IL TEMPIO DI KHATAI
SOFIA
Sentivo qualcosa che mi sfiorava leggero la guancia. Aprii gli occhi piano piano, le palpebre sembravano incollate una all'altra.
Una piuma bianca si era posata sul mio viso facendomi starnutire.
Mi sentivo molla e con gli arti ancora addormentati. Come se fossi svenuta e mi fossi svegliata dopo troppo tempo.
A causa del mio starnuto rumoroso, non riuscivo a contenerli e ogni volta mi paragonavo a un elefante raffreddato, anche gli altri si svegliarono.
<<Sofia, che ore sono?>> biascicò Fabio mettendosi a sedere e massaggiandosi il viso.
Non avevamo sentito la sveglia? Come era possibile?
<<Non lo so.>> risposi mentre anche Lidja e Ewan mi regalavano sguardi assassini per averli svegliati così di soprassalto.
Mi avvicinai alla finestra con le mani sui fianchi per reggermi, non capivo ancora come potessi essere così irrigidita.
Il sole emetteva una luce grigia e flebile, tipica del periodo invernale. Peccato che fosse maggio e il cielo fosse limpidissimo, ma erano solamente dettagli.
All'orizzonte da me visibile, riuscii a scorgere una sagoma flebile.
Era un cerchio bianco latte che si stagliava sulla linea curva delle montagne del posto.
<<La luna... che giorno è oggi?>> chiesi ad alta voce.
<<Non lo so, la sveglia non è suonata, anzi è proprio sparita. Mi sento rimbambita...>> disse Lidja alzandosi e prendendo lo zaino. La seguirono anche gli altri.
<<Voi andate, io andrò a chiedere. C'è qualcosa che mi puzza... >> annunciai uscendo dalla stanza mentre loro ancora assonnati scivolavano silenziosi dalla finestra.
Scesi le scale velocemente. Il legno sotto i miei piedi scricchiolava, nessuno per i corridoi, sembrava deserto.
Arrivai al piano terra, all'ingresso dell'hotel.
<<Buongiorno!>> esclamai vedendo il signore educato e gentile che mi aveva ospitato ma di cui non conoscevo il nome.
<<Buongiorno a te, vuoi fare un pò di colazione? >> chiese sistemandosi gli occhiali sul naso aquilino.
<<No, grazie mille. Ho fretta di andare. Avrei bisogno di qualche informazione>> iniziai.
Il signore mi fece un segno allungando la mano verso di me come per invitarmi a proseguire.
<<Sai dirmi che giorno della settimana è? E che ore sono? magari? Perché non ho con me un orologio...>>
Lui mi fissò negli occhi. Sobbalzai notando le striature nere che stavano inglobando il grigiore chiaro dei suoi occhi.
<<Thuban, cadi sempre negli stessi tranelli.>> una voce gutturale, profonda e prorompente fuoriuscì dalle sue labbra che si stavano assottigliando. I denti si allungavano mentre la pelle si scuriva trasformandosi in squame. Sembrava una mezza lucertola e un mezzo umano. Uno schifo.
<<Cosa sei?>> sussurrai cercando di camminare all'indietro ma caddi a causa del tappeto.
Lui fu subito su di me.
<<Non hai notato la luna piena all'orizzonte? Oggi è venerdì. Il male trionferà, finalmente, e vi annienterà uno alla volta. Avete dormito per ben un giorno e mezzo. Vi basta ora il tempo? Credo proprio di no...>> aprì le fauci e fece per modermi la spalla.
Ma i miei riflessi da draconiana furono più veloci. Il neo sulla mia fronte esplose in un tripudio di luce. Le unghie si allungarono in artigli così come i denti.
Partì una liana dal pavimento, rompendolo, che imprigionò l'essere deforme.
Non ci volle molto, era vecchio d'altronde. Feci crescere molte altre liane racchiudendolo in un bozzolo di linfa.
Mi ero fidata e per l'ennesima volta avevo sbagliato. Ciò che mi sembrava amico si era rivelato uno dei peggiori nemici.
Come me, Thuban, si era fidato del buono che pensava Nidhoggr portasse nel petto. Ma non aveva ancora capito che non ce n'era più, che non tutti gli essere viventi avevano della luce nell'animo.
Alcune volte il male può sopraffare il bene e avevo il terrore che potesse succedere anche con noi.
LIDJA
Vidi Sofia correre affannosamente fuori dall'hotel.
<<Era un viverniano! >> urlava.
<<Sofia, cosa vai dicendo? Calmati!>> cercò di riportarla alla realtà Fabio.
<<Era un viverniano. Ci ha fatti addormentare, oggi è venerdì. È il Giorno prescelto da Nidhoggr. Dobbiamo sbrigarci!>> spiegò il più velocemente possibile.
Ci vollero dieci minuti di corsa sfrenata. Tutti sudati raggiungemmo la casetta in legno dove si vendevano i biglietti per le grotte.
<<Quattro, grazie>> chiesi rispondendo alla sua precedente domanda. <<Quanti?>>
La cicca che masticava rumorosamente mi innervosiva più di quanto già non fossi.
Mi tremavano le gambe per lo sforzo che avevo compiuto salendo di corsa la salita ghiaiosa per arrivare a quelle grotte.
Non sapevamo neppure come fossero fatte, dove saremmo dovuti andare, se fosse vero che il tempio fosse lì.
<<Il gruppo è partito pochi minuti fa, andate a vedere se riuscite a raggiungerli, in caso contrario tornate qua e aspettate il prossimo tour. Tra quattro ore.>> ci spiegò la masticatrice.
<<Quattro ore!?>> esclamai alzando le sopracciglia. Lei accennò un sì con la testa.
Iniziammo a correre, perché non ci bastava il salitone di prima... noo, dovevo proprio distruggere le mie gambe. Un ascensore? O una scala mobile? Mai pensato?
Arrivammo all'entrata, ci ritrovammo davanti a un cancello in ferrata chiuso. Il gruppo era già partito, andato e disperso tra le cavità oscure delle grotte. Un venticello fresco sprirava da nord e mi provocò un brivido che mi percorse l'intera schiena.
<<Sono andati... ma non possiamo aspettare così tanto!>> urlò frustrato Ewan calciando un sassolino a terra.
<<Tutti calmi, siamo o non siamo draconiani? >> chiese Sofia spalancano le braccia con faccia da "è ovvio, non capite?"
No, scusa ma non recepisco. Avrei voluto risponderle ma mi trattenni.
<<Non è il caso di seguire le regole, dobbiamo portare a termine una missione. E ce la faremo prima che la luna incontri il sole. >> disse la rossa convinta.
<<Sono con te, possiamo farcela!>> esclamò Fabio prendendo un bastone. Strappò un pezzo di maglia arrotolandola in un estremità del bacco di legno.
Ci avvicinò la mano e questo prese fuoco.
<<Una torcia ci vuole, ora tocca a te>> disse lasciando un bacio affettuoso sulla guancia di Sofia che divenne immediatamente rossa come i suoi capelli.
Non smettevano mai di stupirmi quei due. Erano così dolci ma così complicati allo stesso tempo.
Si scontravano ma allo stesso tempo si equilibravano, dove non arrivava uno arrivava l'altro.
Il giorno e la notte che mischiati formavano l'alba e il tramonto. Malinconici, caldi e romantici. Ecco come li vedevo.
In contrasto ma pronti a sorreggersi l'uno con l'altra.
All'inizio ero scettica, non volevo che Sofia stesse con Fabio, anche perché inizialmente mi stava altamente antipatico.
Ma mi era bastato vedere il suo sguardo che quando si posava su di lei smetteva per un attimo di essere solamente gelido, per farmi cambiare idea.
Lui era perfetto per lei come lei lo era per lui. Erano complementari, inseparabili.
Sofia si avvicinò alla serratura con l'indice proteso in avanti.
Spuntò un rametto verde che si insinuò nella serratura sbloccandola.
Entrammo.
La luce della torcia di Fabio rischiarava l'ambiente facendomi assistere a uno spettacolo sia intrigante che inquietante.
Gli spazi chiusi mi avevano da sempre spaventata.
Tutto era in calcare, lo scroscio dell'acqua spezzava il silenzio assoluto nell'ambiente, le stalagmiti e le stalattiti riempivano lo spazio attorno a noi creando vicoletti e punti oscuri, queste sorreggevano il soffitto marroncino che sembrava a volte.
Non sapevo se esserne incantata o spaventata, d'altronde eravamo nella terra. Nel cuore della terra.
Avanzammo insieme, come una legione romana.
Svoltammo a destra essendo sicuri che non ci fosse nessuno.
Ci ritrovammo davanti a un laghetto che rifletteva la luce della torcia, era limpidissimo nonostante il buio della grotta. Una cascatella fuoriusciva da una crepa nel muro creatasi non sapevo per quale motivo.
Quando l'acqua della cascata entrava in contatto con quella del lago creava un rumore secco che mi faceva venire i brividi per quanto fosse perfetto e regolare. Creava increspature sulla superficie cristallina gettandosi verso il fondo di questo, dove la luce non arrivava.
Andammo avanti ma notai che Ewan invece era rimasto dal lago. Si avvicinò e guardò sotto di sé.
EWAN
Qualcosa mi diceva, come fosse un sussurro del vento, che quel laghetto era lì per un motivo.
Mi avvicinai e mi piegai in avanti per vedere meglio.
Però non si riflettè la mia figura, mi ritrovai davanti il viso di Adele.
Era bianca e scavata, gli occhi spalancati e spenti, le labbra disidratate e i capelli flosci. Lasciata allo sbando.
Avvicinai una mano all'acqua e capii.
Come un fiume di pensieri che mi inondò improvvisamente la mente.
<<Cosa stai facendo?>> chiese Fabio mentre mi vedeva nascondere lo zaino dietro a una colonna levandomi la felpa.
<<Non è nella grotta. Questa è solo una stazione di lancio, un trampolino o come lo vuoi chiamare. >> cercai di spiegare io mentre l'adrenalina iniziava a scorrermi nelle vene.
<<Quindi?>> mi chiese Sofia seguendo il mio esempio.
<<È sotto il lago, dobbiamo tuffarci.>> dissi mettendomi sul bordo.
<<Vado prima io>> mi tuffai, senza aspettare risposte.
L'acqua gelida mi investii il viso e ghiacciò il corpo. Nonostante ciò continuai a nuotare verso il fondo. Ci fu un momento in cui le orecchie mi facevano davvero male, pensavo che mi sarebbero scoppiate.
Invece poi la pressione diminuì, ma io continuavo a scendere andando nella stessa direzione.
Vidi la luce mentre i polmoni mi bruciavano nel petto. Con due ultime bracciate riuscii a raggiungere la sponda del laghetto dall'altra parte.
Spuntarono le altre tre teste dalla superficie della laghetto che era diventato più blu e freddo.
<<Ce l'abbiamo fatta!>> esclamò Lidja contenta uscendo dall'acqua e levandosi i residui di linfa che Sofia aveva creato apposta per respirare sott'acqua.
Dovetti aspettare qualche secondo per riprendere fiato prima di uscire e seguire i miei compagni.
Ci eravamo trovati in cima al cucuzzolo di una montagna mai vista. Sotto di noi distese e distese di cime più basse, valli, fiumi, prati estesi... sembrava quasi di poter osservare il mondo. Di essere in cima a tutto e a tutti.
Un vento freddo soffiava lateralmente alla direzione in cui ci stavamo muovendo.
I capelli mi si scompigliavano seguendo il dolce ballo dei fili di erba bagnata su cui camminavamo.
Nessuno disse niente per evitare di rovinare la pace creatasi.
Mi sembrava di sentirmi completo, di essere a casa. Ero a casa.
<<Ragazzi>> disse Sofia guardandosi attorno aprendo le braccia <<Questa è Draconia!>> urlò sovrastando il vento.
Come era possibile?
<<Esatto, ora seguitemi. >> disse una voce.
Una ragazza era apparsa proprio di fianco a noi senza che ce ne accorgessimo. Era vestita con una tunica bianca che le fasciava il corpo magro dalla pelle quasi trasparente.
Le labbra rosse, gli occhi neri e i capelli pece risaltavano su quelle tonalità così chiare.
Non ce lo facemmo ripetere due volte. La seguimmo su per una salita fino ad arrivare al culmine del monte, quello che non riuscivamo a scorgere dal lago.
Ci ritrovammo davanti a un tempio enorme.
Era in stile greco antico: in marmo bianco, le colonne ioniche sorreggevano un timpano decorato con varie scritte in latino che da sotto non riuscivo a leggere, la cornice rappresentava scene di battaglia, probabilmente quella delle viverne contro i draghi.
Mi prese un senso di angoscia, ero intimorito dalla maestosità e severità di quel luogo.
Entrammo nel pronao aprendo le enormi porte in mogano scuro messe in risalto dal candore del marmo.
Ci ritrovammo in un luogo poco illuminato, con panche, candele, colonne, statue, quadri... una specie di chiesa.
Le statue e i quadri rappresentavano miti e guerre.
Ci ritrovammo in fondo alla stanza, davanti alla statua più grande tra tutte. Rappresentava un drago maestoso, scuro, maligno.
Un mix tra drago e viverna.
Dedussi fosse Khatai. Questo abbassava il muso per essere accarezzato da una ragazza, i capelli mossi da un vento immaginario, una tunica scura come la pelle del suo drago e i lineamenti del viso inevitabilmente uguali a quelli di Adele.
Si radunarono intorno a noi varie ragazze vestite come la prima che ci aveva accompagnato al tempio ma con diversi colori di capelli, occhi e pelle.
Iniziarono a cantare in una lingua a me sconosciuta e involontariamente io e gli altri ci schiacciammo al centro del cerchio sperando di difenderci a vicenda in caso di pericolo.
<<State tranquilli>> una voce altera si levò dal fondo della stanza. Le ragazze smisero di cantare e aprirono una breccia nel cerchio di corpi in corrispondenza della statua. Ne arrivò una donna anziana, avrà avuto circa ottant'anni. Era bassa, capelli grigi e occhi neri come la pece, la pelle raggrinzita ma la schiena ritta con portamento e voce fieri.
<<Non abbiate paura, le sacerdotesse del tempio vi stavano solo dando il benvenuto.>> iniziò lei.
<<Io sono Reyna, prima sacerdotessa di Khatai e consigliera di sua madre.>> si presentò inchinandosi
<<Noi siamo i discendenti di Thuban, Rastaban, Eltanin e Kuma.>> ci presentò Sofia indicandoci.
<<Oh, lo so benissimo. Vi stavo aspettando da tanto tempo ormai. Ho molte cose da raccontarvi e penso sia meglio farlo il prima possibile e il più velocemente possibile. >> disse lei avvicinandosi a noi, ci schierammo uno di fianco all'altro in modo da ascoltare tutti bene.
<<Siamo pronti>> la incoraggiò Fabio spazientito.
<< Dovete sapere tutta la storia, quindi partirò dal principio. C'era una draghessa, si chiamava Nyx. Era di buon cuore, sempre pronta ad aiutare tutti, di un'intelligenza immensa. Unica donna a combattere in battaglia, unica donna a parlare nei consigli, unica in tutto. Era speciale.
Ma non riusciva a fare una cosa, ad amare. Non riusciva ad aprire il suo cuore a nessuno.
Ma un giorno arrivo Nidhoggr, si innamorò perdutamente e anche quando passò dalla parte del male lei decise di seguirlo. Anche lui era innamorato di lei e anche molto, ma dopo la sua scelta dovette rimanere da sola. Non poteva stare da nessuno dei due fronti.
Nonostante ciò ebbero un figlio, Khatai. Primo ibrido tra le due specie dominanti.
Mezzo viverna, mezzo drago. Era splendido e potente, troppo potente.
Nidhoggr lo voleva al suo fianco ma il suo cuore era troppo buono. Intelligente come la madre, fiero e bello come il padre. Non decise mai da che parte stare, ma niente può rimanere incompiuto. Niente può non avere una fine. È per questo che Nidhoggr è tornato, ha riscoperto in suo figlio la possibilità di vincere la guerra. Khatai e Adele sono l'ago della bilancia. L'eclissi serve per far rivivere Nidhoggr in forma umana. Solo il sangue di suo figlio può liberarlo dal limbo. Adele è obbligata, deve scegliere e la sua scelta cambierà il destino dell'umanità. È minacciata, il suo cuore è tanto ferito che può essere facilmente manovrata, dovete correre in suo soccorso e far risvegliare il drago che alberga dentro di lei entro due ore.
Tra due ore esatte la luna si troverà davanti al sole e basterà una sola goccia di sangue di Adele per risvegliare la viverna. >> spiegò Reyna
Ero rimasto a bocca aperta ad ascoltarla, la sapevo già ma riascoltare da un'altra voce era comunque fantastico.
Lidja mi diede un colpetto per riportarmi alla realtà.
<<Come faremo? >> chiese lei non capendo.
<<Le basterà toccare questi coltelli. Sono le sue armi, risveglieranno in lei Khatai che sta cercando di fuoriuscire. Si risveglieranno anche i vostri draghi, mossi dalla sua potenza. Dovete sbrigarvi, la luna non può essere fermata. Tenete queste biglie, lanciatele sulla superficie del lago facendole rompere e immaginate il posto dove vorrete andare. Tuffandovici arriverete là >> ci spiegò seguendoci fino all'uscita.
<<Come un portale.>> esclamò Sofia
<<Esatto, ora vi ho fatto perdere troppo tempo. Andate e salvate il mondo! La benedizione di Nyx è con voi!>> urlò mentre noi correvamo lungo i prati bagnati smossi dal vento impetuoso. Come sottofondo il canto delle sacerdotesse.
Arrivammo al lago, pensai intensamente al lago della villa e prima di saltare un fulmine squarciò il cielo limpido.
JULIAN
Erano le tre di notte. La luce soffusa della luna entrava dalle finestre enormi della sala della musica.
Era gigantesca: il pavimento in parquet, i finestroni, la terrazza in marmo, gli arazzi rossi, le volte profonde e austere. Il piano su cui ero seduto, davanti al pianoforte, era rialzato.
I tasti bianchi luccicavano sotto i raggi lunari.
La mia mano scivolava leggera sui tasti creando un'atmosfera deprimente e triste. Proprio quello che volevo esprimere.
Per la prima volta la mia fedeltà verso il mio padrone era vacillata, non era più l'unica cosa che contasse nella mia vita.
Avevo perso l'amore di genitori, di amici, di parenti... ma l'avevo ritrovato.
Avevo ritrovato un motivo per sorridere alla mattina, per continuare a lottare, per creare melodie più dolci e romantiche.
Avevo trovato qualcuno che non vedesse in me soltanto il male e l'ombra, ma anche il buono recondito.
La melodia terminò con note lunghe e basse.
Nessuno si meritava di soffrire, ognuno si meritava il meglio.
Mi ero autoinflitto la prima e di conseguenza negato la seconda.
Un rumore, anzi, un fruscio mi fece sobbalzare. Qualcuno era nella stanza. Il mio sguardo si muoveva in circolo aspettando di soffermarsi sull'origine di quel rumore inatteso.
Nessuno mi aveva mai disturbato, anche perché la sala della musica era sempre stata lontanissima dalle camere da letto.
Mi soffermai su una sporgenza nel muro. Era al buio ma riconobbi la sua presenza. Il cuore martellava nel petto quasi come succedeva mentre mamma mi accarezzava la guancia.
<<Perché è così triste? >> chiese facendo due passi avanti.
La luna rischiarò la sua figura bellissima ai miei occhi.
La camicia da notte nera metteva in risalto la pelle bianca. Due occhiaie scure circondavano i suoi occhi verdi. Le labbra rosse tremavano, non sapevo per cosa.
<<Perché rispecchia la vita.>> risposi scendendo dal rialzo in legno. Eravamo a pochi metri di distanza, uno davanti all'altra.
Troppe domande ma nessuno che avesse il coraggio di rompere il nostro gioco di sguardi.
<<Non per tutti la vita è triste>> rispose
<<Per noi sì>> continuai. Lei annuì soltanto.
Solo il vento frusciante rompeva il silenzio creatosi.
<<Come mai sei qui?>> chiesi. Non mi rispose subito, prese un pò di tempo.
<<Gli incubi mi perseguitano e sono agitata. Non riesco a dormire.>> mi spiegò
<<Anch'io>>
<<Ansioso? Per cosa? >>
<<Per domani>>
<<Già, domani>> mosse il capo e fece per voltarsi e andarsene.
<<Che c'è?>> chiesi avvicinandomi e prendendole il braccio facendola girare.
<<Se non sei agitato per me non dirlo. Non me ne faccio nulla delle tue bugie !>> esclamò spostandosi via da me.
<<Mi hai sempre mentito, su tutto!>> urlò, tanto nessuno l'avrebbe sentita. Le mani le tremavano, tipico di quando era arrabbiata.
<<Io non so chi tu sia. Tutte le parole dolci che mi hai detto, tutte le carezze, i sorrisi, i ti amo... niente è mai stato vero. I tuoi sentimenti non lo sono mai stati! E tu mi hai illusa distruggendo tutto quello che con forza mi ero ricostruita!>> urlò iniziando a tirarmi pugni contro il petto.
<<Sei un mostro! Un mostro! Mi fidavo di te!>> continuava a ripetere.
Mi sanguinava il naso ma non mi mossi di un centimetro.
Lei si fermò guardandomi negli occhi tristi.
<<Io ero innamorata di te, avevi fatto battere il mio cuore. Ma lo hai solo usato, non ci sei mai stato veramente...>>
Camminò ondeggiante all'indietro. Non sembrava sentirsi troppo bene.
<<Dì qualcosa>> mi implorò dopo il mio silenzio cocciuto.
Non sapevo cosa dire, volevo solo abbracciarla.
Baciarla.
Dirle che l'amavo.
Che doveva combattere per quello che era.
Ma non ce la feci.
Avevo troppa paura dell'effetto che mi faceva.
L'amore distruggeva.
L'amore rendeva deboli e bersagli facili per il male intorno a te.
Questo era quello che mi avevano sempre insegnato. Ma lei era diversa, ciò che provavo era diverso. Non poteva essere male la luce che sgorgava dai suoi occhi meravigliosi. Non poteva essere male il mio palpitante cuore. Non poteva essere male il sorriso che mi era appena affiorito alle labbra.
<<Ho capito, avevo ragione...>>
mi lanciò un'ultima occhiata e si volse verso l'uscio.
Mente o cuore? Mente o cuore?
Di solito aveva sempre vinto la mente, la logica, il ragionamento freddo. Ma il cuore sembrava essersi svegliato dal suo letargo.
Mi girai di scatto mentre afferrava la maniglia della porta.
<<Quando si ama al massimo
delle nostre forze ,spesso
si rovina cio' che amiamo.
La parole contengono falsita'
e artifizi; E' nello sguardo
il linguaggio del cuore
evitate di esprimere giudizi,
poiche' tutti siamo peccatori
E cos'altro puo' essere l'amore se non una
segreta pazzia, una opprimente amarezza
e una benefica dolcezza.
se l'amore ti si dimostra acerbo, mostrati tu acerbo con l'amore, pungi amore per averti punto,e riuscirai cosi' a domarlo.>>
Le mie labbra funzionavano da sole mosse da una forza interna a me sconosciuta.
Sapevo che conoscesse questa poesia.
<<Ho sbagliato tanto, troppo. All'inizio era una missione ma ho capito che non era un semplice dovere stare con te. Il mio cuore lo richiedeva, pezzo di me che pensavo smarrito chissà dove. Hai riacceso in me la fiamma della vita ma ho permesso che iniziasse a bruciare anche te. Perdonami e credi alle parole, alle carezze, ai ti amo che ti ho dedicato perché sono ciò che di più intimo e bello possiedo. Rimani con me e amami come io amo te. Come Romeo ama Giulietta, anche contro la morte e il male più assoluto. Io starò accanto a te sia che tu adesso accetti la mia proposta o tu non lo faccia.>>
Rimase in silenzio, tremante davanti alla porta.
Feci qualche passo verso di lei ma quando il suo viso si girò mi pietrificatai.
Come faceva un viso a rendermi così inebetito? Pensavo di essere immune alle donne, ma evidentemente non a quella Donna, la mia donna.
Ci avvicinammo. Uno a pochi centimetri dall'altro.
<<Non mi stai illudendo? Non stai mentendo? Ora?>> mi chiese con gli occhi lucidi e mordendosi il labbro.
<<Anche un uomo innamorato è facile da controllare. Nelle tue mani si trova ciò che resta del mio cuore, vedi cosa farne.>>
Le sorrisi e non potè non ricambiare. Avevo aspettato da ormai troppo tempo quel momento.
Il sole era ormai già sorto, bisognava cominciare i preparativi del rito. Ma non mi importava, non mi importava più nulla se non della ragazza davanti a me.
<<Non dovresti dare a nessuno il tuo cuore>> mi sussurrò abbassando il viso sulle sue mani.
<< A te sì >>
<<Come fai a sapere che non lo distruggerò? Proprio come hai fatto tu con il mio?>>
<<Ne varrebbe la pena. >>
La sua mano mi accarezzò il volto. L'immagine di mia madre si sovrappose alla sua per un attimo, rimasi spiazzato. Nessuno mi toccava mai con tanta dolcezza.
<<Siamo destinati a naufragare nella nostra tempesta, caro Julian.>>
Detto questo spostò la sua mano soffice dal mio viso e si diresse all'esterno della stanza.
Rimasi bloccato al centro della stanza, divorato dai miei stessi demoni che si facevano sempre più affamati.
#angoloautrice: ciao a tutti!! Mi scuso già per aver saltato la pubblicazione del capitolo questa settimana ma non sono riuscita, SCUSATEMIII!!! Allora ho deciso di fare un capitolo decisamente più lungo e di postare anche a metà settimana (mercoledì/giovedì) va bene? Mi dispiace dirlo ma siamo quasi alla fine di questa storia che ormai fa parte di me. Siete contenti? Vi è piaciuta questa parte? Ci sono così tante domande a cui dare una risposta. Pronti a scoprire la fine? Continuate a seguirmi per scoprirlo!!! Commenti e stelline <3
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