quasi correndo, davanti alla libreria e con velocità aveva alzato la serranda e si era rifugiata al suo interno.
Stremata dalla situazione e dal suo stato d'animo, si era nuovamente rannicchiata a terra davanti al bancone, con la testa nascosta tra le ginocchia.
Fu così che Yoongi la trovò, esattamente quarantacinque minuti dopo, entrando nel negozio.
Spaventato da cose potesse essere successo, si mosse velocemente verso di lei e le si rannicchiò davanti.
"Ehi, Caterina, stai bene? Sei ferita? È successo qualcosa di grave?" le chiese preoccupato toccandole una spalla.
La ragazza sobbalzò spaventata dal contatto inaspettato, poiché, con le cuffie ancora nelle orecchie, non aveva sentito il ragazzo entrare.
"Ommioddio!" esclamò nella sua lingua madre "Mi hai spaventata!"
"Io-" tentennò il rapper "Scusami! Ma ti ho vista qui per terra e pensavo stessi male" cercò di difendersi.
La ragazza arrossì, rendendosi conto che, in effetti, era in una posizione strana e probabilmente anche lei avrebbe reagito così a parti inverse.
"Perdonami, devo aver perso conto del tempo..." si scusò sottovoce stringendo ancora di più le gambe al petto.
Yoongi, intenerito dalla situazione, le rivolse un sorriso e le allungò una mano, per aiutarla a risollevarsi.
"Quindi stai bene?" le chiese nuovamente mentre si alzava.
"Diciamo di sì." Rispose lei guardando il pavimento "È solo una giornata no e avevo bisogno di un po' di auto-conforto."
Con questa frase sorrise al vuoto e poi guardò il ragazzo negli occhi.
Yoongi fu colpito nel profondo dallo sguardo di Caterina, perché si rese conto di conoscerlo molto bene.
Dietro i suoi particolari occhi nocciola c'era una voragine di tristezza infinita che, nella sua breve vita, aveva visto solo un'altra volta: nei suoi occhi.
All'improvviso si ritrovò catapultato indietro nel tempo, quando ancora era un ragazzino in cerca di fortuna, con pochi soldi e tanti sogni.
Si ricordò di quel dolore mentale che, nei giorni peggiori, diventava fisico e lo trascinava in un buco nero, che lo costringeva a letto per giorni.
Il senso di solitudine che spesso, ancora oggi, gli sembrava una presenza fisica, lo aveva consumato a tal punto da non riconoscersi più allo specchio.
Essere un Idol non aveva di certo migliorato la situazione, ma ora poteva contare su sei fratelli che, se necessario, lo avrebbero trascinato letteralmente fuori dalle coperte e lo rimesso in sesto.
Ma Caterina doveva essere sola, lontana da casa e intrappolata in una melma di pensieri poco sani.
Improvvisamente uno scatto di empatia lo pervase e sentì la necessità di proteggerla da sé stessa.
Questo pensiero lo colse talmente alla sprovvista che, in meno di un secondo, la strinse in un abbraccio strettissimo.
Lui, Min Yoongi, Suga, Agust D, stoico uomo dai mille volti, aveva ceduto, nel giro di pochi secondi, ad un paio di occhi da cerbiatto pieni di paura.
Assurdo.
Ma così liberatorio.
Caterina, invece, sconvolta dall'azione repentina del ragazzo, aveva appoggiato le mani sul suo petto ed aveva cercato di non schiantare la sua faccia sul collo di lui.
"Dio, senti che ottimo profumo che ha" pensò, respirando involontariamente la sua colonia.
"Questa situazione è strana, ma stamattina avevo davvero bisogno di un abbraccio" e, senza rendersene conto, fece scivolare le mani intorno ai fianchi di lui e si rilassò contro il suo corpo.
Yoongi voleva morire.
Poco dopo aver sentito il corpo della ragazza entrare a contatto con il suo, le sue guance avevano preso fuoco e si era improvvisamente reso conto di quanto strana fosse quella situazione.
Così, dopo aver fatto un respiro profondo vicino all'orecchio di Caterina, interruppe l'abbraccio e fece un passo indietro.
"Perdonami, non volevo esagerare o farti sentire a disagio" si scusò lui, grattandosi la nuca ed evitando lo sguardo della giovane.
"Voi coreani vi scusate sempre per tutto" rise lei di cuore "Io invece voglio ringraziarti, perché, anche senza che io dicessi nulla, hai compreso al volo di cosa avessi bisogno." E, detto questo, allungò una mano e gli strinse un braccio in maniera rassicurante.
"Strani questi italiani. Non si scandalizzano proprio per nulla." Pensò divertito il rapper, sorridendo gentilmente.
"Senti, io non so bene cosa tu stia passando, né mai lo capirò fino in fondo, ma posso dirti con certezza che, anche se adesso non ci credi, tu sei più forte di quello che pensi. E, nonostante tutti gli ostacoli che ci saranno tra te e la tua felicità, sono sicuro che troverai una strada alternativa per arrivarci." Le disse guardandola negli occhi con una decisione disarmante.
Caterina pensò che quel ragazzo dovesse sapere fin troppo bene cosa vuol dire lottare contro la propria testa, perché quello sguardo oltre ad essere intenso e sincero, era pieno di comprensione.
Per ringraziarlo di nuovo gli sorrise a trentadue denti e poi, come da tradizione coreana, si inchinò leggermente.
"Forse dovremmo iniziare a lavorare" disse poi guardando l'orologio all'ingresso "Ti ho già distratto abbastanza per stamattina", concluse voltandosi per aggirare il bancone.
Con sua sorpresa vide il ragazzo dirigersi ad un tavolo vicino all'ingresso e lontano dalle finestre, per poi sedersi e iniziare a montare la sua attrezzatura.
"Bizzarro" pensò la giovane, osservandolo sistemare tutti i suoi marchingegni, "ma decisamente carino."
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Ciao!
Ecco un aggiornamento rapido, rapido, della storia.
Spero vi piaccia!
Se vi va, lasciate un commento.
Sono super accette anche le critiche, purchè siano costruttive.
In fondo, siamo al mondo per imparare!
Spero che la vostra giornata sia stata positiva e soddisfacente, ma, se così non fosse, sono certa che la prossima andrà molto meglio.
Fighting!!!!!
C.
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