COME LA LUNA
ADELE
Ero incantata, mi sembrava passata un'eternità da quando ci eravamo visti l'ultima volta.
Mi prese con delicatezza la mano e nascosto dietro la sua maschera nera mi sussurrò.
<<Mi concede questo ballo? >>
<<Non c'è bisogno di fare così >> ammisi distogliendo lo sguardo.
<<Così come?>> chiese sogghignando
<<Così... così >> risposi sentendomi un'emerita idiota.
<<Oh, ora mi è tutto più chiaro. Sarà meglio sbrigarsi se non vorremmo essere investiti dagli altri ballerini >> mi spiegò mentre mi circondava la vita. Appoggiai le braccia sulle sue spalle e iniziarono i lenti.
Vari ricordi mi affiorirono alla mente e una certa rabbia repressa fece capolino proprio alla bocca dello stomaco.
<<Tu cosa fai?
Ti vai un pò a divertire?>>
<<Chi è la preda di sta sera? >> la voce di Edith risuonava petulante nella mia testa.
<<Non posso dirlo.>> la sua risposta così criptica. Non voleva che ascoltassi? Non voleva che il suo gioco si distruggesse? Non voleva perdere la sua bambolina ? Sapevo che fossi argilla nelle sue mani. Non riuscivo a mantenere il controllo di me stessa.
Mi staccai leggermente da lui ma non ci fece caso.
<<Perché sei qua?>> chiesi rabbiosa.
<<Non fare la lunatica ...>> disse ironico
<<Non scherzo. Cosa ci fai qua? >> lo guardai male perché in fondo sapevo che lui non si trovava lì per caso, non si trovava lì per me.
<<Conosco Alan >> rispose semplicemente mentre danzavamo nella stanza insieme a molte altre coppie, come se fossimo in un vortice.
Stranamente non seppi cosa rispondere. Mi mandava in tilt il cervello, ma non doveva saperlo.
<<Mi sei mancata >> sussurrò
Mi irrigidii, mi sarei sciolta come un ghiacciolo al sole se non l'avessi conosciuto in tutta quella situazione.
Mi staccai dalla sua presa e feci per andarmene.
<<Dove vai?>> chiese seguendomi.
Tutto intorno a noi esplodeva di allegria: l'orchestra, le luci quasi accecanti, le urla della gente.
Ma io ero tutt'altro che allegra, ero un miscuglio indistinto di emozioni.
<<Via da te.>>
Ero combattuta.
Dentro di me si stava scatenando una guerra fra due fronti: da una parte la voglia di sciogliermi tra le sue braccia, dall'altra la consapevolezza del fatto che fosse tutto falso.
Meglio vivere nella bella falsità o nella cruda realtà?
Avevo imparato con il passare dei mesi che non aveva senso nascondersi dietro inutili fantasie, quest'ultime non servivano a nulla, erano solo come sogni irrealizzabili destinati a finire in un angolo remoto della propria mente.
<<Adele, non fare così... dammi una seconda possibilità>> mi pregò.
Mi girai di scatto, era troppo vicino a me.
La rabbia mi stava ribollendo dentro.
<<Una seconda possibilità? >> chiesi alzando un sopracciglio.
<<Sì, hai capito bene>> caricò lui, non capendo che la mia era ironia.
<<Ti ho già dato troppe seconde possibilità, credo che tu possa andare a "divertirti" da un'altra parte.>> dissi sprizzando veleno dalla bocca.
<<Io non vado a divertirmi...>>
<<Oh, certo. Non eri tu quello che era andato a caccia di ragazze ? >> chiesi appoggiando le mani sui fianchi. Ci eravamo spostati a lato, dove c'era anche il buffet.
<<Edith stava scherzando.>> sibilò a denti stretti
<<Come quando stavi scherzando te in orfanotrofio?>> questa domanda retorica lo mise in stallo.
Mi sentii afferrare per il polso da qualcuno alle mie spalle. Lo sguardo di Julian si era indurito.
<<Ma cosa ?>> esclamai quasi urlando, spaventata.
Mi girai di scatto mentre la voce di Alessandro tuonava nel mio orecchio.
<<Lo conosci?>> chiese rabbioso.
Gli afferrai la mano e la allontanai da me.
<<Sì, ti turba qualcosa?>> chiesi spostando lo sguardo da uno all'altro mentre si lanciavano occhiate di fuoco.
Erano talmente diversi, ma sembravano così maledettamente uguali.
<<Non è una persona adatta a te>> esclamò Alessandro afferrandomi per il braccio e strattonandomi via.
Una fitta di dolore mi percorse il braccio.
<<Mi stai facendo male! Mollami!>> urlai anche se non mi notò nessuno dato che c'era un caos infernale.
Lui mi fissò negli occhi, sembrava posseduto, come se una malvagità pura e subdola lo avesse imprigionato tra le sue spire.
<<Non puoi decidere chi sia meglio per me, tornatene a ballare>> mi girai lasciandolo in mezzo alla pista come un ebete.
<<Usciamo di qui >> dissi appena arrivai davanti a Julian.
<<Ottima idea, bellissima>> mi rispose. Arrossii ma nascosi il viso tra i capelli.
Ci incamminammo furtivi e veloci, senza essere scoperti, fuori dalla villa.
Il rumore era attutito dai vari strati di cemento che ci dividevano dalla sala.
Una calma perfetta regnava fuori dalla villa, il solo rumore del vento che smuoveva gli alberi, dell'acqua che dalla bocca della statua sulla fontana in marmo si tuffava alla base e dell'erba calpestata dalle nostre scarpe, distruggeva quella pace.
<<Grazie>> sussurrai
<<Per cosa? >> Chiese incuriosito
<<Per avermi portato via, mi sta scoppiando la testa.>> ammisi distogliendo lo sguardo.
<<Beh... allora prego>> mi scappò una piccola risata che lo fece sorridere.
Forse ero sporca? Perché rideva ?
<<Sei buffa >> ammise fermandosi sul prato davanti al bosco. Si sedette e mi fece segno di imitarlo.
<<Cosa intendi per... buffa?>> chiesi, ora ero io la curiosa. Mi sistemai le gonne avendo paura che il vestito si sporcasse troppo.
<<Ti ho osservato molto>> iniziò, mi rizzai a sedere. Cosa intendeva?
<<Ero io quello che avevi seminato al semaforo, all'inizio di tutto.>> mi spiegò.
<<Eri tu... ma cosa?>> mi appoggiò una mano sulla spalla socchiudendo gli occhi e dicendo
<<Lasciami finire. >> tossicchiò teatralmente prima di continuare <<Ti ho osservata perché era mio compito farlo. Ti ho studiata perché era mio compito farlo. Ti ho seguita perché era mio compito farlo>> sospirò guardandosi i palmi delle mani mentre il mio viso involontariamente si spostava a destra e a sinistra.
<<Da quello che avrai capito sono uno da una notte e via, da una ragazza dopo l'altra. A volte non ricordo neanche il nome... ma tu. Proprio tu, nella tua semplice timidezza, hai scavato qualcosa nel mio petto.
Sono qui, e non era mio compito.
Ti sto parlando, e non era mio compito.
Sei una costante nelle mie giornate, ma non era un mio compito. >>
Le mie mani tremavano mentre lui me le prendeva per tenerle strette nelle sue.
Non capivo se fossi contenta o meno di ciò che mi stava dicendo.
<<Sono un viverniano, Adele. E tu sei una Draconiana. Ma se vuoi, se il tuo cuore vuole seguire il mio come il mio vuole seguire il tuo, vieni con me. Vieni con noi. Vinceremo e potremo stare insieme per sempre. >> mi sussurrava, mentre la mia mente viaggiava a una velocità inaudita. Guerre su guerre dentro di me, due fronti che non riuscivano a sopraffarsi.
<<Io non so... non posso.>>
<<Fa lo stesso>> mi interruppe.
<<Devi fare ciò che ti dice il cuore. Ma ora devo finire di parlare, se vuoi ascoltare. >>
<<Certo che voglio ascoltare>> lo incoraggiai rossa come un peperone.
<<Voglio solo dirti che ho sempre notato in te qualcosa di diverso, una luce strana. Come se fossi attaccato a te con una corda, non riesco a starti lontana. Sei perpetua nella mia mente: ti vedo dentro gli altri, la gente mi guarda e vede me e invece io guardo la gente, ma non vedo la gente, vedo te.
Questo è solo per farti un esempio sull'effetto che mi fai. Nessuna ragazza, e posso assicurarti che ne ho viste molte, mi ha mai fatto diventare così... così, idiota.
Forse ciò che mi piace più di te è il riuscire a rimanere sola, la gente cambia per stare con gli altri, tu no.
Tu lotti in silenzio, vinci e non lo dici. La tua bellezza può equivalere a quella della luna, così sola ma altrettanto magnifica, puoi dominare le maree con uno sguardo e ti fisserei intensamente per ore e ore cercando di dominare la tempesta che hai dentro, la stessa tempesta che si scorge dai tuoi occhi, la stessa tempesta che imperversa dentro di me . Non sto dicendo che tu sia sola, ma so che nessuno fino a pochi mesi fa ti capiva veramente. Ho provato anch'io la solitudine e so che fa male. Ti lascia cicatrici indelebili sulla pelle.
Anche tu me ne hai lasciate, ma mi hanno fatto capire quanto avessi bisogno di te: della tua risata, della tua voce, del tuo viso, dei tuoi occhi, delle tue labbra, delle tue mani, delle tue frasi ironiche... mi manca e mi mancherà sempre tutto di te. >>
Dopo questo poema meraviglioso tutte le mie membra erano scosse da vibrazioni di gioia, entusiasmo, paura ma anche tanto e puro amore.
Non seppi cosa dire e il tremolio delle mie labbra lo dimostrava.
I nostri sguardi si erano incrociati e si erano uniti in una danza infinita. Sembrava quasi che guardandoci negli occhi potessimo vedere oltre il muro corazzato che ci eravamo costruiti intorno all'anima. Potevamo vedere il mare in tempesta che si dibatteva dentro di noi.
<<Credo che siano le parole più belle che qualcuno mi abbia mai detto>> sussurrai mentre lui si avvicinava piano piano.
Sapevo cosa stesse per accadere e non avevo paura. Anzi, lo volevo proprio.
Ciò che rimaneva del mio cuore era stato rubato da lui, dal mio Julian.
Credevo in ciò che mi aveva detto, speravo che fossi l'unica per lui come lui era l'unico per me.
Desideravo quelle labbra come un respiro d'aria dopo essere stata in apnea per troppo tempo.
I nostri occhi si studiavano mentre ci avvicinavamo.
Le labbra a sfiorarsi, sentivo il suo respiro addosso, la pelle d'oca in tutto il corpo.
Ci fu un'esplosione. Mi sdraiai a terra dallo spavento comprendomi la testa.
Il fuoco divampò e la villa tremò dalle fondamenta.
<<Cosa sta succedendo?>> chiesi a voce alta, ma Julian non era più vicino a me.
#angoloautrice: ciao a tutti! Ecco qua il vostro capitolo! Scusate il ritardo ma non riuscivo proprio a scriverlo , anche la mia fantasia è in vacanza.
Comunque, cosa sarà successo? Perché Julian era alla festa? Perché Alessandro lo conosceva? Per rispondere a questa domanda continuate a seguirmi! Alla prossima ! Commenti e stelline <3
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