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SALVAMI

ADELE

Mi sedetti composta al tavolo.
Alessandro mi guardava e io mi sentivo molto a disagio sotto i suoi occhi neri.
<<Non mi fissare, ti prego>> gli dissi.
<<È impossibile non guardarti>> ammise abbassando leggermente il viso.
<<Basta che guardi la candela e il gioco è fatto, guarda che bella fiammella>> risi io indicando la candelina che bruciava ogni secondo di più, lanciando nella stanza bagliori tenui e romantici.
Scoppiò anche lui a ridere muovendo la testa da un lato all'altro.

Ci si avvicinò un cameriere chiedendoci <<Volete ordinare, signorini?>> mi guardò di sfuggita e notai che i suoi occhi erano di un grigio lattiginoso, quasi finti.
<<Menu classico, grazie Cedrich.>> rispose educatamente Alessandro.
Nella sua tenuta elegante sembrava veramente un principe. La pelle bianca e i capelli setosi lo rendevano talmente seducente che ogni ragazza della stanza lo fissasse.

Ci passò vicina una ragazza dai capelli corvini, pelle bianca e collo flessuoso. Sembrava una modella di Victoria's secrets.
Se volete fare la fila qua davanti a me, giusto per farmi sentire una povera formica rispetto a voi, fate pure. Tanto io non ho un'autostima vero?

Questa ragazza uscita da una rivista, aveva il vestito di un colore giallastro, era orrendo anche se a lei stava bene comunque.
Perché il mondo era tanto ingiusto?
La modella mi guardò di sottecchi mentre sculettava vicina a noi.
Alessandro inevitabilmente iniziò a fissarla e lei soddisfatta di aver attirato la sua attenzione inciampò. Essendo donna anch'io, capii perfettamente che non era stata una mossa casuale, ma progettata in anticipo.
Cadde, casualmente, addosso ad Alessandro che non potè far altro che aiutarla.
<<Mi dispiace così tanto, sono molto sbadata >> si scusò lei con una voce che avrebbe potuto spaccare i vetri.
Afferrai il mio calice di cristallo e guardai se ci fossero delle crepe, stranamente nulla.

<<Tranquilla, stai bene? Ti sei fatta male?>> chiese lui.
Non riuscivo a capire se mi desse fastidio o no, come io non ero di sua proprietà lui non era di mia. Però poco prima mi aveva mezzo dichiarato il suo interesse... quindi non ci sarebbero dovute essere interferenze.

Tossicchiai giusto per entrare nella conversazione, lei non mi degnava di uno sguardo, fissava Alessandro e lo mangiava con gli occhi. Non c'era verso, sembrava non esistessi.
"Ti manca la bava" avrei voluto dirle ma mi trattenni.
<<Sì sì, sono solo inciampata con le gonne. Mi presento, sono Tiana. Contessa, discendente della famiglia Hanovre, origini Greche. >> si presentò lei inchinandosi.
<<Molto piacere, io sono Alessandro, figlio di Alan Doria. >> prese la mano di Tiana e la baciò.
Fa il galantuomo... lurido.

<<Non vorrei disturbare la vostra interessante conversazione, quindi vado a farmi un giretto.>> annunciai alzandomi dalla sedia. Sapevo che era quello che voleva Tiana, ma non m'interessava più di tanto. Ci avevo provato ma sentivo che non sarei voluta rimanere lì veramente.
<<Adele! Dai, cosa fai?>> urlò Alessandro.
<<Divertiti, vado a fare un giro. >> gli ribattei.

Passai vicina a Ilaria, le accarezzai la testa. Mi lasciò un bacio sulla guancia e mi sussurrò <<Non fare cavolate>> mi scappò una risata.
<<Tranquilla, faccio solo due passi, poi torno. Voi state attenti. >> le risposi lanciando un'occhiata a Samuele giusto per fargli capire che quello che doveva stare attento fosse proprio lui.

Sentivo gli occhi della gente puntati su di me e mi dava abbastanza fastidio, ma avevo veramente bisogno di prendere una boccata d'aria.
Suonò un trillo, come di una campanella. A schiera decine di camerieri uscirono dalle cucine e si diressero ai vari tavoli. Mi ritrovai in mezzo a una tempesta di voci, piatti, odori. Strisciai a lato della stanza attaccandomi al muro pieno di arazzi e bassorilievi.
Mi girava la testa, la troppa confusione mi intontiva.
Mi aggrappai a un tavolino per avere il tempo di ristabilizzarmi, il vociare intorno a me si era fatto più intenso.

Un cameriere mi si avvicinò e mi porse una mano dicendomi
<<Sì sente bene, Signorina? Mi sembra molto pallida, perché non si va a sedere?>> mi chiese con una voce tremolante tipica di persone anziane come quell'uomo. I capelli bianchi, le rughe, il sorriso dolce, mi trasmettevano sicurezza, ma gli occhi avevano qualcosa di strano. Erano grigi e incolore come quelli di Cedrich.
<<Sto bene, grazie>> risposi titubante.
<<La inviterei a tornare a sedersi, sono già state servite le prime portate>> mi disse, senza ricevere risposta, prima di andarsene verso le cucine.

La testa mi turbinava, avevo svariati attacchi di quel genere ma avevo sperato non arrivassero al ballo. Erano un misto tra svenimenti e attacchi di panico.
Mi accasciai a terra, lontana dagli altri tavoli.
Nessuno mi prestava attenzione e non avevo la forza di urlare.
Iniziai a tremare, immagini devastanti si susseguivano nella mia mente.

Le fiamme, i capelli platino, il dolore e il bruciore sul corpo, la casa distrutta, il sangue, le urla, l'ospedale, le lacrime, l'orfanotrofio, il gelo, la battaglia, il corpo morto... il dolore provato fino a quel momento si ripropose forte come un macigno.
Mi aggrappai a una colonna cercando di tirarmi su e tornare in me. Mi tirai un pizzico e la vista divenne leggermente più nitida.
Dovevo tornare al tavolo, chiedere aiuto o bere semplicemente un bicchiere d'acqua.
Feci qualche passo avanti, traballando.

Mi si stapparono le orecchie e provai ad avvicinarmi a un tavolo, ma mi sembrava così lontano.
Non lo feci apposta ma andai a sbattere contro una cameriera.
Le cadde il vassoio di mano, fortunatamente vuoto, che fece un fracasso indecente ma che non notò nessuno più di tanto.

Spostando le gonne ingombranti feci per raccoglierlo ma anche questa si abbassò, mi diede una spallata e persi l'equilibrio all'indietro. 
Caddi sul pavimento senza farmi male grazie alle gonne.

<<Scusa>> sussurrò lei mentre si tirava su e allungava una mano verso di me.
Alzai finalmente lo sguardo e incontrai due occhi grigi incolori. Tutto così monotono, ma i lineamenti del viso, la curva degli zigomi, la forma degli occhi, la lunghezza delle ciglia, il movimento dei capelli biondi. Non potevo sbagliarmi.

Il suo corpo, la sua voce, la sua presenza.
<<Marta? >> chiesi stupefatta e con mani tremanti.
<<Marta, sei proprio tu?>> provai ad avvicinarmi, i miei palmi si appoggiarono alle sue guance, le riconobbi. Era lei, non potevo dimenticarmi di una parte della mia vita. Ci avevo provato, ma non ero riuscita a sotterrare il mio passato, i ricordi erano indelebili e lei ne faceva parte.

<<Io, io non so chi tu sia >> rispose tremante e spostandosi indietro, schivando il mio tocco.
Rimasi piantata dov'ero, come faceva a non ricordarsi di me?
<<Ma sì, sono Adele. La tua migliore amica, non ti ricordi?>> chiesi speranzosa e avvicinandomi. Il mio cuore stava esplodendo di felicià.
<<Io, guarda... devo andare>> e iniziò a correre verso le cucine. La inseguii ma stranamente era troppo veloce o io troppo stordita e la persi.
Mi scappò da sotto il naso.
Mi ritrovai a vagare per i corridoi infiniti della villa. Sentivo le voci lontane e lo scricchiolio del parquet troppo rumoroso.

Il mal di testa era cessato, ma non il turbine di pensieri.
Era veramente lei?
O era stato solo un brutto gioco della mia mente?

Non sapevo quanto tempo fosse passato, speravo molto.
Aprii una finestra e una brezza leggera entrò soffiando da nord. Il prato davanti alla villa era perfetto, la fontana emetteva riflessi argentei della luna e il vento sembrava cantare.
Mi ritagliai un attimo di pace, un attimo di tranquillità. Sembrava che le domande avessero trovato un posto nella mia mente contorta.

Poi una voce. Spalancai gli occhi di scatto non appena sentii un richiamo da qualche corridoio vicino.
<<Adele? Ma cosa ci fai qui!>> era Alessandro, furioso.
<<Ti ho detto che dovevo fare un giro, prendere una boccata d'aria. >> ripetei per l'ennesima volta.
<<Come hai potuto piantarmi in asso a quella maniera?>> chiese rabbioso mentre mi afferrava per i fianchi.
<<Te l'ho già detto. E poi ti ho lasciato in bella compagnia >> risposi a tono.
<<Era una ragazza noiosa, senza un briciolo d'intelligenza. Volevo stare un pò con te.>> rispose avvicinandosi.
<<Le ho lasciato una possibilità.>> sussurrai per poi continuare <<Non sembrava ti dispiacesse così tanto la sua presenza >>
<<Adele...>> sussurrò frustrato
<<Adele una mazza>> esclamai arrabbiata.
<<Non è che se passa una gnocca te hai la scusa di sbavarle dietro. Scusa eh. Prima mi dici che vorresti provare ad avere una relazione e poi con la prima che passa fai il cascamorto. Scusa ma... non mi va bene così>> sputai in faccia quello che mi rimescolava nello stomaco.
<<Fai la gelosa?>> chiese cambiando discorso. Cosa che mi fece a dir poco innervosire.
<<Non sono gelosa, sono realista. E a questo punto, io ci ho provato ma non riesco. Non sei coerente e mi fa andare in bestia ciò >> continuai impetuosa.
<<No, dai... scusami>> chiese perdono mentre cercavo la strada per tornare dalla sala da ballo.
<<Ti perdono, ma ciò non vuol dire che tu potrai riprovarci. Sono stanca di dare seconde possibilità, hai sprecato la tua. Adios, tornatene da Tiana, contessa di Cincillà.>> lo sentii soffocare una risata anche se io non avevo nulla da ridere.

L'immagine di Julian mi passò nella mente, lui era l'esempio plateale delle altre possibilità.
Scossi la testa e continuai a camminare.
<<Grazie, anche se tanto ti conquisterò>> esclamò entusiasta.
Lo guardai negli occhi e risposi.
<<Se ti rende felice crederlo...>> e andai avanti.

<<Non ci rinuncerò così facilmente, credimi. Comunque ti spiego la serata visto che ti facevi solo gli emeriti fatti tuoi: ti ho portato la maschera, dovrai indossarla per i balli. Le donne si dovranno mettere in fila rivolte verso il muro e il loro partner si posizionerà dietro di loro. Quando inizierà la musica le damigelle potranno voltarsi e scoprire il proprio cavaliere. >> mi spiegò compiaciuto.
<<Romantica la cosa>> ammisi un filo disgustata. Mi poteva capitare chiunque...

Entrammo nella stanza insieme agli ultimi ritardatari, le candele rendevano l'atmosfera delicata e romantica. Afferrai la maschera nera e la indossai nascondendo il laccio sotto i capelli. Era volato il tempo...

<<Sei meravigliosa >> Sentii Alessandro dietro di me.
Feci finta di non sentire.
Mi mischiai tra la folla cercando Ilaria ma non la trovai.
<<Attenzione prego>> era Alan al microfono.
Si fece silenzio.
<< Vorrei le donne ai due lati della stanza. Dovranno fissare il muro e non girare  assolutamente  lo  sguardo. >> annunciò.

Era anche contento di quella scemata? Mi chiesi dubbiosa. La gente ricca si divertiva veramente con quelle sciocchezze?
Mi avvicinai al muro e aspettai che Alan desse il via.
<<Ora uomini, scegliete, con calma, la vostra donna.  Vi concedo due minuti>> quasi urlò dal mini palco dove si trovava anche l'orchestra.

Come sottofondo c'era una musichetta soft che mi fece battere il piede a ritmo. Mi piaceva molto la musica classica in generale.
<<Bene, ora che inizi il divertimento. Che le damigelle si voltino>> ordinò Alan.

Un brivido mi percorse la spina dorsale. Mi girai con gli occhi chiusi avendo timore di chi mi potessi trovare davanti.

<<Sei bellissima.>> una voce che avrei potuto riconoscere a miglia e miglia di distanza.
Aprii gli occhi di scatto, avevo la testa rivolta verso il basso.
Notai prima le scarpe lucidate, i pantaloni a sigaretta, la giacca elegante con una camicia nera.

Spostai tentennando lo sguardo verso l'alto.
Incontrai un viso familiare, la pelle bianca, i capelli pece, i lineamenti decisi.
I miei occhi si inchiodarono ai due iceberg davanti a me.
<<Da quanto tempo...>> sussurrò mentre mi accarezzava la guancia e la musica partiva.

SOFIA

Ero curiosa di sapere chi ci fosse dietro di me.
La serata era passata tranquillamente, Dario era un ragazzo carino e brillante.
Ma non era alla sua altezza, sapevo che se avessi continuato a fare paragoni non sarei arrivata da nessuna parte ma era più forte di me. Lui era una costante ed era impossibile da scambiare con un clone o una copia.

Nessuno riusciva ad interessarmi come faceva lui o a tenermi attenta. Lui sapeva cogliere la mia attenzione, sempre e comunque, per qualsiasi questione.
Mi girai e non fui sorpresa di ritrovarmi davanti a due occhi azzurri e a una zazzera di capelli platino. 

<<Dario >> lo salutai con un inchino
<<Sofia>> mi rispose inchinandosi anche lui.
<<Mi concedi questo ballo?>> chiese prendendomi la mano.
<<Con piacere>> risposi non altrettanto convinta.
Le note volavano nella stanza come farfalle, i miei piedi sembravano comandati da una forza superiore e il vestito argenteo svolazzava da una parte all'altra.

Le note della prima ballata cessarono.
<<Volevo dirti una cosa...>> iniziò lui.
<<Dimmi pure>> risposi tra lo speranzosa e terrorizzata.
<<Io credo che...>> non riuscì a terminare la frase perché una figura si interpose tra di noi.
Lo riconobbi all'istante.
<<Fabio?>> chiesi non capendo cosa stesse succedendo. 
<<Scusa Dario, mi lasceresti  questa bellissima  ragazza  per qualche ballo?>>
L'altro ragazzo, troppo gentilmente rispose <<Oh, certo, fai pure.>> e si avviò caracollante verso la sorella rimasta sola in mezzo alla pista.

<<Cosa ti prende?>> chiesi rabbiosa.
<<Mi prende che dobbiamo parlare>> rispose schietto.
Era perfetto quella sera, i riccioli bruni sembravano scolpiti mentre incorniciavano un viso dai lineamenti angelici e marcati allo stesso tempo.  Quella sera gli occhi erano di un verde splendente mischiato a un marrone lucente.
Un mix perfetto.
La gola mi divenne secca all'istante e le mani iniziarono a sudare.
<<Parliamo allora >> dissi facendo la finta infastidita.

Mi prese per i fianchi e iniziammo a ballare seguendo il ritmo lento e melodioso del violino.
<<Volevo scusarmi con te per la cattiveria con cui ho detto certe cose. Non dovevo rivolgermi a te così, ho sbagliato me ne rendo conto. >> ammise abbassando lo sguardo.
Tremavo, sapevo che in realtà non era solo colpa sua.
<<No, dispiace a me. Sono stata una stupida egoista, ho guardato solo per me stessa. Ho pensato solo a quello che poteva succede al posto di quello che era successo veramente.  E quello che mi era rimasta non era nient'altro che la vita. Ma non riuscivo a vedere oltre che alla morte scampata. >> ripresi fiato cercando di trattenere le lacrime.

<<Ho sbagliato, perché non ho pensato di lasciarmi aiutare. Ho deciso di chiudermi in me stessa, di lasciare fuori gli altri e anche te... complicando solo le cose. >>
Un lacrima solitaria mi scese lungo la guancia, era colpa mia.
Lo sapevo.
<<È colpa mia, ho rovinato tutto per una stupidaggine che a me sembrava così insormontabile. Ho rischiato di distruggere il nostro rapporto perché sono troppo orgogliosa e non ho voluto ammettere le mie colpe. >>
Lui mi guardava con uno sguardo strano, uno sguardo che sapeva regalarmi solo lui.
Amore, forse?
Forse era lo sguardo che vedevo negli occhi di Ewan?
Forse era lo sguardo che avevo tanto atteso ma che ero stata tanto cieca da non vedere?

<<Non è colpa tua. >> disse semplicemente Fabio.
<<Sono io l'egoista. Non vorrei farti soffrire, ma sembra che sia bravo solo in questo. >> gli scappò una risata frustrata.
<<Vorrei lasciati andare, so che con me non faresti altro che soffrire, ma sono così egoista e così meschino che non riesco a lasciarti andare.
Perché il mio cuore, la mia mente, il mio corpo ti reclamano. Io non faccio altro che pensarti e vorrei essere sempre al tuo fianco, proteggerti dal male e abbracciarti se dovessi mai piangere. >>
mi accarezzò il viso asciugando le lacrime.
<<Vorrei essere il tuo sorriso, il tuo cuscino, il tuo scudo.  Vorrei farti sentire a casa sempre. Ma non riesco, anzi il sorriso che vorrei procurarti lo faccio sparire, il cuscino lo faccio riempire di lacrime e al posto dello scudo divento la lama che ti taglia. >>
Fece un sospiro pesante e a quel punto gli strinsi la mano fortemente.

<<So che sbaglio a non dimostrarti spesso il mio amore. Mi dispiace di non darti un amore passionale come quello di Ewan o dolce come quello di Karl, ma sappi che qua>> mi prese la mano e me la fece appoggiare al petto, dove palpitare il cuore. 
<<Ci sei solo tu. Pensavo di avere un cuore di pietra, ma non ho mai sentito una pietra tuonare così forte. >>
Si avvicinò al mio orecchio mentre i nostri corpi sembravano fondersi l'uno con l'altro.
<<Io ti amo, Sofia. E voglio salvarti dal male perché ti meriti la felicità e sono tanto egoista da sperare che tu possa trovarla con me.>> mi disse guardandomi negli occhi.

Tremavo dall'emozione, avevo aspettato tanto quelle parole. Avevo immaginato quel momento e ora che era arrivato mi sembrava un sogno.
<<O mio principe>> risposi.
<<Salvami, perché nessuno mi salva nel modo in cui mi salvi tu.>> sussurrai sorridendo.
Ci fu un attimo di silenzio, ma non un silenzio vuoto, anzi, carico di emozioni, sensazioni, parole non dette.
<<Ti ho fatto sorridere>> sussurrò dopo un pò. Una frase ingenua e pura che nascondeva un mondo dietro.
<<Tu mi fai sempre sorridere. >> risposi convinta.
Lui tossicchiò e mi prese entrambe le mani. Mi fissò negli occhi e prese fiato .
<<Sofia Schaflen, ho capito che senza di te il mio mondo è incolore, non ha un senso. Voglio salvarti dai tuoi incubi. Vuoi essere, ufficialmente, la mia ragazza?>>
Non risposi, posai solo le mie labbra sulle sue mentre tutto ciò che era intorno a noi svaniva.
<<Sì, sono tua>>

#angoloautrice: ciao a tutti! Vi ho promesso il capitolo, eccolo qua! A un'ora indecente, lo so e mi scuso, ma non ho avuto tempo prima. (Mi merito un applauso ahah, scherzo)
Come vi è sembrato il capitolo? Finalmente Fabio si è deciso a fare il primo passo. Si torna più forti di prima!!!
Avrà ragione Chloe? Starà per succedere qualcosa di strano? C'entrano qualcosa gli occhi grigi? E Marta? Era veramente  lei? E Julian cosa ci faceva al ballo?
Per rispondere a queste domande continuate a seguirmi! Tanti commenti e stelline! Al prossimo capitoloo  <3

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