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DISTRUZIONE

PROF

Mi misi la giacca sopra la camicia bianca, legai la cravatta rossa al collo e misi le scarpe eleganti leggermente coperte dai lunghi pantaloni neri.
Uscii dalla porta della villa. Ero sicuro, ero consapevole che i ragazzi fossero in grado di gestirsi e poi ci sarebbe stato Thomas a controllarli.

Mi avvicinai alla mia cara e vecchia macchina. Era una di quelle vecchio stile, con il volante enorme, con i sedili bassi e in pelle e all'esterno era nera con le rifiniture oro.
Ero fiero del mio gioiellino.
Sorrisi e mentre mi sistemavo la giacca mi sedetti sul sedile del guidatore.
Non sapevo cosa mi avrebbe aspettato.
Era successo tutto così in fretta che forse neanche io avevo capito bene la situazione.
Lei non sapeva ancora nulla e probabilmente non l'avrebbe presa bene, quando sarebbe arrivato il momento di incontrarsi con Sofia e gli altri capirà che le avevamo mentito.

Sospirai mentre imboccavo la strada verso l'orfanotrofio.
Il mio orologio segnava le tre in punto.
Mi fermai a prendere un caffè in un bar perché avevo ancora tempo. Ewan mi aveva detto che a quell'ora aveva il corso.
L'altra sera mi aveva lasciato una certa suspense che non mi aveva lasciato dormire tranquillamente, anche perché non ero più riuscito a ricontattarlo.

Dopo circa una mezz'ora buona mi ritrovai davanti al grande edificio, erano passate ormai tre settimane e mezzo da quando avevo portato Ewan.
Lui mi sembrava tranquillo, ma avevo bisogno di vederlo prima di convincermi di ciò.

Entrai spingendo la pesante porta di legno.
<<Salve signor Schlafen >> mi accolse la dirigente porgendomi la mano. La strinsi con vigore mentre mi sistemavo gli occhiali sul naso.
<<Buongiorno signora Gerardi>> sorrisi.
<<Se mi segue nel mio ufficio faccio chiamare i ragazzi.>> mi disse lei mentre s'incamminava verso la rampa di scale. <<Grazie mille >> risposi.
<<Allora è deciso a prendere quei ragazzi? >> mi chiese mentre entravamo in una stanza enorme tappezzata di librerie e con enormi finestre, al centro una scrivania regale occupava gran parte dello spazio insieme a sedie di legno imbottite. Mi sedetti sopra una di esse mentre lei mi versava del the in una tazza.
<<Sono convinto della mia scelta. >> risposi sicuro.
<<Perfetto, allora li vado a chiamare, nel mentre lei può leggere questi documenti che, se vorrà, firmerà. Le suggerirei di conoscere prima i ragazzi e poi vedere se effettuare l'adozione. >> aprì un cassetto alla sua destra e mi porse i vari fogli da compilare. Poi uscì dalle porte dicendo <<Torno subito>>

EWAN

<<Guarda, per te, che sei molto bravo, ho stampato questa melodia. Spero ti piaccia, la dovresti studiare per la prossima settimana ma nelle lezioni di mezzo ti aiuterò un pò >> mi disse la mia prof-suora di musica.
<<Perfetto>> dissi anche se sapevo che non ci sarei rimasto per un'intera settimana.
Quel giorno sarebbe dovuto arrivare il prof e finalmente mi avrebbe portato via da lì.
Avrei rivisto Lidja e finalmente avrei fatto sogni tranquilli.

Nel preciso istante in cui Marco mi stava tirando uno schiaffo sul braccio, per scherzare, chiamandomi "cocco della prof" la porta si aprì e ne entrò la preside.
Ci alzammo in segno di rispetto ma lei subito ci disse di sederci.
<<Mi dispiace molto irrompere così nella sua lezione suor Eugenia, ma devo prelevare un suo allievo.>> disse la signora Gerardi.
<<Ma si figuri signora, chiami pure la persona di cui ha bisogno. >> rispose gentile suor Eugenia.
<<Ewan vieni con me, per cortesia.>> disse. Mi alzai mentre Marco mi guardava perplesso.
Feci finta di non sapere cosa mi aspettasse, ma in realtà lo sapevo benissimo.

<<Ci vediamo dopo amico >> lo salutai sottovoce.
Uscii nel corridoio, scesi una rampa di scale e mi ritrovai nel suo ufficio.
<<Eccoci, questo è il professore Schlafen. Lui è Ewan>>
Gli strinsi la mano e lo guardai come se fosse la prima volta in vita mia. Ma in realtà io stavo osservando colui che ormai era diventato mio padre.
<<Vado a chiamare l'altra ragazza così vi lascio il tempo di conoscervi un pochino.>> disse la signora Gerardi mentre usciva.

Appena sentii la porta sbattersi mi lanciai sul Prof.
Lo abbracciai forte.
<<Mi sei mancato anche tu, Ewan.>> mi disse lui accarezzandomi i capelli.
<<Finalmente, non ce la facevo più. >> dissi liberandomi di un peso, levandomi per un attimo la maschera che ero stato costretto ad indossare.
<<Dobbiamo parlare molto, ma ora mi devi dire quella cosa importante. Prima che arrivi Adele. >> mi disse il prof.
Sobbalzai.
<<L'altra sera non ne ero sicuro. Volevo esserne più certo, ma ho capito che non mi sbagliavo. >> sussurrai guardandomi intorno.
<<Cosa Ewan, cosa?>> mi scrollò lui dalle spalle.
<<Lei non ha...>>

ADELE

La lezione era cominciata da trenta minuti. La "prof-suora", nome inventato da Ewan e che avevo iniziato ad usare anch'io, ci aveva dato il compito di pitturare ciò che più desideravamo e bramavamo oppure ciò che ci rappresentava. Tutto ciò anche in modo astratto o sotto forma di metafora.
Ma, ovviamente, io non sapevo assolutamente cosa fare.
Tutte le volte che mi serviva quel guizzo, quel lampo, quel colpo di genio... la mia mente decideva di andare in letargo.
Mentre tutti stavano lì concentrati a lavorare sulla propria tela, io rimanevo in piedi davanti alla superficie bianca, a guardarla come un ebete.

Alcune volte mi giravo verso Julian che era intento a pitturare velocissimo, era molto concentrato e alcune volte mi lanciava sguardi fugaci mentre io mi giravo i pollici.

Ad un tratto, veloce come era scomparsa, l'ispirazione prese il sopravvento.

A cercare una cosa con pazienza prima o poi la si trova.

Presi la tempera nera e pitturai l'intera tela. Poi al centro disegnai una rosa bianca. Il gambo era mezzo divorato dalle tenebre ma la corolla sembrava luccicare. Continuava a vivere e ad essere magnifica nonostante il male attorno a essa.

<<Sembri proprio tu>> mi sussurrò una voce che riconobbi immediatamente. I peli si rizzarono e le mani iniziarono a tremare leggermente.
<<Non è vero>> sussurrai scansandomi.
<<Tu cosa hai disegnato?>> chiesi curiosa e cercando di sbirciare la sua tela.
<<Non guardare! È talmente bello che potrebbe accecarti!>> mi rispose spavaldo. Sbuffai sonoramente ma non potei nascondere una smorfia divertita.

<<Ora fatemi vedere i vostri lavori! Emma vuoi venire tu?>> disse la prof distraendoci dalla nostra conversazione.
Lei era una ragazza solitaria, non avevo avuto l'onore di conoscerla ma sapevo, perché l'avevo visto, che era molto brava a disegnare.
Infatti aveva pitturato un paesaggio collinare in stile Van Gogh.
<<È molto più bello il tuo.>> mi disse ammiccando Julian. 
In un attimo le mie guance si tinsero di rosso. Non sapevo neppure io perché reagissi così anche solo alla sua voce.

Mi girai verso di lui. <<La smetti?>> chiesi spazientita.
<<Che gusto ci sarebbe? Mi piace vederti così innervosita>> sorrise orgoglioso.
Una delusione subdola e viscida si fece spazio tra le mie costole fino a inglobare il mio cuore.
Mi ero illusa, per un solo istante, che potessi piacergli sul serio... ma lo faceva solo per gioco, per divertirsi e farsi beffe di me.
Scossi la testa e diressi il mio sguardo altrove. Dovevo finirla con quella storia.
Optai, decidendo di indossare la maschera e diventare apatica. L'unico modo per non stare male era essere crudeli e allontanarsi dalle altre persone, anche a costo di dire cose malvagie.

<<Faresti meglio a levarti di qua. Ho bisogno di non sentire puzza di merda almeno per qualche ora.>> dissi sibilando.
Lui si irrigidì un attimo poi spalancò i suoi occhi ghiaccio e li piantò nei miei mentre tornava dietro la sua tela.
Caro Julian, tu hai gli occhi ghiaccio, puoi pure guardarmi così ma vincerò sempre io. I miei occhi non sono ghiaccio, ma il mio cuore sì.
<<Ancora contento di infastidirmi? >>
Gli sorrisi io quella volta.

Lui continuava a fissarmi poi commentò <<Belan la ragazza...>>
mi raddrizzai, orgogliosa di quello che avevo fatto. Nessuno avrebbe dovuto mettermi i piedi in testa.
<<Laggiù >> tuonò la prof mentre indicava il fondo della classe.
<<Visto che vi piace tanto parlare, portatemi il dipinto. Immediatamente.>> ci fissò. Prima a me, poi a Julian.

Lui senza dire nulla si alzò e porse la sua tela alla prof. Lei lo guardò meravigliata.
Aveva le labbra leggermente schiuse e gli occhi aperti.
Cosa mai avrà pitturato di così bello?
Chiesi scettica.
Nel mentre la porta si spalancò ed entrò la signora Gerardi.
Ci alzammo tutti e anche la prof dovette distogliere lo sguardo dalla creazione di Julian.

<<Buongiorno, non ho molto tempo.>> annunciò la preside.
<<Buongiorno signora, mi dica pure.>> rispose la professoressa.
<<Devo portava via Adele. Ho bisogno di parlarle. >>
Ero sorpresa e anche leggermente spaventata ma lo nascosi agli occhi altrui.
<<Arrivo>> sussurrai mentre facevo la gincana tra i banchi. La preside uscì salutando e nel mentre la prof fece ruotare il quadro verso gli alunni.
<<Guardate questo spettacolo...>> sussurrò e io rimasi bloccata a guardarlo.

Era il mio viso disegnato nei minimi dettagli, era molto bello, molto realistico. Gli occhi gialli risaltavano sulla pelle bianca, aveva disegnato anche le profonde occhiaie che mi circondavano gli occhi, le labbra rosse erano tese in una sorta di sorriso.
Mi rappresentava in una tunica bianca, che corpiva il mio corpo interamente. I capelli mori erano sciolti al vento.
Intorno a  me una sorta di tempesta astratta pareva portatrice di distruzione.
Fissai Julian negli occhi.
Perché aveva deciso di disegnare proprio me? Cosa dovevo pensare? Perché sentivo quel quadro così affine a me?

Io ero distruzione, lui l'aveva capito.

Julian accolse il mio sguardo e per un attimo affogai nei suoi occhi. Distruzione... lo ero.
Tutto quello che avevo amato era stato distrutto per colpa mia.
Nel profondo del mio animo sapevo che qualcosa non andava in me, che ero sbagliata... che se non fossi esistita ora i miei genitori sarebbero vivi e mia sorella starebbe meglio.

Colpa mia, colpa mia, colpa mia.

Julian continuava a fissarmi, forse a cercare risposte alle sue domande, quelle che mi stava facendo con gli occhi, con il suo sguardo.
Ma non gli risposi, la mia espressione si indurì.
<<Cosa credi di fare?>> mimai con le labbra.
Non avrei ceduto.
Non volevo essere usata, stavo ricostruendo la mia vita e non avevo bisogno di qualcuno che mi intralciasse i piani.
La mente aveva vinto ulteriormente sul cuore, che ormai aveva cessato di battere.

Poi seguii la preside in corridoio.
Perché? Perché non si faceva capire? Cosa voleva da me? Provava gli stessi brividi che provavo io? Mi stava prendendo in giro?
La voce della preside interruppe la valanga di domande che si stavano aggiungendo nella mia testa, ormai troppo piena.
<<È arrivato un signore e vorrebbe conoscerti. >> ci fermammo davanti al suo ufficio.
Mi accarezzò i capelli e mi sussurrò sorridendomi.
<<Sei una brava ragazza. Ti meriti un futuro degno di ciò che sei. Ora entra e spacca, va bene?>>
Ero terrorizzata, qualcuno voleva vedermi? Magari anche adottare? In così poco tempo qualcuno mi aveva trovata?

<<Grazie>> sussurrai per poi entrare nella stanza.
Era enorme, le finestre facevano entrare la luce pomeridiana leggermente più scura rispetto al solito. Le nuvole coprivano per gran parte il sole e rendevano tutto più surreale, come un sogno.
Le due figure davanti a me stavano parlando e capii solo l'ultima frase del discorso.
<<Lei non ha... il neo.>> sussurrò al signore davanti a lui che s'irrigidì visibilmente.
Poi entrambi guardarono dalla mia parte.
Io li fissavo poi le mie labbra si mossero da sole <<Perché parlavate di nei? >>

La domanda più stupida che potessi fare l'avevo fatta.
Che ebete...
<<Oh nulla, non so neppure io il perché>> rise nervoso Ewan che continuava a torturasi le mani. Ma che aveva?
Nel mentre il signore si alzò e mi si avvicinò.
<<Tu devi essere Adele>>
<<Sì, sono io.>> strinsi la sua mano ma non ricambiai il sorriso che mi stava regalando.

Continuava a guardarmi sulla fronte. Cos'ho? Un brufolo?
Mentre mi sedevo mi toccai il punto tra le due sopracciglia ma non sentii nulla.
<<Allora ragazzi, vi ho notati e mi siete piaciuti già dalle foto che la preside mi ha fatto vedere. E ho pensato, che magari... avreste voluto vivere e diventare una famiglia insieme a me >>
Ewan mi guardò e esaltato saltò sulla sedia.

<<Certo! Va benissimo! Adele, capisci che grande opportunità ci ha proposto? Dobbiamo andare...>> mi disse mentre mi appoggiava le mani sulle guance per far si che lo guardassi.
Io annuii leggermente ma abbassai subito lo sguardo.
<<Bene, allora se va bene, direi che possiamo firmare. Potete rimanere due giorni con me e se poi non vi piace vi riporterò qua, ci conosceremo a casa mia. Allora?>>

Ewan si lanciò sui fogli poi mi porse la penna.
Mi avvicinai titubante e mentre sfioravo il foglio un'immagine mi affiorò nella mente: Ilaria.
<<Aspetta!>> urlai. <<Mia sorella, deve prendere anche lei...>> sussurrai
<<Mi dispiace ma ho scelto solo voi due.>> mi rispose lui sorridendomi.
Una rabbia sconosciuta mi invase e sentii le mani fremermi.
La luce al di fuori si scurì visibilmente.
<<Deve.>> ordinai.
<<Non posso proprio.>> rispose lui leggermente intimorito.
Non potevo lasciarla lì, lei era parte di me. Era un'opportunità straordinaria che non mi sarebbe mai più capitata, ma non potevo scappare dalle mie responsabilità.
<<Non so se avete capito, senza di lei, non me ne vado. La ringrazio comunque per l'offerta >>

Detto ciò uscii dalla stanza mentre un tuono squarciava il cielo poco prima sereno.
Andai a sbattere contro un corpo, era Julian. Possibile che fosse sempre in mezzo!? Era ovunque, come i piccioni!

<< Non è il momento>> scandii guardandolo negli occhi.
Le dita mi formicolavano e sentivo la pelle tirarsi.
Un'energia strana e potente s'impossessò del mio corpo. La stessa forza delle radici di un albero che si aggrappano ferree al terreno.
Cosa mi stava accadendo? Non sentivo più nessun sentimento, solo la forza che scorreva nella mie vene.

<<Volevo solo dirti che, beh... per il disegno, io...>> iniziò a balbettare.
Mi tranquillizzai un pò.
Sapevo di aver fatto la cosa giusta, ero tranquilla perché da lì a poco avrei stretto tra le mie braccia tutto quel che mi rimaneva della mia vita.
<<Cosa c'è? Hai così difficoltà ad articolare una parola?>> iniziai a prenderlo in giro.

Solo perché ero stanca di esserlo presa io, lui non mi avrebbe illusa, dovevo convincermi che non provasse le stesse sensazioni che provavo io.
Mi metteva in confusione, non era coerente. Prima mi diceva una frase dove sottointendeva il fatto che stava con me solo per divertirsi e dopo mi disegnava un quadro.

<<È colpa tua, porca miseria !>> mi urlò in faccia.
<<Dovrei odiarti, ne sei consapevole? Io dovrei odiarti e invece no!>> si tirò i capelli con le mani e mi guardò negli occhi.
Mi allontanai, scappai come una vigliacca. Avevo paura delle sue parole, quelle che avrebbero potuto farmi rinascere o distruggermi allo stesso tempo. 
Corsi sulle scale con il suo sguardo piantato sulla schiena e mille domande nella testa.
Era giusto quello che stavo facendo? Non sapevo rispondermi, dovevo chiedere a mia sorella, nonostante ciò la domanda che mi premeva di più era:
Chi ero? Distruzione.

#angoloautrice: eccomi! Questo è  un capitolo leggermente più lungo, che ve ne pare? Allora... che succederà tra Julian e Adele? Tra Fabio e Sofia nella villa? Adele non ha il neo, cosa significa? Riuscirà il prof a convincerla? Troverete risposte alle vostre domande nel prossimo capitolo.  Grazie mille, commenti e stelline <3

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