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CUORI CHE BATTONO

FABIO

<<Cretino, cretino, cretino...>> mi ripetevo mentre scendevo le scale per andare nella mia camera.
Perché l'avevo fatto?
Perché avevo paura di quello che provavo.
Cambierò? Non lo sapevo .
Si meritava di meglio? Ovvio.
Qualcuno che la amasse? Non esisteva persona che la amasse più di me.
Ma glielo dovevo dimostrare, io lo facevo? No.
Ero un vigliacco? Sì, ero un vigliacco.
Avrei sacrificato tutto per lei? Sì, sempre.
La amavo? Certo.
Cosa aspettavo? Sarei andato a riconquistarla.

Mi buttai sul letto e iniziai a pensare come fare a rimediare.
Ero uno psicopatico bipolare di merda.
Come mi era venuto in mente?
Perché le avevo detto una cosa del genere?
L'avevo  vista così fragile che anche un soffio di vento l'avrebbe distrutta e io volevo solo che fosse il contrario. Che riuscisse a non mollare anche quando era al limite, che riuscisse ad andare oltre il dolore, che diventasse forte grazie alle sue paure.
Sapevo che non ci sarei stato sempre per lei e avevo il terrore che le succedesse qualcosa e non potessi aiutarla.
Era la mia Sofia, non volevo perderla e facevo di tutto per evitarlo.

Corsi in biblioteca pensando fosse lì, di solito quando era arrabbiata andava a leggersi il suo libro preferito: "il signore degli anelli".
Mi guardai intorno ma non c'era.
<<Ma dove sei?>> mi girai ancora un pò intorno poi corsi fuori dalla porta. Andai a sbattere contro Karl.

Era alto più o meno come me.
I suoi occhi azzurri mi guardavano con sospetto. 
<<Tutto a posto Fabio? >> Mi chiese.
<<No! Niente è a posto! Sono un emerito imbecille!>>
<<Su quello non avevo dubbi...>> mi rispose ridendo.
<<Non c'è da scherzare, ho fatto un casino.>> le braccia mi caddero lungo i fianchi e sospirai afflitto.
<<Dai, andiamo a bere qualcosa in cucina così mi racconti un pò.>>

Scendemmo le scale e mentre passavamo davanti alla camera di Lidja sentii la sua voce.
Ecco dov'era!
Appoggiai una mano al legno poi me ne andai con la testa bassa. Forse era stato un riflesso incondizionato della mia coscienza, forse mi suggeriva di lasciarla andare, forse non ero la persona giusta per lei.

Arrivammo in cucina e iniziai a parlare, a sfogarmi.
<<Non so... da una parte voglio allontanarla da me perché so che non sono la persona che lei merita, ma dall'altra sono un egoista, non la voglio lasciar andare. >> dissi dopo un lungo discorso.
<<Ne sei consapevole che facendo così la farai star solo male?>>
<<Non avrei voluto, non so, è come se il mio corpo avesse reagito a solo. >>

Karl sbattè il bicchiere di Coca Cola sul tavolo con tanta forza che per poco non si ruppe.
<<Ma porca miseria, Fabio! Cos'hai al posto del cervello? Una zucca? Rimproveri tanto a Sofia di diventare più forte e più determinata ma forse lei lo è più di te. Non riesci neppure a controllare quello che dici. Dovresti regolarti, mettere dei filtri a quella boccaccia che ti ritrovi. >> respirava a fatica. Lo guardai con occhi sgranati per la sorpresa, Karl mi aveva sempre appoggiato.

<<Tu sei come il fratello che non ho mai avuto, è per questo che ti parlo in questo modo.>> sospirò e mi appoggiò una mano sulla spalla. Poi con voce più calma continuò.
<<Devi capire che ogni cosa che dici ha delle conseguenze, non sempre andrà tutto bene. >> si alzò dalla sedia vicino alla mia mentre boccheggiavo per cercare qualcosa da dire.
Ma non la trovavo perché in fondo in fondo al mio cuore malato sapevo che avesse ragione.
<<Hai completamente ragione quando dici che Sofia ha bisogno di qualcuno che la sostenga e che la tratti come lei merita, ma io penso che tu sia la persona adatta a ciò. Ma lo devi dimostrare. Le parole volano al vento, i fatti invece rimangono impressi...>>

Mi indicò la fronte <<Lì>> poi spostò la mano pallida verso il petto, dove il mio cuore batteva regolarmente.
<< E lì. Fabio, so che puoi cambiare. Ce la devi fare. Il tuo è solo un blocco mentale, hai paura di rifare lo stesso sbaglio, ma so che non accadrà. Ne sono certo. Combatti contro te stesso e fai vincere la parte che vuoi essere. >> si avviò verso la porta e mi salutò con un gesto della mano.
<<Grazie Karl...>> sussurrai mentre sentivo i suoi passi che salivano le scale. 
Quando l'orologio rintoccò mezzanotte mi alzai dal mio posto e mi avviai verso la mia camera.

Mi addormentai dopo aver sussurrato  <<Combatti, ce la puoi fare...>>

SOFIA

Mi alzai e capii subito di non essere nella mia stanza dall'odore al suo interno.
Era quella di Lidja.
La sera prima eravamo rimaste a parlare fino a tardi, ci eravamo sfogate entrambe e ci eravamo aiutate a vicenda.
L'una era il bastone e il peso dell'altra.

Mi toccai i capelli e sentii un ammasso informe <<Noo, i miei capelli... >> piagnucolai.
La sveglia continuava a suonare impetuosa. Quella mattina avremmo avuto un altro allenamento, chi avrebbe lottato quel giorno?
<<Lidja, svegliati e chiudi quel coso infernale>> le ordinai mentre la scrollai per la gamba.
Lei con un gesto lento e pesante scaraventò la sveglia contro il pavimento, quella si spense.
Mi rintanai nel bagno e iniziai a spazzolarmi i capelli.

<<Allora? Pronta?>> mi chiese Lidja entrando in bagno e buttandosi sul viso acqua gelida.
<<Vedremo chi è il debole>> esclamai convinta.
Mi vestii con la tuta verde e nera d'allenamento e scesi in cucina dove ci aspettava la nostra colazione.
Delle fette biscottate e marmellata, latte o the caldo.
Spalmai con calma la sostanza appiccicosa sopra la fetta croccante poi la immersi nel mio the, non sarei riuscita a sopravvivere senza il mio amatissimo the.

Come nella norma mi cadde un pezzo di fetta biscottata nella tazza e si depositò mollemente sul fondo. Eravamo tutti intorno al tavolo, il Prof aveva l'aria di qualcuno che aveva l'urgenza di dire qualcosa, infatti fu così.
<<Allora ragazzi, ascoltatemi. >> ci richiamò il prof.
Karl e Chloe che stavano parlando fitti fitti tacquero all'istante e anche Fabio alzò gli occhi dalla tazza.

<<Questo pomeriggio, andrò all'orfanotrofio. Le pratiche sono pronte, mi manca far finta di iniziare a conoscere i ragazzi e poi entro un paio di giorni dovremmo essere tutti qui. >> sbattè le mani una contro l'altra. Avevo paura della reazione di Adele, ma era l'unico modo possibile.
<<Finalmente, sono troppo contenta!>> Lidja stava parlando con Chloe e le scrollava il braccio tutta entusiasta.

Beata te Lidja... pensai.
Per un attimo il mio sguardo cadde sulla figura di Fabio.
Mi stava fissando, per un secondo tutto intorno a me si fermò e rimanemmo solo noi due. Cercai di capire se i suoi occhi stessero brillano ma lui scostò lo sguardo.
Non hai il coraggio di guardarmi negli occhi, eh? Chi è quello debole ora?
Avrei voluto dirgli ma il Prof ci fece scendere al dungeon dove sarebbe cominciato l'allenamento.

Lidja camminava a pochi passi da me, intenta ad acconciarsi i capelli insieme a Chloe che ci raccontava dei due giorni passati lontana da qua.
Quella notte era rimasta a dormire con Gillian perché doveva aiutarla nel B&B che aveva aperto lì a Roma.
<<E poi è scivolato e ha fatto cadere la caraffa piena d'acqua!>> Lidja scoppiò a ridere, sorrisi lo stesso nonostante non stessi ascoltando.
I miei pensieri erano rivolti tutti a una sola persona che mi stava fissando imperterrita.
Non gliela avrei data vinta, non quella volta.

<<Bene ragazzi, questa mattina di nuovo l'allenamento di ieri. Si lotterà di nuovo. Estrarrò due nomi che combatteranno mentre gli altri faranno gli esercizi in palestra.>>
Era molto comoda la palestra, anche se non era il mio luogo preferito, ovviamente. Avevamo allestito una delle tante stanze del dungeon e quindi ogni motivo era buono per utilizzarla.
Evviva! Esclamai ironicamente e interiormente.
Sperai vivamente di venir estratta.
<<Bene, allora cominciamo!>> come era suo solito fare si posizionò meglio gli occhiali sul naso.

La mano entrò nel sacchettino ed estrasse una pietra colorata: verde.
<<Sofia te la senti? Hai lottato anche ieri>> mi chiese il prof guardandomi negli occhi . Era destino evidentemente...

Io ero abbastanza forte, ero pronta a tutto e lo dovevano capire, non ero più la bambina di una volta.
<<Sono pronta, ci riesco>> dissi mentre mi avviavo verso il centro della stanza aspettando il mio sfidante.
Il prof immerse di nuovo la mano nel sacchetto.
Ne estrasse una pietra.
Il mio sfidante si avvicinò e mi porse la mano come ci aveva detto di fare il Prof.
<<Vale tutto, senza limiti.>> dissi mentre mi stringeva la mano.
<<Okay. Che lo scontro abbia inizio.>> mi sussurrò a pochi centimetri da me.
<<Pronti? Via! >> urlò il prof con il cronometro in mano. 

I nervi tesi, la pelle che iniziava a sudare, il cuore che pompava a mille e la mente invasa da un groviglio di pensieri. 
Il neo sulla mia fronte esplose in un turbinio di luci verdi.
Vidi le mie unghie allungarsi e diventare artigli e le ali aprirsi dietro al schiena.
Sono pronta. Pensai.
Una vampata di fuoco partì dalle sue mani, la schivai.
La battaglia ebbe inizio.

EWAN

<<Cosa stai cercando?>> mi chiese Marco vedendomi annaspare tra le mie cose nel cassetto.
<<emh...>> non seppi cosa rispondere allora sparai la prima cosa che mi passò per la mente.
<<Era una scatola>>
<<E cosa aveva dentro?>>
<<Cosa importa? Era verde.>> inventai.
Dove era finito quel cavolo di cellulare? Era importantissimo ! Se lo avesse trovato qualcuno mi avrebbero scoperto all'istante.
Avevo mentito ad Adele, in realtà era pieno di foto.
Mi passai una mano tra i capelli e sospirai.

<<Fa lo stesso, ora andiamo a fare colazione che è tardi.>> sospirai scontento.
Nel tragitto incontrammo Rachele che mi indicò dove si trovava Adele. Dovevo parlarle, magari lei sapeva qualcosa...
La trovai a discutere con la preside. Non sembrava arrabbiata ma non era qualcosa di buono quello che le stava dicendo.

Nonostante ciò Adele manteneva il suo viso scolpito in una posa ghiacciata.
Solo poche volte si scioglieva in un sorriso, il nulla la stava risucchiando. Me lo aveva detto lei circa una settimana fa: <<Continuo a camminare sul bordo del precipizio, qualsiasi cosa può abbattermi come può rialzarmi.  Ma ormai sono così, una pietra. Non posso farci nulla, il nulla si sta impossessando di me>> si era accasciata sulla poltrona della biblioteca e aveva ripreso l'autocontrollo che le stava sfuggendo.

La preside si allontanò. Adele si appoggiò al muro e nel mentre mi vide.
<<Ciao amico>> mi salutò.
<<Ciao amica>>
<<Cosa è successo?>> chiesi curioso. Lei si passò una mano sul viso stravolto: due occhiaie violacee avevano inghiottito i suoi occhi, le labbra erano spellate, gli zigomi leggermente sporgenti.
<<Devo andare al corso a cui mi sono iscritta.>> mi disse rassegnata
<<Non ci andavi?>>
<<La prima volta sì, ma ho scelto pittura e io sono una frana. Quindi le ho saltate tutte.>> mi spiegò.
<<E cosa facevi? Perché?>>
<<Stavo in biblioteca. Perché non ha senso, faccio già scuola alla mattina. Perché aumentare il lavoro?>> mi guardò di sottecchi.
<<Okay, non ha senso questo discorso. Volevo solo stare sola. Che fa sempre bene>> disse alla fine arrendendosi. <<Quindi la preside mi ha detto che devo andarci per forza se no prenderà provvedimenti e non sarà così buona.>>
<<Okay, fa come vuoi ma ti consiglio di andare.>> risposi e lei annuì.
Iniziai a strofinare le mani sui pantaloni.
<<Sai dove posso aver lascito il telefono?>> chiesi sussurrando mentre ci avviavamo alla sala da pranzo.

Lei si irrigidì ma poi si rilassò dopo mezzo secondo. <<Non ne ho la più pallida idea, mi dispiace.>> così iniziò la giornata.

Facemmo sei ore di lezioni e poi tornammo a pranzo. Adele era con sua sorella e parlavano fitte forse raccontandosi cosa avevano fatto la mattina.
Io non avevo fame allora presi solo una pagnotta di pane e uscii.
Mi avviai verso la sala del mio corso, quello di musica.
Mi sedetti e lasciai che tutto scorresse dalle mie dite alla chitarra, unico strumento per comunicare ciò che provavo.

ADELE

Uscii dalla mensa e mi avviai verso il corso di pittura.
Che felicità!
Ero contenta perché mia sorella aveva trovato delle ottime amiche e si trovava bene in generale.
Alcune sere aveva degli incubi allora la sua amica mi veniva a chiamare. La prendevo in braccio e la facevo dormire con me raccontandole qualche storia, ma in generale, tendeva ad addormentarsi subito.

Stava soffrendo ancora e lo vedevo nei suoi occhi, ma dovevamo farcela e piano piano avremmo potuto scalare la montagna che ci eravamo trovate davanti di punto in bianco.

Entrai nella classe e mi posizionai davanti alla tela nelle ultime file. Doveva arrivare ancora qualche alunno. Nel mentre iniziai a mischiare dei colori non sapendo cosa fare.
Iniziai anche a canticchiare poi d'un tratto qualcuno mi prese per la vita.
Questa figura mi sussurrò all'orecchio da dietro <<Ecco come possiamo approfondire la nostra conosienza>> la sua voce.
Il cuore iniziò a battermi all'impazzata.
Perché mi faceva quell'effetto?

<<Cosa ci fai qui, Julian?>> chiesi con voce più atona possibile.
<<Per fare il tuo stesso corso, non ti pare?>>
La professoressa, che si chiamava suor Paola, entrò nella classe.
Lui mi posò un leggero bacio sulla collo poi si mise dietro la sua tela ad ascoltare.
Cercai di pensare ad altro, ma non ci riuscii.
Mi ero imposta di non cedere ma avevo fallito miseramente, mi aveva dato solo un bacio ed era come se un centinaio di farfalle avessero deciso di trasferirsi nel mio stomaco.

#angoloautrice: eccomi di nuovo! Questo è un capitolo leggermente più lungo, spero vi sia piaciuto! Cosa succederà tra Fabio e Sofia? Se Adele accendesse il cellulare? Il prof si farà scoprire? Cosa ha in mente Julian? ... molte domande ancora in sospeso, seguitemi e vi darò le risposte. Grazie mille <3

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